di Tom Athanasiou
Ricordate quando il cambiamento climatico era qualcosa del quale avrebbero dovuto occuparsi i nostri nipoti? Così era una volta. Oggi, siamo in un mondo diverso. E' impossibile dire esattamente quando abbiamo fatto la transizione, anche se il senso comune è che sia accaduto fra, diciamo, il 2010 - un anno catastrofico con, ad esempio, il Pakistan (proprio il “Pakistan con armi nucleari”) ha sofferto di alluvioni così epiche e distruttive che hanno spinto la popolazione in fondo alla scala dello sviluppo – e, diciamo, il 2012, l'anno in cui la “dust-bowlificazione” del cuore dell'America è divenuta un fatto sul campo.
James Hansen usa un sistema di dati più scientifico. Nel suo nuovo saggio, Percezione Pubblica del Cambiamento Climatico ed il Nuovo Gioco ai Dadi col Clima, scritto con Makiko Sato e Reto Ruedy. Egli procede impostando una base formale e lo fa nei termini dei tre decenni dal 1951 al 1980. Sono stati gli ultimi della vecchia era. Da allora, non siamo più nell'Olocene, ma piuttosto ci siamo sempre di più cacciati nell'Antropocene. O, per usare la metafora preferita di Hansen, abbiamo tenacemente caricato il “gioco ai dadi col clima”. Tornando all'Olocene, due lati del dado erano (rossi) “caldi”, due erano (bianchi) “medi” e due erano (blu) “freddi”. Oggi,
- “scopriamo che le anomalie delle reali temperature medie estive complessive sulla Terra, durante il decennio passato, sono state mediamente per il 75% nella “categoria caldo”, così fra i quattro e i cinque lati del dado erano rossi”.
Ma non è tutto.
- “Un cambiamento più importante è l'emergere di un sottoinsieme della categoria caldo, valori estremamente caldi, definiti come anomalie superiori a 3 deviazioni standard. La frequenza di queste anomalie estreme è di circa lo 0,13% nella normale distribuzione e così un'estate tipica nel periodo della climatologia [nome usato da Hansen per il periodo base dal 1951 al 1980] avrebbe avuto solo circa lo 0,1-02% del globo colpito da tali caldi estremi. Mostriamo che durante gli ultimi anni, la porzione dell'area di terreno globale colpito da temperature estive anomale [3 deviazioni standard] ha avuto una media di circa il 10%. Così, un aumento di circa un fattore 50, paragonato al periodo della climatologia”.
Un fattore di 50 ed una pistola fumante statistica. Davvero? Hansen non esista:
- “Esempi recenti di anomalie estreme nelle temperature estive [3 deviazioni standard] comprendono l'ondata di calore e la siccità in Oklahoma, Texas e Messico nel 2011 ed una regione più grande che comprende gran parte di Medio Oriente, Asia Occidentale ed Europa Orientale, compresa Mosca, nel 2010”.
Non siamo più in Kansas. O se ci siamo, è molto più asciutto di quanto non fosse prima. E Hansen sta violando le regole della “reticenza scientifica” indicandolo. Secondo The Economist, ciò ha “causato agitazione fra coloro che sentono che i saggi scientifici dovrebbero essere spassionati nel fornire delle prove”. Curiosamente, comunque, questo distinguo piuttosto rituale è seguito da un rapporto molto diretto, solo i fatti, sul saggio ed i suoi metodi.
Che non sono, bisognerebbe dirlo esplicitamente, basati su un modello climatico, ma piuttosto su un'analisi statistica lineare. Non c'è alcun negazionismo, neanche un accenno. Anche se dovremmo dire che The Economist, ai tempi di Yore, avrebbe insistito su questo. Ma questo è stato. Il punto ora è quello di “accettare che sia reale e di pensare alle conseguenze”.