venerdì 28 giugno 2013

La nuova era glaciale e la virtualizzazione della realtà




Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR




di Ugo Bardi
Forse avete già visto quest'immagine (riprodotta dal blog di Greg Laden). Fa parte di una campagna mirata a screditare la scienza e gli scienziati. Dice più o meno così: quegli scienziati negli anni 70 predicevano una nuova era glaciale in arrivo. Lo sostenevano così fortemente da apparire sulla copertina del “Time”. Poi, più tardi, hanno cominciato a parlare di riscaldamento globale (poi magicamente trasformato in "cambiamento climatico" per confonderci ulteriormente). Come possiamo fidarci di questa gente?


Be', l'immagine sulla sinistra è un falso; non è mai esistita questa copertina del Time. E' una truffa pura e semplice.

Come ha recentemente spiegato David Kirtley sul blog di Greg Laden, è un fotomontaggio. La vera copertina è questa, non del 1977, ma del 2007:




La truffa secondo la quale “gli scienziati si sarebbero preoccupati per l'arrivo di un'era glaciale” mi ricorda molto la storia inventata da Ronald Bailey nel 1989 per attaccare lo studio sui “Limiti dello Sviluppo (Crescita)”. In un saggio che ha pubblicato nel 1989 su “Forbes”, aveva dichiarato che lo studio aveva previsto che avremmo esaurito alcuni dei principali minerali (oro, zinco, petrolio e così via) entro certe date specifiche che erano già passate in quel momento. Questo, naturalmente, dimostrava che l'intero studio era del tutto inaffidabile. Bene, la storia di Bailey era totalmente inventata: una truffa anche quella. Non c'era nessuna previsione del genere nello studio sui “Limiti dello Sviluppo”!.

Riguardando queste storie, è impressionante vedere quanto questi sporchi trucchi siano efficaci. E sono così semplici! Inventate semplicemente qualcosa dal nulla, fate vedere quanto quei pomposi scienziati si siano rivelati fare errori grossolani. Nessuno controllerà se sia vero o meno, se è una bella storia, si diffonderà in modo virale. Questa degli “scienziati preoccupati per l'arrivo dell'era glaciale” ha fatto un bel po' di danni alla scienza e a tutti noi. Altre, come lo “scandalo del climategate”, sono risultate essere ostinate e pericolose.

E' impressionante anche notare quanto sia facile creare una realtà completamente alternativa che non è mai esistita. Semplicemente cambiando il titolo della copertina si genera tutto un universo parallelo nel quale gli scienziati sono occupati ad avvertire la gente e i politici sulla necessità di prepararsi all'arrivo di una glaciazione. A volte è chiamata “virtualizzazione”. Siamo così concentrati su quello che vediamo e leggiamo su internet e sui media che perdiamo facilmente la traccia del fatto che c'è una realtà fisica, la fuori. Poi, i fantasmi della nostra immaginazione prendono il sopravvento e creano la loro personale realtà, completa di eroi e delinquenti, virtù e vizi, crimini e punizioni e finali felici. Ma è una realtà fatta dello stesso materiale di cui sono fatti i sogni.


Se lavoriamo nella comunicazione della scienza del clima, potremmo essere tentati dall'uso di questi metodi. Ma non ci dobbiamo nemmeno pensare. Virtualizzare la realtà creando delle leggende è una forma di magia nera; una cosa nella quale è meglio non essere coinvolti. Ma, almeno, dovremmo sapere che tipo di trucchi e stratagemmi abbiamo di fronte. Inoltre, dovremmo ricordare che la realtà fisica, alla fine, vince sempre.



giovedì 27 giugno 2013

Un anno senza estate

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR



Il canale di Chichester, circa 1828, di J. M. W. Turner. Fonte: wikipedia


di Antonio Turiel

Cari lettori,
pochi giorni fa ho avuto l'occasione di incontrarmi con veri ricercatori spagnoli nell'occasione della lettura di una tesi nella quale, loro ed io, facevamo parte della commissione di valutazione. Durante la cena del giorno precedente la lettura, c'è stata una curiosa conversazione.

- La probabilità che quest'anno sia un anno senza estate ora è del 75%.

Chi parlava così non era un chiacchierone disinformato, ma uno dei responsabili di uno dei servizi meteorologici autonomi spagnoli.

- MétéoFrance e MetOffice fanno questa previsione; gli americani non ce l'hanno ancora chiaro, i loro modelli sono incerti. Il fatto è che il Jet Stream (corrente a getto) sta cambiando.

Effettivamente, pare che il Jet Stream polare stia cambiando. Questa corrente è la responsabile del mantenimento di un clima temperato e relativamente umido in Europa ed ha anche altri effetti negli Stati Uniti. Alcune delle figure che userò più in basso, così come una eccellente spiegazione di ciò che sta accadendo, si possono trovare nel sito di Skeptical Science, concretamente nell'articolo: “A Rough Guide to the Jet Stream: what it is, how it works and how it is responding to enhanced Arctic warming”.

Normalmente, questa corrente atmosferica sviluppa alcune ondulazioni moderate. Tuttavia, le ondulazioni che si stanno sviluppando ora sono più grandi: si inoltrano molto di più verso sud e la loro velocità di fase (la velocità alla quale si spostano queste onde longo la corrente a getto) è molto minore. La figura seguente mostra le due possibili situazioni: quella normale (linea rossa, segnata come “zonal flow”) e quella che si sta sviluppando ora (linea arancione, etichettata come “meridional flow”).


Sembra che la ragione per la quale succede questo sia la diminuzione del gradiente meridionale delle temperature, cioè, che la differenza delle temperature fra l'Equatore e il Polo Nord è diminuita, frutto del rapido riscaldamento di quest'ultimo. Fino ad ora l'Equatore era molto più caldo del Polo Nord e il Jet Stream era vigoroso e con ondulazioni piccole. Attualmente, l'Equatore si è riscaldato un po', ma il Polo Nord si è riscaldato molto.

Ovviamente il Polo Nord continua ad essere molto più freddo dell'Equatore, ma di meno gradi centigradi di quanto lo fosse in precedenza. Di conseguenza, il Jet Stream si impigrisce, con ampie divagazioni e propagandosi più lentamente. In alcune occasioni, anche, il progresso delle onde si arresta e, a seconda che ci troviamo in una valle o su una cresta dell'ondulazione, abbiamo un influsso continuo e per giorni avere o aria tropicale o aria polare. E' questo che starebbe causando l'attuale situazione.

Quando i meteorologi dicono che c'è un 75% di probabilità che quest'anno non ci sia l'estate, ciò che dicono è che, secondo i loro modelli, il 75% delle configurazioni provate portano ad una situazione in cui l'estate è fresca, con frequenti blocchi di aria fredda alternati ad altri blocchi di aria calda. I modelli contengono molte approssimazioni e non conosciamo nemmeno tutti i dati in ingresso che le generano, per cui l'incertezza è la regola, quindi si tentano differenti configurazioni. In ogni caso, ciò che si sta davvero osservando è che il Jet Stream scende molto più a sud proprio ora.

E quanto durerà tutto questo? Come sapete, nell'Artico il disgelo avanza rapidamente e inarrestabilmente:


E in Groenlandia, nel luglio scorso praticamente la totalità della calotta glaciale di superficie (qualche centimetro) si è fusa in 4 giorni:


Pertanto, la questione non è se quest'anno ci sarà o no l'estate, la questione è che il rischio di non avere l'estate in Europa sarà permanente da adesso fino a che il ghiaccio Artico non si fonda completamente, forse ancora per alcuni anni, finché non si instauri una nuova situazione che non ha motivo di essere uguale alla precedente. In definitiva, non è che il clima cambierà, il clima è già cambiato e non sappiamo ciò che ci aspetta. E se vi chiedete quando finirà di sciogliersi il ghiaccio artico, le stime attuali indicano un'estate da qui al 2020... Il futuro è stato ieri: siamo giunti all'era delle conseguenze.

In cambio delle sue spiegazioni su questo nuovo problema climatico, ho spiegato al mio interlocutore cos'è il Picco del Petrolio e le sue conseguenze, di cui il poverino non sapeva niente.

- Questo è molto peggio del cambiamento climatico – mi ha detto alla fine – perché preoccuparsi del cambiamento climatico se possiamo finire prima del tempo su Mad Max?

- Prima? - ho risposto – direi contemporaneamente. Il grande problema che abbiamo è che dovremo far fronte ad una grave rottura climatica proprio nel momento in cui avremo meno risorse. La gente crede che stiamo andando verso una guerra e forse ha ragione, ma non ha identificato correttamente l'obbiettivo. Non andiamo alla guerra contro altri esseri umani, ma contro il clima.

Nel caso ve lo stiate chiedendo, il quadro col quale apro il post è abbastanza collegato con il tema di cui si discute oggi. L'ultima volta che c'è stato un anno senza estate è stato nel 1816. Allora, la causa di questa mancanza d'estate fu la riduzione delle temperature globali a causa della proiezioni di ceneri vulcaniche a grande altitudine che schermarono la radiazione solare in tutto il globo (un effetto simile ad un inverno nucleare, ma su scala minore). Si vede che varie eruzioni vulcaniche importanti ebbero luogo durante gli anni precedenti al 1816 e culminarono nell'eruzione del monte Tambora nel 1815, con una esplosione devastante. La presenza di ceneri vulcaniche in tutta l'atmosfera terrestre causò alcuni tramonti caratteristici color ambra, come illustrato nel quadro di Turner. Solo che ora il meccanismo è diverso: la luce del Sole non è schermata, ma sta cambiando la circolazione generale dell'atmosfera. E il cambiamento sta entrando in una fase di accelerazione.

Che impatto avranno i nuovi anni senza estate? Col freddo e senza Sole, il grano e gli altri cereali non possono crescere. Anche altri raccolti si possono rovinare a causa dell'alternanza di settimane secche e calde e settimane fredde e piovose. Nel 1816 il fallimento dei raccolti in Europa causò carestie e rivolte. In quanto agli Stati Uniti, si pensa che la deviazione del Jet Stream verso sud intorno al 1930 sia stata una delle cause del Dust Bowl, la siccità estrema che ha raso al suolo le pianure centrali. Ricordate che la scorsa estate è stata più arida proprio negli Stati Uniti, il che invita a pensare che sta tornando a succedere:




Siamo abituati a pensare che nell'opulento Occidente non mancherà il cibo; forse dovremo aspettare 2 o 3 anni senza estate in Europa e con siccità negli Stati Uniti per renderci conto di quanto sbagliamo e vedremo poi se possiamo pagare con gli iPhone i camion di grano di cui abbiamo bisogno. Se alla fine le previsioni peggiori diventano realtà, le Guerre della Fame saranno dietro l'angolo. Anche alcuni dei pochi che comprendono l'enormità del problema credono che stiamo distruggendo il pianeta. Illusi e superbi: in realtà stiamo distruggendo soltanto il nostro habitat.


Saluti.

AMT



mercoledì 26 giugno 2013

Distopia II: l'uomo che ha distrutto gli Stati Uniti d'America

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR



di Antonio Turiel

[Le persone e le situazioni che appaiono in questa storia sono del tutto fittizie. Qualsiasi riferimento a persone o a fatti reali è del tutto casuale] 

Mio padre mi ha raccontato che molti anni fa, molto prima che io nascessi, queste terre, quelle in cui viviamo e che sono il nostro sostentamento, erano parte di un grande paese. Un paese che si estendeva fra due oceani come un'immensa striscia di terra. Un paese così grande che quando il Sole sorgeva su una costa mancavano ancora tre ore perché sorgesse sulla costa opposta. Quel paese, quella gigantesca nazione, riuniva in sé tutti i paesaggi di questo grande pianeta su cui viviamo. Conteneva in sé deserti e pianure ghiacciate, aveva anche fiumi talmente abbondanti che si potevano attraversare soltanto con ponti alti quattro o cinque volte il nostro granaio e più lunghi del più grande dei nostri campi. In alcune zone di questo paese crescevano alberi più alti di qualsiasi costruzione che l'uomo potesse immaginare e c'erano praterie immense, foreste rigogliose e montagne impervie dove vivevano in armonia ogni specie di animali. Questo paese aveva il nome di Stati Uniti d'America, anche se i suoi abitanti erano soliti chiamarlo, orgogliosamente, America. Il motivo di questo nome è stato perduto da lungo tempo e solo alcuni anziani della nostra comunità dicono di sapere da dove viene, anche se non sempre sono d'accordo fra loro.

L'America era una nazione benedetta da Dio. Aveva in sé tutti i doni che si possano immaginare: terre fertili, legno prezioso, acqua, mari pieni di pesce, carbone ed persino quell'olio nero di cui parlano alcuni libri antichi, il petrolio. Con il petrolio che l'America estraeva dalle proprie viscere e con quello che le mandavano nazioni amiche di terre lontane, l'America costruì un impero che arrivava fino agli ultimi angoli del mondo. Il ptere tecnologico dell'America era l'invidia delle altre nazioni della Terra. Dicono che sia stata capace persino di mandare un uomo sulla Luna e farlo tornare sano e salvo a casa.

Lo so già, lo so già, rispondiamo al racconto dei vecchi, a quelle storie che narrano a noi figli maggiori quando i piccoli già dormono e a noi è permesso restare ancora per un po' con gli adulti, mentre loro finiscono le loro faccende quotidiane e ci lasciano restare svegli per attizzare il fuoco del camino. Io nemmeno ci credo a tutto quei prodigi che raccontano (che gli uomini fossero capaci di andare dal nostro paese a quello di fianco in poche ore e che ci fossero persino macchine che volavano). Tuttavia, credo che l'America fosse una grande nazione che fece cose straordinarie. Figuratevi, ma in questa cupola sferica in rovina sulla quale ci troviamo ora, quanti uomini mancherebbero per costruire questa meraviglia? Ed è fatta di un tipo di pietra, ma modellata. Chissà quali meravigliosi segreti conterrebbe al suo interno. Una volta ho conosciuto un bambino di un paese vicino; lì i bambini vanno a scuola. Sapete, un posto in cui i bambini passano la giornata seduti ad ascoltare storie meravigliose raccontate dai loro maestri e dove imparano a leggere, scrivere e a far di conto. Tuuutto il giorno seduti lì, senza dover andare nel campo e strappare erbacce, ad arare la terra o a cacciare conigli, ci potete credere? Questo bambino mi raccontò altre cose meravigliose che aveva letto nei libri di scuola, libri, mi disse, che avevano 50 o 100 anni. Io credo che esagerasse, ma molte delle cose che mi raccontò erano uguali a quelle che mi raccontò mio padre, al quale a sua volta le aveva raccontate il suo, mio nonno.

Mio nonno, lo conoscete già. Sta sempre seduto sotto il portico, guarda l'orizzonte, pensa a non so cosa. A volte dico a mio padre. “per quale motivo il nonno non viene mai al campo ad aiutarci? E' vecchio, ma per poco che facesse risparmierebbe del lavoro agli altri”. E mio padre mi dice sempre: “lascialo stare, ha già fatto tanto quand'era giovane. Ha costruito questa fattoria con le sue mani, ha recintato le terre, e quando sono arrivati i saccheggiatori ha organizzato la gente e insieme li hanno cacciati”. A volte mio padre, dicendomi queste cose, ammutoliva di colpo e diventava pensieroso, senza che io sapessi il perché e, siccome non mi piace contrariare mio padre, me ne andavo al campo e continuavo a fare quello che stavo facendo. Ma da qualche giorno ero arrabbiato: il giorno prima mi era entrata una scheggia in un dito e il dito mi dava molto fastidio – mi fa ancora male – e ho detto a mio padre: “Papà, Dio sa che sono grato al nonno per tutto quello che ha fatto in passato per noi, ma il nonno ha un piatto sul nostro tavolo e continua a mangiare da quel piatto. E qui il lavoro è tanto. Non chiedo imbracci una falce, papà, ma potrebbe sgranare le pannocchie di mais, o condurre il cavallo, qualunque cosa, papà. Non siamo ricchi e la terra dà poco; un giorno fa una gelata in piena estate e rovina tutto, o fa un caldo inclemente per settimane senza una goccia d'acqua per poi non smettere di piovere per giorni”. Mio padre smise di falciare e mi guardò per un attimo negli occhi, mentre ansimava stanco. Avrei detto che d'improvviso mi vedesse con altri occhi. Alla fine dei conti ho già 12 anni! Sono già quasi un uomo e in molti compiti nel campo in pochi mi eguagliano.

Mi disse: “Sai, Adam? Forse sei già sufficientemente grande per sapere di più”. Diede un'altra falciata. “In realtà, tuo nonno fece molto di più che darci queste terre”. Riprese a falciare il grano, alla stessa velocità, e il suo volto era inespressivo, come se ne fosse andato, come quando Mark aveva avuto la febbre. “Prima ci ha tolto tutto”. Riprese a falciare, come prima. “Prima ce l'ha fatta perdere tutta”. E riprese ad muovere la falce. Ma lì si fermò e mi guardò come non lo avevo mai visto prima guardare qualcuno. Be', no, ricordo che una volta guardò in questo modo mio cognato Jeremiah quando non si era ancora sposato con Sarah. Non so cosa Jeremiah avesse detto a mio padre, ricordo che mia sorella piangeva ma Jeremiah guardava mio padre con aria di sfida e gli disse, ancora mi ricordo: “sono un uomo e farò quello che devo fare”, così gli disse, sono un uomo e farò quello che devo fare. Una settimana dopo si sposarono e vennero a vivere con noi – a me piace perché così posso giocare coi miei nipoti prima di andare a dormire. Quel giorno credevo che mio padre avrebbe colpito Jeremiah, perché aveva i pugni e i denti stretti, e lo sguardo che vi dicevo, ma l'altro giorno non stringeva né i pugni né i denti, guardava soltanto. Io me la stavo facendo sotto dalla paura, pensavo: ho superato il limite, mi darà tante legnate come quando, bruciando le stoppie, quasi bruciai il bosco del margine meridionale, dicendomi: “pazzo, quel bosco è il nostro sostentamento per l'inverno, cos'hai fatto, disgraziato” e mi diede uno sganassone in bocca che mi fece cadere un dente – questo già lo sapevo. Mi aspettavo come minimo un rimprovero, quando mio padre aprì la bocca e mi disse: “tuo nonno ha distrutto l'America” e continuò a falciare alla stessa velocità, come se niente fosse.

Non osai chiedere altro a mio padre, ma feci il mio lavoro più rapidamente che potevo e, una volta finito, chiesi il permesso di di tornare a casa prima. Mio padre si volto dolce a guardare e mi disse: “Va, sì, corri, corri a parlare con tuo nonno”. Non so come faccia mio padre a sapere sempre quello che penso senza che io lo dica. Non dico che sia un stregone, eh, che sarebbe una cosa molto grave, ma mi conosce molto, molto bene. Il fatto è che correvo a casa, era vero, perché volevo parlare con mio nonno perché mi spiegasse come aveva fatto a distruggere l'America. Arrivai così al portico e lui era lì, come sempre, che guardava l'orizzonte senza vedere niente di particolare. Andai dritto verso di lui e gli dissi: “Nonno, perché hai distrutto l'America, se tutti dicono che era tanto meravigliosa?”. E mio nonno mi guardò con quegli stessi occhi di mio padre – mia nonna diceva che mio padre aveva gli occhi di mio nonno (come mi manca la nonna e, credo, anche il nonno). E mio nonno mi raccontò una storia: me la feci ripetere varie volte , perché usò molte parole che non avevo mai sentito. Adesso ve la ripeto come meglio posso. Lasciate che ve la racconti così come me la ricordo e un altro giorno vi spiego con più calma cosa significano tutte queste parole, come in seguito mi raccontò mio nonno.

Questa è la storia di mio nonno. Questa è la storia dell'uomo che distrusse l'America.

Il Governo dell'America doveva a mio nonno molto denaro – Mark, ti spiegherò dopo cos'è il denaro; erano dei fogli verdi, “banconote”, che stampava “il Governo” o chi per lui, coi quali si compravano le cose. Ma non era “il Governo”, ma una cosa chiamata “la Riserva Federale”. E' lo stesso, non mi interrompete più sennò non finisco più.

Come dicevo, il Governo dell'America doveva molto denaro a mio nonno; mio nonno era falegname, e non uno piccolo, aveva cinque operai con lui. Uno di questi era tuo nonno, Mark. Il fatto è che mio nonno gli aveva fatto molti mobili, disposizioni e a volte gli montava le scene con le quali il Presidente dell'America, che era colui che comandava in America, spiegasse a tutti i cittadini del paese perché si stavano facendo le cose che si stavano facendo. La gente poteva vedere quello che diceva il Presidente perché avevano queste “televisioni”, che servivano a vedere cose che succedevano molto lontano.

Il fatto è che il Governo, o il Presidente, o chiunque fosse, doveva a mio nonno 100.000 dollari, che per mio nonno doveva esere molto, molto denaro. Mio nonno aveva chiesto molte volte al Presidente che lo pagasse, Ma pare che l'America avesse molti nemici e fosse sempre in guerra con qualcuno in qualche angolo lontano, e questo costava molto denaro. Inoltre, la gente non trovava lavoro, le fabbriche (dove si fabbricavano molte cose che la gente comprava) chiudevano e c'era sempre meno lavoro e meno denaro. Alcuni non avevano da mangiare, anche peggio di adesso, per quello che dice mio nonno, perché c'era molta gente in America allora e molto pochi avevano terre, nemmeno terre tanto povere come le nostre – Be', il nonno dice che le nostre terre non sono tanto male, ma adesso il clima è cambiato. Non so cosa sia questa cosa del clima, credo che vuol dire la pioggia o qualcosa del genere.

Il nonno aveva chiesto mille volte il suo denaro al Presidente, m questi gli dava solo dava solo delle belle parole scritte su un foglio molto bello che gli inviava per posta e che, secondo il nonno, servivano per pulirsi il culo – ahahahah. Occhio che mio nonno sa leggere, eh, è un uomo molto intelligente. Alla fine: si vede che il nonno alla fine andò da un giudice di pace o qualcosa del genere, non l'ho capito molto bene, perché ha detto molte parole strane come “avvocato” (questi era un signore che parlava per te di fronte al giudice di pace), “corte” (era qualcosa tipo una giunta di giudici di pace), “querela” (la richiesta) e non so cos'altro; un giorno gli chiederò di venire a spiegarvi di persona con più calma, sarà più facile. La corte gli diede ragione e mandò altre lettere al Presidente, con copia a mio nonno, alle quali il Presidente rispose con altre belle parole ma senza denaro. Si vede che il Congresso, che era come un consiglio di saggi anziani (anche se, secondo mio nonno, non erano proprio quelli che si dicono dei saggi, anche se sì, per la maggioranza anziani), non lasciava che il Presidente stampasse più denaro, perché ne aveva già stampato molto e, se avesse continuato a stamparne, allora coloro che avevano molte banconote (i fogli di denaro) si sarebbero accorti che valevano di meno. Alla fine il Presidente, siccome non aveva galline per dare uova, né vacche per dare latte, né tanto meno terre, non poteva pagare mio nonno. Mi nonno si arrabbiò molto e chiese alla Corte che, se non potevano pagare, che almeno gli restituissero le cose che aveva dato loro e, dopo vari mesi, gli dissero che sì, aveva diritto che gli restituissero quello che aveva dato loro o qualcosa che fosse di eguale valore. Mio nonno chiese che li accompagnassero i poliziotti della Corte (che erano come delle guardie) perché li lasciassero entrare dal Presidente e l'ordine per poter eseguire il mandato (per potersi prendere ciò che era suo, via) e così fecero.

Rimasero un giorno ed un'ora specifici di fronte alla casa del Presidente per fare questo. All'entrata, la guardia del Presidente (che ne aveva uno personale) non lo voleva fare entrare, ma siccome aveva l'ordine scritto della Corte e veniva accompagnato da un'altra guardia, alla fine lo lasciarono passare con riluttanza.

Mio nonno entrò nella Casa del Presidente e cercò i mobili che gli aveva dato, ma non li trovò. Alla fine, vide in giardino il leggio di legno che aveva preparato per il Presidente e si diresse lì con due dei suoi operai.

Casualmente, il Presidente era lì. Voglio dire: era proprio di fronte a quel leggio. Stava parlando alle televisioni, spiegando perché dovevano tagliare le spese e prendere misure non accontentavano né i poveri né i ricchi d'America; credo che quel Presidente non fosse molto amato. Ed era occupato a fare queste cose, quando mio nonno arrivò insieme al tuo, Mark, presero il leggio e se lo portarono via. Il Presidente rimase sorpreso e non sapeva che dire: poi si arrabbiò molto e urlò al capo delle sue guardie perché avevano permesso a mio nonno di prendere il leggio, e lui gli rispose che non potevano fare niente, che avevano l'ordine della Corte e che le leggi devono essere rispettate. Il Presidente gli urlò che questo non si poteva fare, che se tutti provassero a recuperare le proprie cose, il Presidente dovrebbe darle indietro perché molte cose erano già state vendute e che così sarebbe stato il caos. Nella sua furia, il Presidente non si rese conto che tutte le televisioni lo stavano vedendo.

Nel frattempo, mio nonno caricò il leggio e altri quattro mobili che poté caricare nel suo furgone e si allontanò. Dai mobili non ricavò molto denaro, ma il leggio lo comprarono per molto di più di quello che gli doveva il Presidente, poiché c'era gente molto ricca che godette della rabbia del Presidente e volle il leggio. Mio nonno tenne i 100.000 dollari che gli spettavano, inviò il resto al Presidente (visto che mancava denaro e mio nonno non voleva abusare di lui) e avvisò la Corte che il suo debito era stato saldato.

Ma era ormai tardi. Molta gente, alla quale il Presidente doveva del denaro, vide alla Tv che il Presidente non aveva denaro per pagarli. Molti di loro erano di altre nazioni e in seguito andarono alla Corte, a molte Corti, a chiedere la stessa cosa che aveva fatto mio nonno e, anche se il Presidente cercò di evitarlo, le Corti diedero loro ragione e alla fine c'erano talmente tanti cortei, ognuno con la propria guardia, che andavano a casa del Presidente a recuperare quello che aveva, che lui si dovette ritirare in un altro luogo. Ma gli toglievano cose in tutto il paese. Dove c'era una cosa che apparteneva al Presidente o al Governo, apparivano guardie con ordini di sequestro e alla fine non rimaneva nulla. Addirittura, alcune guardie lottarono fra loro, a quanto mi ha raccontato mio nonno, per prendersi le ultime rimanenze. Alla fine, al Presidente rimase solo una pistola ed un'unica pallottola e fece l'ultima cose che un uomo possa fare, haha, mio nonno me lo disse proprio così, con voce grave; suppongo che il vecchio Presidente si sia sparato.

Dopo questi avvenimenti, mio nonno dice che arrivò il caos, che le città, nelle quali prima viveva molta gente, ci furono battaglie e incendi e, alla fine, rimasero solo le rovine che vediamo ora.

Mio nonno vide arrivare questo molti mesi prima; prese i suoi 100.000 dollari e i suoi risparmi di una vita e si diresse verso una vecchia fattoria che era stata di suo nonno e dove aveva trascorso la sua infanzia, qui. Sistemò la fattoria e comprò altra terra, tutta quella che poté comprare, e portò i suoi amici e operai. Impararono a fare i contadini ed a sopravvivere, mentre l'America crollava e, nel giro di pochi anni, smise di esistere. All'inizio venivano assaliti da gente che fuggiva dalle città, ma che in seguito smisero di venire. Forse si stancarono o morirono. E così nacque la nostra comunità, quando l'America morì.

Alla fine della sua storia mio nonno mi disse: “L'America era un paese meraviglioso. Temibile, sì, ma grandioso. E per colpa mia non esiste più”. Non pianse, ma la sua voce tremava.

Ed io gli dissi: “Non è vero, nonno, non è stata colpa tua. La colpa è stata di quel Presidente che spendeva un denaro non suo. L'America era grande, d'accordo, ma non poteva basarsi sul furto lla sua gente ed a popoli lontani. Ciò poteva durare solo finché qualcuno non si ribellasse contro una tale ingiustizia. Prima o poi qualcuno doveva dire basta! E questo sei stato tu. Non hai fatto niente di male, solo ciò che era giusto. Ti immagini quello che sarebbe successo se ti fossi lasciato derubare e basta? Oggi non avremmo questa fattoria, oggi non potremmo vivere, né noi né la nostra comunità. Hai fatto quello che dovevi fare e sono orgoglioso di te” e lo abbracciai.

Mio nonno mi guardò con gli occhi pieni di lacrime, mi abbracciò con molta forza – non sapevo che il vecchio avesse tanta forza – e mi diede un bacio sulla fronte.

Il giorno seguente mio nonno andò nel campo: mio padre dice che erano più di 10 anni che non ci metteva piede. Venne con me e mi insegnò molti trucchi che non conoscevo: dove sono le radici più profonde delle erbacce e come strapparle perché non rinascessero, dove si trova il curculione e come ucciderlo senza rovinare le ghiande e così mille altre cose. Per essere così vecchio si muoveva molto velocemente e mi raccontò molte cose della sua giovinezza; cose portentose che vi racconterò con calma un altro giorno che ci fermiamo a parlare – o rimarrete allucinati. Non avevo mai sentito parlare tanto mio nonno in tutta la mia vita. La sera tornammo insieme a casa ed io servii la cena a mio nonno. Non mi ero mai sentito tanto, non so, orgoglioso di lui. Sì, orgoglioso, è questa la mia parola. Non so se mio nonno distrusse l'America, ma so che è un grande uomo. Che è un uomo buono. Poi vi racconterò cosa mi raccontò quel giorno e tutti i giorni seguenti mentre lavoravamo. A volte ridevo con le storie che mi raccontava: io non avevo mai riso nel campo.

Bene, torniamo a casa, che si fa notte. Inoltre, non credo che al nonno piacerebbe sapere che stiamo qui; mi dice sempre: “Non avvicinarti alla pianta vecchia, è pericoloso”. Piante, di cosa? Qui non ci sono piante! (Planta in spagnolo significa si pianta sia impianto, ndt.). Qui ci sono solo pietre e questi segnali tanto carini con tre triangoli gialli che si toccano di punta. Mi piacerebbe saper leggere per sapere cosa dicono questi cartelli sulla parete. Senza dubbio, l'America doveva essere una grande nazione e questo luogo doveva contenere segreti meravigliosi.

Antonio Turiel

Figueres, 3 giugno 2013

martedì 25 giugno 2013

Il paradosso di Jevons spiegato ai profani

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR




Di Antonio Turiel

Cari lettori,
un secolo e mezzo fa, William Stanley Jevons ha formulato il suo famoso paradosso, riferito al consumo di carbone nel Regno Unito, che si può estendere al consumo di energia e di praticamente qualsiasi bene di natura economica. Oggi Javier Pérez ci ha consegnato un pezzo divertente nel quale spiega il concetto con una naturalezza ed una semplicità che dovrebbe renderlo accessibile anche ai più ostinati. E sul perché le migliori intenzioni di “salvare il pianeta” e risparmiare hanno un impatto netto nullo sul corso globale dell'Umanità.
Vi lascio nelle mani capaci di Javier.

Saluti.
AMT


Il risparmio, il consumo responsabile ed altre musiche celestiali
di Javier Perez




Normalmente, è una buona idea quella di cominciare con un titolo d'impatto per attirare l'attenzione del lettore e poter poi sviluppare un argomento. La cosa negativa in questo caso è che non si tratta di un trucco retorico, oggi parlerò esattamente di quello che enuncia il titolo: del risparmio e del consumo responsabile come parole vuote e inutili, discorsi senza senso e musiche celestiali.

Così, per superare il brutto colpo, cominciamo con una buona birra. Che ne dite di una birra tedesca?

La birra tedesca tradizionale viene fermentata seguendo la legge di purezza tedesca, promulgata il 23 aprile del 1516 dal duca Guglielmo IV di Baviera. Secondo questa legge si potevano utilizzare solo tre ingredienti per la fermentazione della birra: acqua, orzo e luppolo. Il lievito è stato scoperto più di trecento anni più tardi (roba di Pasteur) e a quell'epoca si pensava che la fermentazione iniziasse da sola.

E qual era l'intenzione del duca nel promulgare una legge simile? Diverse, in realtà. In primo luogo garantire la qualità di un prodotto che produceva grandi guadagni alle casse del paese e che già allora cominciava ad essere apprezzato in tutta Europa. In secondo luogo, garantire alla corona ducale degli introiti eccezionali sotto forma di imposte, visto che il duca controllava il monopolio del commercio di orzo, e in questo modo aveva una maggiore domanda di cereali, quindi una maggiore quantità di denaro passava per le mani della fattoria ducale. E, in terzo luogo, evitare che si facesse la birra col grano, perché la fabbricazione di questa varietà di birra rendeva il grano più redditizio nei tini che non nei forni, cosa che spingeva all'aumento dei prezzi del pane, faceva incazzare la popolazione e faceva aumentare le probabilità di rivolta.

Sì, questo Guglielmo IV di Baviera era un tipo molto sveglio o aveva un ministro dell'Agricoltura molto abile, su questo non c'è dubbio, ma concentriamoci, per favore sulla terza delle sue ragioni: obbligare l'uso dell'orzo per risparmiare il grano. Cosa otteneva il duca di Baviera risparmiando grano? L'abbassamento del suo prezzo e che se ne consumasse di più di in qualcos'altro, cioè, nel fare il pane. In assoluto: fece in modo che il pane diventasse più a buon mercato e se ne consumasse ancora di più per altri scopi. La legge della birra ha reso il pane economico e ciò ha generato l'aumento della popolazione. Che ve ne pare?

Si tratta di un altro caso del paradosso di Jevons, del quale abbiamo già parlato in più occasioni e che ci dice che l'efficienza nell'impiego di una risorsa non ne diminuisce il consumo, ma lo incrementa.
In realtà, il problema è anche più grave e si chiama effetto sostituzione.

A tutti noi piace pensare che possiamo fare qualcosa per l'ambiente risparmiando acqua, risparmiando energia o consumando meno risorse, ma il fatto è che non è così. Una cosa è l'effetto simbolico, per sentirci impegnati, guardarci allo specchio e sentirci bene, un'altra, molto distinta, che il pane che non buttiamo nella spazzatura arrivi sulla tavola di quelli che hanno fame, o che l'acqua che risparmiamo vada alle terre assetate di coloro che non ce l'hanno.

Siccome viviamo in un mondo dove è peccato maledire gli unicorni, va bene, lo accettiamo e tiriamo avanti, ma la realtà è una cosa diversa.

La realtà è che il risparmio di qualsiasi bene o risorsa presuppone l'abbassamento del suo prezzo per chi decide di consumarla.

La realtà è che la benzina che risparmiano è quella che possono bruciare i nordamericani nelle loro auto di due tonnellate, ed è sicuro che se noi non la risparmiassimo, loro dovrebbero pagarla molto di più dei 50 centesimi di euro che la pagano adesso.

La realtà è che la benzina che non bruciamo non va in un salvadanaio, né viene interrata nel sottosuolo perché nessuno la bruci e non produca CO2. Va nel mercato, aumentando la disponibilità per chi la voglia bruciare diminuendo il suo prezzo.

Il carbone che noi non bruciamo non scompare nello spazio siderale per non inquinare: è quello che bruciano i cinesi, più economico proprio perché noi non lo richiediamo e quello che li aiuta a spazzar via dalle mappe i nostri negozi e le nostre industrie, incapaci di competere coi loro prezzi.

La legna che non bruciamo noi che viviamo in campagna è quella che abbassa il prezzo dei pellet per le caldaie urbane e il riscaldamento da biomassa.

Il fatto è che si può continuare a tutti i livelli, perché l'effetto di disponibilità e sostituzione del consumatore è eterno e universale. Vi posso raccontare quello che diceva una signora in un villaggio del Leon durante la siccità di sei o sette anni fa: “Vediamo se convinciamo la gente a risparmiare acqua, perché se non risparmia, di notte non posso riempire la vasca e devo fare la doccia ai bambini”. E non immaginate quanto ecologista e solidale fosse in pubblico questa signora. Lei lo aveva capito: convincere gli altri a risparmiare acqua rende più economico ciò che vuoi consumare tu e te lo serve in un vassoio.

Tutto questo si può teorizzare in modo accademico ed accompagnarlo con dei bei grafici nei quali si dimostra che al ridursi della domanda di un bene il suo prezzo diminuisce, di modo che diventi attraente per altri usi o per altri consumatori. Ma tranquilli, non cadrò in questo vizio.

Ciò che desidero invece è che il concetto sia chiaro, perché è legge: finché c'è  domanda di una risorsa, la risorsa verrà consumata e il risparmio o restrizione da parte di un segmento della popolazione non riduce il consumo totale, ma lo passa ad altri livelli o ad altri gruppi, per di più ad un prezzo minore.

Essere dei maiali è sempre un male. Essere spendaccioni che sprecano risorse è un'idiozia ed un atto stupido. Ma parliamo di etica, non di effetti pratici.

L'acqua che non usi per irrigare il tuo orto, la useranno per irrigarne degli altri. O magari per irrigare un campo da golf.

La benzina che risparmi tu la bruceranno in Indonesia.

Le trote che non peschiamo nel fiume a monte, sono quelle che pescano nel fiume a valle.

“La ragazza che non hai baciato non si è fatta suora: si è sposata con un altro”, mi suggeriscono qui di fianco.

Se con questo ultimo esempio non è chiaro, che cazzo volete che faccia?


Javier Pérez  (www.javier-perez.net)

lunedì 24 giugno 2013

La Russia sarà il nostro Far West


Da"Vita nel Petrolitico"




"Lo Shale gas è una rivoluzione ed una risorsa praticamente infinita! La Russia sarà il nostro Texas!"Paolo Scaroni, ENI; giugno 2013*
 
"Non solo lo Shale Gas e Shale Oil non risolveranno il problema del picco del petrolio, ma potrebbero invece creare una crisi economica; ... nel 2012, 7000 pozzi sono costati 42 miliardi di dollari per un introito di 32,5 miliardi di prodotto finito"
U.S. Energy Information Administration (EIA), giugno 2013**




* http://petrolitico.blogspot.fr/2013/06/scaroni-lo-shale-gas-grande-rivoluzione.html
**http://www.guardian.co.uk/environment/earth-insight/2013/jun/21/shale-gas-peak-oil-economic-crisis


sabato 22 giugno 2013

Quando l'oncologo fuma sigarette

In questo articolo, Rob Hopkins critica in modo piuttosto pesante la presentazione del centro di ricerca Hadley sul cambiamento climatico che lui e un gruppo di visitatori hanno ricevuto. In effetti, l'atteggiamento della guida descritto da Hopkins si riscontra in non pochi ricercatori e scienziati e non solo in Inghilterra. Sanno che stanno lavorando su un soggetto dal quale dipende la vita e la morte non soltanto di loro stessi, ma di tutto il genere umano. Eppure, non riescono ad "agganciare" alla pratica quotidiana le conseguenze di quello che fanno. E' un po' come vedere un oncologo che si fuma una sigaretta dopo l'altra - e succede! Non è che non sa che le sigarette fanno venire i tumori, ma non riesce ad assimilare emotivamente la nozione e a metterla in pratica. Succede anche ai climatologi, non tutti hanno la lucidità e lo spessore morale di un James Hansen che mette in gioco la sua reputazione dicendo le cose come stanno. Insomma, ancora un esempio di come non riusciamo a renderci conto delle conseguenze di quello che sappiamo (UB)

“Mi scusi... cosa?”: visita al Met Office Hadley Centre


Di Rob Hopkins
Da “Transition Culture”. Traduzione di MR


Il Met Office, vicino Exeter

L'altro giorno io e un amico abbiamo portato i nostri bambini piccoli a fare un giro al centro Met Office, vicino a Exeter. Il Met Office è la sede dell'Hadley Centre, uno dei centri più avanzati in cui hanno luogo le modellizzazioni e le ricerche sul cambiamento climatico. Si è rivelato essere un evento che mi ha lasciato sia arrabbiato sia perplesso e con alcune riflessioni che vorrei condividere con voi. Il giro in sé ha poca importanza ai fini di questo pezzo, a parte dire che è stato in grado di trasformare qualcosa che potevano essere alcune ore davvero interessanti in tre ore piuttosto tediose. Certamente non è un giro pensato per destare l'interesse dei bambini. Il punto più basso secondo me, tuttavia, è stato quando abbiamo effettivamente raggiunto l'Hadley Centre. Ecco la scena...

Il mio gruppo arriva nell'Hadley Centre

Il mio gruppo di circa 40 persone, prevalentemente pensionati in gita di gruppo, arriva negli uffici vuoti (be', è un sabato) dell'Hadley Centre. Ora, per coloro che non sanno, l'Hadley Centre è una specie di terra santa della ricerca climatica. Ecco cosa dice il loro sito Web su ciò che fanno:

  • “Produciamo un'orientamento di valore mondiale sulla scienza del cambiamento climatico e forniamo un centro focale nel Regno Unito per quanto riguarda i problemi scientifici associati alla scienza del clima. In gran parte cofondato dal Dipartimento per l'Energia e il Cambiamento Climatico (DECC) e dal Defra (il Dipartimento per l'Ambiente, il Cibo, e gli Affari Rurali), forniamo un'informazione approfondita e consiglio al Governo sui problemi della scienza del clima. In quanto uno dei centri più importanti per la ricerca sulla scienza climatica, i nostri scienziati danno un contributo significativo alla letteratura peer-reviewed e ad una varietà di rapporti sulla scienza del clima, compreso il Rapporto di Valutazione dell'IPCC. Le nostre proiezioni climatiche sono state la base per la Revisione Stern sull'Economia del Cambiamento Climatico”. 


E' un ufficio enorme, piuttosto anonimo, e noi ci troviamo posizionati a ferro di cavallo intorno alla nostra guida (i nostri figli sono annoiati inutilmente da questo momento e sono andati fuori per una passeggiata intorno alle scrivanie, così ho dovuto tenere un occhio su di loro ed uno sulla guida). La guida comincia a raccontarci che questo è uno dei centri più importanti per la ricerca climatica nel mondo, i cui dati e modelli si trovano alla base di gran parte del lavoro in corso nel mondo.

L'Hadley Centre

Lui dice (o le parole suonano in questo modo), “nella storia, il mondo si è già riscaldato, in occasioni precedenti, molto di più di quanto vediamo oggi. In questo contesto storico allargato, il riscaldamento che vediamo oggi è relativamente minore. Io penso che sia inevitabile che bruceremo tutti i combustibili fossili che ci sono. Per esempio, io stesso guido una macchina che consuma molto, credo che voi stessi vi divertireste ad usarla”. Ero basito. Poi ha continuato, come in molte occasioni durante la visita, a lodare gli uffici del Met Office e dire quanto fossero allo stato dell'arte dell'efficienza energetica. Quando è arrivato il momento delle domande, il mio amico gli ha chiesto “da quello che ha detto, sembra che tutto il cambiamento climatico sia un fenomeno interamente naturale sul quale l'attività umana non ha avuto alcuna influenza. Potrebbe chiarire questo punto?” La guida allora ha detto che no, naturalmente non intendeva dire questo e che naturalmente era tutto dovuto all'attività umana e che non voleva dare quella impressione.

Il mio migliore momento personale del giro: le nuvole di lana appese al soffitto della mensa del Met Office

Gli ho chiesto come fosse per lui lavorare all'Hadley Centre, con tutti quei dati e informazioni che elaborano ogni giorno. Negli Stati Uniti, gli scienziati del clima come James Hansen stanno uscendo dall'imparzialità scientifica e vengono arrestati per aver fermato camion di carbone e cose simili. Ho chiesto se anche lui sentiva un impulso simile. Lui ha detto che come persona al servizio del pubblico (il Met Office è un'istituzione del Governo del Regno Unito) da contratto non può prendere parte a nessuna dimostrazione. Poi ha è andato avanti dando una panoramica molto buona della fusione del ghiaccio dell'Artico, del perché fosse importante e del perché questo abbia rappresentato un anello di retroazione importante e così via. Ma per me il danno era fatto. 

Giorno dopo giorno lui e i suoi colleghi portano il Grande Pubblico Britannico in giro per il Met Office, li portano all'Hadley Centre e parlano del cambiamento climatico. Con la fiducia sulla scienza climatica da parte del pubblico precaria, a dir poco, e con quotidiani come il Daily Mail che continuano a pubblicare sciocchezze demenziali sul cambiamento climatico, se c'è un posto nel mondo in cui alla gente può essere ben disposta ascoltarlo per quello che è, questo deve senz'altro essere dentro l'Hadley Centre. Lui ha sottolineato che devono state molto attenti a non essere 'politici', a non dare le proprie opinioni in termini di cosa possiamo fare per il cambiamento climatico, piuttosto di concentrarsi sulla scienza. Ma non abbiamo sentito niente di questo. Avrebbe potuto dire che: 
  • Le temperature globali sono già aumentate di 0,8°C rispetto ai livelli preindustriali, con altri 0,6°C inevitabili a causa del ritardo temporale degli impatti delle emissioni
  • Le istituzioni mondiali più rispettate hanno tutte dichiarato che ci sono forti prove che l'attività umana stia alimentando l'amento delle temperature
  • Anche livelli relativamente bassi di biossido di carbonio hanno dimostrato di avere una gamma di impatti nel mondo
  • Sulla nostra attuale traiettoria di emissioni, gli scienziati stimano aumenti fra i 2,4 e i 6,4 °C per il 2100
  • Delle 2795 gigatonnellate di carbonio che abbiamo identificato, la scienza ci dice che possiamo bruciarne solo 565 gigatonnellate se vogliamo mantenere l'aumento della temperatura mondiale al di sotto dei +2°C
  • Stiamo già vedendo estremi atmosferici e impatti climatici, come la fusione del ghiaccio dell'Artico, che sta accelerando in modo allarmante
Non c'è niente di controverso o di 'politico' in questo. Presumibilmente queste cose si trovano nei rapporti che l'Hadley Centre pubblica un giorno sì e uno no, il loro pane quotidiano. Oppure potrebbero mostrare questo grafico a settori: 


Potrebbero chiedere ai membri più anziani del gruppo se, durante la loro vita, hanno notato il cambiamento del clima ed ascoltare le loro storie. Ma no, quello che abbiamo avuto è stato il tentativo di un pezzo umoristico su come noi non possiamo fare niente comunque, quindi possiamo anche continuare semplicemente a guidare finché i combustibili fossili non siano tutti finiti. Posso capire che giro guidato dopo giro guidato per gente che potrebbe sembrare indifferente a quello di cui stai parlando ti può portare ad una posizione in cui la prendi con leggerezza per mantenere la loro attenzione. Ma questo è un atteggiamento pigro ed è una completa rinuncia alla responsabilità inerente all'essere rappresentanti dell'Hadley Centre, che sta nell'Hadley Centre. Mi sono ricordato del recente ed eccellente articolo di George Marshall Le ragioni per cui i disastri potrebbero non aumentare la preoccupazione sul cambiamento climatico. Marshall ha visitato una città in Texas dove 1.700 case sono recentemente andate perdute in un enorme incendio, le cui cause erano direttamente collegate al cambiamento climatico. Spesso si sente parlare di un altro “eccezionale” evento meteorologico naturale disastroso, “che cosa servirà perché la gente veda che il cambiamento climatico sta avvenendo?” Come dice Marshall: “I disastri possono far aumentare la fiducia e la certezza sociale”. Il suo pezzo è affascinante in quanto, nonostante un tale evento, coloro che credevano nel cambiamento climatico ci hanno creduto ancora più fortemente, vedendo gli incendi come prova del loro credere, e coloro che non ci credevano hanno usato l'esperienza in modo analogo per rafforzare le loro posizioni. Marshall ha scritto che:  

  • “La consapevolezza sul cambiamento climatico è complessa e mediata da atteggiamenti socialmente costruiti. E' importante riconoscere che molti degli ostacoli sociali e culturali alla credenza non vengono rimossi dai grandi impatti e potrebbero, di fatto essere rafforzati”. 

Quando si è radicati in un'analisi particolare del cambiamento climatico, è sempre più facile circondarsi di gente e media che sostengono la tua vecchia visione. Twitter ci permette semplicemente di accedere alle notizie provenienti da gente con la quale siamo d'accordo. Google, basandosi sulle pagine Web che visitiamo, comincia a filtrare la nostra visione del mondo per cui possiamo ricevere solo le notizie con le quali siamo d'accordo. Cerchiamo i quotidiani che sostengono la nostra visione del mondo. E' solo in rare occasioni, come in una visita guidata al Met Office, per scoprire come fanno le previsioni del tempo in tivù, che la nostra visione del mondo può essere autorevolmente cambiata. 

Se qualcuno mi avesse detto in modo autorevole, essendo io uno che dedica la propria vita lavorativa all'attivismo sul clima, che sbagliavo ad essere preoccupato dalla fusione del ghiaccio Artico, questo sarebbe certamente stato cibo per la mente e sarei andato via con l'idea di approfondire. Come dice Marshall:
  • “Accettare il cambiamento climatico antropogenico richiede un alto grado di autocritica ed anche di capacità di dubitare di sé stessi. Richiede una preparazione ad accettare la responsabilità personale per gli errori collettivi e per intere società accettare il bisogno di un grande cambiamento collettivo. E, inevitabilmente, questo processo di accettazione genererebbe dibattito e conflitto intensi”.
Quale migliore opportunità per una tale discussione di un sabato mattina al Met Office? Forse ho avuto una guida impreparata. Forse tutti gli altri ricevono il tipo di presentazione che ho suggerito sopra, a parte il mio gruppo. Forse l'esperienza di coloro che tengono le visite guidate è che se discutono il cambiamento climatico in un modo significativo le persone si ribellano e cominciano a tirar loro i cestini della carta e le spillatrici. O forse è semplicemente più facile prenderla alla leggera per mandare la gente a casa con l'impressione che il cambiamento climatico non è colpa loro e che non ci sia niente che possano fare. Se avessimo un grave problema di salute, uno che abbiamo negato, uno per cui riempiamo i nostri giorni di distrazioni per evitare di riconoscerlo realmente e uno per il quale evitiamo gli amici che ti voglio dire cosa sia realmente, poi abbiamo bisogno di circostanze particolari per portarci ai nostri sensi. Come ha mostrato il pezzo di Marshall, anche un episodio di mala sanità può essere giustificato ed attribuito a qualcos'altro. Ciò di cui abbiamo bisogno è di trovarci in un ambulatorio e che un dottore/dottoressa ce lo racconti per quello che è, per definire un prognosi con chiarezza e compassione. Giungere al punto di trovarsi in quell'ambulatorio può essere in sé un viaggio, ma una volta che ti trovi lì, dipende dall'abilità del dottore l'essere in grado di raccontarti come stanno le cose. Se questi ci scherza sopra e ti dice quanto sia uno sforzo inutile migliorare, come sia orribile la medicina che non la prenderebbe lui stesso ed è più divertente non farlo, questo sarebbe la più spaventosa inadempienza al proprio dovere. Il mio giro all'Hadley Centre mi ha fatto sentire come se avessi incontrato un dottore del genere. Vergogna.  




mercoledì 19 giugno 2013

Il 97% del consenso sul Riscaldamento Globale trova resistenza nel negazionismo scientifico

Il robusto consenso sul clima incontra la resistenza da parte delle teorie della cospirazione, del 'cherry picking' (selezionare dati secondo la convenienza) e delle mistificazioni

Di Dana Nuccitelli

Da “Common Dreams”. Traduzione di MR


Il riscaldamento globale potrebbe cambiare le nostre mappe e far spostare la gente dalle città e dalle isole tropicali (foto: national Geographic). L'indagine di Skeptical Science che ha scoperto un 97% di consenso da parte degli esperti sul riscaldamento globale antropogenico ha attratto una grande attenzione mediatica. Centinaia di storie mediatiche hanno documentato la nostra indagine e i suoi risultati. L'autore principale, John Cook, ed io abbiamo partecipato a numerose interviste per discutere il saggio, anche su Al Jazeera, CNN e ABC. Il Presidente Obama ha anche tweetato i nostri risultati ai suoi 31 milioni di iscritti. La storia è stata così popolare principalmente perché i risultati presentano un messaggio semplice ma cruciale. C'è un grande divario fra la consapevolezza pubblica e la realtà del consenso fra gli esperti sul riscaldamento globale antropogenico.


In aggiunta, come ha detto John Cook, la ricerca ha mostrato che la percezione del consenso è legata al sostegno della politica climatica. Questo è vero su tutto lo spettro ideologico – quando la gente è consapevole del consenso degli esperti sul riscaldamento globale antropogenico, è più probabile che sostenga l'azione per risolvere il problema. Gli oppositori dell'azione climatica sono consapevoli della forte influenza del consenso scientifico per decenni. Già nel lontano 1991, la Western Fuels Association ha lanciato una campagna da 510.000 dollari per “riposizionare il riscaldamento globale come teoria (non un fatto)” nella percezione pubblica. Una memoria dello stratega delle comunicazioni Frank Luntz emersa nel 2002 consigliava i repubblicania continuare a fare della mancanza di certezza scientifica il punto principale del dibattito”.

Così, anche se i nostri risultati lineari e coerenti con le ricerche precedenti, non siamo stati sorpresi del fatto che abbiano incontrato la resistenza di certi gruppi ed abbiamo anticipato le critiche nelle FAQ. Tuttavia, passando in rassegna le varie critiche al nostro saggio, abbiamo notato alcune discussioni comuni fra loro. Un saggio del 2009 pubblicato sull'European Journal of Public Health da Pascal Diethelm e Martin McKee discuteva cinque caratteristiche comuni nel negazionismo scientifico:

1) il cherry picking;
2) i falsi esperti;
3) mistificazioni e fallacia logica;
4) aspettative impossibili su ciò che può produrre e
5) teorie della cospirazione
Queste caratteristiche sono state presenti in tutte le critiche al nostro saggio e infatti abbiamo trovato esempio di ognuna delle 5 caratteristiche fra di esse.

Per esempio, l'autore di un post ha contattato un gruppo di scienziati i cui saggi erano contenuti nella nostra indagine ed hanno dichiarato che abbiamo “classificato in modo falso” i loro saggi. L'economista climatico Tol ha fatto eco alle critiche al nostro saggio nello stesso post. Questo criticismo specifico riesce a contenere tre delle cinque caratteristiche del negazionismo scientifico.

Contattare specificamente quei pochi scienziati è un esempio classico di cherry picking. La nostra indagine ha ricevuto risposte da 1.200 ricercatori climatici; l'autore di questo post ne ha accuratamente selezionati alcuni, tutti guarda caso ben conosciuti per essere degli “scettici” del clima. E' anche una variante della caratteristica del falso esperto, come ha spiegato John Cook nel suo libro scritto con G. Thomas Farmer, Cambiamento Climatico: una sintesi moderna.

“Una variazione del Falso Esperto è quella di prendere un pugno di scienziati del clima che continuano a dissentire ed amplificare le loro voci per dare l'impressione di un'opposizione più significativa di quella che c'è nella realtà”.

Il gruppo di scienziati contattati per questo post sono parte di quel meno del 3% dei ricercatori climatici che contestano il riscaldamento globale antropogenico. Di conseguenza, le voci di questa piccola minoranza di “scettici” vengono amplificate. Terzo, l'argomento di questo post è una mistificazione del nostro studio. La squadra di Skeptical Science ha categorizzato i saggi basandosi unicamente sui loro abstract, laddove è stato chiesto agli autori scientifici dei contenuti dei loro saggi completi. Abbiamo invitatogli autori scientifici a categorizzare i loro saggi così, se hanno risposto, le loro classificazioni “corrette” dei saggi completi sono contenuti nel nostro database. Come illustrato nel grafico sotto, abbiamo trovato lo stesso 97% di consenso sia col metodo del solo abstract sia in quello dell'auto classificazione. Un'altra caratteristica dei movimenti che negano un consenso è quella di avere aspettative impossibili. L'industria del tabacco ha perfezionato questo approccio negli anni 70, richiedendo livelli di prove sempre più stringenti del fatto che il fumo causasse il cancro, in modo da ritardare la regolamentazione dei loro prodotti da parte del governo. Questa tecnica delle aspettative impossibili è stata illustrata in un altro post che dichiara che solo i saggi che quantificano il contributo umano al riscaldamento globale contano per avallare il consenso. Gran parte delle ricerche legate al clima non quantificano quanto riscaldamento stiano causando gli esseri umani, specialmente nell'abstract. Semplicemente non ce n'è ragione. Non ci aspettiamo che gli scienziati si addentrino nei dettagli di una scienza stabilita nel breve e prezioso spazio dell'abstract (il sommario breve all'inizio del saggio). Tuttavia, ci aspettavamo di vederlo fare più spesso nel saggio completo ed è esattamente ciò che abbiamo osservato. Quando agli scienziati è stato chiesto di valutare il livello di avallo dei loro saggi, nei 237 saggi che hanno veramente specificato la proporzione del riscaldamento globale antropogenico, oltre il 96% era d'accordo che gli esseri umani hanno causato più della metà del recente riscaldamento globale.

In un altro post ancora, Christopher Monckton, del quale il mio collega John Abraham mi ha spiegato come mistifichi abitualmente la ricerca degli scienziati del clima, ha a sua volta mistificato i nostri risultati. Monckton ha paragonato mele e arance guardando gli studi precedenti sul consenso, nel tentativo di sostenere che i nostri risultati mostrano un 'collasso' del consenso. Al contrario, usando una comparazione mela-a-mela coerente in un lasso di oltre due decenni, abbiamo mostrato che il consenso sul riscaldamento globale antropogenico sta crescendo.

La crescita del consenso scientifico sul riscaldamento globale antropogenico nella letterature peer-reviewed dal 1991 al 2011 da Cook et al. (2013)

In anni recenti, alcuni saggi hanno preso una posizione sulle cause del riscaldamento globale nell'abstract. Ciò è stato previsto da Naomi Oreskes nel 2007, che notava che gli scienziati stavano procedendo nel focalizzarsi su questioni non assodate. Alcuni blog hanno sviluppato una fallacia logica conseguente dichiarando che questo mostra 'un aumento dell'incertezza'. Tuttavia, se l'incertezza sulle cause del riscaldamento globale stesse aumentando, ci aspetteremmo di vedere un aumento della percentuale di saggi che rifiutano o minimizzano il riscaldamento globale antropogenico. Al contrario, la percentuale dei studi che rifiutano è in declino a sua volta. Gli scienziati sentono il problema  è assodato, la scienza di fatto suggerisce che c'è più certezza sulle cause del riscaldamento globale.

Infine, è stata proposta una teoria della cospirazione, che suggerisce che il consenso è semplicemente un risultato del rifiuto da parte delle riviste scientifiche di pubblicare saggi che rifiutano il riscaldamento globale antropogenico. Le nostre analisi comprendevano i risultati di 1980 riviste in tutto il mondo. Per tutte queste quasi 2000 riviste scientifiche internazionali, bloccare la ricerca “scettica” comporterebbe davvero una cospirazione enorme. A causa dell'importanza dei nostri risultati, ci aspettiamo pienamente che la resistenza continui e ci aspettiamo pienamente che chi resiste alle nostre scoperte continui a mostrare le 5 caratteristiche del negazionismo scientifico. Tuttavia, abbiamo usato due metodi indipendenti e confermato lo stesso 97% degli studi precedenti. Questo accordo schiacciante sul riscaldamento globale antropogenico manifesta in molti modi indipendenti che il consenso scientifico è una realtà robusta.