sabato 30 giugno 2012

Groenlandia: di male in peggio


Le notizie sul riscaldamento globale si susseguono un po' come quelle della ritirata di Russia della seconda guerra mondiale. Va malissimo, ma si cerca di non parlarne troppo sulla stampa.

L'ultima mazzata che non troverete sulla stampa ci arriva da un recente studio di Box e altri sulla riflettività (chiamata anche "albedo") dei ghiacci della Groenlandia. Come vedete nella figura, la riflettività del ghiaccio diminuisce - specialmente in Estate - col progredire del riscaldamento globale. 

In estate, la fusione del ghiaccio superficiale mette allo scoperto il ghiaccio profondo che è più scuro per vari motivi, incluso la concentrazione di impurezze. Essendo più scuro, il ghiaccio assorbe più calore e si scioglie più velocemente. Un altro caso di "feedback positivo" che sta ulteriormente accellerando la già rapida fusione della calotta di ghiaccio della Groenlandia. Il fenomeno sembra ormai irreversibile o, perlomeno, non abbiamo idea di come o quando lo si potrebbe arrestare.

Ulteriori informazioni li potete trovare sul blog di Jason Box, "meltfactor.org". Ma, di fronte al disastro in corso, forse si può capire anche chi preferisce guardarsi i campionati europei (finché sarà possibile).


venerdì 29 giugno 2012

Importare energia, esportare miseria

Da The Oil Crash. Traduzione di Massimiliano Rupalti. 


Immagine da  http://www.indiacause.com


Il recente ribasso dei prezzi del petrolio ha prodotto una reazione di ottimismo da parte degli operatori, del pubblico e dei politici rispetto alla possibilità che abbiamo di mantenere la produzione attuale a prezzi accessibili. E' un ottimismo forse un po' eccessivo, come ci fa notare Antonio Turiel in questo post uscito su "The Oil Crash" del 4 Maggio 2012




di Antonio Turiel

Cari lettori,

ieri, durante la conversazione su Radio Barbuja, è uscito un tema interessante. Fin dall'inizio del dibattito abbiamo constatato che, secondo i dati dell'ultimo Oil Market Report dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA), la produzione di petrolio mondiale è aumentata nel primo trimestre di quest'anno, chiudendo così un periodo di due anni (tutto il 2010 e il 2011) durante i quali la produzione non è stata in grado di soddisfare la domanda e si è dovuto ricorrere alle riserve dell'industria per mantenere un'apparenza di normalità. A prezzi molto alti, questo sì. La parte del leone nel chiudere questo buco l'ha fatta il grande aumento di produzione del OPEC (in gran parte dal progressivo ristabilimento della produzione libica), ma è anche significativa la crescita della produzione degli Stati Uniti. Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno aumentato costantemente la loro produzione di petrolio (precisiamo, di tutti i liquidi di petrolio) e stanno già arrivando ai 10 milioni di barili al giorno, come mostrato nel grafico  che segue queste righe, preso dal post “Il mito secondo il quale gli Stati uniti saranno presto esportatori di petrolio” di Gail Tverberg, pubblicato sul suo blog Our Finite World (in inglese).

Immagine da http://ourfiniteworld.com


Sembra, pertanto, che effettivamente gli Stati uniti siano riusciti ad invertire una tendenza di decenni e stiano rimontando la caduta dal momento del loro picco del petrolio, avvenuto nel 1970. In realtà, la tendenza nelle produzione di petrolio greggio degli Stati Uniti non si è affatto invertita significativamente: quello che sta succedendo veramente è che la produzione di altri liquidi del petrolio sta aumentando molto: biocombustibili, petrolio di scisti (shale oil), liquidi del gas naturale... Tutti petroli sintetici, fabbricati con un enorme ingresso di energia ed altre materie (in genere acqua e gas naturale), con un potere energetico inferiore al petrolio greggio – tipicamente contengono circa il 70% di energia in volume, il che rende il conteggio attuale in milioni di barili molto confuso – e con EROEI molto bassi e che oscillano, a seconda del tipo di liquido, del petrolio e all'autore del calcolo, fra 1,5:1 e 5:1. Se si guarda anche nei dettagli il piccolo aumento di produzione del petrolio greggio, vediamo che esso proviene soprattutto, come osserva Gail Tverberg, dalla produzione di tight oil, petrolio intrappolato in rocce poco permeabili come gli scisti. Questo petrolio ha proprietà simili al petrolio greggio (contrariamente ai petroli di scisto, oil shale, che sono in realtà idrocarburi poco cotti e che poi devono essere lavorati per ottenere un succedaneo del petrolio per sintesi col gas naturale), e se ora si è potuto cominciare a sfruttare è per via dello sviluppo dello sfruttamento del petrolio da scisti, che si estrae col fracking delle lastre di scisto. L'uso di una tecnica tanto complessa ed aggressiva per estrarre una risorsa marginale fa sì che l'EROEI del tight oil sia a sua volta molto basso, in ogni caso inferiore a 5.


Abbiamo, quindi, che gli Stati Uniti stanno aumentando significativamente la loro produzione, ma lo stanno facendo con petroli a basso EROEI. Come sappiamo, esiste un valore minimo o soglia dell'EROEI medio delle fonti energetiche di una società strutturata che alcuni autori situano intorno a 10. Pertanto, si potrebbe dire che l'attuale aumento produttivo degli Stati uniti è un semplice miraggio e se si può mantenere è perché il petrolio greggio che importano ha un EROEI migliore e quindi in questo modo l'EROEI medio statunitense rimane superiore. Tuttavia, abbiamo già visto che il rendimento economico dipende dal rendimento energetico espresso con l'EROEI (salvo se ci sono sovvenzioni che diminuiscono i prezzi, come segnalava puntualmente Juan Carlos Barba ieri), cosicché tale aumento di produzione di petrolio a basso EROEI per l'autoconsumo dovrebbe essere nocivo per l'economia statunitense, visto che riducendosi il suo rendimento energetico si riduce anche quello economico. Ma questo non è assolutamente così: l'economia statunitense, nonostante non sia stata risanata, si mantiene in buona forma in questi primi vagiti della nuova recessione. Come si spiega questo paradosso?

Si spiega perché l'economia statunitense non è un sistema isolato, ma ha una forte interrelazione con il resto delle economie mondiali. Inoltre, gli Stati Uniti hanno una divisa forte, il dollaro, che è accettato in tutte le transazioni internazionali. Quindi, ciò che sta succedendo è che gli Stati Uniti stanno comprando all'estero i materiali che servono per lo sfruttamento interno (i tubi d'acciaio per i pozzi del fracking, i fertilizzanti per coltivare i propri campi, il petrolio greggio che importano...). Pagano tutti quei materiali in dollari, dei quali controllano l'emissione (sapete già che gli Stati uniti sono stati sottoposti a due turni di alleggerimento quantitativo - quantitative easing – il che in soldoni significa stampare banconote a bizzeffe per pagare i propri debiti).

Grazie alla conversione del costo energetico in costo monetario e al deprezzamento energetico reale della moneta, gli Stati Uniti sono in grado di sfruttare una risorsa locale di bassa qualità con un buon ritorno economico. Tuttavia, in termini energetici i conti non tornano. Gli Stati Uniti stanno importando energia contenuta nei materiali che gli vengono venduti da altri paesi ai quali danno un passivo di qualità bassa (JC Barba dixit), i dollari, cioé uno scambio asimmetrico nel quale l'energia rappresentata dalla loro moneta non equivale all'energia contenuta nei materiali importati. Insomma, questo tipo di transazione implica un pompaggio, da parte degli Stati Uniti, delle risorse energetiche del resto del mondo. Gli Stati Uniti possono sfruttare quelle risorse povere locali perché il resto del mondo li finanzia energeticamente.

Se si guarda su scala globale, questo comportamento degli Stati Uniti sta portando ad una diminuzione anticipata dell'energia netta, più rapida di quanto si potesse sperare. La soluzione non convenzionale degli Stati Uniti è buona per quel paese, ma nociva in termini globali. Lo spostamento di risorse per lo sfruttamento delle fonti locali statunitensi di bassa qualità sta facendo in modo, logicamente, che quell'energia non venga destinata allo sfruttamento di altre fonti di miglior rendimento e questo fa diminuire la disponibilità energetica del resto dei paesi. La situazione è simile a quelle di una mischia in mezzo al mare, dove uno si arrampica sull'altro per poter respirare meglio mentre il resto delle persone affoga.

I leader politici europei che guardano con invidia il nuovo paradigma energetico americano si sbagliano completamente nella loro analisi, se credono di poter esportare un tale modello in Europa. Al mondo pesa già mantenere il drenaggio energetico da parte delle risorse non convenzionali statunitensi, difficilmente potrebbe mantenere un altro giocatore allo stesso gioco. In realtà l'euro non è già più tanto forte quanto il dollaro. E in realtà noi ci troviamo nella parte bassa della mischia, forse subito sotto al piede americano, ma con le narici già al pelo dell'acqua. In realtà dovremmo capire che la strategia americana ci fa precipitare più rapidamente verso la scarsità energetica.

Quanto ancora durerà tutto questo? Tanto quanto il dollaro continuerà ad essere una divisa accettata a livello internazionale. Poco a poco i paesi esportatori si renderanno conto che il potere d'acquisto del dollaro fuori e dentro agli Stati Uniti non è lo stesso, che il dollaro costa troppo poco agli Stati Uniti. Forse tenteranno di usare i propri dollari per comprare massicciamente attività nel paese nordamericano, o forse diversificheranno il loro paniere di divise o, semplicemente, smetteranno di accettare dollari. In quel momento sopravverrà un cambiamento di paradigma, la vera rivoluzione che segnerà la fine dell'era presente.  Forse perdurerà altri cinque anni, forse dieci. Forse gli Stati Uniti, grazie a questa strategia, riusciranno rincuorarsi e a respirare confortevolmente durante questi anni di bonus, mentre il resto del mondo precipiterà lungo un declino dell'energia netta in modo più accelerato. Mentre la gran parte di noi affoga, ecco.

Saluti.
AMT



mercoledì 27 giugno 2012

Riprendiamoci la nostra terra

Da Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Lorenza Zambon, attrice e giardiniera, ci racconta la storia di una coppia che ha deciso di demolire alcune loro proprietà e riportare l'area a suolo fertile. Pochi metri quadri guadagnati, circa un trilione ancora da recuperare.



Non è facile determinare l'area del mondo ricoperta da costruzioni umane, cioè da strade, case, parcheggi, edifici, centri commerciali e tutto il resto. Ma è stato fatto molto lavoro in tempi recenti e le stime cominciano a convergere su valori ragionevoli. I risultati per quanto riguarda la percentuale di area coperta con strutture permanenti variano da circa lo 0.5% (Schneider et al., 2009) a circa il 3% (Global Rural-Urban Mapping Project, 2004). Tradotto in aree, questi valori corrispondono ad un minimo di 700.000 chilometri quadrati e ad un massimo di circa tre milioni di chilometri quadrati. Per visualizzare queste aree, pensate che la prima corrisponde approssimativamente alla Francia (550.000 chilometri quadrati) e la seconda all'India (3,2 chilometri quadrati).

A parte quale dei due risultati dovremmo considerare come più affidabile, i dati mostrano chiaramente che gli edifici si trovano prevalentemente in aree fertili e pianeggianti. Lì, la percentuale coperta da strutture è molto più alta della media mondiale. Per esempio, i recenti dati per l'Europa indicano che, nel Gennaio 2012, gli Stati europei più urbanizzati sarebbero l'Olanda e il Belgio con, rispettivamente, il 13,2% ed il 9,8% della superficie. Come vedete sotto (da Schneider et al.), l'urbanizzazione in Europa è, in effetti, concentrata sulle pianure fertili. Apparentemente, ci siamo impegnati nell'impresa di distruggere la terra che supporta la nostra stessa esistenza fisica.



Non abbiamo dati che ci raccontino quanto velocemente questo pavimentare la terra sia avvenuto fino ad ora ma, se è proporzionale alla produzione di cemento, la crescita è stata spettacolare (dati del USGS).


E' impressionante il fatto che la curva non mostri segno di cedimento. Forse ci sarà un picco negli anni a venire, ma il cemento è una forma di “inquinamento persistente”. Ridurne la produzione – o persino fermarla completamente – non trasformerà la terra pavimentata in terra fertile. Ma noi non possiamo mangiare cemento. Potremo mai riavere la nostra terra?

Ripristinare la fertilità della terra coperta col cemento è un compito enorme, ma non impossibile. Per questo,  Lorenza Zambon, attrice e giardiniera, ci racconta la storia di una coppia di Torino che ha deciso di dare ai propri figli un fazzoletto di terreno fertile come regalo. Lo hanno ottenuto demolendo alcuni garage in cemento che avevano ereditato.  

E' stato un bel po' di lavoro; hanno dovuto tagliare il cemento e farlo a pezzi e portare via i calcinacci. Poi, per ristabilire la fertilità del suolo ci sono voluti camion e camion di terra, humus ed altro. La Zambon non ci dice quanto sia durata quest'impresa né quanto sia costata, ma è stata sicuramente lenta, difficile e costosa. E' stata anche un'idea sovversiva: nella visione generalmente accettata, pavimentare il terreno significa “svilupparlo” e significa fare soldi. Quindi, distruggere la proprietà per ristabilire il suolo fertile è qualcosa che nessuno sano di mente normalmente fa. 

Ma qualcuno lo ha fatto. Il risultato finale è stato un fazzoletto di suolo fertile dove crescono erba e fiori. Solo poche decine di metri quadri, non molto in confronto ai trilioni che rimangono da recuperare. Ma è un primo passo!

Questo post è stato ispirato da un discorso fatto da Lorenza Zambon a Firenze il 24 Marzo 2012. Se volete ascoltare Lorenza parlare su questo tema, potete trovare una delle sue presentazioni qui





lunedì 25 giugno 2012

L'esperimento di Filadelfia: la voglia matta di credere




La storia dell'"esperimento di Filadelfia" racconta come negli anni 1940 la marina americana aveva trovato il modo di teletrasportare intere navi a grandi distanze. E' difficile pensare a una bufala più assurda di questa ma ancora oggi c'è gente che ne parla e, probabilmente, c'è persino chi la da per vera. Se non altro, questo indica la voglia matta che c'è in giro di credere ai complotti; anche quelli più strampalati. Un caso per certi versi simile a quello dell'esperimento di Filadelfia si è verificato di recente nel dibattito sulla "fusione fredda"

Nel 1955, un appassionato di dischi volanti americano, Morris K. Jessup, ricevette una strana lettera da qualcuno che si firmava Carlos Allende. Nella lettera, si raccontava di un esperimento segreto eseguito dalla Marina Militare degli Stati Uniti nel 1943, sulla base di una teoria sviluppata da Albert Einstein e Nikola Tesla. Secondo Allende, era stato possibile teletraspore un intero cacciatorpediniere a parecchie miglia di distanza, per poi ritrasportarlo in porto.

E' una storia talmente assurda che non meriterebbe particolare attenzione se non fosse per la sua incredibile resistenza negli anni e per il fatto che se ne parla ancora oggi - certe volte come se fosse vero. Vale la pena allora di ragionarci un po' sopra.

Cominciamo dall'inizio: Jessup era un astronomo mancato che si dilettava di dischi volanti e che aveva scritto diversi libri sull'argomento. Sosteneva le solite strampalate teorie su Atlantide, Lemuria, Mu, e cose del genere. L'identità di "Carlos Allende" fu scoperta nel 1980: si chiamava in realtà Carl Allen ed era soltanto un tale un po' strampalato. Aveva letto alcuni dei libri di Jessup e aveva pensato di fargli uno scherzo inventandosi la storia del cacciatorpediniere teletrasportato. Jessup sembra averci creduto perché cercò di trovare altri dati e provò a scrivere dei libri sull'argomento. Non ebbe molto successo; cominciò a soffrire di depressione e finì per suicidarsi nel 1959.

Tutta qui la storia dell'esperimento di Filadelfia: uno scherzo giocato da un buontempone a un appassionato di dischi volanti, probabilmente più credulone della media. Però, rimane da capire che cos'è che ha fatto si che la storia sia ancora viva e vegeta oggi. Uno dei motivi potrebbe essere che quando si chiama in causa Nikola Tesla siamo già un bel passo avanti nel creare una leggenda. Ma non basta Tesla; quello che ha reso la storia veramente irresistibile è stata la tendenza umana a credere ai complotti dei poteri forti. Non c'è niente da fare, quando entra di mezzo questo fattore il successo della leggenda è assicurato. Il fatto stesso che la Marina Americana abbia negato tutta la storia (e, come è ovvio, non avrebbe potuto fare altrimenti) sembra essere per molti una prova irrefutabile che sta nascondendo qualcosa.

La voglia matta di credere ai complotti è un fattore che vediamo all'opera continuamente: cospirazione dei climatologi, scie chimiche, falsi allunaggi, energia gratis, terremoti artificiali e tantissime altre cose. Esiste, insomma, una diffusa tendenza a credere automaticamente a qualsiasi cosa, purché venga smentita dal governo o dalla scienza "ufficiale".

Questa tendenza l'abbiamo vista venir fuori anche di recente in una curiosa storia che ha coinvolto i sostenitori della cosiddetta "fusione fredda" e la loro forte tendenza al complottismo. La storia la riporta in dettaglio Sylvie Coyaud ("Ocasapiens") in un post dal titolo "Il passero uccellato". Tutto è partito da una discussione sui commenti del blog "scettico" di Camillo Franchini. A un certo punto, alcuni dei commentatori si sono messi a parlare di un complotto segreto che coinvolgeva la ricerca del bosone di Higgs al CERN. Si parlava di tentativi di nascondere i dati, di una rivolta (poi occultata) dei post-doc del CERN, del fallimento della scienza ufficiale. Insomma, cose che fanno felici i complottisti.

Era, ovviamente, tutto uno scherzo come sarebbe dovuto essere ovvio per chiunque; se non altro perché se c'è veramente un complotto segretissimo da qualche parte è difficile pensare che se ne discuta apertamente nei commenti di un blog pubblico. Tuttavia, il dialogo sul blog di Franchini è stato preso seriamente e riprodotto per intero sul blog pro-fusione fredda "22passi" di Daniele Passerini. Dai commenti, appare chiaro che sia Passerini come alcuni dei frequentatori del blog avevano creduto che fosse tutto vero. Gli era parso veramente che quello che avevano letto sul presunto complotto del CERN per nascondere i dati era un indicazione del fallimento della scienza "ufficiale" e una conferma dell'esistenza della fusione fredda.

E' curioso pensare di come è simile questo caso a quello dell'esperimento di Filadelfia: in entrambe i casi abbiamo uno scherzo giocato a qualcuno più credulone della media che ci è cascato in pieno. Tuttavia, a differenza del caso di Filadelfia, i buontemponi del blog di Franchini hanno rivelato quasi subito lo scherzo mettendosi a parlare di assurdità lampanti, come quella di aggiustare gli algoritmi invertendo l’input con l’output  ma che non lo si poteva fare perché i sistemisti del CERN sono troppo ciccioni per infilarsi in certi buchi strettissimi. Alla fine, c'era un tale accumulo di assurdità nei commenti che era veramente impossibile non accorgersene e anche sul blog "22passi" se ne sono accorti. Così, la leggenda del "complotto del CERN" non si è diffusa (perlomeno per ora).

Alla fine dei conti, non c'era gran bisogno di dimostrare che i credenti nella fusione fredda sono più sensibili al complottismo della media. La loro voglia matta di credere appare evidentissima da quello che scrivono proprio sulla fusione fredda. Ma non sono i soli a soffrire di questo problema. L'Internet è una terra di leggende e tutti abbiamo voglia di credere in qualcosa. Bisogna starci molto attenti: le leggende sono belle e affascinanti, ma ricordiamoci che esiste anche un mondo reale. Nel mondo reale non si teletrasportano navi,  non si produce energia nucleare in uno scaldabagno e non si spaccano i nuclei atomici a martellate.





sabato 23 giugno 2012

Incendi in Siberia


Immagine dalla NASA - 198 incendi in corso su un totale di quasi 10.000 ettari. Stato di emergenza in alcune regioni della Siberia. La situazione sembra  più grave anche di quella del 2010, fino ad oggi il peggiore della storia in termini di incendi.




giovedì 21 giugno 2012

Entropia

Da The Oil Crash. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Immagine  da http://somethingsurprising.blogspot.com


Di Antonio Turiel


Cari lettori,

passo con una certa frequenza di fianco ad una scuola, a due passi da casa mia. Siccome sono curioso di natura, ho cominciato ad osservare alcune cose di questo centro pubblico di sapere elementare. Più nello specifico, le sue recinzioni esterne. La scuola ha un muro esterno alto un metro e mezzo, più o meno, e sopra di questo una recinzione metallica. Non so quanti anni abbia la scuola, ma dal suo aspetto direi che abbia qualche decina di anni. Sicuramente è della seconda metà del secolo scorso. Il fatto è che il passare del tempo ha già lasciato alcuni segni sul muro esterno, come si vede nella foto seguente:




A parte i graffiti che abbruttiscono un po' il muro, si vede che uno dei mattoni è leggermente rotto. Un colpo un po' più forte del solito, forse una pallonata su un punto del mattone che era più fragile, forse una manovra errata di un furgone delle consegne... un fatto fortuito ed estemporaneo. Un po' più avanti si percepisce un altro problema che ha l'aspetto di essere molto più strutturale:



La recinzione metallica è deformata, forse per l'azione del vento (che soffia molto forte a volte in queste regioni) o per i cicli di dilatazione termica. Qualsiasi sia la ragione, hanno dovuto saldarci una barra orizzontale (quella di colore verde, quella bianca che si intravede dietro è la traversa di una porta da calcio) che è presente solo in questa parte della recinzione. Il problema che è intervenuto qui è sufficientemente persistente da aver imposto di adottare una azione per mantenere l'integrità strutturale della recinzione, anche se tale azione non è esente da problemi propri.
In un'altra parte del muro il problema è un altro: la concorrenza di altri esseri viventi (licheni e muschi) che minano a poco a poco l'integrità dei mattoni:



Si vede che il muschio, che cresce vigoroso sulle giunture dei mattoni, li sta a poco a poco separando e allargando le crepe nelle quali si infiltra l'acqua; in pochi secoli l'azione della vita determinerà la morte o la distruzione del muro. Naturalmente, gli esseri umani non se ne stanno a braccia incrociate e in alcuni punti hanno pulito i mattoni dai licheni a dal muschio o, per riparare altri danni, hanno messo mattoni nuovi che non sono ancora stati coperti:



Tutti questi esempi quotidiani banali, esemplificano la prominenza e la realtà di un concetto basilare in Termodinamica e molto raramente compreso: l'entropia.

Anche se nei forum di Internet c'è una certa tendenza, soprattutto in quelli abbonati alle diverse teorie della cospirazione, a parlare dell'entropia con un certo lassismo di linguaggio, il concetto di entropia è perfettamente definito dal punto di vista matematico. 

Secondo la Termodinamica Classica, l'entropia è una funzione di stato che caratterizza la frazione di energia di un sistema che non potrà mai essere convertita in lavoro utile. Che si tratti di una funzione di stato significa che questa grandezza ha sempre lo stesso valore per un dato sistema o stato, non importa come ci si sia arrivati (per contrapposizione, il lavoro ed il calore sono variabili di processo, che sono definite solo in un processo di passaggio da una stato all'altro e dipendono da come si verifica concretamente questo processo). Questa definizione classica dell'entropia anche se permette di calcolarla, è poco intuitiva, in definitiva, e per questo si è soliti menzionare di più l'interpretazione che ci ha offerto la Meccanica Statistica. Applicando la Teoria Ergodica e vari concetti semplici, si può dimostrare che il concetto classico di entropia coincide con il valore atteso dal logaritmo della funzione di partizione che descrive il sistema. Questa frase è complicata e astrusa, ma quello che vuol dire intuitivamente è facile da capire: l'entropia misura lo stato di disordine di un sistema. Più un sistema è ordinato, meno è probabile che questo sistema fisico si trovi esattamente nello stato nel quale si trova, minore è la sua entropia, al contrario, quanto più un sistema è ambiguo e disordinato, come rivela lo stato macroscopico, più è probabile che la sua entropia sarà maggiore.  

Cosa significano queste idee di ordine e probabilità? Cose che, in realtà, sono intuitive, che sperimentiamo giorno dopo giorno e che si possono riassumere in una frase comune: le cose si guastano con l'uso e tutto tende a scomporsi. A decomporsi, insomma. I movimenti sono imperfetti, le cose non sono a riposo assoluto, così a poco a poco il pezzi si staccano, si distanziano e si rompono. Anche con un meccanismo perfetto, il semplice fatto che si trovi a temperatura ambiente fa sì che ci sia una certa imprecisione, una certa imperfezione, un certo movimento anarchico e destrutturato: quello delle molecole che formano gli oggetti. 

Un pagliaio perfettamente accatastato in mezzo all'aia è qualcosa di improbabile: normalmente lo troviamo lì perché un contadino lo ha accatastato così, ma non come risultato di una forza naturale. Se quell'agricoltore abbandona il pagliaio a se stesso, il vento, la pioggia, gli animali che passano, la crescente instabilità del pagliaio.... faranno sì che questo si sfaldi e nel giro di poche settimane si ritroverà disperso entro un certo raggio intorno alla sua posizione originaria. Se aspettiamo mesi invece che settimane, quello che troveremo saranno vaghi segni di quanto c'è stato in quel luogo. Tale dispersione è frutto della statistica, di tantissimi piccoli movimenti aleatori senza una direzione precisa. Questi movimenti aleatori tendono a portare la paglia ad uno stato nel quale gli steli sono disseminati in modo più o meno uniforme per terra. Una tale configurazione è indistinguibile da un'altra in cui lo stelo A sostituisce lo stelo B e B sostituisce A, o se metto uno stelo un po' più lontano o più vicino. Tuttavia, nel pagliaio la libertà di disposizione di ogni stelo è più ristretta, perché alla fine si deve formare una pila. Lo stato è meno aleatorio, più prefissato, più determinato e per questo più improbabile. Cioè, di entropia più bassa. 

Ciò che ho appena illustrato con l'esempio del pagliaio è chiamato Secondo Principio della Termodinamica, uno dei pilastri della Fisica moderna. Questo principio si può formulare in vari modi equivalenti, ma uno dei più pratici per questa discussione è il seguente: in qualsiasi processo che si verifichi in un sistema isolato, l'entropia non può diminuire. Se attuiamo il processo in modo estremamente cauto, facendo attenzione a non colpire quel mattone che si può rompere, a non permettere che gli organismi minino la stabilità dei pezzi, a muovere con precisione ogni parte del sistema, ecc... saremo in grado di evitare l'aumento del disordine. Questo in pratica è impossibile e di fatto ce lo dice il Terzo Principio della Termodinamica: solo a temperatura uguale a zero assoluto (-273,13°C) si può tenere l'entropia sotto controllo. La temperatura non è altro che una misura dell'energia cinetica molecolare e solo alla temperatura dello zero assoluto le molecole stanno ferme; a qualsiasi altra temperatura c'è sempre questo movimento molecolare che va lentamente allentando il tuo sistema, che distrugge lentamente la struttura che tanto ordinatamente avevi costruito.

Il Secondo Principio ha anche altre implicazioni importanti. Una conseguenza dell'inevitabile crescita dell'entropia quando si verifica un processo in condizioni reali (a temperatura diversa dallo zero assoluto, precisione limitata nei movimenti, ecc.) è che lo sfruttamento di una fonte energetica per ottenere un lavoro utile non potrà mai essere del 100%. E per quanto attuiamo il processo, avremo sempre una certa anarchia, una certa aleatorietà nel movimento su scala molecolare. Pertanto, nell'usare la nostra fonte di energia dovremo pagare un pedaggio e una parte dell'energia della fonte si perderà, si dissiperà, come direbbero i fisici. Attenzione: ricordate che secondo il Primo Principio della Termodinamica l'energia totale di un sistema isolato non cambia mai, trasformiamo solo un tipo di energia in un'altra. Ed è così: quando si dissipa parte dell'energia che vorremmo convertire in lavoro (il movimento di un pistone, per esempio) si perde per esempio riscaldando il pistone (cioè, aumentando l'energia cinetica delle molecole che lo compongono). Di fatto, la modalità più comune di dissipazione è quella termica, quella dell'aumento di temperatura del corpo su cui si effettua il lavoro. La cosa è semplice: se quando usate una determinata fonte di energia per azionare un motore vedete che il motore si riscalda in qualche sua parte (il che è inevitabile per la frizione), non abbiate dubbi: lì se ne è andata parte dell'energia che c'era nella vostra fonte, lì è la vostra perdita di rendimento. Naturalmente la dissipazione si può produrre e si produce in altri modi: attraverso le onde sonore, flash luminosi, ecc. Quello che accade è che, in ultima istanza, le forme di dissipazione convergono in una sola, cioè la dissipazione termica: le onde sonore si degradano fino alla scala molecolare, la luce assorbita dai corpi vieni riemessa ogni volta a frequenza più bassa fino ad arrivare all'equilibrio termico, ecc. Infine tutto finisce per tradursi in un aumento della temperatura, che, se si analizza con cura, mostra in un altro modo l'assoluta impossibilità della crescita illimitata, come mostra in modo brillante un recente post di Tom Murphy.

Il fatto che in un qualsiasi processo l'entropia del sistema globale aumenti sempre fa della Termodinamica una disciplina singolare in Fisica. E' che le equazioni del movimento che descrivono gli altri rami della Fisica sono reversibili nel tempo (ora non ci occupiamo del problema della misura in Meccanica Quantistica), ma la Termodinamica è capace di portarci in una determinata direzione nel tempo, una freccia del tempo. Il tempo avanza in direzione in cui cresce l'entropia, possiamo distinguere passato e futuro semplicemente perché qualsiasi tempo passato è stato migliore (o almeno, meno entropico). Cioè, siccome sappiamo che le cose tendono a disordinarsi, a rompersi, data una raccolta di fotografie possiamo sapere qual è il suo ordine temporale, che sarà sempre dal più ordinato al più degradato. Riassumendo, tutto va sempre per il peggio, come già sappiamo. 

C'è, tuttavia, una curiosa eccezione a questa regola generale: gli esseri viventi. Ogni essere vivente riesce, in un periodo limitato di tempo – la sua vita – non solo a non aumentare la sua entropia, ma di fatto a diminuirla, trasformandosi durante la crescita in un essere sempre più strutturato, più ordinato, più improbabile se dovesse essere frutto delle forze aleatorie che operano nel mondo fisico. Gli esseri viventi riescono in tale prodezza perché non sono sistemi isolati e quello che fanno in realtà e diminuire la propria entropia a discapito di quella del proprio ambiente. Per esempio, un animale ingerisce alimenti perfettamente strutturati (vegetali, carne di altri animali) ed espelle detriti molto più disorganizzati. In ultima istanza, sono le piante e le alghe verdi quelle che riescono nel portento sul quale si basa la vita della gran parte degli esseri viventi, e lo fanno sulla base del fatto che captano la radiazione più energetica del Sole e aumentano la propria entropia riemmettendola a frequenze più basse, in un processo di bassa efficienza, ma dobbiamo pensare che la radiazione solare ha un'entropia alta ed è praticamente un miracolo che le piante verdi riescano con questo a sostenere tutta la biosfera planetaria. Eppure, questo “miracolo” dura per un tempo limitato: nonostante la fantasia dei processi scatenati dagli esseri viventi, essi non possono evitare che si vada accumulando una certa entropia al loro interno (radicali liberi, accorciamento dei telomeri...). Di fatto, la vecchiaia è un processo di accumulo di entropia fino al punto che arriva a livelli incompatibili col mantenimento di un organismo strutturato, e l'essere vivente muore. La strategia degli esseri viventi per continuare la loro lotta è la riproduzione, una specie di capsula di salvataggio minimale: riduce l'entropia ad un piccolo gruppo di cellule, lo zigote, basato sul suo stesso assorbimento, e lancia questa capsula di salvataggio nel mondo perché abbia una nuova vita dopo la morte del suo progenitore. In realtà, l'aumento inesorabile dell'entropia non porta soltanto alla necessaria morte di ogni essere vivente, ma in ultima istanza dell'intero Universo: la morte termica dell'Universo. La sfera dell'entropia, quindi, è la sfera della morte. 

Pertanto, cos'è l'entropia? L'entropia è il pozzo del disordine nel quale stiamo inesorabilmente sprofondando mentre stiamo trasformando l'Universo. Per fortuna abbiamo le stelle e, in ultima istanza, il Big Crunch – poiché questo è il destino dell'Universo – per fare un reset e distruggere tutta l'entropia che si è generata. Ma questo è un argomento che esula dall'ambito di questo blog.   

Ma per gli effetti che interessano a voi lettori di questo blog, il fatto di vivere in un mondo reale e non in uno ideale, fa sì che inevitabilmente i corpi siano a una certa temperatura, con un certo disordine, e lo sfruttamento dell'energia non possa essere mai ottimale, ma apprezzabilmente inferiore. Cosicché, quando verrà il nuovo venditore di chimere ad offrirvi un processo col rendimento del 100%, sapete già di non dovervi fidare. 

Saluti.
AMT



martedì 19 giugno 2012

Il mattone non tradisce mai (il picco degli immobili)



Il mattone non tradisce mai, ma è proprio vero? Andiamoci a vedere i dati sui prezzi delle case, al netto dell'inflazione, che sono disponibili sul sito "scenari-immobiliari". Qui sopra li vedete in una forma grafica.

Dei prezzi delle case, tutti notano i cicli periodici. E' vero; esistono cicli con un periodo di circa 5-10 anni. Quindi, tutti si aspettano che anche quando il mercato crolla sia solo il risultato di un'oscillazione temporanea. Il mattone non tradisce mai, appunto.

Però, mi sono anche divertito a fare un fit dei dati con una semplice funzione gaussiana. Anche questo risultato lo vedete nel grafico. La gaussiana potrebbe indicare un ciclo molto più lungo, sovrapposto ai cicli di mercato, un ciclo che potrebbe stare seguendo l'andamento del ciclo del petrolio che ha una periodicità simile. In fondo, c'è una somiglianza fra petrolio e spazio disponibile per gli immobili: entrambi sono risorse limitate.

Questo vuol dire che siamo arrivati al picco degli immobili? Ho un po' l'impressione che sia così, ma lascio a voi giudicare.