Una minor copertura estiva di ghiaccio del mar artico significa inverni più freddi e nevosi nell'Europa centrale
ScienceDaily (1 febbraio 2012) — Anche se la situazione meteo attuale sembra suggerire il contrario, la probabilità di inverni freddi con più neve nell'Europa centrale aumenta quando l'Artico è coperto da meno ghiaccio marino in estate. Gli scienziati della Research Unit Potsdam dell'Alfred Wegener Institute per le ricerche polari e marine dell'Associazione Helmholtz, hanno identificato un meccanismo per cui una contrazione della copertura di ghiaccio marino estivo cambia le zone di pressione dell'aria nell'atmosfera artica ed ha un effetto sul tempo invernale europeo.
Questi risultati di un'analisi del clima globale, sono stati pubblicati recentemente in uno studio sulla rivista scientifica Tellus A. Se avviene una particolare fusione su larga scala del ghiaccio del mare Artico in estate, come osservato in anni recenti, due effetti importanti vengono intensificati. In primo luogo, il ritirarsi della leggera superficie ghiacciata rivela l'oceano più scuro, causando il suo maggior riscaldamento in estate per via della radiazione solare (il meccanismo di feedback dell'albedo del ghiaccio). In secondo luogo, la diminuita copertura di ghiaccio non può più evitare che il calore immagazzinato nell'oceano venga rilasciato in atmosfera (effetto coperchio). Il risultato della diminuita copertura di ghiaccio marino è che l'aria viene riscaldata molto di più di quanto lo fosse in precedenza, in particolare in autunno e inverno, perché durante questi periodi l'oceano è più caldo dell'atmosfera. “Queste temperature più alte possono essere comprovate dalle attuali misurazioni provenienti dalle regioni artiche”, riferisce Ralf Jaiser, autore principale della pubblicazione della Research Unit Potsdam dell'Alfred Wegener Intitute
Il riscaldamento dell'aria vicino al suolo porta all'aumento dei movimenti e l'atmosfera diventa meno stabile. “Abbiamo analizzato i processi complessi e non lineari che stanno dietro a questa destabilizzazione, che hanno mostrato come queste condizioni alterate nell'Artico influenzino la circolazione tipica e gli schemi di pressione dell'aria”, spiega Jaiser. Uno di questi schemi è la differenza di pressione dell'aria fra l'Artico e le medie latitudini: la cosiddetta oscillazione artica con gli alti delle Azzorre e i bassi dell'Islanda rese famose dalle previsioni meteo. Se questa differenza è alta, ne risulta un forte vento da ovest che in inverno porta masse d'aria calda ed umida atlantica proprio verso l'Europa. Se il vento non arriva, l'aria fredda artica può penetrare attraverso l'Europa, come nel caso degli ultimi due inverni. I calcoli dei modelli mostrano che la differenza di pressione dell'aria con una diminuita copertura di ghiaccio marino durante l'estate artica, viene indebolita nell'inverno seguente, permettendo al freddo artico di spingersi fino alle medie latitudini. Nonostante la bassa copertura di ghiaccio marino nell'estate 2011, non c'è ancora stato un inverno freddo qui in Germania. Jaiser spiega questo come segue: “Naturalmente, molti altri meccanismi giocano un ruolo nel complesso sistema climatico della nostra Terra, che in parte si sovrappongono. I nostri risultati spiegano i meccanismi di come i cambiamenti regionali nella copertura di ghiaccio del mar Artico abbiano un impatto globale ed i loro effetti in un periodo che va dalla tarda estate all'inverno. Altri meccanismi sono collegati, per esempio, con la copertura di neve in Siberia o con le influenze tropicali. Le interazione fra questi fattori di influenza saranno oggetto di un futuro lavoro di ricerca e quindi rappresentano un fattore di incertezza nelle previsioni”. E' intenzione dei ricercatori di Potsdam di trovare ed analizzare ulteriori meccanismi e di mostrare correttamente il sistema climatico della Terra con l'aiuto di questi meccanismi sotto forma di modelli. “Il nostro lavoro contribuisce a ridurre le attuali incertezze sui modelli del clima globale e a sviluppare scenari regionali più credibili – un importante fondamento per permettere alla gente di adattarsi alle nuove condizioni”, spiega il Prof. Dott. Klaus Dethloff, Capo della Sezione della Circolazione Atmosferica al Research Unit Potsdam dell' Alfred Wegener Institute.
Traduzione dell'articolo di Science Daily del 1 febbraio 2012 a cura di Massimiliano Rupalti
Grazie a Luca Mercalli per la segnalazione dell'articolo.