mercoledì 16 maggio 2012

I poteri forti contro l'innovazione scientifica


I poteri forti stanno veramente contrastando le grandi invenzioni che potrebbero salvarci dalla crisi energetica e climatica? E' un'opinione comune ma, francamente, un tantinello azzardata. Nel seguito riporto un'articolo di Silvia Bencivelli che ci descrive come riconoscere i ciarlatani e gli auto-vittimisti.


In questo momento di crisi, c'è in giro una disperazione quasi palpabile. Questo porta molta gente a buttarsi ad appoggiare il ciarlatano di turno che promette energia gratis, cura del cancro, ricrescita dei capelli, e quant'altro.

La faccenda è particolarmente comune nel campo che definirei "desktop nuclear energy", ovvero tutti gli arnesi che in qualche modo vengono detti produrre energia utile grazie a misteriose reazioni nucleari non-ortodosse (per esempio il famosissimo "E-Cat" di Andrea Rossi). In questo campo, l'auto-vittimismo è una prassi consolidata: qualsiasi critica che si faccia agli inventori di queste macchine viene immediatamente presa come una conferma di un complotto ai loro danni da parte dei poteri forti. Ci sono molti esempi - uno recentissimo l'ha riferito Barney in un suo articolo intitolato "fusione fredda di mezza primavera a Pisa".

Queste cose non sarebbero tanto dannose di per sé, se non fosse per gli allocchi che vanno dietro ai miraggi e per certi giornalisti che amplificano cose che non meriterebbero amplificazione. Su questo punto, Silvia Bencivelli scrive un post particolarmente azzeccato che definisce molto bene i ciarlatani scientifici e la tendenza di tanta gente a dargli retta. Da "silviabencivelli.it"


Lezione di giornalismo scientifico for dummies e for gente che di mestiere fa altro e dovrebbe continuare a far altro



Regola numero 1: Lo scienziato sedicente eterodosso, fuori dal coro, non ufficiale, indipendente e via discorrendo, nel 99% dei casi è un ciarlatano.

Regola numero 2: Nella scienza, e nella medicina in particolare, i ciarlatani possono essere molto pericolosi.

Regola numero 3: Anche se non sono così pericolosi, i ciarlatani tendono a chiedere soldi: ai cittadini, alle istituzioni, alla politica. Magari lo fanno raccontando storie semplici semplici sugli interessi degli altri nascondendo con cura i propri: ricordiamoci che nessuno vive d’arte e d’amore.

Regola numero 4: Un giornalista che dà voce al ciarlatano, inseguendo lo scoop a tutti i costi per poter dire guardate, è un genio, ma nessuno gli dà ascolto, farà buoni ascolti ma sta facendo malissimo il suo mestiere.

Regola numero 5: Idem per il politico.

Regola numero 6: Come si riconosce il ciarlatano? Cfr regola numero 1. Ah: in più il ciarlatano muore dalla voglia di essere intervistato.

Regola numero 6, corollari: Altri criteri per riconoscere il ciarlatano li copio dal manuale di giornalismo della World Federation of Science Journalists: chiedersi sempre
a. che cosa ne pensano gli altri scienziati?
b. per chi lavora quello lì? è un battitore libero o ha della roba solida alle spalle?
c. chi paga, o ha pagato finora, le sue ricerche?
d. che cosa ha pubblicato e dove?
e. chi ci guadagna?

D’accordo: per valutare le risposte a queste domande ci vuole un po’ di competenza (soprattutto per le domande a, b, c e d). Ma è proprio per questo che esiste la figura del giornalista scientifico.

Regola numero 7: la ricerca del colpevole a tutti i costi nella scienza non funziona quasi mai. Ci sono cose che non hanno colpevoli diretti (alcune malattie dovute a sfiga), cose che ne hanno più di uno (la cattiva gestione dell’energia) e soprattutto cose i cui colpevoli, alla fine, siamo noi, anche noi o in primo luogo noi: la maggior parte delle nostre malattie, la qualità del nostro ambiente, la scarsa attenzione alla qualità della ricerca, la cattiva gestione dei soldi e così via. Cercare un colpevole esterno, lontano, grande e magari anche con qualche difficoltà di immagine (la semprevalida politica…) è il modo migliore per garantire che questi problemi restino a lungo fra noi.

Le scrivo per me, per promemoria, e sicuramente appena avrò chiuso questa pagina me ne verranno in mente altre.

Perché ultimamente, tra la gente che frequento dal vivo e in blogosfera, il venerdi e il lunedi c’è da divertirsi. Se la prendono con Report che, a furia di voler inseguire il notizione bomba, dice cose e dà voce a gente che a noi fa venire la pelle d’oca. E lo fa col tono di chi ha scoperto la grossa bega, ahahhhh!, o il povero genio inascoltato, colui che potrebbe salvare migliaia di vite e invece, guarda te, lavora in cantina e parla solo con la moglie. Report è riuscita a far arrabbiare persino i miti astrofisici e un mio amico architetto, non solo epidemiologi, medici clinici e gente che si occupa di salute ed è abituata alla polemica politica.

Un po’ questa cosa mi preoccupa. Ma non solo come cittadina, come amante della scienza, come persona che lavora nella comunicazione… Egoisticamente, mi preoccupo come watchdog degli watchdog, una a cui, a volte, gli altri chiedono pareri.

Ce la farò? Ce la sto facendo? Ho appena smontato un lavoro sul solito metodo innovativo rivoluzionario del solito genio bistrattato, ma stavolta era una cosa facile.

Altre volte non ce l’ho fatta.

Poi ho anche paura di diventare paranoica, di vedere ciarlatani da tutte le parti.

Ma mi chiedo anche se, in fondo, la famosa filastrocca che i giornalisti non scientifici ci ripetono di continuo: un pezzo di scienza è prima di tutto un lavoro giornalistico, non pensiate che si scriva in modo diverso! non possa usarla anch’io. In questo modo: occhei, occupatene pure tu che di scienza non sai niente e lo trovi un motivo di vanto, ma ricordati che un pezzo di scienza è prima di tutto un lavoro giornalistico, quindi, almeno, fa’ quello che faresti con qualsiasi altro pezzo, cioè verifica le fonti, chiediti che interessi ci sono dietro, fa’ un paio di telefonate in più, non berti tutto quello che ti dicono, non essere ossequioso e così via.


Sono credibile?