lunedì 4 maggio 2020

La scienza del Coronavirus dalla teoria alla pratica





Guest post di Fabio Vomiero

Mi ero ripromesso di non scrivere niente sul Coronavirus, visto che il panorama mediatico è già ampiamente affollato fino alla noia.

Poi però ho pensato che potesse invece trattarsi di una buona occasione per cercare di analizzare, in chiave epistemologica, l'incontro tra gli aspetti più teorici della scienza stessa e gli aspetti invece più pratici, quelli per esempio delle reazioni concrete del mondo scientifico di fronte ad una insolita emergenza, o quelli, ancora più interessanti, delle interconnessioni, spesso problematiche, tra scienza e società.

Cominciamo quindi dall'inizio. Una pandemia virale di origine zoonotica, originata molto probabilmente da una serie di comportamenti umani assolutamente deplorevoli, ampiamente pronosticata dalle scienze biologiche da almeno un trentennio, e che arriva dopo che i precedenti segnali di allarme, susseguitesi a pochi anni di distanza l'uno dall'altro, i casi SARS e MERS, non erano andati a buon fine, dalla prospettiva del virus, soltanto per via di qualche contingenza fortunata.

E questo è già il primo grande tema su cui riflettere: la scienza da una parte, che studia, indaga, capisce, conosce, predice scenari, individua rischi, e la società bulimica e intellettualmente limitata e miope dall'altra, che non riesce a guardare oltre l'orizzonte piatto del PIL, dell'economia e della finanza.

Vengono allora in mente una miriade di altre questioni analoghe: i cambiamenti climatici, lo sfruttamento e l'esaurimento delle risorse, l'inquinamento, la prevenzione dei danni da terremoti o da altri eventi estremi, il modello alimentare e dello stile di vita, gli OGM e altro ancora.

Ma il Covid-19 è comunque una novità nel panorama scientifico, è un virus nuovo, non lo conosciamo nel dettaglio, non ci sono cure specifiche nè vaccini, non abbiamo solidi dati epidemiologici disponibili, tuttavia, come spesso accade, la scienza trova e utilizza sempre i metodi e le conoscenze per poter operare nel miglior modo possibile.

Si costruiscono modelli, si fanno inferenze e ragionamenti, si individuano pattern ricorrenti, si trovano analogie con quello che già si sa, si elaborano le migliori ipotesi plausibili, si utilizza la mente allenata e preparata di gente che studia sistemi simili da tutta una vita, non si cade mai dalle nuvole come invece fanno la maggior parte dei politici e di tutte quelle persone che leggono soltanto i romanzetti d'amore, piuttosto che qualche buon libro divulgativo scritto da scienziati seri e preparati.

Ma il prof. Burioni dice una cosa, il prof. Tarro un'altra, la professoressa Capua un'altra ancora... Certo, è possibile, non è una cosa positiva, ma è possibile, semplicemente perchè nè Burioni, nè Tarro e la Capua sono "la scienza", ma soltanto alcuni esponenti umani della scienza stessa che, con tutti i loro pregi, i loro limiti, le loro ambizioni e il loro background culturale, decidono di esporsi al pubblico con ragionamenti anche rischiosi, così come ogni altro essere umano.

Bisogna quindi stare molto attenti di questi tempi, è per questo che anche nei confronti della scienza, prima o poi dovremo imparare necessariamente a "farci l'orecchio", allo stesso modo di come ce lo facciamo naturalmente e allegramente per la letteratura, la pittura o la musica.

Del resto, anche nel caso del Coronavirus, fin dal momento dell'inizio dell'epidemia si sarebbero già potuti tracciare, a grandi linee, i possibili scenari con le sole conoscenze scientifiche che già avevamo e che comunque sono state poi integrate velocemente dai risultati che man mano sarebbero arrivati da quella grande macchina di produzione di conoscenza che si chiama ricerca scientifica. Un sistema di lavoro creativo, intersoggettivo, universale, sinergico e proteso verso obiettivi comuni, che unisce gli scienziati negli intenti e nei metodi e dove certamente non mancano i dibattiti e le discussioni, seppure all'interno di linguaggi e contesti specifici e condivisi.

I problemi, infatti, non sono quasi mai rappresentati dalla scienza, siamo sempre noi, semmai, miseri esseri biologicamente simili a molti altri animali, che facciamo un uso spesso sconsiderato delle conoscenze scientifiche per creare i nostri "mostri", teorici o tecnologici che siano. Scienza e tecnica non sono per niente la stessa cosa anche se seguono dinamiche molto spesso interconnesse, ci vuole la massima chiarezza su questo punto.

Tornando al Coronavirus, per esempio, anche la creazione dell'ultimo gadget tecnologico, "App Immuni", non è affatto scienza, ma soltanto l'ennesima e misera dimostrazione di quanto, in effetti, le logiche della scienza continuino ad essere, purtroppo, ancora molto distanti da quelle di certa tecnologia e della società.

Nel caso di Immuni, per esempio, si tratta ancora una volta di quella diffusa trappola concettuale che tende a confondere la realtà, con il modello della realtà stessa.

Tutti i dati che abbiamo sull'epidemia, infatti, non sono dati reali, ma soltanto stime, modelli quantitativi che a fatica sviluppiamo per poter studiare e seguire in qualche modo il fenomeno. I numeri reali sono tutt'altra cosa e nessuno li conosce veramente, probabilmente il numero dei contagiati effettivi da Coronavirus potrebbe essere di almeno 3-4 volte superiore, ma ne sapremo certamente di più tra qualche mese.

Ma a parte l'allegorica trovata di Immuni e di qualcos'altro, una lancia a favore del nostro governo la vorrei comunque spezzare, perchè, nonostante gli errori ovvi e naturali che chiunque avrebbe commesso in una situazione del genere, i nostri rappresentanti hanno invece capito, con coerenza e intelligenza, che l'unico modo possibile per cercare di gestire e arginare al meglio l'emergenza sarebbe stato quello di ascoltare e avere fiducia nelle principali istituzioni scientifiche nazionali e internazionali.

Per esempio, l'epidemia nel nostro Paese è iniziata, come sempre accade, con una curva di aumento dei nuovi casi (incidenza) di tipo esponenziale, ma che ha raggiunto rapidamente il suo punto di flesso soltanto dopo un mese circa (esattamente una dozzina di giorni dopo l'inizio del lockdown), mentre i casi totali (prevalenza) hanno raggiunto, per il momento, un valore massimo che, tenendo conto di quel fattore 3 o 4, potrebbe essere stimato in almeno 600.000-800.000 casi.

Ebbene, 600.000 casi sono soltanto l'1% della popolazione italiana. Sapete quanti contagiati fa l'influenza, il cui modello epidemiologico dinamico diventa a questo punto molto interessante perchè, comunque sia, si tratta di un altro virus a RNA, a diffusione aerea come il Coronavirus e dall'indice di contagiosità apparentemente molto simile? 6 milioni almeno ogni anno, al netto di tutti i vaccinati.

Vogliamo quindi provare a tradurre una possibile ondata di 6-8 milioni di persone affette da Coronavirus nel giro di qualche mese, nel numero di pazienti da intubare in terapia intensiva o nei relativi morti? Ognuno si può fare il proprio semplice calcolino considerando che la percentuale di casi che necessitano di terapia intensiva è di circa il 10%, mentre l'indice di letalità è intono al 3%.

Ecco perchè l'attuazione di straordinarie misure di sanità pubblica, il cosiddetto "lockdown", che peraltro non è mai stato completo, è stata una scelta necessaria e fondamentale, proprio perchè in assenza di un vaccino o di un'immunità di gregge naturale, nonchè di cure specifiche, il distanziamento sociale e il rispetto di basilari regole igieniche e comportamentali sono diventati l'unica nostra possibilità di scampo.

Da questo questo punto di vista, pertanto, anche la cosiddetta "fase 2" diventa anch'essa un passaggio logico e razionale; si prova a riavviare gradualmente il sistema socio-economico, monitorando però attentamente la reazione dei dati epidemiologici e si rivaluta periodicamente. D'altra parte il virus circola ancora, e anche se subisce delle mutazioni e l'estate oramai alle porte ci darà certamente una mano, non c'è alcuna evidenza scientifica che sia diventato "meno potente"come qualcuno dice. Altro che riaprire tutto, quindi.

Un pò come si fa nel caso di una reazione allergica alimentare quando si devono togliere di colpo tutti gli alimenti sospetti per poi provare a reintrodurli, uno alla volta, per testare l'eventuale reazione del paziente.

E non fatevi nemmeno ingannare dalle costanti bufale, fake, interpretazioni superficiali di dati e fraintendimenti vari, che spesso spopolano nei media e nel web, come quando per esempio si racconta di Paesi dove tutti fiabescamente hanno continuato la loro vita normale e il virus non ha fatto alcun danno, o di altri, che pur avendo implementato qualche forma di lockdown, hanno poi riaperto tutto dall'oggi al domani senza il minimo fastidio. Anche perchè, ammesso che così fosse, gli eventuali danni si paleserebbero dopo almeno un paio di settimane, non il giorno dopo.

Pertanto, per evitare il rischio di guai ancora più seri, non è che abbiamo molte altre possibilità per il prossimo futuro. Del resto, tutto ha un costo nell'economia della vita e, in ogni caso, bisogna sempre fare delle scelte precise e spesso anche difficili, tra le molte possibili.

Dovremo quindi necessariamente imparare a convivere con il virus, almeno per un pò, osservando attentamente tutte quelle linee guida comportamentali dettate da chi studia da una vita le epidemie e la profilassi e, nel frattempo, osservare attentamente come risponderanno gli indici epidemiologici, in attesa della disponibilità quantomeno di un vaccino sicuro ed efficace, oppure di una sempre possibile attenuazione della contagiosità e/o della patogenicità del virus per cause naturali perlopiù imprevedibili.

E ai tanti amici "dissidenti concettuali", che presto fanno a parlare maldestramente di "dittatura", scientifica o politica che sia, vorrei quindi ricordare che l'alternativa a questa certamente impegnativa linea programmatica, sarebbe stata, con tutta probabilità, quella di avere invece un'emergenza sanitaria fuori controllo con una marea di morti e di malati che non si sarebbero potuti curare a causa della rapida saturazione delle strutture sanitarie.

Come se, fra l'altro, le molte migliaia di persone già decedute prematuramente in solitudine senza nemmeno il conforto dei propri cari, compresi medici e infermieri, e le molte altre migliaia di pazienti che hanno sofferto le pene dell'inferno per moltissimi giorni, immobili, da soli, e con un tubo infilato nella gola e con chissà quali conseguenze future, non fossero già abbastanza.