lunedì 22 maggio 2017

CONFINI 4 – Confini politici

Ultimo di quattro post.   Per le puntate precedenti, si veda qui, qui e qui.

Le comunità umane possono essere considerate, fra i tanti altri modi,  come dei sistemi ed hanno infatti dei confini, sia pure di tipo molto diverso (spesso immateriali) a seconda del tipo e del livello di complessità della società.   In ogni caso, occorre ricordare che l’esistenza e la funzionalità dei confini comporta dissipazione di energia.  In termini economici, allocazione di risorse.

Confini più ampi sono anche più costosi in termini assoluti, ma magari meno in rapporto alla loro estensione.   Inoltre, contengono sistemi più capaci di estrarre risorse e scaricare entropia  “fuori” da se stessi.

Confini meno permeabili, sono parimenti più onerosi, ma più efficaci nel controllare i flussi.  Ecco quindi che, al di la dei nostri desideri, la posizione e la natura dei confini deve essere necessariamente articolata e dinamica, riflettendo la costante evoluzione del sistema che contengono e dei rapporti di questo con ciò che interagisce con esso.


Confini politici


Oggi, il tipo di organizzazione sociale principale è quello statale ed i confini sono perlopiù quelli ereditati dal XIX secolo, con qualche aggiustamento conseguente le guerre successive.  Questo livello di integrazione è solo uno dei molti possibili e, comunque, al suo interno comprende altri livelli (regioni, provincie, comuni, ecc.).   Livelli superiori agli stati sono invece alleanze, accordi commerciali, ecc.    Sono inoltre attive numerose organizzazioni sovra-statali, come EU o addirittura globali come ONU, FMI, OMS, OUA, WB, WTO ed altre ancora.

Ad ogni livello organizzativo, corrisponde una diversa funzione ed un diverso set di sistemi di controllo.  Uno dei compiti principali di una classe dirigente è quindi quello di decidere dove e come dovrebbero essere i vari tipi di confine che disegnano le nostre società.   Una scelta difficile che dovrebbe tener conto, a mio avviso dei seguenti punti:


  • I confini cambiano necessariamente nel tempo. Pensare di fissarli una volta per sempre serve solo a farsi molto male.
  • Anche il grado ed il tipo di permeabilità dei confini variano necessariamente nel tempo.
  • Minacce diverse possono essere controllate a livelli diversi di organizzazione. Ad esempio, il contrabbando di sigarette può essere controllato dalla polizia di un singolo stato.  Il controllo dei flussi migratori richiede la collaborazione di molti stati.   La garanzia contro un’aggressione nucleare richiede, perlomeno, la copertura di un’altra potenza nucleare.

Elevare il livello organizzativo presenta dei vantaggi, ma comporta un costo di cui la comunità si deve fare carico.  Se non lo fa, semplicemente il sistema si disgrega in sotto-sistemi sempre più piccoli finché si raggiunge un livello a cui si vogliono e si possono controllare le condizioni interne in rapporto a quelle esterne.   Ma non è un processo indolore.  Ad ogni riduzione nel livello di complessità organizzativa, corrisponde necessariamente una riduzione nella capacità di quella società nel procurarsi ciò che le serve e di difendersi dalle minacce esterne.

In pratica, più piccolo è meno costoso e più gestibile.  Ma anche più povero e più vulnerabile.  Ecco perché è necessario trovare un equilibrio dinamico fra la tendenza ad aggregarsi e quella a disgregarsi.


Muri

La forma più solida ed evidente di confine è il “muro”.   Fra quelli contemporanei, il più famoso e spettacolare è quello eretto da Israele, ma ce ne sono moltissimi, in tutto il mondo ed in ogni epoca storica.   Una forma di confine che, non a caso sta venendo di moda in questi anni in cui, da una parte, alcuni paesi usciti sconfitti dalla globalizzazione (ad esempio l’Europa e gli USA) stanno cercando di proteggere quel che resta dei loro vantaggi storici.  Dall’altra, i sistemi-paese, in gran parte proprio grazie al mercato globale, dispongono ancora dei mezzi necessari per simili, costose imprese.
A che serve un muro?   Nell’immaginario collettivo, serve a sigillare un confine, ma non è così.   In realtà serve a facilitarne il controllo con forze ridotte, ma ricordiamoci i due punti fondamentali visti nel primo post di questa serie: nessun sistema esiste se non controlla i propri confini; nessun sistema può esistere all’interno di confini impermeabili.  

Il muro è quindi solamente una forma di difesa estrema di chi sta subendo l’iniziativa altrui e non è in grado di trovare soluzioni meno costose.   Se poi sia efficace o meno e per quanto tempo, dipende da caso a caso.


Disintegrazione

Dunque, abbiamo visto che l’impatto contro i Limiti della Crescita comporta, fra le molte altre cose, anche una crescente tendenza verso la frantumazione delle organizzazioni sovrastatali e statali.   Le cronache non lesinano gli esempi, ma finora, l’unica grande potenza ad essere andata parzialmente in frantumi è stata l’Unione Sovietica.   Gli altri stati importanti hanno finora resistito, in parte anche grazie alla fine dell’URSS che ha dato fiato ai vincitori.   Ma 25 anni dopo, la Russia mostra segni di un possibile nuovo cedimento, mentre l’Europa e l’India sembrano sul punto di fare la stessa fine. Gli USA seguono e perfino la Cina scricchiola.

E’ perlomeno molto probabile che, prima o poi, tutti i principali stati ed organizzazioni sovra-statali si disintegreranno, ma il punto importante è che non lo faranno né tutti insieme, né tutti allo stesso modo.

Il caso dell’URSS è un esempio da manuale del fatto che chi riesce a mantenere più a lungo un livello organizzativo superiore acquista un vantaggio competitivo notevole.   Altrimenti detto, chi muore prima, aiuta gli altri a tirare avanti ancora un po’.   Ognuno ha perciò interesse a mantenere alto il proprio livello, magari cercando di “picconare” quello degli altri.

Non è infatti facile controllare le retroazioni positive, specialmente in fase di decrescita.   Per fare un esempio, una disgregazione dell’edificio europeo consentirebbe ai singoli stati di eliminare i costi dell’eurocrazia, ma li esporrebbe all’attacco delle grandi potenze.  Probabilmente non un attacco militare: ci sono molte altre opzioni.   Per esempio, l’imposizione di scambi commerciali sfavorevoli, cosa che ci indebolirebbe ulteriormente, esponendoci ad ulteriori rischi.   Ad esempio, i singoli paesi europei potrebbero non essere più in grado di controllare le proprie frontiere (neanche volendo), con conseguenti movimenti incontrollati di persone e merci che minerebbero ulteriormente l’economia e la società. Insomma accadrebbe esattamente il contrario di quel che sognano molti nazionalisti odierni.


Semplificando al massimo con una metafora, la casa che abbiamo costruito grazie all’energia fossile sta franando, sia per i maggiori costi e la minore qualità delle risorse rimaste (rinnovabili e non), sia per l’accumulo di sostanze e materiali tossici che comincia a minare i fondamenti della nostra società (clima, pesca, foreste, barriere coralline, eccetera).   Finirà in un cumulo di macerie, ma chi abita nelle stanze che crollano per prime, farà da materasso (qualcuno lo ha già fatto) a quelli che cadranno dopo.   Quello che riuscirà a cadere per ultimo in cima al mucchio, sarà quello che si fa meno male di tutti.

Una strategia possibile?

Ovviamente, passando dalle metafore alla realtà le cose si fanno parecchio più complicate.  A cominciare dal fatto che la globalizzazione ha alzato i livelli di interdipendenza a livelli tali da rendere difficile un conflitto.  Uno dei vantaggi che la de-globalizzazione si porterà via.   Per fare un esempio, se davvero l’Europa, o gli USA andassero in frantumi, l’economia Cinese subirebbe un contraccolpo probabilmente mortale.  Questa è una delle ragioni per cui, per ora, non ci saranno conflitti diretti fra “pesci grossi”, mentre i pesci piccoli saranno progressivamente spendibili, secondo il bisogno di questo o quello dei grossi.

Al di la di questo, rimane il fatto che ogni paese dovrà trovare la sua strada fra le due opposte esigenze. Da un lato, occorre ridurre la complessità per contenere i consumi e gli impatti (oltre che la popolazione, ma questo non si dice perché è brutto).  Dall’altro bisogna mantenere, se possibile accrescere la dimensione e la complessità per evitare di essere schiacciati dai vicini, parimenti in difficoltà.

Una partita quindi che andrebbe giocata su due tavoli contemporaneamente.  Da un lato, favorire e sostenere la diffusione di tecniche e modelli sociali il meno impattanti possibile.  Dunque favorire una controllata discesa verso modelli organizzativi di dimensione decrescente (le famose economie locali, ecc.).   Dall’altra, sviluppare livelli maggiori di integrazione sovranazionale (federazioni, alleanze, ecc.) in grado di opporsi almeno per un certo periodo alle brame altrui su quel che resta della nostra eredità storica.   Un gioco che, comunque, non potrebbe durare per molto, ma che potrebbe permetterci un impatto molto meno violento contro il nostro fato.  Guarda caso entrambe queste strategie tendono a svuotare il livello statale che, non a caso, si sta opponendo con tutte le proprie, notevoli forze ad entrambe.  Resta da vedere se davvero dei livelli organizzativi di tipo ottocentesco siano indicati a fronteggiare il presente ed il futuro prossimo.

Un altro pezzo importante di una strategia di rallentamento del declino, è quello di danneggiare i soggetti esteri potenzialmente ostili per renderli inoffensivi e, se possibile, abbastanza fragili da poter essere poi sfruttati.   Contemporaneamente, accrescere invece la collaborazione con i soggetti con cui abbiamo interessi comuni da difendere.  Insomma niente di concettualmente diverso da quello che gli stati hanno sempre fatto e che oggi altri fanno molto meglio di noi.   USA, Russia e Cina stanno tutti facendo questo gioco, sia pure con metodi e scopi diversi.

Gli americani picconano la stabilità della nostra moneta e giocano di sponda fra le tradizionali inimicizie  europee.   I russi finanziano i vovimenti neo-fascisti e nazionalisti.   I cinesi stanno saccheggiando quel che è rimasto dell’Africa, scaricando a noi la massa di gente in esubero. Comunque, man mano che ci indeboliamo, diventa più facile soffiarci altre fette del bottino che abbiamo accumulato nei due secoli in cui diversi paesi europei si sono alternati nel condurre questo gioco.

La dinamica è infinitamente più complessa, ma in fondo concettualmente simile dal sistema delle razzie che tanta parte ha nell’economia e nell’ecologia dei popoli primitivi.

Conclusioni

Per quanto riguarda l’UE, il panorama politico europeo è oggi dominato sostanzialmente da due tipi di formazioni.

In primis, le forze che tuttora controllano i governi nazionali e che sono autenticamente “euroscettiche”.   Nel senso che vogliono mantenere in piedi le strutture attuali, ma svuotate di sostanza in modo da limitare al minimo indispensabile  la perdita di potere che investirebbe gran parte delle classi dirigenti nazionali se si formassero classi dirigenti federali.   In altre parole, vogliono la scatola, ma il più vuota possibile.

L’altro gruppo, che annovera la maggior parte dei partiti di opposizione principali, comprende coloro che vogliono fare a pezzi la scatola, sognando scenari di benessere e libertà in linea con la robusta tradizione utopistica della nostra cultura.

Indipendentemente dai casi particolari, anche molto diversi, il mio giudizio personale è che i primi (l’attuale classe dirigente) non ha giustificazione alcuna.  Sono stati loro a svuotare l’EU di qualunque contenuto ideale, ma sono stati parimenti loro a spingere il processo di globalizzazione che tanto ha fatto per minare le fondamenta materiali d’Europa.

Oggi molti confondono questi due processi, mentre, come ho cercato di spiegare nei precedenti post, erano e restano antitetici.  L’europeizzazione consiste infatti in un processo di progressiva eliminazione degli antichi confini statali, sostituendoli con un più consistente confine collettivo.

Cioè un processo che avrebbe dovuto portare alla creazione di un sistema capace di trattare con USA e Russia da pari a pari.  In un simile contesto, probabilmente, la Cina sarebbe rimasta marginale.
La globalizzazione, come abbiamo visto, tende invece all’eliminazione di ogni confine economico a livello mondiale. Dal nostro punto di vista, ciò ha significato soprattutto la massiccia esportazione di capitali e tecnologie verso paesi almeno potenzialmente ostili.  Difficile immaginare un suicidio più sicuro per una società industriale, già alle prese con le prime avvisaglie dello scontro finale contro i Limiti dello Sviluppo.

La seconda categoria, quella che definirei degli eurofobi, è molto più eterogenea e comprende anche persone colte ed intelligenti che poco hanno a che fare con il becero neo-populismo maschilista di molti gruppi attivi in questo campo.   Conoscendo e stimando alcuni di loro, credo che come movente di fondo abbiano un profondo senso di tradimento.   Un sentimento peraltro giustificato da quanto detto qui sopra.

Tuttavia, se la dinamica dei sistemi ci può insegnare qualcosa a questo proposito, ridurre il proprio grado di complessità consente sì di ridurre i costi di  mantenimento delle sovrastrutture, ma al prezzo di ridurre anche la propria capacità di assorbire bassa entropia ed espellerne di alta.   E si tratta di una retroazione positiva in uno scenario globale senza precedenti storici.   In pratica, i due scopi dichiarati: rilancio delle economie nazionali e recupero della sovranità  sarebbero i risultati più improbabili di una simile operazione.   Pensare che un “oggetto” come l’Italia o la Germania possa rivendicare un effettiva sovranità nei confronti di soggetti della taglia geopolitica di USA, Russia e Cina, è un po’ come pensare che S. Marino potrebbe fare qualcosa contro la volontà del governo italiano.

D'altronde, non dobbiamo dimenticare che chi dobbiamo assolutamente salvare non è la nostra civiltà o le nostre persone, bensì la Biosfera.   Altrimenti non ci saranno in futuro né civiltà, né umani, né niente del tutto.   E dal punto di vista della Biosfera, qualunque cosa è meglio del prolungarsi della presente agonia.

In parole povere, ciò che ci potrebbe favorire nell'immediato, necessariamente ci nuoce in prospettiva e viceversa.

Forse, accelerare i tempi del proprio collasso è la cosa più altruista che una società possa fare.   Resta da vedere se ne è cosciente.


36 commenti:

  1. Caro Iacopo,
    molto lucida a mio parere e per molti versi illuminante la tua interpretazione della realtà. A parte l'errore di battitura.... "I russi finanziano i vovimenti neo-fascisti e nazionalisti" ... questo lo fanno tutte le superpotenze vedi gli USA in Ucraina e la Cina in Korea del nord ec... Una cosa è certa: se non saremo in grado di auto imporci magari lanciando una nuova forma di moda, più che cultura, per una sana dieta tipo "mima digiono",accellereremo sempre di più l'avanzare di varie malattie se non anche l'infarto improvviso. Ciao a presto.

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  2. quindi, oltre ai tradizionali conflitti per il petrolio mediorientali e arabi, dobbiamo aspettarci guerre in America centrale e meridionale, Asia del sud e Africa. Se fanno in tempo a scappare, l'Europa sarà la destinazione più gettonata. Papa Francesco e le lobby scoppieranno di gioia nelle loro residenze protette. Gli altri si arrangino, come è successo a me e ad altri stamani al supermercato, dove un nero senza spesa per uscire ha fatto allontanare tutti dalla cassa. Un disagio minimo, ma che riflette la logica di tutti, bianchi e neri.

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  3. grazie Jacopo, condivido le tue conclusioni.
    come arrivarci?
    secondo un percorso morale, trascendente, non certo concettuale.
    bisognerebbe allargare la prospettiva, vedersi da distanze siderali, come esseri insignificanti nel tempo e nello spazio, ci renderemmo conto che sono molte più le cose che ci uniscono, che ci rendono simili, piuttosto che quelle che ci dividono o rendono diversi uno dall'altro, adottando invece la diffusa e istintiva (o insegnata e trasmessa? ) prospettiva "bidimensionale".
    tutta la razza umana diverrebbe una sola tribù, e non solo, l'idea di comunità abbraccerebbe tutta la Biosfera... guerre, accumulo, paure, dominio, egoismo, svanirebbero perchè sono conseguenze di un paradigma centrato sull'individuo, o su sfere di poco più ampie, "microsistemi", per dirla in accordo ai tuoi post.

    "..in fondo concettualmente simile dal sistema delle razzie che tanta parte ha nell’economia e nell’ecologia dei popoli primitivi."
    i popoli primitivi collaboravano col loro clan, ed erano in competizione, anche violenta, con gli altri.. se modificassimo, estendendolo, il concetto di clan, tribù?
    credo che la nostra base genetica ed emotiva sarebbe pronta per adattarsi ad un paradigma più ampio, coerente, saggio e funzionale, non si tratterebbe neanche di forzare la nostra natura, credo.

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    1. Popoli primitivi e popoli civilizzati.
      .----
      Sono vissuti circa 100 miliardi di esseri umani, da che è comparso Homo.
      In forma primitiva, la maggioranza, circa 55 miliardi.
      Civilizzati, la minoranza (45 miliardi).
      .----
      I popoli primitivi, in forma di tribù, hanno delle scaramucce lungo i confini, piccole battaglie, solo per intimorire e tenere a debita distanza i popoli vicini.
      (come fanno quasi tutti gli animali con i loro consimili)
      .----
      I popoli civilizzati, fanno le guerra per sottomettere.
      .----
      I popoli primitivi, hanno danneggiato pochissimo la natura.
      .----
      Noi, popoli civilizzati, l'abbiamo gravemente danneggiata, e la stiamo finendo di distruggere, di estinguere.
      (la globalizzazione stà dando il colpo di grazia)

      Gianni Tiziano

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    2. Guido, pensiero bello, ma utopico.

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    3. Mago, purtroppo lo so, dico solo che secondo me un cambiamento non è etologicamente e socialmente impossibile, a prescindere dalle possibilità che ciò possa realmente avvenire..
      solo la Termodinamica (e la sua decisiva influenza, recentemente ipotizzata, sui meccanismi evolutivi) ci remerebbe contro, da quello che il mio cervello comprende (in senso anche sistemico..);
      poter opporsi alla massimizzazione dell'Entropia della nostra enorme Struttura Dissipativa sarebbe una capacità unica dal punto di vista strettamente evolutivo/termodinamico, che potrebbe quasi segnare un punto a favore di chi assegna all'essere umano una Natura Divina, in quanto in opposizione a leggi apparentemente universali..

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    4. finchè siamo su questo pianeta siamo soggetti alle leggi della termodinamica. Poi in un mondo a n dimensioni come penso sia il Paradiso la natura umana trasla in quella Divina, ma già uscire dagli schemi di pensiero umani è molto confortevole e gratificante. In fondo basta chiedere a Gesù come fare e ricercare la Sua Grazia.Il Paradiso è dei semplici.

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  4. ed io dovrei salvare la biosfera?... la salvino gli ammere-cani che consumano il 5o quintuplo di quello che consumiamo noi famiglia del nord bg.
    ad ogni modo io accelelerei i tempi per un grosso grasso collasso... e chi s'è visto s'è visto... tanto manca poco. grazie Simonetta per il tuo lavoro. saluti t l

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    1. un grosso grasso collasso come "La grande abbuffata". Penso che Simonetta abbia pienamente ragione, vista l'impossibilità dell'umanità a cambiare regime, quando dice che la scelta più altruista per una società corrotta e perversa è accelerare la propria fine. E' quello che il grande Tognazzi con Noiret e Ferreol hanno fatto nel film di sopra e quello che fanno i dannati nella loro ricerca dell'inferno.

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    2. good, mago. anche nel tuo nomen omen. gran bel film l'abbuffata, m'è n'ero dimenticato, saluti. t l

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    3. good, mago. anche nel tuo nomen omen. gran bel film l'abbuffata, m'è n'ero dimenticato, saluti. t l

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  5. Confini .... innaturali.

    Gianni Tiziano

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  6. R"Da un lato, favorire e sostenere la diffusione di tecniche e modelli sociali il meno impattanti possibile. Dunque favorire una controllata discesa verso modelli organizzativi di dimensione decrescente (le famose economie locali, ecc.). Dall’altra, sviluppare livelli maggiori di integrazione sovranazionale (federazioni, alleanze, ecc.) in grado di opporsi almeno per un certo periodo alle brame altrui su quel che resta della nostra eredità storica. Un gioco che, comunque, non potrebbe durare per molto, ma che potrebbe permetterci un impatto molto meno violento contro il nostro fato. Guarda caso entrambe queste strategie tendono a svuotare il livello statale che, non a caso, si sta opponendo con tutte le proprie, notevoli forze ad entrambe." Eccezionale: centrata in pieno anche la questione "italiana" ..Complimenti per la chiarezza ed il focus sul pezzo.

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  7. R "D'altronde, non dobbiamo dimenticare che chi dobbiamo assolutamente salvare non è la nostra civiltà o le nostre persone, bensì la Biosfera. Altrimenti non ci saranno in futuro né civiltà, né umani, né niente del tutto. E dal punto di vista della Biosfera, qualunque cosa è meglio del prolungarsi della presente agonia.

    In parole povere, ciò che ci potrebbe favorire nell'immediato, necessariamente ci nuoce in prospettiva e viceversa.

    Forse, accelerare i tempi del proprio collasso è la cosa più altruista che una società possa fare. Resta da vedere se ne è cosciente." Eccezionale ancora: ecco perchè credo che un collasso rapido economico potrebbe essere garantito dal blocco rapido della corrente del golfo; d'altro in canto, in Italia le forze più retrive sono quelle statali che non si occupano di ricerca e sostenibilità (cioè il 99% delle risorse mediate dallo stato, e beninteso che non intendo come ricerca positiva quella medica, del tutto energivora anche nell'utilizzo e vacua ed insostenibile a parte i vaccini che per fortuna già abbiamo)

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  8. ...Dopotutto si tratta di spiegare ai tacchini, ormai giunti a Novembre, che il Natale è cosa buona e giusta: peccato che anche volendo i tacchini non possono capirci.

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  9. Mi chiedo perché le elite dirigenti globali continuino a spingere sull'acceleratore nell'opera di distruzione delle risorse del pianeta e dell'ambiente. E sicuramente a quei livelli di potere conoscono i concetti di finitezza delle risorse, di collasso delle civiltà, ecc, ecc. In altre parole sono ben coscienti della prossima fine dei giochi;
    Ma vanno avanti come un treno nel perseguire il BAU. La nave su cui viaggiano è la stessa di tutti noi. A meno di disporre di rifugi ultra fantascientifici da film, si troveranno a condividere lo stesso inferno postapocalittico ambientale, forse meno scomodamente delle masse, ma sempre un inferno post apocalittico,

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    1. segnalo questo : https://it.businessinsider.com/la-nuova-rivoluzione-energetica-e-il-ghiaccio-che-brucia-nei-clatrati-sotto-gli-oceani-ce-metano-per-secoli/

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  10. http://sbilanciamoci.info/leconomia-che-trasforma/
    Speriamo che il cambiamento avvenga dal basso.
    Io non vedo male neppure l'idea di un'Europa a due velocità.
    Ma sono cose complicate, bisognerebbe saperne di più.
    Angelo

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  11. Come rappresentazione grafica delle comunità umane ho in mente più che dei sistemi un caleidoscopio. Come dicono i giovani fa lol ;)

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  12. Nell'analisi manca completamente il processo di decolonizzazione, che ha portato all'aumento nell'ultimo secolo delle entità statali. Lo stato mi sembra ora il livello più efficiente (vedi Svizzera, Svezia, Corea del Sud, ecc.) per gestire il rapporto anche con vicini ingombranti.

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  13. R " Lo stato mi sembra ora il livello più efficiente (vedi Svizzera, Svezia, Corea del Sud, ecc.) per gestire il rapporto anche con vicini ingombranti"...nel caso della Svizzera sono i ricchi ed i potenti di tutto il mondo ad avere interesse diretto a preservarne l'autonomia bancaria; quanto alla Svezia necessariamente ti devi riferire ai rapporti storici con l'ingombrante Russia, nel qual caso però avresti dovuto parlare ok di Svezia ma molto più della Finlandia: no, caschi male anche qui...Sia Svezia che Finlandia hanno speso quote relative del loro PIl molto più basse della Russia in armamenti, e cmq anche avessero speso il loro doppio o triplo relativo non avrebbero comunque potuto resistere ad un attacco della Russia (che a sua volta sarebbe capitolata in poche settimane di fronte ad un confronto diretto con la NATO): quindi ti sbagli alla grande anche qui...Affiancare le parole stato centrale ed efficienza è un ossimoro; (un po' diverso e meno sprecone per sua natura uno stato federale, ma nel bellissimo post non si diceva certo che anche uno stato federale non debba cedere quote importanti di risorse ad un locale sempre più puntiforme)...QUINDI è IMPOSSIBILE CHE TU NON CAPISCA che stato ed efficienza sono un ossimoro: la tua è certamente una difesa d'ufficio interessata.

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    1. Affermazioni senza numeri di questo genere mi sembrano parecchio simili alle spiegazioni astrologiche e psicologiche dei fenomeni.

      E le accuse di malafede al sottoscritto del tuo commento di qualificano da sole e non meritano nessuna risposta ulteriore.

      Ribadisco. Nei quattro post manca completamente una valutazione sistemica del processo di decolonizzazione e di disgregazione degli imperi, che ha AUMENTATO negli ultimi 100 anni il numero di entità statali, alla faccia della teoria che ci sarebbe una tendenziale spinta alla aggregazione. La spinta è all'interdipendenza pacifica tra le sempre più numerose entità statali AUTONOME. Breve elenco: si è disgregato l'impero austro-ungarico, quello ottomano, quello inglese, quello francese. Ultimamente si è parzialmente disgregato l'impero russo, è esplosa la ex Jugoslavia, si è consensualmente spezzata la Cecoslovacchia, ecc. Questo fenomeno di aumento del numero degli stati è andato di pari passo con l'aumento del commercio mondiale (quindi con l'interdipendenza; è però un fattore di autonomia delle comunità molto spiccato).

      Mentre il mercato comune europeo ha assecondato il processo di aumento dell'interdipendenza che è secoli che prosegue a livello globale, il processo di aggregazione della UE in una unica entità statale è assolutamente un processo antistorico, unico al mondo. E spinto avanti contro ogni logica. Facendo danni enormi (si veda ola voce disoccupazione).

      P.s. chi pensa che stato efficiente sia un ossimoro è probabilmente un cripto anarco liberista, impregnato della cultura del mercato propagandata dai media. Convinto che il dio mercato ci salverà. Non succederà. Sarà la cooperazione pacifica tra comunità (statali? regionali?) a salvarci. Non la competizione del mercato.

      Il livello statale di organizzazione è più efficiente sia della piccola comunità sia del gigantesco stato federale/imperiale. Ci sono i numeri a dimostrarlo. Non ho intenzione di fornirli, sono noti. Se uno vuole imparare deve fare da solo il percorso. È una questione di scelte personali. Se uno ha dei bias i numeri non servirebbero: i bias verrebbero difesi contro ogni logica. Vale anche per me ovviamente. Quindi ci tengo a non pensare di avere ragione. Prego quindi di aggiungere un "mi sembra" davanti a ogni frase che abbia scritto in modo un po' troppo saccente. Chiedo scusa ma non mi piace essere offeso gratuitamente.

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    2. R "Il livello statale di organizzazione è più efficiente sia della piccola comunità sia del gigantesco stato federale/imperiale. Ci sono i numeri a dimostrarlo. Non ho intenzione di fornirli, sono noti" ...A me non devi fornire alcun numero; se avessi letto i limiti dello sviluppo rivisitati del prof. Bardi sapresti che dal punto di vista termodinamico piccolo è più resiliente di grande, soprattutto quando lo stato centrale non si occupa prevalentemente di ricerca di base e dei materiali, o di progettazione ed integrazione di microdighe e smart grids elettriche, ma di welfare state...R"Se uno vuole imparare deve fare da solo il percorso. "...no guarda, basta leggere un pò di più...Quindi evidentemente non hai capito che stato centrale e resilienza sono un ossimoro...

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    3. Credo che dobbiamo imparare ancora moltissimo dalla biologia più che dalla Storia.
      Non che la Storia non abbia molto da insegnare, ma la biologia, attraverso la botanica e la zoologia e l'etologia animale, ci mostra come ogni specie cerca di stare al mondo il più a lungo possibile, lottando e collaborando con tutte le altre.In modi che
      sono di una ingegnosità stupefacente.
      L'affermazione di Stefano Lomgagnani:
      "Il livello statale di organizzazione è più efficiente sia della piccola comunità sia del gigantesco stato federale/imperiale. Ci sono i numeri a dimostrarlo. Non ho intenzione di fornirli, sono noti", credo dovrebbe essere corretta specificando che ci sono stati più efficienti e meno efficienti.
      E lo stesso vale per piccole comunità.
      Certamente, Stati imperiali sono intrinsecamente fragili, proprio perchè all'aumentare della dimensione di uno Stato, la difficoltà del controllo dei suoi appartenenti, umani, bisogna ricordarlo, si fa molto più difficile, in proporzione.
      Ma la maggiore o minore efficienza degli Stati dipende da tanti e diversi fattori, che è incauto generalizzare.
      Comunque credo che siamo vicine ad un confine, etologico.
      Il nostro comportamento di umani sta producendo retroazioni di genere positivo e negativo che sono catastrofiche, usando questo aggettivo nell'accezione che forse avrebbe adoperato il matematico Renè Thom.*
      Oltre il confine potrebbe esserci un declino più o meno rapido e violento della nostra specie, ma penso che ancora possa essere evitabile.
      Ma pure una lunga prosecuzione che per certi aspetti è molto difficile da immaginare.
      Sempre che accettiamo quello che la Storia comunque ci ha insegnato fino ad ora e che la biologia ci sta insegnando da sempre, ma da non molto più che mai.
      Sopratutto che ogni cosa ha un suo limite intrinseco.Insuperabile, ineluttabile, ineludibile.
      Chi troppo vuole (sovente) nulla stringe.
      L'Homo Sapiens Sapiens scopertone uno lo accetta, e ne cerca un altro che ancora gli appare valga la pena di essere sfidato.
      Quello insipiens lo rifiuta, così, per sentirsi invano più libero e potente.

      * https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_delle_catastrofi

      Marco Sclarandis

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  14. "Ad esempio, i singoli paesi europei potrebbero non essere più in grado di controllare le proprie frontiere (neanche volendo), con conseguenti movimenti incontrollati di persone e merci che minerebbero ulteriormente l’economia e la società. Insomma accadrebbe esattamente il contrario di quel che sognano molti nazionalisti odierni."
    I movimenti incontrollati sono già in atto:
    http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/05/23/66-mln-migranti-in-attesa-venire-europa_f3725db7-112b-4dcc-b4b1-c8209a44fd57.html

    Poocessi di disgregazione a causa dell'impatto contro I Limiti della Crescita:
    http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/americalatina/2017/05/25/brasile-proteste-e-vandalismo-a-brasilia-ministeri-evacuati-_9a9180b9-5619-4336-bbce-e23f8a36b7c9.html

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  15. Probab.te lo spunto più interessante contenuto nell'articolo sta nell'invito a ridimensionare il livello economico-politico-amministrativo stato-nazionale (di matrice idealistico-romantica ottocentesca e ormai chiaramente inadeguato ad affrontare le principali criticità ambientali e sociali contemporanee) per potenziare (da un lato) quello locale/regionale e (dall'altro) quello inter/transnazionale: obiettivo ambizioso e impegnativo ma fondamentale...

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  16. Piccolo OT

    Ho l'impressione che stiamo per risvegliare il Balrog...

    https://it.businessinsider.com/la-nuova-rivoluzione-energetica-e-il-ghiaccio-che-brucia-nei-clatrati-sotto-gli-oceani-ce-metano-per-secoli/

    Possiamo solo sperare che l'EROEI sia così svantaggioso ed i costi così elevati da scoraggiarne l'uso

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    2. Andrea,
      speriamolo ....
      dovremmo anche smettere di bruciare combustibili fossili e ridurci da 7 miliardi e mezzo, a 50 milioni.
      Soprattutto, dovremmo cambiare il pensiero, da antropocentrico a ecocentrico.
      Io l'ho già fatto.

      Gianni Tiziano

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  17. I confini, sono confini innaturali, come innaturale è la civiltà.
    Francamente, fanno ridere. Sono una delle tante stupidate che sono state inventate dalle civiltà, dalla civiltà.
    Tutta la natura desidera liberarsi della civiltà.
    Ad esempio ....
    i paracarri in ferro non si autoproducono, sono innaturali, tendono a disfarsi, a tramutarsi in ruggine.
    Non nascono autonomamente.
    Il minerale, non vuole essere paracarro.
    Noi forziamo il minerale che vorrebbe essere consociato a suo modo, ad essere paracarro.
    Una follia tutta umana.
    Così è per i soldi, i ponti, le navi, gli aerei, le auto, i computers.
    No si autoproducono.
    Se lasciati a se stessi, ritornano ad essere minerale.
    Questa è la loro volontà.
    Gli alberi si autoproducono, gli animali si autoproducono.
    I confini statali, sono una invenzione umana, l'ennesima idiozia delle civiltà, della civiltà.
    La parte sana della natura, non li vuole.
    La parte malata della natura, li tiene vivi, una idea che è viva : l'astrazione del pensiero umano, che la civiltà ci ha indottrinato ad usare in modo perverso.

    Gianni Tiziano

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    1. Mah, i minerali non posseggono intenzioni, ragioni e finalità.
      D'altra parte anche le cellule hanno una membrana delimitante. E' il loro confine.
      "Qualsiasi organizzazione è soggetta a flussi in entrata e in uscita di materia, energia e informazione. La dinamica di questi flussi genera "complessità". Bisogna "gestire la complessità". Ma prima bisogna percepirla, concepirla e comprenderla come tale. Una visione semplificata della realtà spesso origina risultati disastrosi".
      "Complessità ecosistemi creatività" Paolo Dell'Aversana
      Angelo

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    2. http://complecreat.blogspot.it/p/blog-page.html
      Il blog di Paolo Dell'Aversana.
      Angelo

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    3. Ahhhhhhh .....
      Bisogna "gestire la complessità", afferma Paolo Dell'Aversana.
      Ma .... noi esseri umani lo sappiamo fare ?
      .----
      Osserviamo cosa stiamo facendo al pianeta Terra.
      Alteriamo il clima, estinguiamo le specie viventi complesse, inquiniamo suoli, oceani ed aria.
      Sempre di più.
      .----
      Noi esseri umani non abbiamo compreso la complessità del "sistema Terra".
      Abbiamo la capacità di gestirla ?
      NO.

      Gianni Tiziano

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    4. Siamo parte della complessità del sistema terra.
      Non veniamo dal nulla e non siamo sbarcati da un altro pianeta.
      Tutto quello che succede è il prodotto di una lunghissima evoluzione.
      Voler dare la colpa all'uomo per quello che sta accadendo alla terra è semplicistico e un po' antropocentrico.
      Gestire la complessità significa prima di tutto vederla, come nell'articolo qui sopra, che mi sembra corretto. Cosa dovremmo fare, mollare tutto domani e andare a vivere nei boschi? A parte che non lo farebbe nessuno, ma poi quanti sarebbero in grado di sopravvivere?
      Quella che chiami la natura è una idealizzazione romantica. Un quadretto da appendere alla parete.
      Anch'io ho a cuore gli animali. Semplicemente non mi nutro di carne. Punto.
      Facci un pensierino anche tu Gianni.
      Angelo

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    5. L'inquinamento e il Global Warming sono causati dalle azioni sconsiderate degli esseri umani.
      La complessità causata dalla civiltà (tecnologia, energia nucleare, combustibili fossili, esternalità dei rifornimenti alimentari ed idrici) è una complessità artificiale sovrapposta a quella naturale.
      Io direi che prima di tutto dobbiamo capire che la civiltà e' un tragico errore, secondariamente programmare una veloce transizione che porti gli esseri umani a vivere senza tutta quella complessità artificiale.
      Quella che chiamo natura la vedo ogni giorno qui fuori di casa mia, vivo ai confini di un bosco selvatico, in Trentino, e la natura è reale.
      Tu forse vivi in città o in una ambiente dove la natura è stata fortemente addomesticata, e non riesci a capire i miei discorsi.
      Amare la natura, esserne parte, non implica essere vegetariani, è tutto un altro discorso, difatti io mi riferisco alla relazione di tipo paritario che hanno i popoli che sono cacciatori-raccoglitori (anche pescatori), col resto della natura di cui fanno parte.
      Io cerco di mangiare poca carne, comunque, penso che in questa fase congiunturale sia una buona scelta, visto che una proteina animale consuma dieci volte più territorio che una proteina vegetale.
      C'è il grande problema della sovrappopolazione.
      Ciao

      Tiziano

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    6. "La complessità causata dalla civiltà (tecnologia, energia nucleare, combustibili fossili, esternalità dei rifornimenti alimentari ed idrici) è una complessità artificiale sovrapposta a quella naturale".
      E' qui il punto. Cos'è naturale e cosa è artificiale?
      Io vivo da sempre in campagna e data la mia vetusta età ho assistito al passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale ed oltre. Qui c'è molto spazio. La sovrappopolazione non si percepisce affatto. Nel tempo i campi si sono svuotati di chi li lavorava e sono rimasti solo i trattori. Preferivo prima.
      Angelo

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