In epoche ormai piuttosto remote, mi ricordo che una ragazza mi disse che non ero proprio il tipo per lei. Cosa avevo che non andava? Beh, non ero abbastanza deciso nelle mie azioni. Aveva notato che, una volta, mentre tentavo un sorpasso, avevo esitato e poi rallentato, rientrando da dove ero partito. Secondo lei, un vero uomo non doveva avere dubbi. Una volta che ha preso una decisione, la segue fino in fondo, costi quello che costi.
Ripensandoci oggi, mi sembra proprio che la tipa non meritasse il rischio di un bel frontale contro il bus della Sita che spuntava da dietro la curva. Però. all'epoca, ci rimasi piuttosto male. Essere rifiutato per un sorpasso mancato non mi sembrava giusto. E poi, se avessi tenuto l'accelleratore premuto, cosa sarebbe successo? Mi avrebbe sussurrato "ti amo" in mezzo alle lamiere contorte?
Ma non era questione di un sorpasso. Era proprio una questione di attitudine. Il problema era che, all'epoca, ero quello che oggi chiameremmo un "nerd." In effetti, se riguardo le mie foto di quando avevo 18 anni, con i miei occhiali con la montatura di tartaruga somigliavo spaventosamente ai personaggi del film "la vendetta dei nerd". E da buon nerd, tipo riflessivo e un po' indeciso, difficilmente avrei tenuto schiacciato l'accelleratore di fronte al bus in arrivo solo per dimostrare che ero un vero uomo.
La figura del nerd - occhialuto e goffo - è una deformazione del ricercatore professionale. Esagerata, certo, ma ne coglie alcune caratteristiche tipiche. Il ricercatore è bravo a fare quello che fa. Si chiude nel suo laboratorio, pasticcia con le sue provette, sta al computer tutta la notte. Spesso, però, trascura la comunicazione e i rapporti sociali; specialmente da giovane.
Con gli anni, il ricercatore perde gradualmente le sue caratteristiche di nerd "duro e puro" (e vi posso dire che anche con le ragazze comincia ad andare molto, ma molto meglio). Però, se fai ricerca come professione, qualcosina del nerd occhialuto ti rimane attaccato per tutta la vita. Non che ci sia niente di male nel concentrarsi sul proprio lavoro. Però, non bisogna esagerare. Soprattutto a un certo punto della tua carriera ti accorgi che non basta essere bravo a fare il tuo mestiere. Devi comunicare le cose che fai; devi interagire con altri.
Qui, c'è un grosso problema. Se nelle aziende e in politica si insegna e si pratica la comunicazione, gli scienziati (ovvero i nerd) la trascurano. Nelle facoltà scientifiche, ai ragazzi si riempie la testa di scienza; questo va bene, ma nessuno insegna loro nemmeno i rudimenti più elementari di comunicazione. Quando poi sei lanciato nella ricerca professionale, non solo devi imparare tutto da solo, ma ti accorgi anche che l'accademia non premia affatto le capacità comunicative dello scienziato.
La carriera di un ricercatore dipende quasi esclusivamente dalla capacità di produrre articoli su riviste scientifiche internazionali. Questi articoli possono essere benissimo incomprensibili ai più; financo agli stessi tuoi colleghi nello stesso campo. L'oscurità espositiva non viene considerata un grave difetto; anzi, occasionalmente viene lodata come segno di profondità.
In Italia, la divulgazione scientifica viene considerata a livello accademico un'attività leggermente più apprezzabile della pedofilia, ma non poi così tanto. All'estero, la situazione è migliore, ma la "comunicazione", intesa come trasferire al pubblico e ai politici i risultati del lavoro di ricerca, conta comunque zero ai fini della carriera. Anzi, il fatto di comunicare bene viene guardato con un certo sospetto.
Il risultato di questa situazione è che gli scienziati, nella maggior parte dei casi, sono degli eccellenti professionisti nel loro campo, ma dei dilettanti quando si tratta di comunicazione. Insomma, molti di loro rimangono dei nerd per tutta la vita.
Finchè si parla di campi molto specializzati, non c'è grave danno. Ma le cose sono ben diverse quando la scienza si trova a dover raccomandare politiche riguardo a cose come la gestione del pianeta e di noi stessi: l'esaurimento delle risorse, l'inquinamento, il riscaldamento globale, la prevenzione delle malattie e tante altre cose. Bisogna convincere politici e pubblico che è necessario fare certe cose; anche non necessariamente piacevoli. E qui, le cose vanno male; anzi, malissimo.
Comunicare con il pubblico su cose come il cambiamento climatico non è cosa da nerd. Ci sono delle tecniche che vanno imparate e assimilate - esiste una vera scienza della comunicazione pubblica che va sotto il nome di "public relations". Include quello che chiamiamo pubblicità ma è molto di più. E' l'arte di dire e presentare le proprie ragioni in un modo che sia comprensibile e accettabile. La verità non vince da sola - bisogna sapere come presentarla. Questo lo sa bene chiunque abbia avuto bisogno di un avvocato per far valere le proprie ragioni in tribunale.
Ma queste cose gli scienziati non le sanno; non ne hanno la minima idea. I limiti degli scienziati in questo campo si sono visti pesantemente con la questione del cambiamento climatico. Si sono trovati del tutto impreparati a fronteggiare un attacco mediatico condotto da professionisti del mestiere.
Guardate un qualsiasi dibattito sul clima sulle pagine dei commenti dei blog. Gli scienziati non capiscono con chi hanno a che fare. Quasi sempre, trattano il negazionista di turno come se fosse uno di loro; cercando di spiegare pazientemente come stanno le cose. Quando si accorgono di essere presi in giro, tipicamente, perdono le staffe e cominciano a dire "siamo noi gli esperti e sappiamo noi come stanno le cose." il che ha un effetto mediatico assolutamente disastroso.
Fra i tanti esempi di fallimento mediatico degli scienziati, forse il più clamoroso è stato il caso delle email rubate all'università di East Anglia. E' stato un esempio così brillante di cosa NON fare che lo si ricorderà per decenni e sarà studiato dagli strateghi mediatici come la sconfitta di Napoleone a Waterloo lo è da quelli militari. Per la verità, non è stato nemmeno un fallimento - è stato proprio non rendersi conto che c'era un problema. Immaginatevi Napoleone che arriva a Waterloo da solo, dimenticandosi l'esercito a Parigi. Ooops.....
Allora, bisogna cominciare a pensare che la comunicazione è parte integrante del processo della scienza. Che se non riusciamo a comunicare quello che facciamo non possiamo aspettarci che la società continui a supportare la scienza, meno che mai che segua le raccomandazioni che arrivano dagli scienziati. Certo, non spetta agli scienziati fare il lavoro dello specialista di public relations ma, se vogliamo evitare ulteriori disastri mediatici, dobbiamo comunque imparare come si comunica e investirci delle risorse.
Insomma, bisogna smetterla di fare i nerd.
Ugo, ha mai seguito delle lezioni-conferenze del fisico Emilio del Giudice?.
RispondiEliminaSi può anche essere molto scettici sui suoi studi al limite della pseudoscienza, ma quando si limita alla scienza canonicamente galileiana, è veramente bravo.Non fa oltretutto mistero delle sue idee politiche, ma lo fa in un modo che lo rende ancora più autorevole.Perchè far finta che gli scienziati siano neutrali in politica, nella fede, nell'economia, è una delle menzogne scientifiche più subdole.
Marco Sclarandis.
Bellissimo post! :-)
RispondiEliminaUgo, pubblichi una foto dei tuoi vent'anni? ci terremmo tantissimo...
RispondiEliminaBardi Fan club
E.... che bello avere un fan club! Mi sembra di essere Vittorio Sgarbi :-) . Una foto di Ugo il Nerd a 20 anni? Forse la posso anche ritrovare, chissà......
RispondiEliminaDel Giudice non lo conosco; ma sono daccordo. Io non sono certamente neutrale in tante cose!
RispondiEliminaSolo per la cronaca: il titolo italiano del film era "La Rivincita dei Nerds"
RispondiEliminaLa mia esperienza è diversa, ma il risultato non cambia. In Italia effettivamente ho constatato la mancanza di preparazione nella comunicazione, finanche alla diffidenza (di cui parli nell'articolo) nel notare un semplice laureando che si sforzava di comunicare efficacemente. All'estero, invece, la comunicazione è tenuta in grande considerazione (almeno nell'università inglese dove ho studiato) con tanto di corsi extra, obbligatori, dedicati alle tecniche di comunicazione efficace.
RispondiEliminaCiononostante, per l'attività che il ricercatore o lo scienziato compie a tempo pieno, penso sia comunque impossibile poter raggiungere la competenza di professionisti come i politici, gli artisti o...i negazionisti.
Questo nella generalità; naturalmente persone particolarmente versate e impegnate nello scopo penso possano diventare ottimi comunicatori.
Emanuele
Perchè il GW non "acchiappa" le masse?
RispondiEliminaPerchè il prodotto GW non invoglia?
Perchè i governi mondiali non si piegano finalmente al volere degli scienziati?
Il professore Ugo Bardi se lo chiede da alcuni post.
E cerca di darci qualche risposta:
Forse gli scienziati non comunicano bene?
forse il prodotto non è ben confezionato?
manca una strategia di marketing?
forse occorre alzare il livello di terrorismo mediatico?
o forse è ora che qualcuno finalmente "scenda in campo" e vada in TV a raccontare la rava e la fava in parole semplici ma sufficientemente violente ed efficaci al popolino imbelle ??
A mio modesto avviso, quando uno scienziato smette di cercare la verità per cercare di avere ragione o per battere gli avversari o per guadagnare potere diventa un politico, o magari un affarista, ma comunque smette di essere scienziato.
Non c'è nulla di male ma mi sembra ipocrita confondere le due cose.
Ed è ipocrita anche definire IPCC un organo scientifico. Si tratta di un ente politico, punto.
Quindi, tornando a "bomba" perchè la gente non "compra" il prodotto GW ?
Incidentalmente osservo che se la verità dei dati fosse cosi evidente non staremmo qui a parlare di strategie comunicative.
La ggente poi si domanda perchè gli scienziati siano alla spasmodica ricerca del consenso popolare.
Perchè gli scienziati improvvisamente si sono messi a comunicare su tutti i media cercando di raggiungere e convertire la ggente 'gnorante in tutti gli angoli del globo?
Forse perchè agli scienziati non interessa più il solo giudizio dei pari, quello che vogliono è il peso politico, il potere di determinare le agende dei governi.
In sostanza certi scienziati non vogliono più servire la scienza ma si servono della scienza come strumento di lotta politica o per il prestigio sociale.
Ne più ne meno come quei giudici italiani che si servono della giustizia come strumento di lotta politica e/o per agevolare la propria carriera
Si tratta di operazioni ipocrite e moraliste e per questo motivo scatenano inevitabilmente la diffidenza del pubblico, della ggente.
Se il Prof Ugo Bardi avrà voglia di spiegare in termini scientifici e asettici qual'è la sua teoria riguardo la correlazione tra la temperatura media del globo e le emissioni umane di CO2 lo leggerò con il massimo interesse e rispetto.
Quando invece il Prof. si mette a fare il moralista e si mette a bacchettare e castigare i governi, i cattivoni delle multinazionali, i possessori di Suv e chi più ne ha più ne metta, non sta facendo lo scienziato ma il politico e come tale merita tutta la nostra diffidenza, al pari degli altri politici.
Mi sembra che i nostri amici nerd continuino ad essere sotto tiro:
RispondiEliminahttp://blogs.nature.com/climatefeedback/2010/02/new_climate_centre_email_incid_1.html
Se si continua a giocare sporco temo che non basterà una semplice revisione delle strategie comunicative...
Ricordiamo tutti che Cassandra AVEVA RAGIONE.
RispondiEliminapablo:
RispondiEliminaperché quando parlo di bufale evidenti, come le scie chimiche, ho circa lo stesso effetto di cui parla Ugo?
Quando parlo in termini scientifici ed asettici del perché del vapor d'acqua a quaranta sottozero è normale condensi in ghiaccio, la gente mi guarda cercando di seguire, tra uno sbadiglio e l'altro.
Quando il relatore seguente afferma con la massima sicurezza che le condizioni per la formazione di scie sono rarissime, le scie una volta non c'erano, ci stanno avvelenando tutti, riesce a catturare il pubblico.
I motivi per cui il GW è reale sono documentatissimi in una marea di articoli scientifici, articoli più divulgativi, pagine e pagine di wikipedia (inglese), e guarda caso convincono il 97 percento di chi se ne occupa (guardacaso altri nerd), con il restante 3 percento un po' indeciso che fa obiezioni serie (ma finora sempre risolte, anche se è vitale continui a farne).
Ma il problema è che basta che un tizio che non sa bene che cosa sia un fotone "scopra" che il CO2 non può provocare effetto serra (si aspettava solo lui per calcolare in dettaglio che succede), e trova spazio in un blog in teoria "scientifico" intitolato "realcimate". Se si cerca di fargli capire che ha scazzato completamente, che quei conti sono il pane quotidiano di astronomi, fisici dell'atmosfera, spettroscopisti, e che non si fan così si offende pure.
Su certi argomenti puoi fare una bellissima e convincente lezione, a chi non ne sa niente, dicendo quasi solo cose sbagliate. Non basta cercare di capire, occorre averne gli strumenti. E allora occorre faticare e trovare degli esempi che consentano anche a chi non sa le cose di vederci dentro. Esporre le cose nel modo corretto, adatto a chi non ne sa nulla. Non è un trucco per voler aver ragione. È accorgersi che chi ti risponde sta dicendo castronerie immani, di fatto, e non poter ribattere su quel terreno perché in realtà si sta parlando d'altro.
Sulle mail del CRU: semplicemente non dicono che l'hockey stick non esiste. Non parlano proprio (quelle stra-citate) di cali di temperatura ma di cali di qualcos'altro. Ma vallo a raccontare in giro, la versione che è passata è quella. Non si parla più di temperatura, ma di quanto gli sceinziati siano una cricca di imbroglioni.
Il tuo riferimento all'IPCC come organo politico e non scientifico (falsissimo, È un organo di consulenza scientifica composto in massima parte da scienziati) è esattamente questo, spostare il terreno del discorso dallo scientifico a qualcos'altro.
Non è che sia andato tutto cosi male finora! Mi sembra che Al Gore sia stato un efficace comunicatore del GW. Che però non era uno scienziato.
RispondiEliminaDirei che il problema dello scienziato è che sostanzialmente viene lasciato solo di fronte ai media, senza competenze comunicative per affrontarli. Il ruolo di interfaccia comunicativa dovrebbe svolgerlo l'istituzione accademica. Basterebbe un buon ufficio stampa..
Il post è molto interessante e coglie un argomento meritevole di attenzione: il ruolo dello scienziato nella società, come si diceva una volta. Però a me sembra che centrare tutto sulla comunicazione sia un po' troppo semplicistico. Sicuramente è vero che gli scienziati non sanno comunicare ma questo è solo un piccolo aspetto del problema, altrimenti basterebbe frequentare un qualche corso di comunicazione, come fanno nelle aziende o i politici, per essere improvvisamente ascoltati presso il pubblico. E' strano ma anche i politici, quando non vengono rieletti o hanno un calo di popolarità, sostengono: abbiamo fatto bene ma non siamo riusciti a comunicare. Siamo sicuri ? La scienza è ormai cosi specializzata e il sapere scientifico così parcellizzato che gli scienziati, al di fuori dello stretto ambito della loro propria disciplina sono tutti neofiti, esattamente come il pubblico di cui lamentano l'impreparazione e il disinteresse. E quindi perché nell'ambiente scientifico c'è questa avversione non solo verso la divulgazione (vista quasi come la pedofilia come dici giustamente) ma anche verso quelli che cercano di scrivere di cose che possono interessare ed essere comprensibili per qualcuno di più di quella dozzina al mondo di superspecialisti che fanno parte dello stesso ristrettissimo gruppo ?
RispondiEliminaIl discorso sarebbe lungo e interessante ma mi piacerebbe sapere cosa se ne pensa su questo blog scritto da uno come Ugo che secondo me sta facendo uno sforzo apprezzabilissimo per rompere
questo cerchio chiuso degli scienziati. Giustamente qua si evidenzia l'attacco cui sono sottoposti gli scienziati da parte degli "scettici" sul cambiamento climatico, io credo però che ridurre tutto a mancanza di comunicazione sia un po' poco. Qualche tempo fa ho letto questo scritto"(Ri)mettere la scienza in cultura" del fisico francese Jean-Marc Lévy Leblond che tocca diversi punti che a me sembrano importanti di questa discussione. Qui il pdf
http://www.i-sem.net/press/jmll_isem_palerme.pdf
Saluti
Egidio
@egidio:
RispondiEliminail problema si pone proprio maggiormente per quelle branche della scienza che hanno un impatto diretto nella vita di tutti i giorni. Da astronomo mi ritrovo abbastanza spesso persone che si chiedono perché mi devono pagare lo stipendio, ma non persone che ritengono quel che faccio poco interessante o poco "popolare".
Quando uno si occupa di clima, invece, è facilmente bersaglio per accuse infamanti. O se cerca di capire se i telefonini fan male e trova che non ne fanno. O se demolisce bufale come le scie chimiche e l'omeopatia.
Del Giudice era un gran comunicatore perché sapeva ammiccare alle cose "misteriose". I suoi (ottimi) studi sulla elettrodinamica quantistica applicata ai nuclei atomici sono sconosciuti ai più, ma se cerchi su Google il suo nome affiancato all'omeopatia, alla fusione fredda, ecc. trovi valanghe di riferimenti. Eppure sono lavori semiqualitativi in cui tenta di applicare i risultati di un suo lavoro che ha un grave difetto di fondo, saltando una decina di verifiche intermedie per vedere se questa applicazione sia possibile e soprattutto funzioni.
Del Giudice era un gran comunicatore..
RispondiEliminaPerchè, è morto?
Marco sclarandis
Ugo, apri un vaso di Pandora. Avrei da scrivere un libro sull'argomento, per cui quando reputi necessario, sparami ^_^
RispondiEliminaNon sono uno "scienziato" nel vero senso della parola, arrivato alla laurea in ingegneria ero sazio del mondo accademico, non sarei sopravvissuto. Però sono curioso, e per mantenermi agli studi, lavoravo anche in un locale museo.
Vi chiedete perché il GW non vende. Mi pare che tutti vi stiate dimenticando del fatto banale che combattere il GW costa. Stavo facendo i conti di quanto risparmierei cambiando le finestre. Ho un payback dell'ordine del secolo. Per non parlare dell'auto. No, dico, stiamo cercando di togliere l'auto a americani, inglesi, tedeschi e italiani. Altre barzellette? ;-)
Quindi, rassegnamoci, una fetta di gente si rifugerà comunque nelle soluzioni di comodo, anche se la Hack assomigliasse alla Hunziker.
Vi racconto un episodio recente: una mia amica deve preparare le slide per una verifica intermedia del suo dottorato (non so come si chiama). Mi mostra le slide, di un palloso clamoroso. Mi vengono in mente le lezioni di Attivissimo e di altri su come NON fare le presentazioni, gliele elenco. Risposta: qua si DEVE fare così, ordini dall'alto. Risultato: un PPS fitto fitto di testo e disegnetti illeggibili, autoesplicativo (e allora a cosa serve il relatore?!?) e letto solo da tre persone in tutto il pianeta.
Poi, permettetemi una cattiveria: ma davvero tra i vostri colleghi scienziati non ce n'è di quelli che...
...non vogliono spiegare?
...la puzza al naso?
...non mi abbasso a fare queste cose?
...oddio sono un pallone gonfiato se racconto davvero quello che faccio mi sgamano?
...non capisco un acca di quello che faccio meglio che resti tutto nebuloso?
... ho faticato tanto per capire, che fatichino anche gli altri?
Io di tipi così, tra i miei professori, ne ho visti parecchi.
Secondo me, se ora si bloccasse la ricerca scientifica per dieci anni e ci si dedicasse esclusivamente alla divulgazione, sarebbe la cosa giusta da fare. Ma appunto una bella fetta di scienziati non gliene frega niente che la plebe sappia.
Aggiungiamoci poi un divario sempre più forte che brucia da due lati, le conoscenze sempre maggiori da una parte, e l'ignoranza che si diffonde dall'altra. Una volta portai (da guida museale, non da amico) due ragazzine sui 14 anni in planetario, e ovviamente loro mi tempestarono di domande sugli oroscopi. Mostrai loro Ofiuco, spiegai la precessione, dissi che gli astrologi erano tutti cacciaballe. Loro rimasero sorprese. Ma come, mi chiedono stupite, gli astrologi, non sono quelli che stanno negli osservatori tutte le notti? E stiamo parlando di due ragazzine abbastanza sveglie e curiose da venire in museo di loro sponte. Capite bene che non c'è nulla da ridere.
Io sono un peripatetico, sono convinto che la scienza si spiega benissimo anche senza matematica (a patto di non voler essere quantitativi). Ma il fisico quando gli chiedi della dualità onda particella di solito ti risponde con un bra e un ket, allora non ci siamo.
Tra l'altro, la domanda di Gianni "perché devono pagarmi lo stipendio" è alla base del modo di concepire i musei alla Exploratorium, l'idea di Oppenheimer. Big Science, Big Costs, eppure c'era un periodo dove si riusciva a concepire persino questo. Quindi, eccessi a parte, ce la possiamo fare. Ma serve un bel bagno di umiltà anche da parte "nostra".
ma davvero tra i vostri colleghi scienziati non ce n'è di quelli che...
RispondiElimina...non vogliono spiegare?
...la puzza al naso?
...non mi abbasso a fare queste cose?
...oddio sono un pallone gonfiato se racconto davvero quello che faccio mi sgamano?
...non capisco un acca di quello che faccio meglio che resti tutto nebuloso?
... ho faticato tanto per capire, che fatichino anche gli altri?
Eh... Markogts, l'hai detta perfettamente bene. Ce n'è di gente così. Magari competenti nel loro campo, ma con tutti i difetti che hai elencato.
Una delle ragioni di questa situazione è il narcisismo imperante nell'accademia; a furia di ripetersi a vicenda quanto sono bravi, se ne convincono. E' più ne sono convinti, più si ripetono fra di loro quanto sono bravi. Feedback positivo.
Ripeto, spesso sono molto bravi nelle loro cose, ma sono diseducati a interagire con chi non è un accademico. Questo è uno dei problemi e neanche il solo
Markgots, spiegaci come si fa a fare scienza senza la matematica.Come si sarebbero scoperti gli elementi chimici senza misure quantitative?
RispondiEliminaChe la matematica si possa spiegare in modi diversi sono d'accordo, ma che se ne possa fare a meno mi sembra un'affermazione ridicola.
Come si fa a non essere quantitativi nel valutare i fatti fisici?
Che poi con le quantità non si spieghi tutto è pur vero, ma la scienza è SEMPRE stata accompagnata dalla misura quantitativa.
"Quanto è grande il pianeta terra?"
"Eh, un bel pò di giornate di cammino........."
Sarebbe questa la scienza che proponi di divulgare?
O vorresti dire un'altra cosa?
Marco Sclarandis.
No, sto dicendo un'altra cosa. Sto parlando di divulgazione, non di ricerca. È ovvio che la scienza va avanti velocemente grazie alla matematica. Ma si può non capire un acca di matematica e ciononostante capire i fenomeni fisici, almeno in senso qualitativo, intuirli, se preferisci il verbo. Io conosco più di una persona che ha questa capacità.
RispondiEliminaSarebbe questa la scienza che proponi di divulgare?
Cerchiamo di capirci. "Chiacchierare di scienza" o "fare ricerca scientifica" sono due cose completamente diverse. Davvero non riesco a capire questa tua domanda. La scienza che chiunque possa proporre di divulgare non può che essere una. I dati, i fenomeni, sono là fuori. Io (non io, in realtà, ma gente ben più esperta di me nel ramo della divulgazione) dico solo che per divulgare la scienza non serve, anzi spesso è controproducente, la matematica.
Per concludere, sei sicuro che rispondendo "Il diametro equatoriale della Terra è di 12.756,274 km" attireresti il tuo pubblico? Per restare nella metafora, non sarebbe più logico dire che la Terra è talmente grande che con un aereo servono un centinaio di ore per farne il giro, e che se andiamo su una montagna di altezza nota, possiamo stimarne il diametro guardando quanto è grande l'orizzonte? E infatti gli astronauti sulla Luna vedevano l'orizzonte molto più vicino? E perché un satellite fa il giro in un'ora e mezza? Puoi cominciare a impostare l'equilibrio G*m*M/r^2=v^2/r e... sei pronto per la pubblicità del pocket coffee (perché così è come ci vedono, questo è un dato di fatto - e spero sappiate a cosa mi sto riferendo ;-), oppure puoi parlare del fisico che, per suicidarsi, spara una pallottola molto veloce davanti a sé e poi aspetta 92 minuti; di come, quando si è lanciati a velocità pazzesche, l'orizzonte ti manca letteralmente sotto i piedi ecc ecc.
Spero di essermi spiegato.
PS nota a margine che non c'entra con la divulgazione: Faraday scoprì tutto quello che scoprì senza sapere quasi nulla di matematica, i suoi libri sono poverissimi di formule ed equazioni.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaChiedo scusa del doppio post, non ho visto il messaggio sulla moderazione
RispondiEliminaTi ringrazio della risposta Markgots, ma appunto,nessuno in Italia ha il coraggio di divulgare la matematica.In italia esiste il pregiudizio neanche tanto antico, che tutta la scienza sia affare da tecnici e contabili, e che il sapere cosidetto umanistico sia quello di prim'ordine.Invece, il pensiero matematico è altrettanto importante di quello linguistico in tutte le sue derivazioni.
RispondiEliminaChe Faraday scoprì i fenomeni elettrici pur conoscendo pochissima matematica, c'entra moltissimo con la divulgazione invece.
Perchè significa che con poca di questa conoscenza si possono comprendere moltissimi fenomeni, ma quella poca bisogna conoscerla.
Quando tu parli del diametro equatoriale della Terra e fornisci un numero con la precisione del metro, annoi solo una mente di per sè già maldisposta verso il pensiero matematico.
Se invece tu racconti come sia stato faticoso, ardimentoso e ingegnoso ottenere quella misura fino ad un tale grado di accuratezza, fondi pensiero umanistico e scientifico in un unica forma integrale di conoscenza.
Allora sì che puoi anche raccontare come si è pervenuti alla misura esatta di pi greco, che pur esistendo idealmente, nel mondo platonico dell'infinito attuale, è inaccessibile nel mondo reale, fisico in cui siamo, se non per approssimazioni successive ma interminabili.
Solo il pensiero matematico è il vero antidoto alla pseudoscienza e alla magia da baraccone.
Solo il pensiero matematico, contiene l'altra metà di tutto ciò che intendiamo per libertà.
Georg Cantor lo espresse in modo sublime.
"L'essenza della matametica risiede nella sua libertà"
E per finire il pensiero matematico è arte, come tutte le altre associate alle muse.
Ma da noi, per qualche perverso maleficio, viene considerato vile pratica materiale.
Marco Sclarandis.
A proposito del "Bardi fan club" ho ritrovato una mia foto di quando avevo 17 anni e gli occhiali con la montatura di tartaruga. Se qualcuno la vuol vedere, sta sulla mia pagina di facebook :-)
RispondiElimina