giovedì 15 settembre 2016

Alcune riflessioni sul crepuscolo dell'era del petrolio – parte seconda



Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Parte prima.

di Louis Arnoux

Parte seconda - Indagare l'appropriatezza della domanda


Riconosciamolo, la situazione in cui ci troviamo, così come descritta sommariamente nella prima parte, è complessa.

Come amano affermare molti commentatori, rimane ancora un sacco di petrolio, carbone e gas “nel sottosuolo”.   Dal 2014, sono imperversati i dibattiti riguardo all'ipotetico “eccesso di petrolio”, riguardo a quanto potrebbero scendere i prezzi del petrolio, quanto potrebbero rimbalzare verso l'alto quando la domanda probabilmente recupera e “l'eccesso” svanisce e, di fronte a tutto questo, cosa potrebbe e non potrebbe succedere a proposito della “rinnovabili”.
Tuttavia, dal mio punto di vista, la situazione non è impossibile da analizzare in modo rigoroso, lontano da ciò che potrebbe apparire come buon senso, ma potrebbe non sostenere un'analisi.   Per esempio, i dati della prima parte hanno indicato che gran parte di ciò che è rimasto in termini di combustibili fossili è probabile che resti dov'è, nel sottosuolo, a meno di non avere accesso a politiche di gestione delle risorse difficili da concordare, semplicemente perché questo è ciò che impone la termodinamica.

Ora possiamo avventurarci un po' più avanti se teniamo fermo in mente che il mondo industriale globalizzato (MIG), e per esteso tutti noi, non “viviamo” di combustibili fossili ma dell'energia consegnata dal sistema energetico globale. E se teniamo  in mente anche che, in questa materia, i combustibili da trasporto derivati dal petrolio sono la chiave visto che, senza di loro, nessuno degli altri combustibili fossili e delle risorse nucleari possono essere movimentate e il MIG stesso non può funzionare.

Nella mia esperienza, molto spesso, quando ci si trova di fronte a questa ampia gamma di punti di vista in conflitto, specie se riguardano materie di pertinenza della fisica e delle scienze sociali, la mancanza di accordo è indicativa del fatto che le domande centrali non sono formulate bene. Il fisico David Bohm amava sottolineare: “Nelle indagini scientifiche, un passo cruciale è quello di porsi la domanda giusta. Infatti ogni domanda contiene presupposizioni, in modo largamente implicito. Se queste presupposizioni sono sbagliate o confuse, la domanda stessa è sbagliata, nel senso che cercare di rispondervi non ha senso. Così si deve indagare sulla pertinenza della domanda”.

Qui è importante, in termini di analisi sistemica, differenziare fra industria energetica globale (chiamiamola IEG) e il MIG. La IEG si fa carico direttamente della termodinamica e all'interno della IEG l'industria petrolifera (IP) è cruciale visto che, come abbiamo visto nella prima parte, è la prima a raggiungere il limite termodinamico di estrazione della risorsa e, visto che condiziona la fattibilità degli altri componenti della IEG, che nel loro stato attuale ed entro il quadro temporale rimanente non possono sopravvivere al collasso finale dell'IP.
Dall'altra parte, il MIG viene condizionato dal declino termodinamico con un ritardo, innanzitutto perché è tamponato dal debito – di modo che al momento dell'impatto del collasso termodinamico dell'IP diventa innegabile è troppo tardi per fare qualcosa.

Al livello micro, il debito può essere “buono” - per esempio le società prendono prestiti per espandersi e poi rimborsano il loro debito.  Al livello macro può essere letale ed ora lo è diventato, man mano che il debito globale non può più essere rimborsato (stimo che l'energia equivalente dell'attuale debito globale di stati, aziende e famiglie sia nell'ordine di circa 10.700 EJ, mentre l'attuale uso mondiale di energia è nell'ordine dei 554 EJ; non è più fattibile tenere a mente la differenza.

I prezzi del petrolio stanno precipitando.


Figura 4 - Il segnale radar di una Pearl Harbor petrolifera

 



In breve, il MIG ha vissuto su un debito totale sempre crescente all'incirca dal momento in cui l'energia netta pro-capite dal petrolio  ha raggiunto il picco nei primi anni 70.   La crisi del 2007-2008 è stato uno sparo di avvertimento.   Dal 2012 siamo entrati nell'ultima fase di questa triste saga – quando l'IP ha cominciato ad usare più energia (si dovrebbe di fatto parlare di exergia) all'interno della propria catena produttiva di quella che consegna al MIG.   Da questo punto in avanti, recuperare l'attuale sistema finanziario forzoso non è più fattibile.

Questo punto del 2012 ha segnato un passaggio radicale fra i motori del prezzo. [1] La Figura 4 combina le analisi del TGH (The Hills Group) e la mia.  Alla fine del 2014 ho visto l'inizio del crollo del prezzo del petrolio come un segnale su di uno schermo radar. Essendo ben conscio che gli EROI di petrolio e gas insieme erano già passati al di sotto della soglia minima di 10:1, ho capito che questo crollo era diverso da quelli precedenti: i prezzi erano diretti a crollare a terra. Poi mi sono reso conto che il TGH lo scorso mese lo aveva anticipato, che la loro analisi era robusta ed era corroborata dal mercato lì per lì.

Fino al 2012, il motore determinante del prezzo  era il costo energetico totale sostenuto dall'Ip. Fino ad allora il MIG poteva più o meno felicemente sostenere la traduzione di questi costi in prezzi del petrolio alti, intorno o al di sopra dei 100 dollari al barile. Ma non è più così.  Dal 2012, il motore determinante del prezzo del petrolio è ciò che il MIG si può permettere di pagare per essere ancora in grado di generare una residua crescita  del PIL (su un tempo preso in prestito) sotto l'influenza di una Regina Rossa che sta finendo il “respiro” termodinamico.  Definisco il processo in cui ci troviamo una “Pearl Harbor petrolifera”, che avviene in una specie di irreale moviola.  Ciò non è più recuperabile. Entro circa 10 anni l'industria petrolifera per come la conosciamo si sarà disintegrata.   Il MIG è attualmente senza difese di fronte a questa minaccia.


Il Re Drago del petrolio fallisce


Figura 5 – La “mano energetica”

 

Per illustrare come  funziona la IEG, spesso confronto i flussi energetici alle cinque dita di una mano: sono tutte necessarie e sono tutte collegate (Figura 5).   Sotto la Regina Rossa, la IEG sta progressivamente perdendo le sue “falangi” una dopo l'altra come per una specie di lebbra sconosciuta – ancora sconosciuta a causa del “velo” del debito che nasconde le perdite progressive e più fondamentalmente a causa di ciò a cui faccio riferimento in fondo alla Figura 5, cioè dove sono in ciò che chiamo il Re Drago del fallimento del petrolio.

Un Re Drago (RD) è un concetto statistico sviluppato da Didier Sornette dell'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia, a Zurigo, e da altri per differenziare processi di alta probabilità e di alto impatto da eventi di tipo Cigno Nero, cioè eventi che sono di bassa probabilità ed impatto alto.

Lo chiamo il “fallimento del petrolio” perché ciò che lo innesca è lo stesso rapido “esaurimento” dell'energia netta per barile. E' un processo Re Drago, cioè ha un'alta probabilità ed alto impatto inatteso, puramente perché quasi nessuna delle élite che prendono decisioni ha familiarità con la termodinamica dei sistemi complessi che funzionano lontani dall'equilibrio; né hanno familiarità con i reali funzionamenti sociali delle società in cui vivono. I ricercatori hanno avvertito dell'alta probabilità di una cosa del genere perlomeno dal lavoro dei Meadows nei primi anni 70. [2]

Il Re Drago del “fallimento petrolifero” è il risultato dell'interazione fra questo esaurimento dell'energia netta, il cambiamento climatico, il debito e tutto lo spettro di problemi ecologici e sociali che sono cresciuti dai primi anni 70 – come ho osservato nella Figura 1, il Re Drago del “fallimento petrolifero” sta facendo montare una “tempesta perfetta” sufficientemente forte da mettere in ginocchio il MIG.  La Pearl Harbor petrolifera ci dice che il Re Drago del fallimento petrolifero è in pieno svolgimento.

Per spiegare ulteriormente questo, con riferimento alla Figura 5, il petrolio rappresenta circa il 33% dell'uso globale di energia primaria (dati BP).   I combustibili fossili hanno rappresentato circa l'86% dell'energia primaria totale nel 2014.   Tuttavia, carbone, petrolio e gas non sono come tre scatole ben allineate fianco a fianco dalle quali viene fornita energia magicamente, come vorrebbero la maggior parte degli economisti.

Nel mondo reale (cioè fuori dal mondo in cui vivono gli economisti), le catene di fornitura energetica formano delle reti piuttosto complesse. Per esempio, ci vuole elettricità per produrre molti derivati di petrolio, carbone e gas, mentre l'elettricità è essenzialmente generata da carbone e gas e così via.   Più precisamente, come osservato in precedenza, siccome il 94% di tutti i trasporti è basato sul petrolio, il petrolio è alla base di tutta la serie di reti energetiche complesse e globalizzate.

L'estrazione del carbone, il trasporto, la lavorazione e l'uso dipendono sostanzialmente da combustibili da trasporto derivati dal petrolio, idem per il gas. [3]   La stessa cosa vale per le centrali nucleari. Quindi il collasso termodinamico dell'IP, che è ora in corso e che è probabile che sia completo nel giro di 10 anni, sta innescando un effetto domino (ovvero una valanga o, in termini sistemici, una criticità auto organizzata, una CAO).

Attualmente e per il prossimo futuro, non ci sono sostituti per i combustibili da trasporto derivati dal petrolio che possano essere sviluppati entro il quadro temporale necessario e che siano accessibili per il MIG. In altre parole, il MIG sta cadendo in una trappola termodinamica proprio in questo momento.  Come ha osservato recentemente B. W. Hill, “Il mondo ora sta spendendo 2,3 trilioni di dollari all'anno in più per produrre petrolio di quanto riceve quando viene venduto.   Il mondo ora sta perdendo una gran quantità di soldi per mantenere la propria dipendenza dal petrolio”.

La Sindrome della Fatina dei Denti


Per tornare alla “domanda sulla domanda” di David Bohm, dal mio punto di vista ci troviamo in questa situazione fondamentalmente a causa di quello che chiamo la “sindrome della fatina dei denti”, da un'osservazione arguta di B.W. Hill in un dibattito su Internet all'inizio dell'anno scorso: “E' interessante che nessun analista sia ancora giunto alla conclusione ovvia che ci vuole petrolio per produrre petrolio. Credono forse che lo porti la Fatina dei Denti?”  Questa osservazione per me ha vividamente caratterizzato la prevalenza di una buona dose di pensiero magico al centro delle decisioni della IEG e del MIG.   Ovvero l'economia come una fantasia tipo macchina del moto perpetuo.  Le credenze illusorie non messe in discussione portano a conclusioni sbagliate.

Non è una cosa nuova, ecco qualche parola di spiegazione. Nel 1981 ho incontrato l'antropologa Laura Nader al congresso dell'Associazione Australia-Nuova Zelanda per il Progresso delle Scienze (AANZAS) tenutosi quell'anno all'Università del Queensland di Brisbane.   Eravamo entrambi relatori ospiti dei seminari che si concentravano su energia ed equità ed in particolare su come le società affrontano realmente le questioni energetiche, le crisi energetiche, e come decidono sulle linee d'azione.  Il titolo del suo articolo era “Energia ed equità, magia, scienza e religione rivisitate”.

Negli ultimi anni, la Nader era divenuta mombro degli organi statunitensi che supervisionano le reazioni al primo ed al secondo shock petrolifero ed all'industria dell'energia nucleare statunitense (era un membro del Comitato per il Nucleare e i Sistemi Energetici Alternativi dell'Accademia Nazionale delle Scienze (CNSEA).  Come antropologa, inizialmente è stata presa alla sprovvista da quello che osservava ed ha proceduto ad applicare le sue capacità antropologiche per provare a capire le strane “tribù” fra le quali era capitata.  Il titolo del suo articolo era una strizzata d'occhio al famoso lavoro di Malinowski su Trobriands del 1925.

Malinowski aveva evidenziato che: “Non esiste gente, per quanto primitiva, senza religione o magia. Né esistono... razze selvagge [sic] carenti o nell'attitudine scientifica o nella scienza anche se questa mancanza è stata attribuita di frequente a loro”.

La Nader ha osservato che il tipo di decisione prevalente nel mondo industrializzato in cui stava vivendo era anche il risultato di una strana miscela di “magia, scienza e religione” col pensiero magico e mitico, quasi religioso, che predomina fra le persone che erano viste e che vedevano sé stesse come razionali e che prendevano decisioni fondate sulla scienza. In quel periodo ero impegnato in una ricerca molto simile, avevo osservato esattamente lo stesso tipo di fenomeno nel mio campo di ricerca asiatico-australiano ed avevo raggiunto conclusioni simili.

Nelle mie osservazioni, dagli anni 70 la prevalenza di questa sindrome è considerevolmente peggiorata.  Questo è ciò che cerco di comprendere come la “Sindrome della Fatina dei Denti”.  Con la Pearl Habor petrolifera, l'influenza indiscussa della Fatina dei Denti sta giungendo alla fine. Tuttavia, l'impronta del tipo di pensiero in stile Fatina dei Denti rimane così forte che gran parte delle discussioni ed analisi rimane molto confusa, persino entro circoli scientifici che danno ancora per scontate le nozioni economiche.

Sul più lungo termine, la fine dell'effetto del Re Drago del fallimento del petrolio è probabile che sia un declino improvviso delle emissioni di gas serra.   Tuttavia, il pericolo che vedo è che nel frattempo la IEG, e più specificamente l'IP, non “si rannicchierà e morirà” semplicemente.   Penso piuttosto che ci troviamo in una situazione tipo “duri a morire”.   Dal 2012 stiamo già assistendo a ciò che chiamo la “Folle Corsa” (FC) da parte di una vasta gamma di attori della IEG che cercano di mantenersi in piedi finché possono, volando alla cieca verso il suolo.
Il risultato finale è difficile da evitare con una IEG che funziona solo col 12% di efficienza energetica, cioè con un uso inutile del 88% dell'energia primaria. L'agonia del MIG è probabile che finisca in una grande esplosione delle emissioni di gas serra mentre l'energia netta di esaurisce.
Il grande pericolo è che la vecchia boutade sfocerà su una scala planetaria: “l'operazione è riuscita ma il paziente è morto”... Da qui il mio appello ad “indagare sulla pertinenza delle domanda” ed al pensiero sistemico.   Siamo in grossi guai.   Non possiamo permetterci di capire male.


A seguire: Parte terza - Trovarsi leggermente oltre il bordo del dirupo



Biografia: il dottor Louis Arnoux è uno scienziato, un ingegnere ed un imprenditore impegnato a sviluppare modi sostenibili di vivere a fare affari. Il suo profilo è disponibile su Google+ all'indirizzo: https://plus.google.com/u/0/115895160299982053493/about/p/pub




[1] Come ha definitivamente chiarito il THG, vedete http://www.thehillsgroup.org/depletion2_022.htm.

[2] Il lavoro originario dei Meadows è stato ampiamente corroborato nei decenni seguenti. Vedete per esempio Donella Meadows, Jorgen Randers e Dennis Meadows, 2004, I nuovi limiti dello sviluppo, The Donella Meadows Institute; Turner, Graham, 2008, Un confronto de “I limiti dello sviluppo” con 30 anni di realtà,  Socio-Economics and the Environment in Discussion, CSIRO Working Paper Series 2008-09; Hall, Charles A. S. e Day, John W, Jr, 2009, “Rivisitare i limiti della crescita dopo il picco del petrolio” su American Scientist, maggio-giugno; Vuuren, D.P. van e Faber, Albert, 2009, Crescere entro i limiti, un rapporto per l'assemblea globale del Club di Roma del 2009, Agenzia di Valutazione Ambientale Olandese e Turner, Graham, M., 2014, Il collasso globale è imminente? Un confronto aggiornato dei Limiti dello sviluppo coi dati storici, MSSI Research Paper No. 4, Istituto della Società Sostenibile di Melbourne, Università di Melbourne.

[3] Anche se c'è una spinta ad usare sempre più gas naturale liquefatto per le metaniere o come carburante di bunkeraggio in navi ordinarie.


sabato 10 settembre 2016

Ricchezza e povertà: consumi pro-capite



Un post di Alessandro Pulvirenti

Cresce la popolazione mondiale e crescono anche i consumi di combustibili fossili.

Ci domandiamo:

a livello pro-capite, si sta diventando sempre più ricchi (aumento dei consumi pro-capite), oppure no?

Se poniamo gli indici a 100 (nel 2002) di: PIL, consumi energetici e popolazione; possiamo vedere se c’è una relazione tra queste grandezze.


Dal grafico possiamo trarre alcune considerazioni:
1. La popolazione mondiale cresce sempre (anche se nel mondo ci sono delle guerre);
2. I consumi crescono più della popolazione, questo dovrebbe farci pensare che consumiamo di più pro-capite;
3. Il PIL sembra avere lo stesso andamento crescente dei consumi, ma con variazioni molto più accentuate sia in positivo che in negativo.


Analizzando solo le variazioni annuali di PIL e consumi energetici, vediamo che, come già intuito, il PIL amplifica le variazioni dei consumi, sia in positivo che in negativo.

Questo vuol dire che: per esserci un aumento del PIL, ci deve essere un aumento dei consumi energetici.

Adesso andiamo a guardare come sono andati i consumi pro-capite:


Dal grafico si vede che:

• I consumi di petrolio hanno raggiunto il picco nel 1978 a 5,19 bep/y e poi sono scesi mantenendosi intorno i 4,3 bep/y;

• i consumi di tutti i combustibili fossili, non hanno raggiunto ancora un picco (la piccola discesa del 2015 è dovuta al fatto che il mondo nel 2015 è stato in recessione (vedi PIL)).

• I consumi energetici totali, anche loro non hanno raggiunto il picco.

Il fatto che il petrolio abbia raggiunto il picco pro-capite, lo possiamo spiegare tramite il seguente grafico:


Nel 1978 il petrolio copriva il 51,5% dei consumi di combustibili fossili; da allora, vista l’eccessiva dipendenza da tale fonte e i problemi dovuti all’eccessivo prezzo, ha fatto si, che si utilizzassero sempre più le altre due fonti fossili (gas e carbone), facendo si che, nel 2015 la quota coperta dal petrolio scendesse al 38,5%.
Il totale pro-capite è aumentato, mentre la quota fornita dal petrolio è diminuita facendo si, che scendesse sotto il picco del 1978.


Il minore uso di petrolio (a livello pro-capite), ha fatto si che: le riserve di petrolio pro-capite salissero a 32 bep, mentre le riserve totali di combustibili fossili, si sono ridotti da 127 a 110 bep.

Questo vuol dire che le riserve pro-capite stanno diminuendo, cioè la popolazione cresce e consuma più velocemente delle scoperte di nuovi giacimenti di combustibili fossili.


CONFRONTO TRA: CONSUMI, POPOLAZIONE E PIL (PPA)

Calcolando la media mondiale dei consumi di energia primaria totale, otteniamo 1,80 tep/y pro-capite (cioé 1,8 tonnellate di petrolio equivalente ogni anno per ogni persona).

Se prendiamo questo valore e lo raddoppiamo o lo dimezziamo 4 volte, otteniamo 4 fasce di consumi superiori alla media (dalla media in su), e 4 fasce di consumi inferiori.


ANALISI DELLE FASCE

Analizzando le fasce, si può vedere:

• La fascia 4, è composta dal resto dei Paesi sviluppati europei (compresa l'Italia) e da un grandissimo Paese come la Cina; incide per il 31,2% della popolazione e per il 42% dei consumi mondiali; quindi popolazione e consumi sono quasi allineati;

• La fascia 3, dove c’è un grande Paese sviluppato come gli USA, e i più ricchi Paesi d’occidente, incidono per circa il 10% della popolazione e del 31,5% dei consumi;

• Le prime due fasce sono occupate dai ricchi Paesi Arabi o da piccole isole. La loro incidenza complessiva è del 7,85% dei consumi e meno dell’1,5% della popolazione mondiale.

Come si vede nella tabella riassuntiva, la popolazione mondiale che vive sotto la media pro-capite è di 4,2 Miliardi di persone, il 57,37% della popolazione.

Se volessimo sconfiggere la povertà nel mondo, alzando i consumi della popolazione che sta sotto la media mondiale, dovremmo aumentare i consumi del:

+122 %: per portarli al livello Italiano (2,5 tep);
+69 %: per portarli al livello Cinese (2,2 tep);
+29 %: per portarli al livello Iracheno (1,1 tep);
+6 %: per portarli a livello Indiano (0,5 tep).

Se anche i Paesi ricchi cedessero la parte eccedente della media dei consumi mondiali, ai Paesi più poveri, potrebbero cedere solo il 33% delle risorse energetiche. Portando i Paesi poveri a un livello intermedio tra Iraq e Cina, non sufficiente a far raggiungere la media mondiale.

Una più equa distribuzione della ricchezza NON è sufficiente a portare i Paesi poveri del mondo, a livelli medi mondiali.

EQUA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE?

Sfatiamo uno dei miti che sostiene che:

"il 20% della popolazione mondiale, la più ricca, sta consumando l'80% delle risorse del mondo"; cioé che 1/5 della popolazione mondiale consuma per 4 volte di più, non è vero.

La Cina unendosi ai Paesi sviluppati (ha il PPA: PIL corretto in base al potere d'acquisto, più alto del mondo), cambia i rapporti nei consumi mondiali, portando al 42% la popolazione mondiale che consuma l'81% delle risorse mondiali; quindi il rapporto scende dal quadruplo ipotizzato a meno del doppio.

Se vogliamo vedere anche cosa è successo nel passato abbiamo:

Si vede una tendenza a una più equa distribuzione delle risorse.

Addirittura, nel prossimo grafico vediamo che i Paesi sviluppati dell'OECD hanno pure perso il primato nei consumi.
Questo vuol dire che i Paesi che prima non erano sviluppati (Non OECD), stanno già consumando più risorse dei Paesi sviluppati (OECD) di una volta.


PIL e Consumi

Considerazioni sul PIL e Consumi sono difficili da fare, in quanto, buona parte del PIL dei ricchi va in beni importati, i quali aumentano i consumi nei Paesi di produzione e non in quelli di fruizione dei beni. La globalizzazione rende tutti interdipendenti.


CRESCITA DEMOGRAFICA E CONSUMI

Quale sarebbe l’andamento dei consumi pro-capite negli anni a venire, in base all’aumento di popolazione prevista e in base alle scoperte e ai consumi di combustibili fossili?

L’andamento, della curva demografica, dovrebbe essere il seguente (in base ai parametri più comuni usati):

(Gli studiosi hanno capito che: la crescita demografica ci sarà fiché ci saranno risorse a disposizione; e difatti la curva demografica inizia a scendere quando le risorse iniziano a diminuire).

Ripropongo il grafico con le previsioni più ottimistiche, quelle riguardanti tutti i combustibili fossili con:
investimenti massimi (investimenti = 5) e Scoperte = 20%.

Legenda:
- Passato lordo: Energia lorda estratta
- Futuro lordo: Energia lorda da estrarre
- Futuro netto: Energia netta utilizzabile (Lorda - costi)
- Futuro costi: Costi energetici di estrazione

Come si può vedere, i costi energetici di estrazione tendono a salire quanto più ci avviciniamo all'esaurimento del combustibili fossili (ritorni decrescenti).

La situazione pro-capite sarà la seguente:

Da questo grafico si evince che, nella migliore delle ipotesi ci sarà ancora qualche piccola frazione percentuale di crescita dagli 11,3 bep/y attuali ai 11,7 bep/y nel 2050, mentre la curva netta dell’energia, vediamo che sta già iniziando a scendere.

Se invece gli investimenti si riducono:
- perché si vuole che gli Stati non finanzino la loro estrazione;
- perché i privati non investono in settori in cui ci sono scarse prospettive di guadagno (leggi che disincentivino l'uso dei combustibili fossili);

allora, pur considerando lo stesso degli investimenti (medio/bassi) (investimenti=2) e di conseguenza si avranno minori scoperte di giacimenti (scoperte=5%), la situazione che avremo è la seguente:


Dal quale si evince che: immediatamente le risorse disponibili pro-capite diminuiscono; con conseguente crisi energetica e l'impossibilità di finanziare eventuali fonti alternative.


CONCLUSIONI

Con le dovute approssimazioni che una simulazione può fare, quello che si evince è che:

1) crescita, dell’energia netta disponibile, non ce ne sarà più! Tutta la crescita netta dell’energia disponibile, verrà assorbita dalla crescita della popolazione;

2) il PIL Mondiale potrà anche crescere, ma il PIL pro-capite non crescerà più o non lo farà a livello apprezzabile.

Il sintomo della decadenza si potrà incominciare a percepire, quando non ci saranno abbastanza risorse per la manutenzione (edifici, strade, ponti, ...).

Le nuove generazioni avranno un tenore di vita medio, uguale o inferiore a quello dei loro genitori; nel lungo periodo sicuramente più basso.

3) ci saranno molti disordini sociali (con ulteriore distruzione di beni immobili), che non faranno altro che aggravare la situazione di crisi, specialmente nelle città.


4) possibili guerre tra i Paesi che hanno ancora abbastanza risorse per loro e quelli che, o li stanno esaurendo, o ne sono totalmente dipendenti.

5) Quello che accadrà in futuro, dipende principalmente dalle scelte politiche che si prendono; e quest'ultime sono meno intuitive di quello che sembra. Scelte basate su buone intenzioni, non è detto che migliorino la situazione.

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Note:
l'elenco completo delle fonti di dati non lo ricordo, perché integro i dati trovati dalle varie fonti, nella mia banca dati.
Eseguendo le analisi con la mia banca dati, poi non ricordo da dove essi siano stati presi.

Fonti che ricordo:
- Fonte dati energetici: bp
(http://www.bp.com/en/global/corporate/energy-economics/statistical-review-of-world-energy.html)

- Fonte PIL (PPP o PPA): World Bank - in Wikipedia
https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_GDP_(PPP)


By Alessandro Pulvirenti

giovedì 8 settembre 2016

Scala Mercalli e il collasso del dibattito




Se mi capita (di rado, per fortuna) di mettere gli occhi sullo schermo della TV quando c'è un notiziario, mi sembra di vedere la cronaca di un altro pianeta; non quello sul quale vivo io. Vedo soltanto persone farneticanti, continuamente arrabbiate per qualcuno o per qualcosa: l'euro, la Merkel, Putin, Hillary, Trump, Erdogan, olimpiadi, calcio, la Raggi, Salvini, Alfano, cosa ha detto Renzi, cosa non ha detto Renzi e questo e quello. 

Ma è questo un dibattito? E i problemi veri, il fatto che le risorse diminuiscono sempre di più, la temperatura del pianeta aumenta, gli ecosistemi vanno a quel paese, quando se ne parla e chi ne parla? L'unico che ne parlava era Luca Mercalli nel suo programma "Scala Mercalli", l'unica trasmissione dove si parlava di problemi reali. Ed era anche fatta parecchio bene. Ovviamente, hanno finito per chiuderla.

Insomma, non siamo messi bene. Qui di seguito, un post di Alessandro Corradini ("il Panda") sull'argomento. Da leggere anche il post in proposito di oggi su "Climalteranti". Se poi avete un attimo per firmare una delle varie petizioni per reintrodurre la trasmissione, magari non serve a niente, ma non si sa mai!

UB
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Riapriamo Scala Mercalli!
Il vostro affezionato Panda non ha mai fatto mistero di essere un grande fan di SCALA MERCALLI, il programma di Rai3 condotto da Luca Mercalli.

Aver saputo della soppressione del programma è stato un dolore che va al di là dei personali gusti da telespettatore. 

Difendere SCALA MERCALLI è un dovere per l'importante messaggio culturale e civico che il programma incorpora. Inoltre difendere programmi come SCALA MERCALLI è un modo per rivendicare il diritto ad una TV pubblica di qualità.

Per questi ed altri motivi ancora il Panda invita tutti a sottoscrivere la petizione di Manuel Castelletti e Domenico Finiguerra. Tale petizione chiede a Daria Bignardi (attuale Direttore di Rai3) di ridarci indietro la splendida trasmissione SCALA MERCALLI.

Per chi fosse interessato a sottoscriverla:

https://www.change.org/p/direttore-rai-3-riapriamo-scala-mercalli

Buon futuro a tutti dal vostro affezionatissimo Panda


domenica 4 settembre 2016

Sostenibilità - Insostenibilità


Ecco la cosa: se le pietre sono o no senzienti, se le sequoie sono più intelligenti o più stupide degli esseri umani (o se, come credo sia il punto, la loro intelligenza è così vastamente diversa da non essere confrontabile, e le misurazioni interspecifiche di intelligenza sono impossibili e nella migliore delle ipotesi senza senso (e nel peggiore dei casi dannose, come si vede, quando le usiamo per sostenere suprematismi preesistenti)), se i fiumi sono semplicemente recipienti per l'acqua o esseri a sé stanti, queste non sono le domande principali da porre.

Pensateci : i Tolowa (indiani del nord-ovest americano, ndt) hanno vissuto dove vivo ora per almeno 12.500 anni, se si crede ai miti della scienza; e hanno vissuto qui fin dall'inizio del tempo, se si crede ai miti dei Tolowa. E non distrussero il posto. Quando gli Europei arrivarono qui il posto era un paradiso. Non sto dicendo che i Tolowa erano perfetti, non più di quanto chiunque altro è perfetto. Sto dicendo che vivevano qui in modo sostenibile.

La cultura dominante ha rovinato questo luogo, come essa rovina ogni luogo.

La più grande differenza tra le visioni del mondo degli Occidentali e quelle degli Indigeni è che gli esseri umani Indigeni in genere percepiscono il mondo come composto da altri esseri con i quali possono e dovrebbero entrare in relazioni rispettose, e gli Occidentali in genere percepiscono il mondo come consistente di risorse da sfruttare.

La visione del mondo civilizzato occidentale è insostenibile. Una credenza nella superiorità umana - e le credenze che i non-umani non sono pienamente senzienti, che i fiumi non sono esseri, e così via - non è sostenibile. Il fatto che è insostenibile significa che è insanabilmente disadatta. Il fatto che sia insanabilmente disadatta significa che è un vicolo cieco evolutivo. Il fatto che sia insostenibile mi rende chiaro che è anche inesatta : una percezione esatta del proprio posto nel mondo e le azioni basate su questa percezione mi sembrano essere più propense a portare alla sostenibilità; mentre una percezione inesatta del proprio posto nel mondo, e le azioni sulla base di questa percezione, mi sembrerebbero essere più propense a portare alla insostenibilità. Come si vede.

Non conosco il motivo per cui sempre più persone non capiscono questo. Credo sia perché le credenze indiscusse sono le vere autorità di ogni cultura. 

E credo sia perché alla maggior parte dei membri di questa cultura è stato inculcato di non aver cura della vita su questo pianeta. Quest'ultima frase da sola è sufficiente ad affossare una credenza nella supremazia umana.


giovedì 1 settembre 2016

L'esaurimento è reale, l'esaurimento è adesso, e se vi punge una medusa ora sapete il perché

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

di Ugo Bardi



La mia collaboratrice, Ilaria Perissi (sulla destra nella foto), mentre spiega i risultati del nostro lavoro sull'esaurimento del pesce alla 34ma conferenza della società di dinamica dei sistemi a Delft, in Olanda. Abbiamo scoperto che gli stessi modelli che descrivono l'esaurimento del petrolio possono essere applicati all'esaurimento del pesce e che l'eccesso di sfruttamento è il meccanismo principale che porta al declino della pesca mondiale. Se desiderate una copia dell'articolo, scrivetemi a ugo.bardi(arneseaspirale)unifi.it.


Solo qualche giorno fa, una mia amica mi ha mostrato tre strisce rossastre che aveva sul braccio. Era il risultato di uno sfortunato incontro con una medusa mentre nuotava nel Mar Mediterraneo. Oggi, questo tipo di incontri è diventato un evento normale; sembra normale che, quando si snuota in mare si deve avere un atteggiamento quasi paranoico e continuare a guardare in tutte le direzioni per evitare una dolorosa strisciata con una di queste creature. Ti fa invidiare gli australiani che, dopo tutto, hanno solo gli squali di cui preoccuparsi quando nuotano. (In realtà hanno anche meduse estremamente velenose, ma gli squali sono più spettacolari, come si può evincere da alcuni recenti film hollywoodiani).

Eppure, questa invasione di meduse aliene non era normale solo pochi decenni fa. E, di sicuro, non era normale un secolo fa, quando la costa del Mediterraneo era la casa di molti pescatori locali che si guadagnavano da vivere con quello che pescavano. Ma oggi cosa si porterebbero a casa? Al massimo, un carico di meduse, ma le loro proprietà nutritive non sono il massimo. Così, c'è stato un cambiamento, un grande cambiamento nella popolazione di pesce nel mare. E questo cambiamento ha una causa: si tratta dello sfruttamento eccessivo che ha esaurito la pesca. Il mare è stato quasi svuotato dal pesce e questo ha generato un boom della popolazione di meduse e di altri invertebrati, come i granchi e le aragoste., il cui numero, una volta, veniva tenuto sotto controllo dai pesci.

Così avrei potuto dire alla mia amica che le strisce rosse dolorose sul suo braccio erano il risultato della tendenza umana a sfruttare eccessivamente le risorse naturali: petrolio, pesce o quello che sia. La nostra tendenza a massimizzare il nostro profitto immediato porta a distruggere le risorse che ci permettono di vivere. Tuttavia, ovunque le persone riescano ancora a guadagnarsi da vivere con qualcosa, menzionare l'esaurimento di quel qualcosa di solito è un tabù. Quella parola semplicemente non la dici in una conversazione civile. Ma è una lunga storia che è cominciata quando i cacciatori di balene giurarono che il fatto di non poter prendere più tante balene era perché le balene “erano diventate timide” (come potete leggere su “Storia della pesca americana alle balene” del 1876 di William Starbuck). In tempi moderni, menzionare l'esaurimento e lo sfruttamento eccessivo spesso incontra disprezzo, specialmente da parte degli economisti che rimangono convinti che il meccanismo del mercato possa ottimizzare tutte le attività economiche. Per esempio, Daniel Pauly ed altri hanno già pubblicato nel 1998 un articolo intitolato “Pescare in profondità nella catena alimentare marina”, descrivendo esattamente il fenomeno che porta il mare ad essere vuoto di pesce e pieno di invertebrati. Ma, come ci si potrebbe aspettare, questo è stato definito come un mito. Ti verrebbe da dire a questa gente di farsi una bella nuotata nel Mar Mediterraneo e vedere da soli l'abbondanza che c'è lì di invertebrati.

Alla fine, di tutto si può dibattere, discutere, sostenere o negare. Ma penso che io e i miei collaboratori abbiamo dato un contributo non trascurabile alla comprensione dell'eccessivo sfruttamento della pesca marina. Abbiamo potuto farlo applicando alla pesca gli stessi modelli di dinamica dei sistemi che vengono usati per il picco del petrolio. Ed abbiamo scoperto che i modelli funzionano. Il ciclo di crescita e declino di molti tipi di pesca può essere descritto come un semplice modello che ipotizza che il fattore principale che condiziona la produttività è l'abbondanza della riserva di pesce. E il modello mostra che la riserva di pesce declina. Il pesce viene rimosso dagli oceani più rapidamente di quanto la riserva possa rigenerarsi con la riproduzione. Ecco i dati sulla pesca giapponese che abbiamo presentato a Delft.


Quindi, l'esaurimento è reale, l'esaurimento è adesso e se vi punge una medusa ora sapete il perché.


Se volete avere una copia dell'articolo presentato alla conferenza di Delft, scrivetemi a ugo.bardi(cosabriosa)unifi.it. L'articolo completo è attualmente in revisione. Devo anche ringraziare i mie collaboratori Ilaria Perissi, Alessandro Lavacchi e Toufic El Asmar. 

sabato 27 agosto 2016

Donella Meadows: una definizione di sostenibilità

Da “Donella Meadows Institute”. Traduzione di MR

Di Donella Meadows Febbraio 1995

Da alcuni mesi devo una risposta ad uno di voi che ha chiesto una definizione della parola che probabilmente qui uso più spesso di ogni altra: sostenibilità. E' diventato una parola del gergo internazionale, con quasi tanti significati quante sono el persone che la usano. Coloro fra noi che hanno parlato di sostenibilità per molto tempo hanno smesso di definirla. A volte diciamo che è come il jazz, o la qualità, o la democrazia – non la si conosce definendola, la si conosce sperimentandola, entrandoci dentro, vivendola – o forse piangendo la sua assenza. Ma qualsiasi cosa si dica a parole non è Sostenibilità, sono solo Parole. Quelli che Sanno non parlano, quelli che parlano non Sanno.

Questo naturalmente è un modo per non prendersi la responsabilità, ovviamente. C'è una definizione ufficiale perfettamente buona, che proviene dal rapporto del 1987 della Commissione Internazionale per l'Ambiente e lo Sviluppo:

La specie umana ha la capacità di raggiungere uno sviluppo sostenibile – soddisfare le necessità del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le loro.

Questa definizione ha due parti – soddisfare i bisogni e farlo in un modo che preservi le risorse naturali, umane e sociali con le quali vengono soddisfatti i bisogni. E' importante ricordare questo, perché la discussione troppo spesso si divide fra coloro che voglio soddisfare i bisogni e coloro che vogliono proteggere l'ambiente, come se far l'uno sia incompatibile col fare l'altro. La differenza fra gli ambientalisti tradizionali e “quelli della sostenibilità” è la capacità di mantenere il la concentrazione sul benessere sia degli esseri umani sia dell'ambiente allo stesso tempo e di insistere sue entrambi.

Nella mia mente io integro quella definizione ufficiale di sostenibilità con la spiegazione chiara ed innegabile di Herman Daly di cosa significa in termini fisici:


1. Le risorse rinnovabili non devono essere usate più rapidamente di quanto si possano rigenerare.

2. Inquinamento e rifiuti non devono essere immessi nell'ambiente più rapidamente di quanto l'ambiente possa riciclarli e renderli innocui.

3. Le risorse non rinnovabili non devono essere usate più rapidamente di quanto i sostituti rinnovabili (usati sostenibilmente) possano essere sviluppati.

In quelle condizioni non c'è una nazione, una società, una città, una fattoria, o una famiglia sulla Terra che sia sostenibile. Virtualmente, tutta la grande pesca del mondo viola la condizione 1. L'economia mondiale nel suo complesso viola la condizione 2 emettendo biossido di carbonio il 60-80% più rapidamente di quanto l'atmosfera possa riciclarlo. Ma a peggiorare le cose, aggiungerei  altre due condizioni di sostenibilità che credo siano ovvie.

4. La popolazione umana e l'impianto di capitale fisico devono essere mantenuti a livelli sufficientemente bassi da permettere alle prime 3 condizioni di essere soddisfatte.

5. Le precedenti 4 condizioni devono essere soddisfatte tramite processi che siano sufficientemente democratici ed equi di modo che le persone si attivino per favorirli.

Sostenibilità significa tutto questo per me, significa una visione completa del mondo per cui voglio lavorare e vivere. Contiene componenti di spiritualità, di comunità, di decentralizzazione, di un completo ripensamento dei modi in cui usiamo il nostro tempo, definiamo i nostri lavori e conferiamo potere a governi e multinazionali. “Sostenibilità” è una parola terribilmente inadeguata per ciò che
intendo. Qualsiasi parola di sei sillabe è troppo lunga per organizzarci intorno un movimento popolare ed allo stesso tempo troppo corta per comprendere una visione completa. E troppe persone la percepiscono come “sostenere” il mondo che abbiamo ora, mentre io in realtà la intendo come fomentare una rivoluzione.

venerdì 26 agosto 2016

Il "meme terremoto": una vita media di circa 15 giorni



I risultati di una ricerca del termine "Terremoto" su Google trends si leggono un po' come un sismogramma. Vediamo i picchi principali per il terremoto del 2009 a L'Aquila e quello del 2012 in Emilia Romagna. Poi, a ogni picco più piccolo corrisponde qualche terremoto di cui non ci ricordiamo più, per esempio nel Dicembre 2004 c'erano stati dei terremoti con epicentro su Cosenza e su Firenze. Fra breve, vedremo  un nuovo picco in corrispondenza con il terremoto di qualche giorno fa.

Il problema è che l'attenzione si risveglia quando succede qualche disastro, per poi riaddormentarsi immediatamente dopo. Guardate questi dati di google trends relativi al terremoto dell'Aquila del Marzo 2009



La fase acuta di attenzione per il terremoto è durata circa 15 Giorni. Dopo tre settimane era caduta praticamente a zero. Così, possiamo dire con buona certezza che l'interesse per il terremoto di questi giorni sarà completamente scomparso per metà Settembre.

Entro certi limiti, questo comportamento è inevitabile: è il "meme terremoto" che si comporta come deve, come l'equivalente virtuale del gene portato da un virus. E' un fenomeno epidemico, un po' come l'influenza che arriva tutti gli anni.

Tuttavia, il fatto che il terremoto sia un meme non vuol dire che debba avere una vita così breve. Dopo le immagini impressionanti che vediamo in TV, sembrerebbe che uno se ne dovrebbe ricordare per un pezzo. E invece no; sparisce completamente dopo qualche settimana, lasciando quasi zero tracce. Anche senza Google trends, ce ne accorgiamo quando, alla catastrofe seguente, ci si accorge che nessuno ha preso provvedimenti per evitarla.

Questo succede per tutti gli eventi catastrofici. Hanno un' "esplosione mediatica" che dura un tempo molto breve, ma non lasciano tracce. Questo fa si che la necessità di prendere precauzioni non appaia quasi mai nel dibattito politico. I politici prendono voti parlando di grandi opere e di far ripartire la crescita, ma è difficile che si azzardino a menzionare la necessità di spendere molti soldi per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio obsoleto e insicuro che abbiamo in Italia. Lo stesso succede per il cambiamento climatico, il pericolo di alluvioni, e tutti i vari rischi "sistemici" di cui poche cassandre si azzardano ogni tanto a parlare.

E allora? Beh, c'è poco da fare. E' il mondo in cui viviamo. Cassandra era già stata ignorata al tempo della guerra di Troia e non c'è da stupirsi che lo siano ancora oggi.