mercoledì 24 agosto 2022

Al di là dei miti e dei campanilismi, siamo sicuri che il sistema scolastico italiano funzioni a dovere?

di Fabio Vomiero

E mentre il tempo passa trasformando mondi e società, le campagne elettorali rimangono sempre più uguali a loro stesse: stessi protagonisti, stessi argomenti, stessi atteggiamenti, stessi linguaggi, stessa mediocrità; e intanto i problemi continuano ad aggravarsi. Sarà che il popolo, termine orribile ma che in questo caso bene si addice, è ciò che si merita? Potrebbe anche essere, in fondo ognuno ha sempre la propria quota di responsabilità da scontare.

Ma dicevamo i problemi, tantissimi ovviamente, ne scegliamo uno, la scuola, con riferimento in particolare a quella secondaria (medie e superiori).

Sì, perchè evidentemente c'è la sensazione che molti, compresi i nostri politici, non sappiano nemmeno di che cosa si stia parlando visto che generalmente gli unici parametri utilizzati su cui tentare di abbozzare eventualmente qualche considerazione o valutazione di massima, sono i dati forniti dagli enti di elaborazione statistica tipo OCSE (PISA e PIACC), in cui la scuola italiana, se si leggono gli articoli, una volta è entusiasticamente prima in europea https://www.supereva.it/e-la-scuola-italiana-la-migliore-deuropa-secondo-locse-35732 e un'altra invece è soltanto penosamente trentaseiesima tra i cinquantasette Paesi più sviluppati del mondo https://beppegrillo.it/la-scuola-in-italia-e-nel-mondo/

Meglio allora non fidarsi più di tanto ed essere pragmatici, chiunque conosca un po' di epistemologia e in particolare la complessa relazione che esiste tra dato e teoria, può capire bene quale possa essere la reale confidenza e significatività di questi dati.

Ma già il fatto che la scuola di oggi sia praticamente uguale a sè stessa da decenni, può benissimo generare, a ragione, qualche legittimo sospetto. Non siamo più, infatti, ai tempi della riforma Gentile (1923), e le varie "riformine" che nel frattempo si sono succedute negli anni (Falcucci, Berlinguer, Moratti, Gelmini, Renzi), probabilmente pensate con modalità e finalità spesso inutili o sbagliate, non sembrano avere sortito, come era prevedibile, un grande successo; una su tutte, l'alternanza scuola-lavoro, ora detta PCTO. Per non parlare poi delle ultime boutade riguardanti i banchi con le rotelle o i bonus per gli insegnanti cosiddetti "esperti", sulla base di quali criteri non è dato sapere.

Comunque sia, il risultato complessivo di queste riforme, che in alcuni casi hanno il sapore di essere state fatte più con lo scopo di far vedere che si è fatto qualcosa piuttosto che in un'ottica di una progettualità veramente utile e consapevole è che la scuola, di fatto, rimane un sistema isolato da una burocrazia soffocante, autoreferenziale e ancora pieno di problemi concreti. Studenti spesso maleducati, studenti disinteressati che disturbano e fungono da zavorra per il percorso formativo delle intere classi, insegnanti spesso inadeguati, classi troppo numerose, svilimento del ruolo dell'insegnante con la trovata dei percorsi didattici ossessivamente programmati e uniformati, durata della classica "ora" di lezione probabilmente troppo lunga, riunioni per il corpo docente inutili e ridondanti, ricorso a "progetti" extrascolastici di tutti i tipi che spesso non servono a niente se non alla perdita di tempo per gli studenti e via dicendo.

Vi è pertanto la fondata sensazione che la scuola attuale stia gradualmente perdendo la sua primaria vocazione e si stia trasformando sempre di più da un processo di effettiva formazione culturale, educazione e allenamento per l'intelletto di persone che dovranno formare la futura classe dirigente, ad un semplice consorzio di enti di formazione squisitamente tecnico-didattica e con marcati connotati di concorrenza mercantilistica, con buona pace del pensiero sistemico, del ragionamento critico e del problem solving.

D'altra parte anche il ragionamento di base è in effetti piuttosto semplice. Se tutti sanno che nel momento stesso in cui si esce dalla scuola, si dimentica automaticamente almeno metà di tutte le nozioni che si sono apprese, e un altro 30% di nozioni non serviranno praticamente a nulla, perchè essere allora tanto ossessionati da questa didattica? Non si potrebbe invece metter mano finalmente ai programmi oramai obsoleti dando loro una bella rinfrescata, tagliando dove c'è da tagliare e introducendo materie e argomenti molto più utili e attuali non soltanto come fonte di conoscenza concreta, ma anche come materiale di discussione e di allenamento per lo sviluppo indispensabile di un pensiero critico e sistemico? Ecologia, geopolitica, elementi di sociologia, educazione sanitaria ed alimentare, epistemologia, logica, igiene del ragionamento e della discussione, per esempio.

Ecco, io osservo una scuola che, per vari motivi (ricordo che incredibilmente sta scomparendo anche il tema di italiano), è molto poco preparata nello sviluppare e coltivare le abilità trasversali fondamentali della persona nel suo complesso ed è invece molto più concentrata su una generica didattica spesso esasperata e, probabilmente, in certi contesti, inutile se non addirittura controproducente.

Un giorno, durante una mia supplenza di scienze in un liceo scientifico ho chiesto ai colleghi perché i programmi di scienze fossero così assiduamente concentrati sulla chimica rispetto per esempio alla biologia e alle bioscienze. Mi è stato risposto che è così perché riguardo alla biologia, essendo una disciplina nozionistica, la si può studiare anche da soli e perché gli esami di ingresso all'università di solito puntano di più sulla chimica. Già, il numero chiuso alle università, altro autoevidente nonsenso logico, non si capisce ancora se portato avanti per una reale necessità, oppure per tentare di nascondere come al solito sotto il tappeto i cocci della nostra misera visione prospettica.

Ad ogni modo, per il giorno dopo, ho subito preparato una lezione dal titolo "perchè la biologia non deve essere considerata una disciplina soltanto di tipo nozionistico".

Ecco perchè, a mio parere, occorre fare una doverosa riflessione non soltanto sul sistema in sè, ma anche sulla preparazione e sulla idoneità degli insegnanti e sulle relative modalità di reclutamento e messa a ruolo. C'è da chiedersi, quantomeno, se siano veramente le soluzioni migliori questi dispendiosi concorsi con domande didattiche a crocette dove il neolaureato (spesso ancora immaturo sotto altri aspetti) o chi ripete sempre le stesse cose da anni, è ovviamente avvantaggiato (a volte anche copiando e passandosi le risposte), o il fatto che le supplenze (sempre molto importanti) siano assegnate soltanto in base a delle graduatorie di punteggio dove chi capita capita, senza nemmeno un colloquio preliminare.

Pertanto non lo so, ma l'aria che si respira all'interno delle scuole e le evidenze riguardanti un certo tipo di postura socioculturale corrente, inevitabilmente riflessa nel comportamento e nell'atteggiamento cognitivo ed intellettuale di molti giovani e meno giovani di oggi, sembrano purtroppo confermare in pieno queste mie perplessità.