domenica 20 giugno 2010

La sconfitta dei mercanti del dubbio?





Qui sopra: risposte alla domanda se il riscaldamento globale sia in corso nell'ultimo sondaggio eseguito dalla Mason University. La gente è stata confusa non poco dall'offensiva dei negazionisti che è cominciata con il "Climategate" l'anno scorso ma c'è un'inversione di tendenza che fa ben sperare per il futuro.  


Sembra che la grande offensiva dei negazionisti climatici stia perdendo forza. I sondaggi indicano una netta inversione di tendenza dopo il momento di smarrimento che era seguito al "climategate". Negli Stati Uniti, che è un po' il banco di prova di tutto quello che succede al mondo, ci sono più persone oggi che credono che il riscaldamento globale esista e che sia causato dall'uomo di quante non ce ne fossero sei mesi fa. E' vero che questi sondaggi sono un po' stagionali, influenzati dal caldo e dal freddo, ma ancora non abbiamo avuto ondate di calore negli Stati Uniti, per cui non è questa la ragione dell'inversione.

Non siamo ancora ritornati ai valori di un paio di anni fa, ma questa inversione nella tendenza è particolarmente importante se pensiamo che l'operazione mediatica del climategate era partita con grande supporto finanziario e  - per un certo periodo - era parsa quasi inarrestabile. Si correva veramente il rischio di vedere la scienza del clima seppellita da una valanga di bugie; più o meno come era successo negli anni '80 ai "Limiti dello Sviluppo". Invece, la scienza sta riprendendo fiato e vigore.

Ci sono vari motivi che hanno portato a quello che sembra essere l'inizio del fallimento dell'offensiva dei mercanti del dubbio. Il primo - e forse quello fondamentale -  è l'estrema debolezza della posizione dei negazionisti. Se si sono ridotti a cercare di contrastare l'evidenza dei dati sperimentali sulla base di qualche messaggio scritto dieci anni fa, beh, vuol dire proprio che non hanno altri argomenti.

In più, abbiamo visto anche una certa reazione da parte degli scienziati. Certo, gli scienziati sono spesso dei pessimi comunicatori e - soprattutto - non sono preparati allo scontro sui media. Però, c'è un limite a tutto e molti scienziati, trascinati a forza nell'arena mediatica, hanno finito per mostrare i denti e rispondere a tono. Ne hanno ancora da imparare, ma sembra che molti abbiano capito che stare zitti e subire non è la strategia migliore.

Insomma, stiamo facendo meglio di quanto non si potesse pensare pochi mesi fa, anche se possiamo e dobbiamo fare di più e di meglio. In fondo, alla base dell'azione dei mercanti del dubbio c'è soltanto una banda di mentitori patologici la cui sola virtù è una certa capacità di manipolare quella cosa che si chiama "opinione pubblica". Possiamo batterli, soprattutto se pensiamo che abbiamo la verità dalla nostra parte. Non è un vantaggio da poco.

Ma la verità non vince da sola - ci vuole anche un po' di strategia. In fondo vi passo un testo di Juan Cole, un esperto di comunicazioni che pubblica una serie di considerazioni su come condurre il dibattito sul clima. Dalla lettura di Cole, ho tratto alcune raccomandazioni che vi passo qui di seguito.



1. Quello sul clima non è un "dibattito" è una lotta contro dei professionisti della disinformazione pagati dalle lobby dei fossili. Per cui, non vi aspettate che questi giochino secondo le regole - sono dei bugiardi professionisti. Dice Cole "E' un lavoro da macellaio"

2. Aspettatevi attacchi personali. Dato che i vostri avversari non hanno argomenti scientifici, faranno ricorso a bugie sul vostro conto cercando di mettervi in cattiva luce.

3. Non è una lotta ad armi pari: questi hanno molti soldi forniti dalle lobby e i soldi si tirano dietro i politici e la grande stampa. Dovete combattere con intelligenza, sfruttando bene i mezzi che avete. Anche se non potete pubblicare sui grandi quotidiani o apparire in TV, un messaggio ben costruito su un blog può sempre raggiungere chi lo può capire

4.  Non cadete nella trappola di mettervi a tu per tu con un negazionista climatico. I media vivono di controversia e i negazionisti vivono spargendo dubbi. Se vi mettete a dibattere in pubblico, farete un favore a negazionisti e giornalisti, ma non lo farete al pubblico e a voi stessi. Ricordatevi la vecchia massima "non metterti a discutere con un imbecille, chi ti sta intorno potrebbe non capire la differenza" Dice Cole. "Qualsiasi trasmissione che mette a confronto un negazionista climatico e un climatologo è automaticamente una vittoria per il negazionista, dato che si da spazio e legittimazione a una posizione falsa".

5. Insistete, insistete, insistete. Nella confusione mediatica, il messaggio deve essere ripetuto. Solo così finisce prima o poi per passare. Questa è una tattica che i negazionisti conoscono benissimo e sfruttano al massimo per diffondere bugie. Se diffondete verità, funziona ancora meglio

6. Fatevi il vostro blog. Credo che questo sia il punto fondamentale - quello che può veramente essere decisivo. Semplicemente: fatevi sentire. E nel mondo di oggi il mezzo più efficace per farsi sentire è attraverso i blog. E' il modo di raggiungere le persone intelligenti che possono capire il messaggio. Cole dice "ogni climatologo dovrebbe tenere un blog" ma non importa essere climatologi: farsi sentire è un dovere per tutti quelli che hanno capito le regole del gioco. Se ci tenete a voi stessi, ai vostri figli, ai vostri nipoti a tutti quanti e a questo pianeta, fatevi il vostro blog! Davvero, fatelo.


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Advice to Climate Scientists on how to Avoid being Swift-boated and how to become Public Intellectuals

Climate Scientists continue to see persuasive evidence of global warming and climate change when they speak at academic conferences, even though, as Andrew Sullivan rightly put it, the science is being ‘swift-boated before our eyes.’ (See also Bill McKibben at Tomdispatch.com on Climate Change’s OJ Simpson moment).

This article at mongabay.com includes some hand-wringing from scientists who say that they should have responded to the attacks earlier and more forcefully in public last fall, or who worry that scientists are not charismatic t.v. personalities who can be persuasive on that medium.

Let me just give my scientific colleagues some advice, since as a Middle East expert I’ve seen all sorts of falsehoods about the region successfully purveyed by the US mass media and print press, in such a way as to shape public opinion and to affect policy-making in Washington:

1. Every single serious climate scientist should be running a blog. There is enormous thirst among the public for this information, and publishing only in technical refereed journals is guaranteed to quarantine the information away from the general public. A blog allows scientists to summarize new findings in clear language for a wide audience. It makes the scientist and the scientific research ‘legible’ to the wider society. Educated lay persons will run with interesting new findings and cause them to go viral. You will also find that you give courage to other colleagues who are specialists to speak out in public. You cannot depend on journalists to do this work. You have to do it yourselves.

2. It is not your fault. The falsehoods in the media are not there because you haven’t spoken out forcefully or are not good on t.v. They are there for the following reasons:

a. Very, very wealthy and powerful interests are lobbying the big media companies behind the scenes to push climate change skepticism, or in some cases (as with Rupert Murdoch’s Newscorp/ Fox Cable News) the powerful and wealthy interests actually own the media.

b. Powerful politicians linked to those wealthy interests are shilling for them, and elected politicians clearly backed by economic elites are given respect in the US corporate media. Big Oil executives e.g. have an excellent rollodex for CEOs, producers, the bookers for the talk shows, etc. in the corporate media. They also behind the scenes fund “think tanks” such as the American Enterprise Institute to produce phony science. Since the AEI generates talking points that aim at helping Republicans get elected and pass right wing legislation, it is paid attention to by the corporate media.

c. Media thrives on controversy, which produces ratings and advertising revenue. As a result, it is structured into an ‘on the one hand, on the other hand’ binary argument. Any broadcast that pits a climate change skeptic against a serious climate scientist is automatically a win for the skeptic, since a false position is being given equal time and legitimacy. It was the same in the old days when the cigarette manufacturers would pay a ‘scientist’ to go deny that smoking causes lung cancer. And of course we saw all the instant Middle East experts who knew no Arabic and had never lived in the Arab world or sometimes even been there who were paraded as knowledgeable sources of what would happen if the United States invaded Iraq and occupied it.

d. Journalists for the most part have to do as they are told. Their editors and the owners of the corporate media decide which stories get air time and how they are pitched. Most journalists privately admit that they hate their often venal and ignorant bosses. But what alternative do most of them have?

e. Journalists for the most part do not know how to find academic experts. An enterprising one might call a university and be directed to a particular faculty member, which is way too random a way to proceed. If I were looking for an academic expert, I’d check a citation index of refereed articles, but most people don’t even know how to find the relevant database. Moreover, it is not all the journalists’ fault. journalism works on short deadlines and academics are often teaching or in committee and away from email. Many academics refuse (shame on them) to make time for media interviews.

f. Many journalists are generalists and do not themselves have the specialized training or background for deciding what the truth is in technical controversies. Some of them are therefore fairly easily fooled on issues that require technical or specialist knowledge. Even a veteran journalist like Judy Miller fell for an allegation that Iraq’s importation of thin aluminum tubes in 2002 was for nuclear enrichment centrifuges, even though the tubes were not substantial enough for that purpose. Many journalists (and even Colin Powell) reported with a straight face the Neocon lie that Iraq had ‘mobile biological weapons labs,’ as though they were something you could put in a winnebago and bounce around on Iraq’s pitted roads. No biological weapons lab could possibly be set up without a clean room, which can hardly be mobile. Back in the Iran-Iraq War, I can remember an American wire service story that took seriously Iraq’s claim that large numbers of Iranian troops were killed trying to cross a large body of water by fallen electrical wires; that could happen in a puddle but not in a river. They were killed by Iraqi poison gas, of course.

The good journalists are aware of their limitations and develop proxies for figuring out who is credible. But the social climbers and time servers are happy just to host a shouting match that maybe produces ‘compelling’ television, which is how they get ahead in life.

3. If you just keep plugging away at it, with blogging and print, radio and television interviews, you can have an impact on public discourse over time. I could not quantify it, but I am sure that I have. It is a lifetime commitment and a lot of work and it interferes with academic life to some extent. Going public also makes it likely that you will be personally smeared and horrible lies purveyed about you in public (they don’t play fair– they make up quotes and falsely attribute them to you; it isn’t a debate, it is a hatchet job). I certainly have been calumniated, e.g. by poweful voices such as John Fund at the Wall Street Journal or Michael Rubin at the American Enterprise Institute. But if an issue is important to you and the fate of your children and grandchildren, surely having an impact is well worth any price you pay.




mercoledì 16 giugno 2010

Sconfiggere i mercanti del dubbio

Di Ugo Bardi


Naomi Oreskes e Charles Conway hanno pubblicato su "Nature" una sintesi del loro libro recente  "Mercanti di dubbio". L'articolo è estremamente interessante in quanto mette a nudo le tattiche e le bugie dell'attacco contro la scienza del clima concertato recentemente dalle lobby dei combustibili fossili.


Vi ho già passato un pezzo dell'articolo in un post precedente. Ora, Valerio Fabbroni lo ha tradotto in italiano. Purtroppo, non lo possiamo mettere per intero su questo sito per ragioni di copyright e quindi ne metto soltanto la prima parte. Credo che sia lecito comunque, scambiarsi questo articolo a livello individuale nell'ambito del concetto di "peer to peer". Per cui, se volete leggere il testo completo, mandate un messaggio a ugo.bardi chiocciola unifi.it oppure a Valerio Fabbroni a bobmouldisold chiocciola gmail.com, e ve lo spediamo via email.

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Sconfiggere i Mercanti del Dubbio
Di Naomi Oreskes e Erik Conway
Nature, Volume: 465, 10 June 2010

Traduzione di Valerio Fabbroni

Da quando Charles Keeling iniziò le misurazioni sistematiche sui livelli di biossido di carbonio nell'anno 1957–58 come studio per l'International Geophysical Year, gli scienziati hanno continuato a lavorare per capire gli effetti di questi cambiamenti atmosferici sul clima.

Fin dalla fine degli anni '70, venne formato un consesso per occuparsi del riscaldamento causato dall'uomo e, nel 1992, la Convenzione di studio delle Nazioni Unite incaricò i suoi firmatari per prevenire la pericolosa interferenza dell'uomo nel sistema climatico. Dopo quasi venti anni, i progressi registrati sono molto pochi.

Nel frattempo, i sondaggi d'opinione hanno ripetutamente mostrato come una gran parte dei cittadini statunitensi – e molti di quelli canadesi, australiani e parte degli europei – non credono alle affermazioni degli scienziati. Nel dicembre del 2009, il sondaggio di Angus Reid rivelò che solo il 44% dei cittadini statunitensi era d'accordo sul fatto che il riscaldamento climatico fosse causato principalmente dalle emissioni dei veicoli e delle industrie”1. Non ci sono stati cambiamenti rilevanti nell'accettazione da parte del pubblico delle conclusioni scientifiche dal 19802, con l'opinione pubblica che confonde gli argomenti, credendo, ad esempio, che il buco nell'ozono è la causa principale del cambiamento climatico3.

Una delle ragioni per le quali il pubblico è confuso è dovuto al fatto che ci sono state persone che hanno voluto disorientarlo, per gran parte con campagne sovvenzionate proprio con l'intento di mettere in dubbio il cambiamento climatico.

Il 'commercio del dubbio' è una vecchia strategia; funziona, perché se la gente pensa che la scienza è opinabile, sarà alquanto improbabile che essi sostengano politiche pubbliche che si appoggino sulla scienza stessa.

Così come riportiamo nel nostro nuovo libro, Merchants of Doubt (Mercanti del Dubbio), questa è una strategia che è stata perseguita, spesso dalle stesse persone, per combattere l'idea che il fumo di sigaretta causasse il cancro, che le piogge acide o il buco nell'ozono fossero causati dall'inquinamento creato dall'uomo, che il pesticida DDT dovesse essere bandito, che il pianeta si stia riscaldando o, anche nel caso si riscaldi, che tutti dovremmo iniziare a preoccuparci. Malgrado questa lunga storia, gli scienziati sono male equipaggiati e mal preparati per affrontare i sofisti del dubbio.

Dalla fine degli anni '80, uno dei punti di riferimento delle affermazioni degli scettici e dei negazionisti del cambiamento climatico è costituito dal 'George C. Marshall Institute', un think tank di Washington DC; l'istituto fu fondato nel 1984 da Frederick Seitz, un fisico dello stato solido ed ex presidente della 'National Academy of Sciences', Robert Jastrow, un astrofisico e direttore del 'Goddard Institute for Space Studies', e William Nierenberg, un fisico nucleare a capo della 'Scripps Institution of Oceanography'. Tutti e tre erano uomini di successo, carismatici e brillanti e tutti e tre erano pervicacemente contrari al comunismo e forti sostenitori dell'iniziativa privata.

Nel 1984, queste persone unirono le loro forze per difendere il progetto dell'allora presidente Ronald Reagan, Strategic Defense Initiative, meglio conosciuto come 'Guerre Stellari'; ma solo pochi anni più tardi, l''indistruttibile e implacabile' nemico si disintegrò davanti agli occhi del mondo occidentale.
In questo periodo, i tre fisici avevano tutti passato la sessantina e si sarebbero potuti ritirare in pensione, felici nella consapevolezza di aver aiutato a vincere la guerra fredda; invece, diressero le loro attenzioni verso gli ambientalisti, che ai tempi venivano anche chiamati “watermelons” (cocomeri), verdi fuori e rossi dentro. Tramite l'istituto, iniziarono a sfidare le evidenze scientifiche dell'influenza dell'uomo sul cambiamento climatico.

Da notare che, mentre il Marshall Institute stava facendo i suoi primi passi all'inizio degli anni '80, Nierenberg era a capo di un gruppo peer-review, riunito dall'amministrazione Reagan per sminuire i danni causati dalle piogge acide, e Seitz stava lavorando per l'industria del tabacco. Dal 1979 al 1985, lo stesso Seitz diresse un programma per la R. J. Reynolds Tobacco Company, finanziando ricerche biomediche che poi vennero utilizzate per difendere i propri prodotti da chi sosteneva che il tabacco fosse responsabile del cancro, delle malattie cardiache e di altre patologie.

La storia dell'industria del tabacco è ampiamente documentata. Quello che è veramente importante da capire è in che modo l'industria riesca ad utilizzare le magagne della scienza a proprio vantaggio. A questo scopo, l'industria ha istituito il Council for Tobacco Research (originariamente Tobacco Industry Research Council, ma poi tolse di mezzo la parola 'industria' dopo esser stati consigliati da un'agenzia che si occupava di pubbliche relazioni), insieme a varie riviste, giornali e istituti, appositamente per pubblicare reclami. E ha ingaggiato scienziati per diffondere tutto questo, perché era ovvio che i dirigenti dell'industria del tabacco avrebbero perso credibilità, anche se spesso gli scienziati hanno poco e nessuna conoscenza di medicina, oncologia o epidemiologia.

continua.....

lunedì 14 giugno 2010

CO2: record assoluto di concentrazione


Sul sito della NASA, si legge che l'ultima misura della concentrazione del CO2 atmosferico è arrivata a 392.94 ppm (parti per milione). E' un record: nel passato milione di anni, circa, la concentrazione di CO2 non era mai salita oltre le 300 ppm. A questo ritmo non ci vorranno molti anni prima di arrivare a sfondare il limite delle 400 ppm.

Considerando che il CO2 è un gas-serra, non c'è da stupirsi se stiamo battendo record dopo record di temperature: il 2010 si sta configurando come l'anno più caldo della storia, da quando si fanno misure di temperatura.

E' impressionante questa crescita inarrestabile della CO2 nell'atmosfera. Ma la cosa più impressionante è come tanta gente continui a credere che il vero problema stia in qualche messaggio scritto da alcuni climatologi 10 anni fa.

sabato 12 giugno 2010

Il linciaggio dei climatologi

Di Ugo Bardi


In questo caldissimo Sabato di Giugno, mi è capitata sotto gli occhi la vignetta che vi riproduco qui sopra. Direi che non c'è bisogno di traduzione per il cartello "stop global warming," mentre vale la pena di notare che l'espressione "get him" ha una valenza aggressiva molto superiore a quella della sua traduzione letterale in italiano, "prendetelo".

Le vignette dovrebbero far ridere, ma questa è piuttosto agghiacciante e non solo per la temperatura alla quale si svolge la scena. Quello che vediamo si configura letteralmente come un linciaggio dei climatologi e di tutti quelli che sostengono la realtà del cambiamento climatico generato dall'uomo

La parola "linciaggio" viene dall'inglese "lynching" che pare a sua volta derivi da un giudice americano di nome "Charles Lynch" che non andava troppo per il sottile con le pene che comminava. Secondo alcuni, invece, viene da una parola cinese che indicava la pena capitale. Ma poco importa: il linciaggio è quando una folla fuori controllo uccide - di solito per impiccagione - persone che, in qualche modo, si sono messe al di fuori dalla comunità

Sotto molti aspetti, il linciaggio è una tradizione americana, diretto quasi sempre contro gli Afro-Americani. Non si sa quante siano state le vittime ma probabilmente sono state abbastanza da giustificare il termine "Olocausto dei neri". Per farvi un'idea di cosa è stato, potete dare un'occhiata al sito "without sanctuary." sono impressionanti le parole di John Allen, uno dei fondatori del sito, quando parla del "grilletto di freddo acciaio che sta dentro al cuore umano".

Ma sarebbe sciocco pensare che il linciaggio è solo una tradizione americana. L'eliminazione fisica delle minoranze è comune ovunque, magari sotto altri nomi. Le minoranze possono essere etniche, oppure intellettuali o religiose. Per il momento, nessun climatologo è stato linciato se non virtualmente. Ma l'atmosfera di odio e di violenza che pervade il dibattito non fa presagire niente di buono - come del resto vediamo in quella vignetta che ho messo all'inizio.

venerdì 11 giugno 2010

Climatologi, balocchi, cemento e quattrini

Di fronte all'infame campagna di odio e di bugie scatenata contro la scienza e gli scienziati che è stata scatenata da un gruppo di gente senza scrupoli, non sono pochi quelli che stanno cominciando a pensare che è ora di reagire. Qui, è Silvano Molfese che si leva qualche sassolino dalle scarpe dicendo le cose che vanno dette.




di Silvano Molfese



A causa dell emissioni di gas ad effetto serra prodotte dall’uomo (antropiche), la temperatura globale sta aumentando. Uno degli effetti più preoccupanti, legato all’innalzamento della temperatura, è la diminuzione delle produzioni agricole: tutto questo si sta verificando con una popolazione mondiale in aumento. Ed allora perché buttare fango sui climatologi per confondere l’opinione pubblica sul cambiamento climatico in atto?

Oltre due decenni addietro lo scienziato della NASA, James Hansen, dichiarò: “E’ ora di smetterla di perderci in chiacchiere, dobbiamo affermare che ci sono prove piuttosto concrete che l’effetto serra si sta facendo sentire” “Il mondo sembrava mobilitarsi per combattere il più vasto e complesso problema che l’umanità si fosse mai trovata di fronte”   però   “...un gruppetto di scettici del clima, molti dei quali hanno conseguito il dottorato grazie ai finanziamenti del settore petrolifero, riuscirono a collocare il cambiamento climatico nell’ambito del dibattito scientifico anziché considerarlo una triste realtà” (1)

In vista della conferenza mondiale sul clima di Copenaghen, il prestigioso Worldwatch Institute aveva dedicato il rapporto sullo “Stato del Pianeta 2009” al clima intitolandolo: “In un mondo sempre più caldo”; nella pubblicazione i ricercatori hanno spiegato in modo chiaro gli effetti delle emissioni antropiche di gas serra. Come indicatori evidenti del riscaldamento in atto possiamo prendere i ghiacciai; per esempio in Abruzzo il ghiacciaio Calderone in meno di cento anni ha perso oltre 3 milioni di metri cubi di ghiaccio. (nuke.ilcalderone.biz)



Ghiacciaio Calderone

Ma ecco che all’approssimarsi del vertice di Copenaghen, viene messa in circolazione la posta privata, risalente al 1999, scambiata tra alcuni climatologi. Inizia così una campagna diffamatoria contro gli scienziati del clima con l’intento di rendere inaffidabili le persone e, soprattutto, ciò che i climatologi sostengono.


Due pesi e due misure

Qualcuno ha incaricato dei predoni informatici di spiare e rubare la posta elettronica privata dei climatologi Michael Mann e Phil Jones: non contenti di ciò li hanno messi alla gogna mediatica e poi sono state aperte addirittura delle inchieste giudiziarie a carico di questi scienziati che sono finite in una bolla di sapone.

Per un grave incidente ad una piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico gestita dalla BP, dal 20 aprile scorso si stanno disperdendo in mare tra 5 mila e 25 mila barili di petrolio al giorno! Inizialmente i dirigenti della società petrolifera dichiararono, mentendo, perdite giornaliere di mille barili di petrolio. E’ una grave catastrofe per l’ecosistema e per l’economia della pesca di una vastissima area. (Su http//petrolio.blogosfere.it Debora Billi ha scritto quasi ogni giorno su questa vicenda.) Se i dirigenti delle società coinvolte nel disastro, non riuscissero a ripristinare lo stato dei luoghi precedente l’esplosione della piattaforma, pagheranno di persona con qualche annetto al fresco?


La gabbia di ferro del consumismo

Qualche mese fa c’era chi non voleva vedere dentro al cannocchiale di Galileo; poi c’è stato chi proponeva il suicidio collettivo per i climatologi. (2)  In “Effetto Cassandra” ci sono numerosi articoli di Ugo Bardi sull’argomento. Facendo leva sull’immaginario collettivo, per far girare la giostra del consumismo più sfrenato, dopo anni e anni di bombardamento pubblicitario, il proverbio “usa le cose come cosa, non farti usare dalle cose come cosa” è stato sepolto da ogni genere di scorie, da milioni di colate di cemento e da miliardi di tonnellate di anidride carbonica.

Ma le reazioni di pancia si possono spiegare anche con questo forte attaccamento agli oggetti verso cui siamo portati come genere umano. Siamo intrappolati nella “gabbia di ferro” del consumismo. (3) Dopo alcuni decenni di massicci e sfolgoranti messaggi pubblicitari, l’auto è diventata il simbolo sacro a cui anteponiamo perfino gli affetti; qualche volta ho sentito dire: “tengo più a questa macchina che a mia moglie”. Siamo al culto dell’auto: di fatto molti l’ hanno messa al posto del proprio Dio!

L’auto non è solo una tonnellata e passa di ferro, vetro e gomma ma anche strade, cioè catrame, cemento, ferro e perdita di fertile terreno.  A Berlino il monumento che ricorda il genocidio degli ebrei (nella foto a lato) è costituito da parallelepipedi via via più alti: all’inizio tutto sembra visibile ma poi, andando avanti, ci si perde in un labirinto. Ebbene il consumismo, come il nazismo, è cresciuto poco alla volta e, passo dopo passo, ha annebbiato le nostre menti. 
   
Il consumismo si è trasformato in religione di stato, direi che è diventato religione mondiale.In TV i messaggi pubblicitari sono come il gatto e la volpe che riescono a truffare Pinocchio. I centri commerciali, luoghi del culto consumista, sono paragonabili al Paese dei balocchi: alla fine però si finisce asini, ovvero animali da fatica. Cosa potrebbe accaderci sulla strada dello spreco e dello sfrenato ricorso all’ usa e getta?

Questa confusione sui cambiamenti climatici, orchestrata dalla lobby del petrolio, fa comodo anche all’ industria del cemento.




Il ponte in primo piano, più nuovo, unisce gli stessi luoghi del secondo ponte più piccolo.


Con tratte di otto corsie si perdono circa 3 ettari di suolo per ogni chilometro di strada.

In Italia negli ultimi lustri sono stati costruiti molti doppioni e triploni (storcendo l’italiano), con i soldi pubblici.


A mali estremi, estremi rimedi.

In Italia, per produrre una sola tonnellata di cemento, si immettono in atmosfera ben 700 kg di anidride carbonica (4). In base ai dati pubblicati dall’AITEC  (www.aitecweb.com) per una produzione annua di 43 milioni di tonnellate di cemento (anno 2008) si immettono in atmosfera ben 30 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Equivalgono alle emissioni di centonove centrali elettriche turbogas a metano della potenza di 100 MW !

Secondo il Rapporto Stern sarebbe urgente tassare le emissioni antropiche di CO2 con 85 dollari per tonnellata emessa. Se un euro vale 1,20 $ ogni tonnellata di CO2 emessa deve essere tassata per 70,8 euro. Questo significa 49,5 euro in più per tonnellata di cemento: è necessario internalizzare i costi di produzione per dare un chiaro messaggio al mercato. (5) Tassare la produzione di 43 milioni di tonnellate di cemento significa ottenere un gettito di 2,12 miliardi di euro. Se, per effetto delle imposte, la produzione di cemento si dimezzasse, con un miliardo di euro si potrebbe incentivare il solare termico. In alternativa al bonus sul gas, alle famiglie più povere si potrebbe dare un contributo a fondo perduto di duemila euro per istallare i pannelli solari termici: si otterrebbe un concreto risparmio energetico ed una duratura riduzione di gas serra per un milione di famiglie nel giro di due anni.

Oggi molte persone, nelle società definite sviluppate, dopo aver soddisfatto i propri bisogni primari; pensano a sostituire il televisore in ogni stanza e ad acquistare l’auto più potente; progettisti e costruttori delle TAV invece sono proiettati mentalmente al possesso dell’aereo personale e della nave con sommergibile incorporato come fanno i petrolieri più danarosi. (6) Queste spese furono definite consumi cospicui da Veblen.

Negli ultimi anni si è parlato molto di cambiamento, flessibilità, elasticità: tuttavia nell’ ultimo decennio, con le dovute eccezioni, oltre a fare ben poco di sostanziale per il riciclaggio, il risparmio energetico, la conservazione dei suoli agricoli e forestali, si ostacolano in tutti i modi queste iniziative; saranno gli effetti della pigrizia mentale di una consistente fetta del club manageriale (inter)nazionale concentrata sul Jet privato?

E pensare che in Italia, solo per fare la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta, si dovrebbero aggiungere oltre quarantacinquemila operatori: non è cosa da poco in un momento di grave crisi occupazionale. (*)

Forse i climatologi sono attaccati perché molti di questi scienziati si occupano di previsioni meteorologiche. I climatologi hanno conquistato credibilità perché ogni giorno milioni di persone nel mondo hanno modo di apprezzare l’elevata attendibilità delle previsioni meteo ed utilizzano proficuamente queste preziose informazioni. Per questa ragione i climatologi, quando parlano di legame tra cambiamento climatico ed emissioni di gas serra ad opera dell’uomo, trovano un vasto uditorio pronto ad ascoltare ciò che dicono: ecco l’attacco violento e pernicioso guidato sotto sotto da fortissimi gruppi di interesse.

Gli uomini possono anche aggirare le regole che si sono dati tant’è che una massima dice: “la legge si applica al nemico e si interpreta per l’amico”. Al contrario le leggi di natura non ammettono deroghe o prescrizioni: sono ineludibili ed inappellabili.


Bibliografia

(1) Flavin C., Engelman R. - 2009. La tempesta perfetta. - State of the World 2009, Edizioni Ambiente, 41

(2) Bardi U. – 2010.  Ammazzare i climatologi .  http//www.ugobardi.blogspot.com del 12 febbraio 2010

(3) Jackson T. – 2008. La sfida del vivere sostenibile – State of the World 2008, Edizioni Ambiente, 147

(4) Marco Pagani - 2008 . Il bel paese di cemento /4 Aumentano le emissioni di CO2.  http//ecoalfabeta.blogosfere.it del 6 giugno 2008

(5) Jackson T., Ibid.,  153

(6) Caprarica A. – 2009.  Granduchi di soldonia. Sperling & Kupfer, 64

(*) Calcolo fatto sulla base delle esperienze realizzate nel comune di Capannori,
      Lucca, e cortesemente fornite dal Sindaco Giorgio Del Ghingaro.

giovedì 10 giugno 2010

Sconfiggere i mercanti del dubbio

La reazione contro l'attacco delle lobby anti-scienza si sta sviluppando, sia pure con una certa lentezza e con un certo ritardo. A tutti i livelli si sta cercando di costruire un fronte comune e di ribattere ai pagati e ai confusi che stanno combattendo la loro battaglia di retroguardia contro il concetto di "cambiamento climatico causato dall'uomo".

Naomi Oreskes e il suo collega Erik Conway discutono la situazione in un articolo su "Nature" intitolato "sconfiggere i mercanti del dubbio". Oreskes, in particolare, ce la ricordiamo come autrice dei primi studi che cercavano di stabilire il concetto di "consenso" sul concetto di cambiamento climatico, cosa che le è valsa insulti e fulminazioni da parte dei negazionisti climatici.

Oreskes e Conway dicono parecchie cose giuste in questo articolo; rifacendo tutta la storia dei vari loschi figuri che hanno operato - per esempio - al soldo della lobby del tabacco per cercare di confondere il pubblico sul legame fra fumo e cancro. Questi stessi loschi figuri stanno adesso lavorando al soldo dell'industria dei combustibili fossili per confondere il pubblico sul legame fra attività umana e riscaldamento globale.

L'opinione di Oreskes e Conway è che dobbiamo smettere di menare il can per l'aia con le sofisticherie che sono tipiche del modo di esprimersi degli scienziati. Dobbiamo dire a chiare lettere che il riscaldamento globale antropogenico è un fatto. Aggiungo io che dobbiamo anche dire che è un pericolo gravissimo per noi e per le generazioni future. Questo non basterà a tacitare i negazionisti climatici, ma sarà perlomeno un passo avanti.

Qui vi posto un pezzetto dell'articolo; non sono sicuro se sia lecito metterlo tutto, purtroppo mi sembra che non sia "free access" sul sito di nature.

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Nature | Opinion

Defeating the merchants of doubt



As climate scientists battle climate sceptics, they should note that we have been here before, say Naomi Oreskes and Erik M. Conway. History holds lessons for how researchers can get their message across.


Ever since Charles Keeling began systematic measurements of carbon dioxide levels as part of the 1957–58 International Geophysical Year, scientists have been working to understand the effects of that atmospheric change on our climate. By the late 1970s, a consensus was forming about anthropogenic warming and, in 1992, the UN Framework Convention on Climate Change committed its signatories to preventing dangerous human interference in the climate system. Nearly two decades later, little progress has been made.

Meanwhile, opinion polls have repeatedly shown that large numbers of US citizens — and many in Canada, Australia and some parts of Europe — disbelieve the scientific conclusions. A December 2009 Angus Reid poll found that only 44% of Americans agreed that “global warming is a fact and is mostly caused by emissions from vehicles and industrial facilities”1. There has been essentially no change in public acceptance of the scientific conclusions since the 1980s2, with the public continually muddling the facts — believing, for example, that the ozone hole is the main cause of climate change3.

One reason that the public is confused is that people have been trying to confuse them, in large part by intentionally waging campaigns of doubt against climate science. Doubt-mongering is an old strategy. It works because if people think the science is contentious, they are unlikely to support public policies that rely on that science. As we recount in our new book, Merchants of Doubt4, it is a strategy that has been pursued — often by the same people — to combat the ideas that cigarette smoking causes cancer, that acid rain or the ozone hole is caused by man-made pollution, that the pesticide DDT should have been banned, that the world is warming or, if warming, that we ought to be worried. Yet, despite this long history, scientists are still ill-equipped, and ill-prepared, to deal with doubt-mongering.

From the late 1980s, one of the major sources of sceptical and contrarian claims about global warming was the George C. Marshall Institute, a think tank in Washington DC. The institute was founded in 1984 by Frederick Seitz, a solid-state physicist and one-time president of the National Academy of Sciences, Robert Jastrow, an astrophysicist and head of the Goddard Institute for Space Studies, and William Nierenberg, a nuclear physicist and head of the Scripps Institution of Oceanography. All three were successful, prominent and brilliant. And all three spoke strongly against communism and in favour of free enterprise.

In 1984, the men joined forces to defend then US president Ronald Reagan's Strategic Defense Initiative (popularly known as Star Wars). But just a few years later the supposedly implacable enemy disintegrated before Western eyes.
By this time the three physicists were all over 60 and might have retired, happy in the knowledge that they had helped to win the cold war. Instead, they turned their attention to environmentalists, who some at the time called “watermelons”— green on the outside, 'red' on the inside. Through the institute they began to challenge the scientific evidence of anthropogenic causes of the ozone hole and global warming. Tellingly, as the Marshall Institute was getting going in the early 1980s, Nierenberg chaired a peer-review panel assembled by the Reagan administration that played down the severity of acid rain. And Seitz was working for the tobacco industry. From 1979–85, Seitz directed a programme for the R. J. Reynolds Tobacco Company, funding biomedical research used to defend its products against claims that tobacco was responsible for cancer, heart disease and other illnesses.
The story of tobacco-industry obfuscation has been amply documented5. What is particularly important to understand is how the industry used the trappings of science to make its case. It created the Council for Tobacco Research (originally the Tobacco Industry Research Council, but it dropped 'industry' on advice from a public-relations firm), along with various newsletters, journals and institutes, to publish claims. And it recruited scientists to speak up for this work, because it was obvious that tobacco-industry executives would lack credibility — although often the scientists had little or no expertise in medicine, oncology or epidemiology.
“Scientists should now label anthropogenic warming a fact.”
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mercoledì 9 giugno 2010

OT: ma come fai a scrivere tutti quei post?


Da "GTD Times" ("GTD" vuol dire "Getting Things Done", ovvero "riuscire a fare le cose"


Più di uno mi ha chiesto come faccio a scrivere tutte le cose che scrivo sui vari blog, Cassandra, NTE, ASPO-Italia e anche altri, occasionalmente. Beh, succede esattamente quello che vedete succedere nell'immagine qui sopra. Non ve lo traduco parola per parola, ma il povero topino è li' che cerca di scrivere il suo CV e si trova distratto da milioni di cose sul web: messaggi, facebook, il suo blog, eccetera. Succede così anche a me e uno dei risultati è che alle volte mi viene da scrivere un post; proprio come sto facendo adesso.

Credo che l'internet, con tutte le sue cose buone, sia stato un gran disastro. Fra le altre cose, ho cercato un software che ti dica quanto tempo stai connesso e - opzionalmente - ti disconnetta brutalmente quando hai passato un limite massimo; diciamo quattro ore al giorno. Non l'ho trovato. Qualcuno sa dare un suggerimento per stare davanti al computer senza perdersi su un milione di cose nel web?