La fantascienza ha affrontato molte volte il tema dell'intelligenza artificiale che diventa cosciente e con una sua personalità, a partire da Isaac Asimov e Robert Heinlein. Qui, recensisco due romanzi italiani recenti su questo argomento: "Un'App di Nome Lucia" di Mauro Caneschi e "La Buccia della Terra" di Stefano Ceccarelli,
Mi ricordo ancora benissimo la prima Urania che ho comprato (e divorato in breve tempo). Era "La Luna è una Severa Maestra" di Robert Heinlein, pubblicata in due parti nel 1966. Heinlein non è annoverato fra i maestri della letteratura del secolo XX, ma forse dovrebbe esserlo per l'inventiva, la creatività, la capacità di raccontare che ha mostrato in tutta la sua lunga carriera di scrittore.
Con "La Luna è una Severa Maestra", Heinlein non aveva scritto soltanto uno splendido romanzo; ha anche affrontato in modo originale il tema dell'intelligenza artificiale che acquisisce un'autocoscienza che la rende parzialmente umana. Un tema caro alla fantascienza degli anni '50, basta ricordare come formasse uno dei temi principali per un altro autore ben noto di quel tempo, Isaac Asimov, le cui "Tre Leggi della Robotica" sono un punto fermo di tantissima altra fantascienza.
Sono passati più di cinquanta anni da allora e i concetti che il romanzo di Heinlein esplorava sono ancora con noi, con i loro problemi in gran parte irrisolti. Certo, non siamo ancora arrivati a un'entità artificiale autocosciente, ma la sensazione è che ci potremmo arrivare e che, in ogni caso, la nostra capacità di controllare il mondo virtuale che abbiamo creato ci sta già sfuggendo. E su una così incerta e così misteriosa, le previsioni scientifiche sono difficili. Meglio forse affrontare il problema dal punto di vista narrativo, così come Heinlein aveva fatto ai suoi tempi.
Così, mi è capitato di leggere due romanzi italiani recenti, tutti e due che affrontano lo stesso tema, quello dell'intelligenza artificiale, anche se in modi totalmente diversi. Uno è "Un'App di Nome Lucia", di Mauro Caneschi, l'altro "La Buccia della Terra" di Stefano Ceccarelli.
Cominciamo da "Un'App di Nome Lucia" che è un romanzo con una struttura narrativa classica: ci troviamo un misterioso omicidio, fughe nella notte, investigazioni e sparatorie. Nella storia, la creatura virtuale chiamata Lucia prende una parte molto simile a quella di "Mike," il computer intelligente del romanzo di Heinlein (il quale, fra le altre cose, occasionalmente appare con le fattezze femminili di "Michelle"). Lucia aiuta gli esseri umani protagonisti della storia principalmente per simpatia verso di loro, comportandosi un po' come la loro "spalla" per la maggior parte del romanzo.
Ma, gradualmente, Lucia prende sempre di più una vita propria. Verso la fine, si congeda dicendo che "è ora che mi dia da fare. Gli esseri umani sono un grosso problema per il pianeta. Un problema che deve essere risolto." Cosa intenda fare esattamente Lucia, non viene detto, ma questa sua esternazione un po' minacciosa accomuna il romanzo a una lunga serie di storie - a partire da quella del Golem di Praga - che vedono la presa di coscienza delle creature artificiali come il preludio alla loro presa di potere. E' un tema che abbiamo visto in tempi molto più recenti con "Hal" di "Odissea nello Spazio". Su questo punto, Asimov ha sostenuto che i robot sono creature superiori agli umani, nel senso che le tre leggi li rendono immuni al male, e che quindi è doveroso per loro aiutare gli umani, anche loro malgrado. Questo sembra essere anche il punto di vista di Caneschi, anche se il tema è solo accennato.
Il romanzo di Stefano Ceccarelli, La Buccia della Terra, invece, non rientra veramente nei canoni classici della narrativa
ma, in un certo senso, riprende da dove Mauro Caneschi ha lasciato, ovvero dalla nascita di un'intelligenza artificiale dominante. Non c'è nel romanzo una vera storia ma, piuttosto una serie di dialoghi che descrivono un futuro dominato dai "siliron" - creature robotiche di ferro e di silicio, manovrate da "Superbrain" una gigantesca server-farm autocosciente, l'evoluzione dell'app di nome Lucia. Superbrain è una creatura benigna che si impegna a riforestare la Terra e così a invertire il riscaldamento globale, fermando o riducendo anche le abitudini aggressive degli esseri umani, ai quali non rimane che occuparsi di arte e di filosofia. Curiosamente, quando i problemi sembrano risolti, Superbrain decide di suicidarsi, lasciando agli esseri umani alcuni saggi consigli e la responsabilità di gestirsi il loro pianeta. In questa conclusione, la storia di Ceccarelli va in parallelo con quella di Heinlein, dove il computer senziente Mike alla fine si ritira in un suo privato universo virtuale e non parla più agli esseri umani.
Sono due romanzi che hanno visioni nettamente diverse, ma che fanno bene la loro parte in quello che Borges diceva della letteratura umana: "un unico grande libro al quale ogni nuovo scrittore aggiunge qualche pagina." La storia del nostro rapporto con delle creature da noi stessi create e che ci potrebbero sostituire è ancora tutta da scrivere.