martedì 19 gennaio 2010

Le tre leggi dell'incompetenza

Questo post ha avuto origine l'anno scorso, quando ho notato un comunicato del presidente dell'autorità per la concorrenza pieno di errori elementari, fino addirittura a sbagliare il numero di litri che stanno in un barile di petrolio (qui il mio commento). Come è possibile, mi sono chiesto, che il presidente di un ente di una certa importanza non si preoccupi di verificare - o di far verificare - i dati di un comunicato che spedisce in tutta Italia? Da qui, è nata una riflessione generale sul problema dell'incompetenza, che - mi sto rendendo conto - è uno dei più gravi che ci troviamo di fronte oggi


Si deve a Laurence J. Peter quello che è stato forse il primo studio approfondito sull'incompetenza. Questo lo portò a enunciare il "principio di Peter" che si può esprimere come "ogni impiegato viene promosso fino a raggiungere il proprio livello di incompetenza". In altre parole, Peter sostiene che una persona competente a un certo livello finisce per salire i gradini aziendali fino a raggiungere un livello in cui non è più competente. Lì rimane e nessuno lo promuove ulteriormente. Secondo Peter, questo spiega la diffusa incompetenza che tutti riscontriamo a tutti i livelli delle organizzazioni: aziendali, statali, militari, sportivi, ecc.

Ci sono degli elementi di verità nel principio di Peter che, tuttavia, parte da assunzioni difficilmente sostenibili. La prima è che più o meno tutti siano competenti in qualcosa, la seconda è che le organizzazioni siano in grado di riconoscere e premiare la competenza. Questo può essere vero in certi casi, ma l'esperienza comune mostra che non lo è in termini generali. L'incompetenza è molto più diffusa e "sistemica" di quanto il principio di Peter possa far supporre.

Mi proverò allora a esprimere dei principi di incompetenza più generalizzati e - credo - più aderenti alla realtà. Dopo molto ragionamento, sono arrivato a condensarli in tre principi piuttosto lapidari, ove il lettore potrà o non potrà riconoscere la sua quotidiana esperienza. Io ci riconosco la mia.

I principi li riassumo qui all'inizio per poi descriverli in dettaglio. Uso il termine "vero incompetente" per indicare i casi cronici e tragici, da distinguersi da condizioni transitorie di qualcuno che si trova nella fase di apprendimento di qualcosa di nuovo.

  1. Il vero incompetente non si rende conto di esserlo (legge dell'idiota giulivo)
  2. Il vero incompetente è incompetente in quasi tutto quello che fa (legge delle braccia rubate all'agricoltura)
  3. Il vero incompetente fa dei danni enormi (legge di Chernobyl)


Prima legge: Il vero incompetente non si rende conto di esserlo. (legge detta "dell'idiota giulivo")


Questa di non rendersi conto della propria condizione è una delle caratteristiche fondamentali dell'incompetente, ovvero quella di essere un idiota giulivo. La legge non richiede veramente dimostrazione: è auto-evidente. Se l'incompetente si rendesse conto di esserlo, farebbe qualcosa per migliorarsi oppure abbandonerebbe il tentativo di fare quello che fa. Invece, il vero incompetente continua allegramente nella sua azione distruttiva per se stesso e per chi gli sta intorno essendo del tutto incapace di diagnosticare la propria incompetenza. Se vogliamo, possiamo dire che l'incompetente è affetto dalla sindrome di Dunning-Kruger; due ricercatori che hanno verificato sperimentalmente il fatto che i meno abili in qualche specifico test erano quelli che consistentemente si reputavano i più abili.

Ci possiamo domandare come si sviluppi questa condizione di incompetenza non percepita. Su questo, vedremo nelle due leggi che seguono alcuni corollari che danno all'idiota giulivo alcuni vantaggi adattativi che ne hanno consentito la persistenza nel pool genetico umano. In particolare, l'incompetente spesso maschera bene la propria insufficiente competenza non solo a se se stesso ma anche a chi lo circonda. Spesso, in effetti, l'incompetente è molto aggressivo nelle sue manifestazioni e questo viene a volte scambiato per sicurezza e - quindi - competenza. Ci vuole un certo tempo per determinare il grado di incompetenza di una persona e questo - spesso - lo possono fare soltanto persone veramente competenti; che purtroppo scarseggiano. Questo permette al vero incompetente di sopravvivere e prosperare, perlomeno per un certo tempo.

Ci sono tantissimi casi che possono servire da esempio per questa legge. Quello che ho citato nell'introduzione ne è uno lampante; ovvero come il presidente dell'autorità della concorrenza abbia emesso e firmato un comunicato contenente errori elementari, fra i quali financo quello del numero di litri di petrolio che stanno in un barile. Evidentemente, non ha ritenuto necessario verificare o far verificare i dati - il marchio classico dell'incompetente è proprio questo: la sicurezza di se. 

Da questa legge, segue un corollario interessante e anche utile: "il vero incompetente si può riconoscere dal fatto che non ha dubbi sulla propria competenza," o anche "il vero incompetente lo è in modo aggressivo". Questo stesso corollario si può esprimere forme complementari come "la persona competente ha dei dubbi" e "la persona competente è disposta anche ad ascoltare le ragioni degli incompetenti". Combinate insieme, questi corollari producono la ben nota massima "non metterti a discutere con un imbecille, chi ti sta intorno potrebbe non capire la differenza"  


Seconda legge: il vero incompetente è incompetente in tutto quello che fa (legge detta "delle braccia rubate all'agricoltura")



Questa seconda legge fondamentale deriva dalla prima. Se l'incompetente non è in grado di determinare la propria incompetenza in un certo campo, è poco probabile che lo possa fare in altri campi. Ne consegue che la sua incompetenza è a vasto raggio e omnicomprensiva.

Non che l'incompetente non possa essere ragionevolmente competente in qualche specifico compito; posto però che questo sia semplice, ripetitivo e non richieda di adattarsi a condizioni variabili - appunto come il mestiere del contadino. In questo caso, l'incompetente può perseverare per tempi molto lunghi a fare cose anche moderatamente utili (per esempio, rivoltare la dura zolla nei campi). Oppure, può operare in cose pochissimo utili ma non dannose (per esempio timbrare i francobolli in qualche ufficio postale). Infine, può operare causando danni perlomeno circoscrivibili ad ambienti limitati (per esempio, il pusher di droga).

Persino in mestieri giudicati necessari di una certa competenza - per esempio il chirurgo - l'incompetente può sopravvivere senza fare grossi danni finchè si limita a operazioni ripetitive e che non divergono da quello che è comunemente accettato come quello che si dovrebbe fare - tipo rimuovere un'appendice. Se, peraltro, un oncologo incompetente fa danni limitati finché si limita a prescrivere cure comunemente accettate per i tumori; ne fa di immensi al momento in cui esce dal seminato e si convince - per esempio - che il cancro si cura col bicarbonato di sodio

Nella storia umana, il vero incompetente è sopravvissuto a lungo in mestieri come quello di bracciante agricolo, dove essere intelligente e farsi delle domande sulla propria competenza è una dote sicuramente inutile, molto probabilmente negativa. In un certo senso, la competenza del contadino si esplicità proprio sull'incompetenza a fare cose che non siano ripetitive e molto semplici. Certo, non tutti i contadini erano così; ma i contadini intelligenti non erano favoriti in nessun modo. Le rivolte dei contadini di una volta erano probabilmente iniziate da persone che si facevano domande. Ma quasi sempre queste rivolte finivano male e i promotori venivano impiccati. Questo portava probabilmente a una pressione selettiva per eliminare quei contadini che si ponevano domande.  Nel mondo complesso di oggi, tuttavia, le qualità che facevano un buon bracciante agricolo fanno un pessimo manager.

Da questa legge seguono alcuni corollari, uno dei quali è "il vero incompetente si può riconoscere in cucina" ovvero, presumendo che sia incompetente in tutto, farà in casa propria gli stessi danni che fa in ufficio - a meno che non si limiti a compiti, anche qui, estremamente limitati e ripetitivi. L'incompetente può anche riuscire a cucinare una decente pasta al pomodoro, ma non chiedetegli di fare lo chef.

Il corollario si può esprimere anche come "La persona competente si riconosce dai suoi hobby" Spesso, infatti, le persone competenti raggiungono dei livelli di eccellenza anche al di fuori del loro lavoro ufficiale.


Terza legge: l'incompetente è la persona più pericolosa che esista (detta "la legge di Chernobyl")

Questo effetto micidiale dell'incompetenza deriva da una combinazione delle leggi precedenti. Il fatto che l'incompetente riesca spesso a mascherare bene la propria incompetenza (prima legge) fa si che venga promosso a livelli anche molto alti nelle amministrazioni pubbliche, come pure in quelle private. A questo livello, sono necessarie capacità adattative che il vero incompetente non possiede (seconda legge) e che cominciano a rivelarsi anche pubblicamente. Ne segue la terza legge che fa si che l'incompetente sia in grado di fare danni immensi.

La legge deriva dall'esperienza di Chernobyl, dove un incompetente o un gruppo degli stessi si è messo (o si sono messi) a fare "esperimenti" con una centrale nucleare. Cosa che non è bene fare in generale, ma soprattutto non è bene che sia fatta da degli incompetenti. D'altra parte, l'esperienza di Chernobyl ci dimostra anche un ulteriore corollario delle tre leggi dell'incompetenza; ovvero che "gli incompetenti sono presenti ovunque" che, alla fine dei conti, è un caso particolare della legge di base di Murphy, ovvero "Se qualcosa può andar male, andrà male sicuramente". Applicate al caso di Chernobyl, queste leggi spiegano molte cose - incluso il fatto che non esisterà mai una centrale nucleare "incompetent-proof".

Dove l'incompetenza si manifesta in modo tale da far rifulgere il valore della terza legge è nel caso del cambiamento climatico o riscaldamento globale.
Qui vediamo dei casi da manuale di incompetenza aggressiva, dove persone che sono passabili veterinari o discreti archeologi si improvvisano climatologi - ovviamente incompetenti - che tuttavia pretendono aggressivamente di negare il ruolo umano nel cambiamento, o addirittura di negare lo stesso cambiamento. Ne seguono squallidi dibattiti dove vediamo l'effetto della seconda legge, ovvero vediamo persone competenti in campo climatico che si mettono a dibattere con persone del tutto incompetenti, ma molto aggressive.

Il risultato di questi dibattiti non è solamente squallido ma obbedisce alla terza legge; ovvero rischia di creare danni immensi. Un incompetente nella centrale di controllo di un impianto nucleare non può fare danni molto superiori a quello di rendere inabitabile un area di qualche decina di migliaia di chilometri quadrati. Ma gli incompetenti climatici rischiano di fare ben di peggio; ovvero scassare mezzo pianeta o un pianeta intero con danni immensi a tutta l'umanità. Qui, vediamo come in effetti le leggi dell'incompetenza siano consistenti con le "leggi della stupidità espresse dal compianto M. Cipolla che in questo caso si leggono: "l'incompetente climatico è la persona più pericolosa che esista"

sabato 16 gennaio 2010

La pseudoscienza è un tumore virtuale



Tullio Simoncini, ex-oncologo, proclama dal 1999 di essere in grado di curare il cancro con il bicarbonato di sodio e la tintura di iodio. Espulso dall'ordine dei medici nel 2003 è stato anche condannato per truffa e omicidio colposo. Ciononostante, continua a propagandare il suo trattamento e a metterlo in pratica sulle persone.


In questi giorni mi è capitato di esaminare il caso di Tullio Simoncini, quello che cura il cancro con il bicarbonato di sodio. Vedete un suo filmato qui sopra. Sono 22 minuti - un tempo lunghissimo per chi naviga su internet. Però, se riuscite a spenderci sopra questi venti minuti, lo troverete una cosa estremamente interessante in termini di comunicazione, percezione, credulità e pseudo-scienza.

Fate caso alle vostre sensazioni mentre guardate il film. Se, come me, siete una persona che non ha grandi conoscenze in oncologia, non vi fa l'impressione che Simoncini abbia ragione? Non potrebbe essere davvero che la medicina "ufficiale" abbia preso un abbaglio clamoroso? Che i medici abbiano scambiato la causa con l'effetto, che il fungo chiamato candida non sia un'infezione opportunistica ma sia la causa del cancro - anzi - esso stesso il cancro? Che tutta l'immenso ambaradan di cliniche, ospedali, chemioterapia, radioterapia, eccetera sia soltanto una manovra per fare incassare cifre immense ai medici e alle case farmaceutiche?


Il caso Simoncini è interessante perchè pone il problema di come reagire di fronte a una comunicazione a prima vista sensata ma che si trova in un campo nel quale uno non ha competenze specifiche. Proviamo a considerare il film di Simoncini come un esercizio di percezione e di comunicazione. C'è sempre un fattore emotivo in queste cose. Tutti noi vorremmo che il cancro si potesse curare facilmente. Di fronte a uno che ti dice con tanta sicurezza che questo è possibile, non possiamo evitare di sentirci trascinati. Non sarebbe bello se fosse vero?

Scrollarsi di dosso questa impressione richiede un momento di riflessione. Bisogna forzarsi a ripensare alle cose come stanno - pensare che non tutto è vero quello che ci piacerebbe fosse vero. E, nel caso di Simoncini, un esame appena un po' approfondito della faccenda ti fa capire molte cose anche se non sei un oncologo.

Ricapitoliamo: Simoncini sostiene di aver trovato la cura miracolosa per il cancro: una spennellata di tintura di iodio oppure un'infusione di bicarbonato di sodio. Su cosa basa questa sua affermazione? In pratica, su una sua teoria che vuole che il cancro sia un fungo e su una processione di testimonianze di persone che affermano che sono guariti per mezzo del suo trattamento. Il tutto condito con varie accuse di complotti contro la scienza "ufficiale", i medici e le case farmaceutiche.

Qui c'è qualcosa che, decisamente, non torna. Pensateci sopra un attimo: se bastasse spennellare della tintura di iodio sui tumori cutanei per farli sparire, vi sembra possibile che nessun medico se ne sia accorto in qualche secolo di storia della medicina? E lo stesso per un'infusione di bicarbonato. Possibile che si sia dovuto aspettare Tullio Simoncini per un simile lampo di genio?


Della medicina cosiddetta "ufficiale" si possono dire tante cose negative, ma su una cosa ci sono pochi dubbi: i medici sono dei grandi empirici e usano quello che funziona. Fanno degli sbagli, certo; alle volte sono poco informati, certe volte sono dei profittatori delle sofferenze altrui - si, tutto vero, però i farmaci sono selezionati attraverso dei protocolli di test che lasciano poco spazio ai voli di fantasia. Non basta che qualcuno ogni tanto dichiari di essere guarito per dire che una cura funziona - altrimenti cosa ce ne faremmo degli ospedali? Basterebbe la piscina di Lourdes.

Com'è arrivato Simoncini alla sua idea? Che test ha fatto per determinare che un tumore è, in realtà, una massa di funghi? Che dati ha di supporto alla sua teoria? Che esperimenti ha fatto per determinare la validità della sua terapia? Soprattutto su chi li ha fatti? Qui, la cosa si fa, francamente, agghiacciante.


Ho fatto una ricerca su vari database per vedere se Simoncini ha pubblicato qualcosa sulla sua teoria su qualche rivista scientifica. Assolutamente zero. Ho cercato altre pubblicazioni sull'argomento e ce ne sono parecchie che esaminano l'effetto dell'alcalinità o acidità sui tumori. La faccenda è complessa: l'effetto di una sostanza alcalina come il bicarbonato di sodio viene descritto come favorire o inibire la crescita dei tumori a seconda delle condizioni (vedi, per esempio questa pubblicazione.)

Ma il punto è che l'idea di Simoncini non è originale e non è vero che c'è un complotto per non sperimentare il bicarbonato. I test sono stati fatti e non c'è nessuna evidenza che ci sia un effetto terapeutico del bicarbonato di sodio (o altre sostanze alcaline) sui tumori.

E allora cosa resta della cura di Simoncini? Solo tanti "casi" di gente che sostiene di essere guarita solo e soltanto mediante la sua terapia. Persone vere, senza dubbio. E anche perfettamente convinti di quello che dicono. Ma è un po' come i miracoli di Lourdes. C'è gente che ci va e torna guarita. Ma quanti? E se ci fosse gente a cui Lourdes fa peggio, metterebbero un ex-voto anche loro? E se, dopo la "guarigione", hanno una ricaduta, che fanno, ritornano a Lourdes a togliere l'ex-voto?

Un certo numero di persone che dichiarano di essere guarite non è una prova di niente se non hai qualche dato su quanti siano quelli che guariscono fra quelli trattati. E - anche su queste persone - manca ogni traccia di una storia clinica dopo le loro dichiarazioni. Come stanno, oggi? Non lo possiamo sapere perché Simoncini non si preoccupa di raccontarcelo. 

Una volta che avete capito come stanno le cose, basta poca fatica per girare su internet e capire con chi abbiamo a che fare.

A proposito di Simoncini troviamo tutta la classica casistica della pseudoscienza  che imperversa su Internet; dal caso degli sciachimisti a quello dei negazionisti climatici. E' sempre la stessa struttura basata su un leader carismatico la cui auto-esaltazione è a malapena mascherata da uno straterello di falsa modestia. Ci ritroviamo tutti gli stessi trucchi retorici: il disprezzo per la scienza "ufficiale" ("sono solo teorie"), l'inversione della logica ("dove sono le prove che la nostra idea è sbagliata?"), il complottismo spinto all'estremo ("è tutto per far guadagnare le industrie farmaceutiche"), la demonizzazione sistematica degli avversari ("disinformatori"), la mentalità di setta ("sono tutti contro di noi") eccetera.

E' sempre la stessa storia e c'è sempre chi ci casca. E' incredibile quanta gente operi secondo la semplice logica che chiunque si lamenti di un complotto della scienza "ufficiale" ai suoi danni abbia ragione. E' incredibile quanta gente su internet inneggi a Simoncini come un grande maestro incompreso. Incredibile quanta gente non si renda conto della leggerezza e dell'irresponsabilità con cui sta parlando di cose serie. Finchè uno straparla di scie chimiche e allunaggi inesistenti, beh, la faccenda può anche essere divertente se non si esagera. Ma qui parliamo di una malattia mortale; parliamo di gente che soffre, di gente che cerca disperatamente di salvarsi, di gente che muore.

A proposito della mentalità di chi crede in queste bufale, vi invito ad andare al minuto 14.05 del film, quando viene presentata la testimonianza della signora Patricia Gordon. Notate un dettaglio abbastanza agghiacciante in quello che dice; perché si è fidata di Simoncini? Beh, perchè, lei dice, Simoncini "non ebbe alcuna esitazione" e "fu molto professionale, molto positivo". E' un classico: il vero imbroglione si riconosce anche dalla sua estrema sicurezza e fiducia in se stesso.

A proposito della signora Gordon non possiamo fare a meno di notare che abbiamo di fronte una persona evidentemente sofferente. Lei dichiara un miglioramento, ma non la guarigione. La sua intervista è dell'agosto del 2008, cosa le è successo dopo? Non lo possiamo sapere - Simoncini non ce lo dice. Possiamo soltanto augurarle di essere stata bene, ma le sue condizioni non erano certamente buone.

E questo è il grosso problema: Che succede se uno rifiuta le cure tradizionali per fare la cura del bicarbonato? Che succede se uno trascura un tumore curabile? Aleks Falcone definisce Simoncini un "assassino a piede libero". Il meglio che si possa dire di Simoncini è che ammazza soltanto una persona per volta (vedi questo caso tragico). Gli imbecilli che ti raccontano che è soltanto il sole a causare il riscaldamento globale, invece, rischiano di ammazzarne milioni.

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Esaminando il caso Simocini, mi è tornata in mente la definizione di "meme" di Richard Dawkins. Un meme è un idea, un'entità virtuale che si comporta come un organismo reale in un sistema biologico: cresce, si riproduce e si diffonde. 

In termini memetici, la pseudoscienza si può definire come un tumore virtuale che si spande in un organismo sano - che invade e soffoca la scienza vera. Ne vediamo tutte le caratteristiche di crescita incontrollata, di espansione disordinata, di metabolismo rapido. Nel caso di Simoncini queste caratteristiche le vediamo in modo particolarmente chiaro. Abbiamo un tumore virtuale nato da una cellula sana (Simoncini era originariamente un oncologo regolare). La crescita disordinata dell'attività di Simoncini ha costretto l'ordine dei medici a rimuoverlo con un vero è proprio intervento chirurgico virtuale (l'espulsione dall'ordine dei medici). Simoncini, tuttavia, si è poi comportato come una vera e propria metastasi virtuale, andando a riprodursi in altre zone del mondo, creando nuovi centri di crescita tumorale, virtuale. 

Tutto questo non avviene soltanto con Simoncini, le stesse caratteristiche pseudo-tumorali le vediamo in tanti altri casi, in modo particolare nel caso della pseudo-scienza associata alla negazione dell'effetto umano sul riscaldamento globale. Avremo anticorpi virtuali a sufficienza per fermare la crescita di queste teorie pseudo-scientifiche? Speriamo di si; ma al momento siamo in grosse difficoltà a fermare la metastasi.

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Nota: dopo aver pubblicato questa nota, ho scoperto un'intervista veramente devastante fatta a Tullio Simoncini da "Striscia la Notizia"

http://www.youtube.com/watch?v=ochExQA2psY


Devastante per Tullio Simoncini, ma devastante anche per tutti noi vedere i commenti pro-simoncini al video.

giovedì 14 gennaio 2010

La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni

Com'è che le persone intelligenti prendono la strada sbagliata

Da "Science based Medicine", di Harriett Hall
(traduzione di Ugo Bardi)


Dalla chiropratica alla desinsibilizzazione e riprocessamento del movimento oculare (EMDR), innumerevoli praticanti che non si basano sul metodo scientifico hanno percorso la stessa discesa scivolosa. Qui vediamo la tipica progressione dall'auto-illusione iniziale allo stadio di "genio solitario" maestro delle illusioni:

  1. Osserva un miglioramento inaspettato dopo un trattamento.
  2. Assume che sia stato il trattamento a causare il miglioramento.
  3. Non fa dei test di questa assunzione e non cerca di valutare altre possibili spiegazioni.
  4. Si dedica a trattare molti altri pazienti nello stesso modo, con apparente successo; da qui il suo errore di percezione lo porta alla conferma delle sue convinzioni.
  5. Il suo ego viene gratificato da pazienti riconoscenti e dalla convinzione che lui ha delle conoscenze speciali.
  6. Estende il trattamento a pazienti con altre diagnosi.
  7. Fa esercizio di immaginazione e specula a proposito di possibili meccanismi fisiologici che potrebbero essere la causa del funzionamento del trattamento.
  8. Generalizza, spesso proclamando di aver trovato "la singola causa di tutte le malattie".
  9. Cerca di convincere gli scienziati descrivendo le sue esperienze aneddotiche.
  10. Gli scienziati rifiutano di accettare le sue spiegazioni insostenibili e di pubblicare i suoi articoli scientificamente inaccettabili.
  11. Accusa l ' "establishment" scientifico di persecuzione e di soppressione di conoscienza che scalzerebbe lo status quo e aiuterebbe molti pazienti.
  12. Gioca la carta del genio solitario, paragonandosi spesso a Galileo o a Semmelweis.
  13. Scrive libri e vende cose.
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Nota: questa lista di Harriett Hall si riferisce a un tale Dr. Fereydoon Batmanghelidj che curava tutte le malattie con acqua pura (proprio così!) e i cui seguaci insistono tuttora a praticare il suo metodo. Ma si applica benissimo a tante cose anche fuori dalla medicina; da quelli che hanno scoperto che il riscaldamento globale è colpa soltanto del sole a quelli che sono convinti che la CIA stia cercando di controllare i nostri cervelli per mezzo di onde elettromagnetiche. E tantissimi altri esempi....

Aggiungo al punto 13 della lista che questi qui non si limitano a scrivere libri e vendere cose. In certi casi, fanno delle vere e proprie sottoscrizioni dove invitano i gonzi a finanziare la "causa" per esempio facendosi comprare strumenti per le loro ricerche - oppure semplicemente per sostentare il grande maestro.

martedì 12 gennaio 2010

Galileo Galilei contro i negazionisti



Una delle scene più interessanti del "Galileo" di Bertolt Brecht è quando Galileo cerca di convincere i suoi oppositori a guardare con i loro occhi dentro il telescopio. Ma questi si rifiutano di mettere l'occhio all'oculare, preferendo credere ai loro arzigogoli filosofici. Questa scena di Brecht è una drammatizzazione di un fatto vero: ovvero che, al tempo di Galileo, molti negarono i suoi risultati su basi puramente filosofiche, senza degnarsi di esaminare i dati.

Sembra che il tempo di Galileo sia passato da un pezzo eppure, come sempre, la storia si ripete. Oggi vediamo il rifiuto di esaminare i dati sperimentali in una polemica apparsa su "Il giornale" del 12 Gennaio 2010 fra Vittorio Barale, ricercatore al Centro di Ricerca Europeo di Ispra, e Paolo Granzotto, giornalista.

Barale mette di fronte a Granzotto i dati sulle temperature del Mediterraneo: dati veri, documentabili, pubblicati su riviste internazionali. E, esattamente come aveva fatto Galileo ai suoi tempi, invita Granzotto a fargli visita; a toccare con mano gli strumenti che usa, a verificare e a documentarsi.

E Granzotto che fa? Reagisce esattamente come gli oppositori di Galileo. Si rifiuta di verificare; si rifiuta di toccare con mano. Si rifugia nelle battute di dubbio gusto ("Calma e gesso, caro Barale"); nell'argomentare su dettagli del tutto marginali ("venti o trenta, Barale?"), nell'arrampicarsi sugli specchi citando i dati che ha ripescato in un vecchio articolo su La Stampa ("Circa. Facciamo 19.6?") nel tirar fuori il complottismo più classico: le email del "climategate" che nulla hanno a che vedere con le temperature del Mediterraneo. Fra le altre cose, citando il preteso imbroglio dei ricercatori del Climate Research Unit, Granzotto da dell'imbroglione anche a Barale - che nulla ha a che fare con il climategate. In effetti, l'insulto gratuito è il rifugio di tutti gli incompetenti.

Per finire, non avendo altri argomenti a disposizione, Granzotto si rifugia nella negazione pura e semplice: "qui non si scalda un bel niente" Sembra di sentire gli oppositori di Galileo che proclamano solennemente "Le lune di Giove non esistono"

Non resta, a questo punto, che qualche equivalente moderno della Santa Inquisizione costringa i climatologi a pentirsi e negare i loro errori, pena essere messi al rogo. Vista la situazione, non sembra che ci siamo neanche tanto lontani  - allora l'analogia con il caso di Galileo sarebbe veramente completa.

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Ringrazio Franco Miglietta per la segnalazione dell'articolo sul "Giornale"

domenica 10 gennaio 2010

Perché i Rom hanno tanti figli?




Un bel gruppetto di piccoli Rom fotografati mentre guardano la televisione nel campo di Sesto Fiorentino il giorno del Natale ortodosso, il 7 Gennaio 2010. Questi bambini sono allegri, intelligenti e in buona salute. Vanno tutti a scuola con risultati discreti.


Più conosci il mondo dei Rom, più ti sembra di fare un viaggio indietro nel tempo; di ritornare all'epoca dei nostri nonni e bisnonni. Se poi penso che una delle mie nonne ha avuto quattro figli e l'altra sei, non mi stupisce troppo che le famiglie Rom che conosco abbiano tutte almeno quattro figli; alcune cinque, e alcune anche sei (mi dicono che ce ne sono anche che ne hanno di più). Il campo Rom, fuori dall'orario scolastico, è pieno di bambini allegri e rumorosi che scorrazzano dappertutto. E' una visione alla quale non siamo abituati in una società come la nostra dove i bambini sono diventati rari.

Perché i Rom fanno tanti figli? Un motivo è una legislazione del tutto assurda che fa si che l'immigrato senza figli sia penalizzato rispetto a uno che ne ha. Ma il motivo più importante è un altro ed è che effettivamente la società Rom somiglia molto di più alla società contadina di una volta che alla nostra società industriale e, ormai, post-industriale. Un tempo, i Rom avevano trovato una loro nicchia economica in cui fornivano certi servizi ai contadini; metallurgia, cavalli e intrattenimento, che evidentemente si gestivano meglio in termini itineranti (o nomadici, se volete) che stanziali. Sparita la società contadina, i Rom non sono riusciti più ad adattarsi se non con espedienti; bloccati da barriere linguistiche, legali e culturali. La loro società è rimasta cristallizzata com'era al tempo dei contadini; un vero fossile (sociale) vivente.

Per noi, la vita ruota intorno a certe cose: il nostro lavoro, la nostra casa, i nostri risparmi, la nostra pensione. Sono cose che diamo per scontate anche se, forse, non lo sono poi così tanto. Per i Rom, la vita è molto più incerta: il lavoro è saltuario, se c'è; la casa è una baracca di legno; i risparmi sono quel poco che tengono sotto il materasso e la pensione... quale pensione? I queste condizioni, per un uomo e una donna, la famiglia è un isola in un mare in tempesta. Un posto dove trovare rifugio, risorse, e sostegno. Non è la famiglia dei caroselli: è una famiglia estesa come usava, appunto, nella società contadina. E, se non hai speranza di una pensione dallo stato, la tua sola possibilità di una vecchiaia tranquilla sta nei tuoi figli.

E' un modo di vedere le cose che è stato molto comune nel passato e lo è tuttora in molti paesi. Ma la tendenza delle società industriali e di passare quella che si chiama la "transizione demografica" che ci porta all'attuale situazione. In Italia siamo oggi a circa 1,4 figli per donna. Per i Rom, non ci sono statistiche attendibili, ma certamente è un numero molto più alto. Non che i tanti bambini dei Rom cambino qualcosa alle tendenze della popolazione italiana: i Rom sono soltanto 150.000, circa, in tutta Italia. Ma, certamente, è per il loro stesso bene che i Rom devono cercare di stabilizzare la loro popolazione in un paese già abbastanza sovrappopolato. In sostanza, devono passare anche loro attraverso la transizione demografica e, per fortuna, ci sono sintomi evidenti che è proprio quello che sta avvenendo.

Tutto cambia, e anche la società dei Rom sta cambiando. Molte ragazze Rom dicono chiaramente che non hanno nessuna intenzione di passare la loro vita a fare figli e a ramazzare la casa. C'è poi una cosa che favorisce la transizione: la scolarizzazione dei ragazzi e - soprattutto - delle ragazze. In tutto il mondo, si sa che il modo migliore per ridurre la pressione demografica sta nel dare un'istruzione alle donne. Questo è quello che sta succedendo: i giovani e le giovani Rom stanno ricevendo un'istruzione che i loro padri e i loro nonni non hanno mai avuto.

Abbiamo fatto la cosa giusta, perlomeno in Toscana, mandando i bambini Rom a scuola; alle volte anche forzandoli nonostante delle situazioni familiari che lo rendevano difficile; soprattutto per via della secolare tradizione che voleva che le ragazze non andassero a scuola. Nella media, i bambini Rom stanno facendo benino a scuola. Se continuiamo con questa politica, i Rom passeranno rapidamente la loro transizione demografica e daremo a questi ragazzi, da adulti la possibilità di dare un contributo utile alla società e a loro stessi. 

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Quando si parla di bambini Rom, vengono sempre fuori le solite leggende. Quella dei Rom che "rapiscono in bambini" è una sulla quale credo non vale la pena nemmeno di soffermarci: ne hanno già tanti, cosa se ne farebbero di altri ancora? Più antipatica è la leggenda che i Rom addestrino i loro figli a diventare piccoli ladri. Ora, non è che fra i Rom manchino situazioni umane e sociali disperate; povertà estrema, alcolismo, droga, eccetera. In queste condizioni è chiaro che i bambini ne risentono; possono diventare (e diventano) dei piccoli criminali. Questo non vuol dire che la cultura dei Rom incoraggi il furto e il crimine. Assolutamente no; come in tutte le culture contadine, fra i Rom si enfatizzano virtù come l'onestà, l'integrità, il lavoro e l'amicizia. Questo è quello che si insegna ai bambini nelle famiglie Rom e nessuno al mondo vorrebbe educare il proprio figlio a diventare un ladro o un criminale. 

sabato 9 gennaio 2010

Cantando dietro i paraventi

Esce oggi sul blog di ASPO-Italia un mio commento sul film "Cantando dietro i paraventi" di Ermanno Olmi (2003). Qui, ne riproduco una scena ("i sotterfugi di una falsa legalità") che credo valga la pena vedere e ascoltare.




Versione originale su youtube (da Subsumo channel)

giovedì 7 gennaio 2010

Gli imperi muoiono di burocrazia (II)



Mi ha raccontato un mio amico immigrato di quando è andato in questura a ritirare il permesso di soggiorno di sua moglie. Allo sportello, l'impiegato gli ha detto, "non è pronto, torna(*) fra venti giorni".

Uscito dall'ufficio, il mio amico ha telefonato al suo avvocato che, a sua volta, ha telefonato in questura. Ha poi richiamato il mio amico, dicendogli di ripresentarsi allo stesso posto. Allo sportello, lo stesso impiegato di prima ha stampato il permesso seduta stante e glie l'ha dato.

I danni che la società si auto-infligge con questo tipo di cose sono immensi. A titolo di esempio vi racconto un'altra cosetta che mi è successa il mese scorso.

Allora: devo portare a demolire la mia vecchia macchina. Telefono al demolitore il quale mi dice, "si, la porti pure da noi, ma - attenzione - c'è una nuova legge che dice che deve portare una visura del pubblico registro automobilistico che costa 5,45 Euro"

Chiedo se non la possono fare loro: mi dicono che, no, la devo fare io andando a uno sportello dell'ACI. Chiedo se si può fare via internet e mi dicono che non lo sanno di sicuro, ma forse si può fare. Allora mi collego al sito dell'ACI. Trovo la pagina del caso. Ti dicono che si può fare sia via internet che allo sportello e che, in entrambe i casi, costa 5.45 Euro. Inserisco i dati della mia macchina, pago i 5,45 Euro con la carta di credito, dopo di che premo "invio" e aspetto. Non succede niente.

Aspetto un po' e continua a non succedere niente. Guardo la mia posta, e non c'è niente. Telefono al numero verde dell'ACI. Trovo che si può soltanto avere informazioni sul traffico o su come farsi socio ACI. Provo a chiamare la sede centrale dell'ACI di Firenze. Sono molto gentili, ma mi dicono che di visure non ne sanno niente.

Spedisco vari messaggi all'ACI chiedendo dov'è finita la visura e aspetto qualche giorno per vedere se mi arriva una risposta. Zero totale. Dopo di che comincio a essere piuttosto innervosito. Telefono alla mia compagnia di carta di credito e gli dico di bloccare il pagamento. Almeno quei 5.45 Euro riesco a non regalarglieli; ma il tempo perso e le telefonate non me le rende nessuno.

A questo punto, non mi resta che andare fisicamente alla sede ACI più vicina per farmi fare questa benedetta visura. Lì, dopo tre quarti d'ora di coda (e mi è andata bene) e un euro di parchimetro, un'impiegata mi stampa un foglino da quattro soldi dove non c'è scritto praticamente niente. Me lo timbra e mi chiede 15 euro. "Ma su internet dice che costa 5,45 Euro" dico. Lei mi risponde "Si, se lo fa su internet, ma qui da noi ci vogliono 15 euro". Senza fiatare, le do i 15 euro e quella mi da il foglino, senza neanche darmi una ricevuta di quanto ho pagato. La sensazione nettissima è quella di aver visitato una sede della Camorra o della 'Ndrangheta o qualcosa del genere.

Come beffa finale, dopo 20 giorni (!!) dal mio tentativo di pagare la visura via internet, mi arriva dall'ACI un messaggio con la risposta alle mie proteste. Mi dicono che la visura era stata spedita al mio indirizzo email via qualcosa tipo "posta certificata". Probabilmente, il mio filtro anti-spam l'aveva immediatamente cestinata.

Incredibilmente, è proprio così che funziona il loro programma di pagamento. L'utente si deve immaginare che la transazione è andata a buon fine, perché non gli viene detto niente e nemmeno dove e come riceverà il documento richiesto. Quello che ha fatto quel programma ha un'idea molto particolare di quello che si chiama "customer satisfaction".

Tutto questo è avvenuto nel Novembre 2009; può darsi che ora abbiano migliorato quel programma (e anche - spero - appeso per i pollici quello che ha fatto la prima versione). Ma non è questo il punto. Magari ci sarà una ragione per chiedere al cittadino una visura al PRA, ma questi 5 euro (o 15 euro) sono proprio un balzello odioso e inutile; un vero furto dalle tasche della gente. E se per ognuno di noi 5 euro (o 15 euro) non sono gran cosa, per chi incassa la somma non è per niente trascurabile. Ha calcolato Leonardo Libero che  il decreto sui contributi alle rottamazioni potrebbe portare a rottamare 13 milioni di vecchie macchine. Fatti un po' di conti, sono circa 50 milioni di Euro (o forse 150 se ti prendono 15 euro a visura) che entrano nelle casse del PRA o dell'ACI o non so di chi.

E non è neanche questo il punto, che tanto si sa che la legge fondamentale della burocrazia è "comunque devi pagare". Ma diceva il compianto Carlo Cipolla nel suo indimenticabile "trattato sulla stupidità umana" che il bandito peggiore è quello che ti causa un danno sproporzionato al vantaggio che ne ricava. Faceva l'esempio di uno che ti rompe un vetro e ti demolisce il cruscotto per portarti via l'autoradio: lui ci guadagna 50 euro; a te fa 2000 euro di danni; per non parlare del tempo perso. Lo stesso succede per portarti via questi 5 euro (o 15 euro). Ti fanno perdere ore e ore di tempo per fare la coda all'ACI, per fare telefonate, e anche per scrivere (o leggere) un post come questo che - se al mondo ci fosse un minimo di sanità mentale - non sarebbe necessario scrivere (o leggere)

Questa storia è forse un po' banale, ma credo che abbia molto a che vedere con la pretesa "efficienza" delle nostre istituzioni e si riallaccia con un mio post precedente pubblicato su ASPO-Italia intitolato "le civiltà muoiono di burocrazia"


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* Quello di dare del "tu" immediatamente alle persone di pelle un po' più scura della media è una forma di maleducazione molto diffusa e non soltanto in Italia. Mi raccontava un collega di origine turca, professore all'università di Zurigo, che per via del suo aspetto fisico gli capita non di rado di essere apostrofato con forme verbali confidenziali in tedesco. Forme che, non c'è bisogno di dire, nessuno mai si sognerebbe di usare con un professore di aspetto svizzero autoctono.