Da “The Guardian”. Traduzione di MR
Di Ellie Mae O'Hagan
Il meteo estremo degli ultimi mesi cambia le carte in tavola: di sicuro adesso il mondo è pronto per parlare di cambiamento climatico come una catastrofe da collasso della civiltà
Nel 1988, quando lo scienziato James Hansen ha detto ad un comitato del senato che era “tempo di smettere parlare a vanvera e dire che ci sono prove molto chiare del fatto che l'effetto serra è già qui”, coloro che lo hanno preso sul serio pensavano che se solo avessero insistito nell'enfatizzare che questo fatto terribile ci avrebbe alla fine distrutto, si sarebbe agito. Invece è avvenuto il contrario: di fronte alla terribile realtà del cambiamento climatico, la maggior parte della gente tendeva a rifugiarsi in una visione panglossiana del futuro, o semplicemente non voleva ascoltare.
E' stato fatto molto lavoro da allora per capire perché il cambiamento climatico sia cosi unicamente paralizzante, principalmente da George Marshall, autore del libro “Non pensarci nemmeno”. Marshall descrive il cambiamento climatico come “il crimine perfetto e non rilevabile al quale tutti contribuiscono ma per il quale nessuno ha un movente”. Il cambiamento climatico è sia troppo vicino sia troppo lontano perché noi riusciamo ad interiorizzarlo: troppo vicino perché lo peggioriamo con le azioni di ogni minuto delle nostre vite quotidiane; troppo lontano perché fino ad ora è stata una cosa che colpisce stranieri in paesi stranieri, o versioni future di noi stessi che possiamo concepire solo in modo effimero.
E' anche troppo enorme. La verità è che se non agiamo ora per il clima, le scarsità alimentari, le migrazioni di massa e l'instabilità politica che causerà potrebbero vedere il collasso della civiltà nell'arco delle nostre vite. Chi di noi può sostenere questa consapevolezza?
Non sorprende quindi che qualche anno fa gli attivisti del clima siano passati ad un messaggio di ottimismo. Hanno dato retta a studi che mostravano che l'ottimismo era più galvanizzante della disperazione ed hanno iniziato a parlare di storie di speranza, emancipazione e successo. Hanno aspettato che si verificasse qualche evento meteorologico estremo per far sì che gli ultimi pezzi del puzzle andassero al loro posto. Forse l'alluvione di New Orleans sarebbe stata sufficiente; forse alcune delle persone bianche e ricche che sono state strapazzate dall'uragano Sandy avrebbero usato il loro privilegio per richiedere azione. Forse Harvey o Irma – ed ora Maria – avrebbero provocato la fuga dal nostro stordimento. Non è accaduto.
Piuttosto, penso che quello che ha fatto un pensiero di ottimismo sia creare un enorme canyon fra la realtà del cambiamento climatico e la percezione che ne ha la maggior parte della gente. Un messaggio ottimista ha portato alla compiacenza - “la gente dice che è fattibile, quindi probabilmente andrà tutto bene” - e sostenere le storie di successo ha convinto le persone che l'azione patetica e logora intrapresa dai governi sia finora sufficiente. Ho perso il conto del numero enorme di persone consapevoli e politicamente impegnate che ho incontrato che non hanno idea di quanto ci sia in gioco.
Potrebbe essere che se il momento di un movimento di massa non è adesso, non ce ne sarà nessuno. Il fatto è che nessuno sa come risolvere l'enigma come persuadere l'opinione pubblica perché chieda azione per il clima. Io non ho di sicuro le risposte. Ma penso che dobbiamo contemplare l'idea che qualcosa stia andando disastrosamente male – che forse è tempo di tornare sui nostri passi e ripensare il modo in cui parliamo del cambiamento climatico.
Sono successe due cose significative da quella audizione del comitato del Senato del 1988: la prima è l'Accordo di Parigi del 2015 per cercare di limitare il riscaldamento ad 1,5°C – una ricerca uscita questa settimana mostra che questo è ancora possibile. La seconda è che grandi aree delle superpotenze globali dominanti è stata decimata da due tempeste che fanno impallidire Katrina in meno di un mese. Le circostanze sono cambiate negli ultimi 30 anni: il cambiamento climatico è un dato di fatto ora ed abbiamo un obbiettivo specifico da perseguire, per limitare il danno che causerà.
Una nuova campagna potrebbe concentrarsi sulla necessità che i governi raggiungano l'obbiettivo dei 1,5°C, enfatizzando quanto sarebbero terribili le conseguenze se non lo facciamo. La gente non ha più bisogno di immaginare come sia il cambiamento climatico: possono vederlo nell'acqua del mare che ha avvolto le isole dei Caraibi, nelle case sommerse di Houston, nei bollettini di coloro che non sono riusciti a fuggire e si sono preparati a perdere tutto. In Gran Bretagna abbiamo visto l'acqua dell'alluvione inondare interi paesi; un pub che è diventato una via di transito per un fiume gonfio. E' così che si presenta una catastrofe alla porta di casa e forse è tempo che colleghiamo queste immagini al cambiamento climatico con tanto piglio quanto quello con cui l'industria dei fossili lo nega.
Potrebbe funzionare il linguaggio dell'emergenza? Non è mai stato provato con tutte le prove meteorologiche che abbiamo oggi e non abbiamo mai avuto un obbiettivo più chiaro ed unanime come quello concordato a Parigi. La sola cosa che so è che gli eventi degli ultimi mesi hanno cambiato i giochi e questo è il momento di cominciare a dibattere un modo nuovo di parlare del cambiamento climatico. Potrebbe essere che se non è questo il momento di un movimento di massa, non ce ne sarà mai uno.
• Ellie Mae O’Hagan è redattrice presso openDemocracy ed è una giornalista freelance
Di Ellie Mae O'Hagan
Il meteo estremo degli ultimi mesi cambia le carte in tavola: di sicuro adesso il mondo è pronto per parlare di cambiamento climatico come una catastrofe da collasso della civiltà
Una casa alluvionata a Houston. “Grandi aree delle superpotenze globali dominanti è stata decimata da due tempeste che fanno impallidire Katrina in meno di un mese”. Foto: David J Phillip/AP
Nel 1988, quando lo scienziato James Hansen ha detto ad un comitato del senato che era “tempo di smettere parlare a vanvera e dire che ci sono prove molto chiare del fatto che l'effetto serra è già qui”, coloro che lo hanno preso sul serio pensavano che se solo avessero insistito nell'enfatizzare che questo fatto terribile ci avrebbe alla fine distrutto, si sarebbe agito. Invece è avvenuto il contrario: di fronte alla terribile realtà del cambiamento climatico, la maggior parte della gente tendeva a rifugiarsi in una visione panglossiana del futuro, o semplicemente non voleva ascoltare.
E' stato fatto molto lavoro da allora per capire perché il cambiamento climatico sia cosi unicamente paralizzante, principalmente da George Marshall, autore del libro “Non pensarci nemmeno”. Marshall descrive il cambiamento climatico come “il crimine perfetto e non rilevabile al quale tutti contribuiscono ma per il quale nessuno ha un movente”. Il cambiamento climatico è sia troppo vicino sia troppo lontano perché noi riusciamo ad interiorizzarlo: troppo vicino perché lo peggioriamo con le azioni di ogni minuto delle nostre vite quotidiane; troppo lontano perché fino ad ora è stata una cosa che colpisce stranieri in paesi stranieri, o versioni future di noi stessi che possiamo concepire solo in modo effimero.
E' anche troppo enorme. La verità è che se non agiamo ora per il clima, le scarsità alimentari, le migrazioni di massa e l'instabilità politica che causerà potrebbero vedere il collasso della civiltà nell'arco delle nostre vite. Chi di noi può sostenere questa consapevolezza?
Non sorprende quindi che qualche anno fa gli attivisti del clima siano passati ad un messaggio di ottimismo. Hanno dato retta a studi che mostravano che l'ottimismo era più galvanizzante della disperazione ed hanno iniziato a parlare di storie di speranza, emancipazione e successo. Hanno aspettato che si verificasse qualche evento meteorologico estremo per far sì che gli ultimi pezzi del puzzle andassero al loro posto. Forse l'alluvione di New Orleans sarebbe stata sufficiente; forse alcune delle persone bianche e ricche che sono state strapazzate dall'uragano Sandy avrebbero usato il loro privilegio per richiedere azione. Forse Harvey o Irma – ed ora Maria – avrebbero provocato la fuga dal nostro stordimento. Non è accaduto.
Piuttosto, penso che quello che ha fatto un pensiero di ottimismo sia creare un enorme canyon fra la realtà del cambiamento climatico e la percezione che ne ha la maggior parte della gente. Un messaggio ottimista ha portato alla compiacenza - “la gente dice che è fattibile, quindi probabilmente andrà tutto bene” - e sostenere le storie di successo ha convinto le persone che l'azione patetica e logora intrapresa dai governi sia finora sufficiente. Ho perso il conto del numero enorme di persone consapevoli e politicamente impegnate che ho incontrato che non hanno idea di quanto ci sia in gioco.
Potrebbe essere che se il momento di un movimento di massa non è adesso, non ce ne sarà nessuno. Il fatto è che nessuno sa come risolvere l'enigma come persuadere l'opinione pubblica perché chieda azione per il clima. Io non ho di sicuro le risposte. Ma penso che dobbiamo contemplare l'idea che qualcosa stia andando disastrosamente male – che forse è tempo di tornare sui nostri passi e ripensare il modo in cui parliamo del cambiamento climatico.
Sono successe due cose significative da quella audizione del comitato del Senato del 1988: la prima è l'Accordo di Parigi del 2015 per cercare di limitare il riscaldamento ad 1,5°C – una ricerca uscita questa settimana mostra che questo è ancora possibile. La seconda è che grandi aree delle superpotenze globali dominanti è stata decimata da due tempeste che fanno impallidire Katrina in meno di un mese. Le circostanze sono cambiate negli ultimi 30 anni: il cambiamento climatico è un dato di fatto ora ed abbiamo un obbiettivo specifico da perseguire, per limitare il danno che causerà.
”Dobbiamo mettere in crisi il silenzio pervasivo sul cambiamento climatico” George Marshall, l'autore di “non pensarci nemmeno”, parla ad un evento organizzato da The Guardian.
Una nuova campagna potrebbe concentrarsi sulla necessità che i governi raggiungano l'obbiettivo dei 1,5°C, enfatizzando quanto sarebbero terribili le conseguenze se non lo facciamo. La gente non ha più bisogno di immaginare come sia il cambiamento climatico: possono vederlo nell'acqua del mare che ha avvolto le isole dei Caraibi, nelle case sommerse di Houston, nei bollettini di coloro che non sono riusciti a fuggire e si sono preparati a perdere tutto. In Gran Bretagna abbiamo visto l'acqua dell'alluvione inondare interi paesi; un pub che è diventato una via di transito per un fiume gonfio. E' così che si presenta una catastrofe alla porta di casa e forse è tempo che colleghiamo queste immagini al cambiamento climatico con tanto piglio quanto quello con cui l'industria dei fossili lo nega.
Potrebbe funzionare il linguaggio dell'emergenza? Non è mai stato provato con tutte le prove meteorologiche che abbiamo oggi e non abbiamo mai avuto un obbiettivo più chiaro ed unanime come quello concordato a Parigi. La sola cosa che so è che gli eventi degli ultimi mesi hanno cambiato i giochi e questo è il momento di cominciare a dibattere un modo nuovo di parlare del cambiamento climatico. Potrebbe essere che se non è questo il momento di un movimento di massa, non ce ne sarà mai uno.
• Ellie Mae O’Hagan è redattrice presso openDemocracy ed è una giornalista freelance
Abbiamo provato ad essere catastrofisti e non ha funzionato; abbiamo provato ad essere tecno-ottimisti e non ha funzionato, abbiamo provato decine di strategie comunicative diverse, forse centinaia, e non hanno funzionato. Se spaventi la gente scappa e non ti ascolta, se la tranquillizzi pensa ad altro ti pianta li. Ci sarà un grimaldello per raggiungere la coscienza delle masse?
RispondiEliminaSono d'accordo. Anche a me sembra che le abbiamo già provate tutte.
EliminaPerò... Mah, solo il tempo chiarirà questo però, anche perchè, come si suol dire, ci hanno sconfitto per sfinimento e non solo sul tema del clima.
L.
a me i catastrofisti mi ricordano il film "L'ultimo Samurai". Pochi valorosi con la katana che hanno di fronte gli eserciti armati di cannoni e di mitragliatrici delle masse di negazionisti. La katana è la prova scientifica sostenuta dalla parola e le armi delle masse sono i media. Quindi il tempo deciderà e se il tempo è galantuomo.....
EliminaMolte cose si possono dire; io mi limito rilevare come il piano del mistro gialletti da 140 miliardi in 20 anni per la sicurezza idrica ed idrogeologiche potenziamento dell'idroelettrico tramite dighe medio-piccole è troppo lungo nei tempi (si potrebbe fare tutto in 4 anni) e va ancora finanziato...Insomma senza rompere gli equilibri esistenti nella spesa pubblica fra monte stipendi degli erogatori dei servizi alla persona, (prima di tutto alla loro persona!) ed investimenti in resilienza dei suoli, dell'acqua, energetica non si va lontano...Questi equilibri crolleranno comunque a breve, bisogna vedere se appunto l'attacco al sistema degli stipendiati distato prevederà un travaso di risorse verso la resilienza od un semplice crollo per eccessivo temporeggiamento. Se vinceranno 5 stelle e lega ci sono tutti i presupposti per l'abbandono della difesa dei garantiti di stato. Il resto vedremo.
RispondiEliminaLe cose andranno per loro conto. Non la pensiamo allo stesso modo neppure tra di noi su quali passi dovrebbero essere fatti: io, ad esempio, sono solo per massimizzare la rapidità della transizione alle rinnovabili e all'economia circolare e cercare metologie CONDIVISE per prezzare le esternalità ambientali (e mediche!). Onestamente ho l'impressione che sia un problema che paragona mele con arance ma bisognerà farlo prima o poi.
RispondiEliminaImmagino potrei essere posto nell'area conservatrice della platea ambientalista.
Dalla sintesi di tutto uscirà qualcosa...sperem
siccome è impossibile trasformare 7 mld e oltre di locuste egoiste sprecone in altrettante formichine risparmiose ed essenziali, l'unica soluzione è ridurle alla miseria nera, ma ci vorrà ancora molto tempo prima che succeda. Intanto tutto continua come se non fosse mai successo niente.
RispondiEliminaForse volevi dire 4, perchè per le altre 3 e passa le rese agricole non possono bastare nel lungo (medio? breve termine considerando il rapido cambiamento climatico ?)
Eliminasarebbe meglio nel breve (pochi anni), per noi sarebbe meglio nel medio (qualche decina di anni), ma l'aumento di temperatura di 3 o 4° che determinerebbe il collasso è previsto dal 2080 in poi.
EliminaTuttavia credo che stimo sottovalutando l0incombenza dell'effetto serra, vedi siccità ed incendi 2017 in iTalia; senza un a pesante inversione delle precipitazioni invernali, la diminuzione delle falde acquifere sarà ancora più pesante in molte zone italiane nel 2018. (La diminuzione delle falde acquifere si rileva parecchi mesi dopo la siccità, e si riempiono prevalentemente nella stagione invernale, non coi temporali estivi)...Quello che voglio dire che la presenza della questione potrebbe imporsi sulla bocca di tutti da sola: dopo sarà il momento delle scelte, cioè dove tagliare.
RispondiEliminaPer cominciare potrebbe essere una buona idea chiedersi in che modo quei cinque o sei milioni di persone in più che sono arrivati dalle nostre parti (e le ulteriori centinaia di migliaia che si fa in modo che continuino ad arrivare ulteriormente ogni anno) rendono più facile affrontare le grane che ci si parano davanti. Nel nostro piccolo. Per cominciare, appunto.
RispondiEliminaVisto che si parla di clima: per prevenire un'alluvione si possono fare tante cose sul medio e lungo periodo ma, per cominciare, quanda l'alluvione è a pochi chilometri da casa tua, cominci a ammucchiare sacchetti di sabbia davanti alla porta.
Non credevo che gli esseri umani fossero tanto stolti.
RispondiEliminaDopo varie prove a sostegno di tale stoltezza, adesso credo che siamo stolti.
Riguardo al cambiamento climatico, e non solo.
Intravedo pochissima speranza.
Tiziano
no problem, già pronto motore ad acqua. Aspettano solo che finisca il petrolio. Sei tu lo stolto, che non le sai queste cose. (detto della saggezza popolare corrente).
EliminaSi dice che noi siamo la specie vivente più intelligente del pianeta Terra.
EliminaSarà ....
Io ho notato che siamo anche la specie meno saggia.
.----
Essendo intelligenti e tutt'altro che saggi, ne risulta che siamo stolti.
Noi, con la nostra stoltezza, stiamo distruggendo il nostro e altrui mondo.
Mi vergogno, di fronte al resto della natura, di essere un essere umano.
Ma non è stata una mia scelta, è stato un caso : sarei potuto nascere farfalla, o pianta, o essere parte della roccia.
Credo che un giorno sarò sotto altra forma, più degna di questa miserabile di adesso.
Tiziano
Motore ad acqua già pronto -si aspetta che finisca il petrolio ...
RispondiEliminanemmeno una faccina per segnalare che è uno scherzo?
Conosciamo Mago...
EliminaTuttavia la fuori:
Circa 10 anni fa vivevo le mie prime avventure con il mio E.V.
Mi avvicina una signora che comincia a sparlare dicedno "che tanto l'energia la fanno con il petrolio che se ne perde la metà in rete, ecc..."
Conclude dicendomi:
"E poi tanto il futuro è nell'idrogeno"
E se ne va senza ascoltare.
Forse più che UN nuovo linguaggio ne occorre(rebbero) PARECCHI, modulati sui vari contesti e sui vari pubblici di rifer.to e "spinozianamente" tesi a evitare tanto le tonalità catastrofiste quanto quelle tecno-ottimiste; si tratta cmq. di un compito decisamente impegnativo...
RispondiEliminaL'allarmismo c'è già nei mezzi di informazione perchè cominciamo a fare i conti coi cambiamenti nella vita di tutti i giorni, seppur in maniera ancora "modesta" rispetto a quello che potrebbe accadere nei prossimi anni.
RispondiEliminaSolo che forse non è ancora entrato nella testa della gente il collegamento tra i propri comportamenti quotidiani e gli effetti del GW, ma dubito che arriveranno a capirlo, visto che significherebbe modificare a fondo questi comportamenti e nella migliore delle ipotesi si cerca un capro espiatorio (scie chimiche, immigrato, governo ecc.) o si ripone una fiducia cieca nella tecnologia e nel progresso.
Allora visto che la massa non ci pensa minimamente ad autolimitarsi (ovviamente lo imporrà la termodinamica per essa) e ricerca spasmodicamente il "benessere" e/o il divertimento (chi non si nega un fine settimana in qualche capitale europea con i voli a basso costo, o una seratina al ristorante o la coda al centro commerciale la domenica mattina?), trascinando ineluttabilmente verso l'abisso anche coloro che magari hanno capito i problemi e che cercano di affrontarli, tanto vale, provocatoriamente, godersi quest'ultimo scampolo di benessere che il petrolio ci offre e che 100 anni fa certamente era una chimera solo immaginare (i nostri nonni la fame l'hanno patita) e poi si salvi chi può.
http://www.lastampa.it/2017/10/30/cronaca/dopo-la-domenica-dinferno-il-vento-si-placa-in-valsusa-ma-cresce-lallarme-nel-pinerolese-FfphmFlyfA2rnEyyXo1AdL/pagina.html
http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2017/10/30/allarme-clima-per-il-nuovo-record-negativo-di-c02-nellatmosfera_6ade191c-5f40-4b1a-8898-d550698f0b7e.html
qualche notiziola di pochi secondi sui media appare, ma è nulla a confronto delle ore e ore di grancassa, che invita al consumismo e alla gola. A proposito di questa tendenza umana è utile ascoltare il prof. Rosini qui: http://it.radiovaticana.va/news/2016/09/24/don_fabio_rosini_commenta_gli_8_pensieri_di_evagrio_pontico/1232854. Poi non conviene andare avanti con gli altri pensieri malvagi, perchè già questo ti stende mentalmente e spiritualmente. Però aiuta a capire l'impossibilità umana a cambiare paradigma e il comportamento stoico senza arrabbiature, nè disperazione dei Meadows e di Peccei di quasi 50 anni fa.
EliminaQuesta sera ho visto al cinema "Una scomoda verità 2".
RispondiEliminaIn una sala da circa 200 posti eravamo in 7!
SIAMO FOTTUTI!!!!!!!
Veramente non si riesce a capire la mancanza di interesse dei nostri consimili umani riguardo a certi film che sono molto importanti.
Elimina"Una scomoda verità 2" non lo ho visto, ma sono molto interessato a vederlo.
"Una scomoda verità", il primo film di Al Gore, mi ha sconvolto.
- Ma sono stato uno dei pochi, ad esserne sconvolto, e a capire l'importanza di quel film-documentario - sigh
Così sconvolto, che sono andato a leggere il libro "Una scomoda Verità" e anche il libro successivo di Al Gore, con estrema attenzione.
ONORE ad Al Gore.
Tiziano
Vediamola in positivo: prima ci estinguiamo, meglio è.
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