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martedì 11 marzo 2014

Il cambiamento climatico spiegato ai miei studenti

Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR



Di Ugo Bardi



 Questa è una versione scritta di qualcosa che ho detto qualche giorno fa ai miei studenti in una lezione per la scuola di “Sviluppo Economico e Cooperazione Internazionale” (SECI) dell'Università di Firenze

La domanda: Professore, ma ho sentito bene quello che ha detto? Lei dice che il cambiamento climatico ci porterà dei problemi nel giro di decenni? Ora, io sapevo che gli scienziati stavano parlando di secoli o tempi anche più lunghi. Com'è possibile?

La mia risposta: Lei ha sentito bene: ho detto “decenni”, non secoli, ed avrei potuto dire anche “anni” - anche se forse decenni è una scala temporale più corretta per i problemi che ci aspettano – e voi in particolare, visto che siete così giovani. Ora, capisco anche il perché avete l'impressione che il cambiamento climatico sia una questione di secoli, qualcosa con cui avranno a che fare le future generazioni. Questo è il risultato del modo in cui sono presentati certi dati, in particolare dal IPCC. Sono molto cauti, cercano di evitare di dare l'impressione di essere “catastrofisti” e il risultato è che il cambiamento climatico, secondo il modo in cui lo presentano, sembra che sia molto dolce e graduale e che vada avanti per secoli. Non è necessariamente così.

La scala temporale del cambiamento climatico dipende da cosa consideriamo. Alcuni effetti sono molto lenti: se pensiamo, per esempio, alla calotta glaciale dell'Antartide che fonde e scompare, be', ci vorranno secoli o anche millenni. Ma se si considera la calotta glaciale dell'Artico, si vede che sta fondendo rapidamente e sta fondendo ora! E la conseguenza è un grande cambiamento negli schemi meteorologici dell'emisfero settentrionale – è una cosa che stiamo vedendo tutti in termini di siccità, uragani, tempeste di neve e cose del genere.

Ma è anche vero che non moriremo per il cattivo tempo e la probabilità che voi anneghiate a causa di un mega-uragano è piuttosto bassa, specialmente se vivete in Italia. La domanda è più specifica e la capisco molto bene: quale sarà l'importanza del cambiamento climatico per persone come voi, che avete poco più di vent'anni?

Vediamo di riformulare la domanda per renderla più chiara. Potrei dire che, dal mio punto di vista personale – ora ho 61 anni – potrei organizzare la mia vita sulla scommessa che il cambiamento climatico non mi condizionerà troppo per il tempo che devo ancora passare su questo pianeta. Probabilmente è una scommessa ragionevole per me (ma è una scommessa). La domanda è, quindi, è ragionevole che voi scommettiate allo stesso modo? Io penso proprio di no e lasciate che vi spieghi il perché.

Vediamo... l'aspettativa di vita alla nascita in Italia è di circa 80 anni, quindi avete più di mezzo secolo davanti a voi, in linea di principio. Ma diciamo che non vi interessa il fatto di arrivare a essere decrepiti e colpiti dal morbo di Alzheimer. Volete solo arrivare, diciamo, a 70 anni in buona salute. Quindi avete ancora circa 40 anni; questo è il lasso di tempo di cui vi dovete preoccupare, supponendo, naturalmente, che non vi importi nulla dei vostri figli e dei vostri nipoti il che sembra essere il modo di pensare standard intorno a noi: dopo tutto, cosa hanno fatto i miei discendenti per me? Dati questi presupposti, in che modo il cambiamento climatico è rilevante per voi?

Se si guardano gli scenari belli e addomesticati del IPCC, vedrete che in 40 anni da adesso, parliamo di 1-2°C di aumento di temperatura. Detto così, sembra un effetto davvero piccolo. Che differenza fa un grado e mezzo? Solo un piccolo fastidio. D'estate  accenderemo in nostri condizionatori e in inverno risparmieremo un sacco di soldi nel riscaldamento. La stessa cosa vale per l'aumento del livello del mare: l'IPCC  parla di circa 20 cm per la metà del 21° secolo; cosa sono 20 centimetri? Possiamo costruire un muro di 20 centimetri per tenere lontane le acque in men che non si dica. Quindi non c'è niente di cui preoccuparsi troppo? Ho paura che le cose non siano così semplici.

Il vero problema ha a che fare con la resilienza della nostra società. Forse avrete sentito il termine “resilienza” in vari contesti – fondamentalmente è la capacità di un sistema di resistere ai cambiamenti, in particolare a cambiamenti rapidi o persino violenti. L'opposto di resiliente è “fragile”. Per esempio, un bicchiere di vetro è duro, ma non molto resiliente, naturalmente; è fragile. Il trucco quando si parla di resilienza è che spesso è il risultato di un compromesso con le prestazioni. Se si vogliono avere alte prestazioni – diciamo – per una macchina sportiva, allora questa macchina sarà più propensa alle rotture: pensate di usare una Ferrari F1 per andare al supermercato a fare la spesa.

Questo tipo di problema esiste anche per cose molto più grandi: il modo in cui funziona il nostro mondo, diciamo, industria, commercio, trasporti e agricoltura. Ora che ho detto questo, pensate a quanto sia fragile l'agricoltura moderna. Avrete probabilmente sentito parlare della “Rivoluzione Verde”, il nuovo modo di produrre cibo che sta sfamando più di sette miliardi di persone su questo pianeta. E' vero, c'è stata una rivoluzione del genere nella seconda metà del ventesimo secolo. Si è basata sull'ibridazione delle piante in un modo tale da ottenere prestazioni sempre migliori. Il grano che viene coltivato oggi ha un rendimento di almeno 10 volte di quello che veniva coltivato uno o due secoli fa. E' veramente la Ferrari dei cereali.

Sfortunatamente, il fatto che la nuova generazione di grano è un tale miracolo, non significa che sia anche resiliente. Infatti non lo è. Come tutte le varietà di cereali ingegnerizzate, questa è fatta per essere coltivata in condizioni specifiche. Ha bisogno d'acqua, di fertilizzanti e di meccanizzazione. Il che va bene; finora siamo stati in grado di provvedere l'agricoltura con tutto questo e in questo modo siamo in grado di sfamare 7 miliardi di persone. Be', non proprio 7 miliardi. Nonostante i cereali miracolosi che abbiamo, molta gente ha fame tutti i giorni, ho letto che sono intorno agli 850 milioni, il che significa che più di una persona su dieci, oggi, non ha abbastanza da mangiare. In un certo senso è un successo, perché anni fa la situazione era peggiore, ma durante gli ultimi anni questo numero non è sceso – il successo della Rivoluzione Verde sembra essersi gradualmente esaurito. Ciononostante, il problema oggi è più una questione di distribuzione che di produzione. In linea di principio, la nostra agricoltura sarebbe perfettamente in grado di sfamare 7 miliardi di persone – probabilmente anche di più, anche se sembra che ci stiamo avvicinando ai limiti fisici di quello che può essere prodotto in una certa area di terreno.

Allora, qual'è il problema? E' che le alte prestazioni normalmente sono ottenute con una bassa resilienza e questo è vero anche per l'agricoltura. I cereali miracolosi della nostra epoca hanno grandi prestazioni ma bassa resilienza. Sono stati sviluppati per una situazione in cui il clima era relativamente stabile, ora è diventato instabile, è un'altra storia. Siccità periodiche e alluvioni sono ovviamente molto dannose per l'agricoltura e persino un cereale miracoloso è inutile senz'acqua; è come una Ferrari senza dei buoni pneumatici. E pensate a come le alluvioni dilavano il suolo fertile necessario per le piante, per non dire nulla dei danni provocati dagli incendi.

Non prendetemi per un agronomo, non lo sono. La produzione di cibo è una materia complessa e potrebbero succedere molte cose che migliorano (o peggiorano) la situazione. Sto semplicemente osservando che il cambiamento climatico potrebbe impattare fortemente – quasi letteralmente – sul ventre molle dell'umanità: l'agricoltura. Ma non si tratta solo di questo. Pensate alle malattie infettive, spesso trasmesse da insetti come le zanzare, la cui distribuzione dipende da piccoli cambiamenti di temperatura. Pensate alle migrazioni di massa generate dalla desertificazione di grandi porzioni di terreno. Poi, accoppiate il cambiamento con l'altro grande problema che abbiamo, l'esaurimento delle risorse, e vedrete che i due problemi si rinforzano a vicenda. Abbiamo detto che un paio di gradi centigradi non sono nulla se abbiamo il condizionatore; bene, ma per avere il condizionatore serve energia, e quell'energia – oggi – proviene dai combustibili fossili. Ma i combustibili fossili si stanno rapidamente esaurendo: avrete energia a sufficienza per il condizionatore fra 30-40 anni? Forse, ma non ci scommetterei.

Torniamo quindi alla domanda iniziale. Vi stavo dicendo che avete molto di che preoccuparvi a causa del cambiamento climatico durante la vostra aspettativa di vita di circa 40-50 anni. Non significa necessariamente che non arriverete alla mia età, ma che non è ovvio che ci arriverete. Prima ho detto che ci sono circa 850 milioni di persone malnutrite su questo pianeta e non sarei sorpreso se diventassero una percentuale più grande del totale nel prossimo futuro. Il vostro problema principale, in questo caso, è se sarete o meno parte di quella percentuale.

Come ho detto, agire in vista del futuro è come scommettere su qualcosa. Se io fossi in voi, non scommetterei sul fatto che il futuro sarà come il passato (non lo è mai, in realtà). Così, penso che sarebbe una cattiva idea per voi quella di passare i problemi che verranno a causa del cambiamento climatico alla prossima generazione, proprio come ha fatto la mia generazione con voi. Ad un certo punto, qualcuno deve essere lasciato fuori al freddo (più correttamente, al caldo) ed ho paura che ci siano buone possibilità che sarà la vostra generazione.

Questo porta alla domanda di cosa fare per evitare di diventare un dato delle statistiche sulla malnutrizione (se possibile, evitando che chiunque diventi parte di quella statistica) ma questa è una lunga storia di cui parleremo in un'altra occasione. Per il momento, lasciate solo che vi dica che questa discussione mi ha ricordato una cosa che ha detto Marco Aurelio. Citando a memoria, era qualcosa tipo “Tutti vivono solo nel momento fugace, si potrebbe vivere per molte migliaia di anni e questo non farebbe alcuna differenza (*)”. Quindi non preoccupatevi troppo di quanti anni avete ancora da vivere. Non potete saperlo. Ma sapete che avete molto lavoro da fare se volete fare qualcosa di utile per voi e per tutti gli altri. Quindi è meglio che cominciate a farlo adesso.




(*) Ricorda che anche se dovessi vivere per tremila anni, o trentamila, non potresti perdere nessuna altra vita di quella che hai e non ci sarà altra vita dopo di quella. Quindi le vite più lunghe e le vite più corte sono la stessa cosa. Il momento presente è condiviso da tutte le creature viventi, ma il tempo passato è andato per sempre. Nessuno può perdere il passato o il futuro, perché se non ti appartengono, come ti possono essere rubati?  Marco Aurelio (121-180)