Se i livelli di popolazione continuano ad aumentare al tasso attuale, i nostri nipoti vedranno la Terra sprofondata in una crisi ambientale senza precedenti, sostiene lo scienziato computazionale Stephen Emmott in in questo estratto dal suo libro Dieci Miliardi
Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Luca Pardi)
Di Stephen Emmott
La Terra è la casa di milioni di specie. Solo una la domina. Noi. La nostra intelligenza, la nostra inventiva e le nostre attività hanno modificato quasi ogni parte del nostro pianeta. Di fatto stiamo avendo un profondo impatto su di esso. Di fatto, la nostra intelligenza, la nostra inventiva e le nostre attività ora sono i motori di ogni problema globale che affrontiamo. Ed ognuno di questi problemi sta accelerando man mano che continuiamo a crescere verso una popolazione globale di 10 miliardi. Di fatto, credo che possiamo giustamente definire un'emergenza la situazione in cui ci troviamo – una emergenza planetaria senza precedenti.
Noi esseri umani siamo emersi come specie circa 200.000 anni fa. In tempi geologici, è un tempo davvero molto recente. Solo 100.000 anni fa, eravamo solo un milione. Nel 1800, solo 200 anni fa, eravamo 1 miliardo. Nel 1960, eravamo 3 miliardi. Ora siamo oltre 7 miliardi. Nel 2015, i vostri figli o i figli dei vostri figli, vivranno su un pianeta con almeno 9 miliardi di altre persone. Ad un certo punto verso la fine del secolo, ci saranno almeno 10 miliardi di persone. Probabilmente di più.
Siamo arrivati dove siamo grazie ad diverse civiltà – e di “eventi” che hanno plasmato la società, in particolare la rivoluzione agricola, quella scientifica e quella industriale e, in Occidente, quella della salute pubblica. Nel 1980, eravamo 4 miliardi sul pianeta. Solo 10 anni dopo, nel 1990, eravamo 5 miliardi. Da questo momento i primi segni delle conseguenze della nostra crescita hanno iniziato a manifestarsi. Non ultimo fra questi segni è stato sull'acqua. La nostra domanda di acqua – non solo l'acqua che abbiamo bevuto, ma l'acqua che ci è servita per produrre cibo e per fare tutte le cose che stavamo consumando – stava andando alle stelle. Ma stava per cominciare ad accadere qualcosa all'acqua.
Nel 1984 i giornalisti hanno fatto un servizio dall'Etiopia sulla carestia di proporzioni bibliche causata da una diffusa siccità. Siccità ed alluvioni inusuali stavano aumentando ovunque: Australia, Asia, Stati Uniti, Europa. L'acqua, una risorsa vitale che pensavamo come abbondante, ora all'improvviso era qualcosa di potenzialmente scarso. Nel 2000 eravamo 6 miliardi. Stava diventando chiaro alla comunità scientifica mondiale che l'accumulo nell'atmosfera di CO2, metano ed altri gas serra – conseguenza dell'aumento dell'agricoltura, dell'uso della terra e della produzione, lavorazione e trasporto di tutto ciò che stavamo consumando – stava cambiando il clima. E che, di conseguenza, avevamo problemi seri fra le mani. Il 1998 era stato l'anno più caldo mai registrato. I 10 anni più caldi mai registrati si sono verificati dal 1998.
Sentiamo il termine “clima” ogni giorno, quindi vale la pena pensare a quello che intendiamo realmente con questo. Ovviamente, “clima” non è la stessa cosa di Meteo. Il clima è uno dei sistemi di supporto vitale fondamentali della Terra. E' generato da quattro componenti: l'atmosfera (l'aria che respiriamo); l'idrosfera (l'acqua del pianeta); la criosfera (le calotte glaciali ed i ghiacciai) e la biosfera (le piante e gli animali del pianeta). Al momento, le nostre attività hanno iniziato a modificare ognuna di queste componenti. Le nostre emissioni di CO2 modificano l'atmosfera. Il nostro uso d'acqua in aumento ha iniziato a modificare la criosfera, in particolare per quanto riguarda la riduzione inaspettata delle calotte glaciali di Artico e Groenlandia. Il nostro uso di terra in aumento, per l'agricoltura, le città, le strade, l'estrazione mineraria – così come tutto l'inquinamento che avevamo creato – aveva iniziato a modificare la nostra biosfera. O, per dirla in un altro modo, avevamo iniziato a cambiare il nostro clima.
Ora siamo più di 7 miliardi sulla Terra. Mentre il nostro numero continua a crescere, continuiamo ad aumentare la nostra necessità di molta più acqua, molto più cibo, molta più terra, molti più trasporti e molta più energia. Di conseguenza, stiamo accelerando il tasso al quale stiamo cambiando il clima. Di fatto, le nostre attività non sono solo completamente interconnesse col sistema complesso in cui viviamo, ma col quale ora interagiamo anche: la Terra. E' importante capire come è connesso tutto quanto.
Prendiamo un aspetto, ancora poco conosciuto ma importante, dell'aumento dell'uso di acqua: “l'acqua nascosta”. L'acqua nascosta è acqua usata per produrre le cose che consumiamo ma che di solito non pensiamo contengano acqua. Fra queste cose ci sono pollo, manzo, macchine, cioccolato e cellulari. Per esempio: ci vogliono circa 3.000 litri di acqua per produrre un hamburger. Nel 2012, sono stati consumati circa 5 miliardi di hamburger nel solo Regno Unito. Significano 15 trilioni di litri di acqua in hamburger solo nel Regno Unito. Negli Stati Uniti sono stati consumati qualcosa come 14 miliardi di hamburger nel 2012. Sono circa 42 trilioni di litri d'acqua. Per produrre hamburger negli Stati Uniti. In un anno. Ci vogliono 9.000 litri d'acqua per produrre un pollo. Nel solo Regno Unito abbiamo consumato circa un miliardo di polli nel 2012. Ci vogliono circa 27.000 litri d'acqua per produrre un chilo di cioccolato. Sono circa 2.700 litri d'acqua per ogni barretta di cioccolato. Questa dovrebbe essere di sicuro una cosa a cui pensare mentre stiamo rannicchiati su un divano in pigiamo a mangiare cioccolato. Ma ho cattive notizie sui pigiami. Perché temo che al vostro pigiama di cotone servano 9.000 litri d'acqua per essere prodotto. E ci vogliono 100 litri d'acqua per produrre una tazza di caffè. E questo prima che venga aggiunta realmente acqua al vostro caffè.
Probabilmente, abbiamo bevuto circa 20 miliardi di tazze di caffè lo scorso anno nel Regno Unito. E ironia delle ironie – ci vogliono circa quattro litri d'acqua per produrre una bottiglia di plastica per l'acqua da un litro. Nel solo Regno Unito, abbiamo comprato, bevuto e buttato via nove miliardi di bottiglie d'acqua di plastica. Cioè 36 miliardi di litri d'acqua, usata in modo del tutto non necessario. Acqua sprecata per produrre bottiglie... per l'acqua. E ci vogliono circa 72.000 litri d'acqua per produrre un chip che solitamente alimenta il vostro portatile, navigatore satellitare, iPad e la vostra macchina. Sono stati prodotti due miliardi di tali chip nel 2012. Cioè 145 trilioni di litri d'acqua. In chip semiconduttori. In breve, stiamo consumando acqua, come anche cibo, ad un tasso che è del tutto insostenibile.
La domanda di terra per il cibo raddoppierà – come minimo – nel 2050 e triplicherà – come minimo – per la fine di questo secolo. Ciò significa che la pressione per abbattere molte delle foreste tropicali mondiali che rimangono per uso umano si intensificherà di decennio in decennio, perché questa è questa principalmente la sola terra disponibile che rimane per espandere l'agricoltura su scala. A meno che la Siberia non fonda prima che finiamo di deforestare. Nel 2050, 1 miliardo di ettari di terra verrà probabilmente liberata per soddisfare la domanda di cibo in aumento di una popolazione in crescita. Si tratta di un'area più grande degli Stati Uniti. E ad accompagnare questo ci saranno 3 gigatonnellate all'anno in più di emissioni di CO2. Se la Siberia fonde prima che finiamo di deforestare, ci sarebbe una grande quantità di nuove terre disponibili per l'agricoltura, così come l'apertura di una fonte molto ricca di minerali, metalli, petrolio e gas. Durante il suo sviluppo, questo quasi certamente cambierebbe la geopolitica globale. La Siberia che fonde trasformerebbe la Russia in una forza economica e politica notevole in questo secolo per via delle sue risorse minerali, agricole ed energetiche recentemente scoperte. Ciò sarebbe anche inevitabilmente accompagnato da grandi riserve di metano – attualmente sigillate sotto la tundra del permafrost siberiano – che vengono rilasciate, accelerando fortemente il problema climatico ancora di più.
Nel frattempo, altri 3 miliardi di persone avranno bisogno di vivere da qualche parte. Nel 2050, il 70% di noi vivrà in grandi città. Questo secolo vedrà la rapida espansione delle città, così come la nascita di città completamente nuove che non esistono ancora. Vale la pena di dire che delle 19 città brasiliane che sono raddoppiate in popolazione nell'ultimo decennio, 10 sono in Amazzonia. Tutto questo occuperà ancora più terra. Attualmente non abbiamo mezzi noti in grado di sfamare 10 miliardi di persone all'attuale tasso di consumo e con il nostro sistema agricolo attuale. Infatti, solo per sfamare noi stessi nei prossimi 40 anni, avremo bisogno di produrre più cibo dell'intera produzione agricola degli ultimi 10.000 anni messi insieme. Invece la produttività del cibo è destinata a declinare, probabilmente in modo molto netto, nei prossimi decenni a causa di: cambiamento climatico, degrado del suolo e desertificazione – entrambi stanno aumentando rapidamente in molte parti del mondo – e stress idrico. Per la fine di questo secolo, grandi parti del pianeta non avranno più acqua utilizzabile.
Allo stesso tempo, i settori delle spedizioni e delle linee aeree globali sono previste in continua e rapida espansione ogni anno, per trasportare più di noi, e più delle cose che vogliamo consumare, intorno al pianeta anno dopo anno. Ciò causerà problemi enormi per noi in termini di più emissioni di CO2, più fuliggine e più inquinamento provocato dall'estrazione e dalla lavorazione per fare tutte queste cose. Ma pensate a questo. Per trasportare noi e le nostre cose su tutto il pianeta, stiamo anche creando una rete altamente efficiente per la diffusione globale di malattie potenzialmente catastrofiche. C'è stata una pandemia globale solo 95 anni fa – l'epidemia di Spagnola, che ora si stima abbia ucciso fino a 100 milioni di persone. E questo prima che una delle invenzioni più discutibili – le linee aeree a basso costo – fossero inventate. La combinazione di milioni di persone che viaggiano intorno al mondo ogni giorno, oltre a milioni di persone in più che vivono in prossimità estrema a maiali e pollame – spesso nella stessa stanza, rendendo più probabile il salto della barriera fra specie di un nuovo virus – significa che stiamo aumentando, in modo significativo, la probabilità di una nuova pandemia globale. Quindi non soprende che gli epidemiologi siano sempre più d'accordo sul fatto che una nuova pandemia globale ora sia una questione di “quando”, non di “se”.
Dovremo triplicare – come minimo – la produzione di energia per la fine di questo secolo per soddisfare la domanda prevista. Per soddisfare quella domanda dovremo costruire, grosso modo, qualcosa come: 1.800 delle dighe più grandi del mondo o 23.000 centrali nucleari, 14 milioni di pale eoliche, 36 miliardi di pannelli solari, oppure continuare prevalentemente con petrolio, carbone e gas – e costruire 36.000 nuove centrali mdi cui avremo bisogno. Le sole nostre riserve di petrolio, carbone e gas valgono trilioni di dollari. I governi e le principali società petrolifere, del carbone e del gas mondiali – fra le multinazionali più influenti della Terra – decideranno davvero di lasciare i soldi nel sottosuolo mentre la domanda di energia aumenta senza sosta? Ne dubito. Nel frattempo il problema climatico che emerge è su una scala del tutto diversa. Il problema è che potremmo essere diretti verso diversi “punti di non ritorno” del sistema climatico globale. C'è un obbiettivo globale politicamente concordato – spinto dall'IPCC – per limitare l'aumento medio della temperatura globale a 2°C. Il fondamento logico di questo obbiettivo è che un aumento al di sopra di 2°C porta un rischio significativo di cambiamento climatico catastrofico che porterebbe quasi sicuramente a “punti di non ritorno” planetari, causati da eventi come la fusione della calotta glaciale della Groenlandia, il rilascio dei depositi di metano dalla tundra artica, o il disseccamento dell'Amazzonia. Di fatto, i primi due stanno già accadendo ora – al di sotto della soglia dei 2°C.
In quanto al terzo, non stiamo aspettando che lo faccia il cambiamento climatico: lo stiamo facendo in questo momento tramite la deforestazione. E una ricerca recente mostra che sembra si certo che siamo diretti verso un aumento delle temperature medie globali maggiore di 2°C – un aumento molto maggiore. Ora è molto probabile che stiamo assistendo ad un aumento medio globale futuro di 4°C – e non possiamo escludere un aumento di 6°C. Questo sarà assolutamente catastrofico. Porterà al cambiamento climatico fuori controllo, in grado di portare il pianeta in uno stato completamente diverso, rapidamente. La Terra diventerà un inferno. Nei decenni lungo il percorso, saremo testimoni di estremi senza precedenti di meteo, incendi, alluvioni, ondate di calore, perdita di raccolti e foreste, stress idrici e aumenti del livello del mare catastrofici. Grandi parti dell'Africa diventeranno aree disastrate permanentemente. L'Amazzonia potrebbe trasformarsi in una savana o persino in un deserto. E l'intero sistema agricolo si troverà di fronte ad una minaccia senza precedenti.
Paesi più “fortunati”, come il Regno Unito, gli Stati Unite e gran parte dell'Europa, potrebbero apparire come qualcosa di simile a paesi militarizzati, con pesanti controlli in difesa dei confini studiati per impedire a milioni di persone di entrare, persone che si spostano perché i loro paesi non sono più abitabili, o hanno acqua e cibo insufficienti, o stanno vivendo conflitti per risorse sempre più scarse. Queste persone saranno “migranti climatici”. Il termine “migranti climatici” è uno di quelli a cui ci dovremo abituare sempre di più. Infatti, chiunque pensi che lo stato di cose emergente non abbia il potenziale per conflitti civili ed internazionali si illude. Non è una coincidenza che quasi ogni conferenza scientifica sul cambiamento climatico a cui vado ora ha un nuovo tipo di partecipante: i militari. In qualsiasi modo la si guardi, un pianeta con 10 miliardi di abitanti appare come un incubo. Quali sono quindi le nostre opzioni?
La sola soluzione che ci rimane è cambiare il nostro comportamento, radicalmente e globalmente, su ogni livello. In breve, abbiamo urgente bisogno di consumare meno. Molto meno. Radicalmente meno. E dobbiamo conservare di più. Molto di più. Per ottenere un tale cambiamento radicale del comportamento servirebbe anche un'azione governativa radicale. Ma dall'interesse che mostrano per questo tipo di cambiamento, i politici attualmente sono parte del problema, non parte della soluzione, perché le decisioni che devono essere prese per implementare un significativo cambiamento di comportamento rendono inevitabilmente i politici molto impopolari – cosa di cui loro sono ben consapevoli. Quindi ciò per cui hanno invece optato i politici è la diplomazia fallimentare. Per esempio: l'UNFCCC, il cui lavoro è stato per 20 anni quello di assicurare la stabilizzazione dei gas serra nell'atmosfera della Terra: fallito. L'UNCCD, il cui lavoro è stato per 20 anni quello di fermare il degrado della terra che diventa deserto: fallito. Il CBD, il cui lavoro è stato per 20 anni quello di il tasso di perdita della biodiversità: fallito. Questi sono solo tre esempi di iniziative globali fallite. L'elenco e tristemente lungo. E il modo in cui i governi giustificano questo livello di inazione e sfruttando l'opinione pubblica e l'incertezza scientifica. Era un caso di “Dobbiamo aspettare che la scienza provi che il cambiamento climatico stia avvenendo”. Ora questo è fuor di dubbio. Quindi ora è “Dobbiamo aspettare che gli scienziati siano in grado di dirci quale sarà l'impatto e i costi”. E, “Dobbiamo aspettare che l'opinione pubblica sostenga l'azione”. Ma i modelli climatici non saranno mai scevri da incertezze. E in quanto all'opinione pubblica, i politici si sentono notevolmente liberi di ignorarla quando fa loro comodo – guerre, bunus ai banchieri e riforme sanitarie, solo per fare tre esempi.
Quello che i politici e i governi dicono sull'impegno per affrontare il cambiamento climaticoè completamente diverso da quello che fanno. E che dire delle aziende? Nel 2008 un gruppo di economisti e scienziati molto rispettati condotti da Pavan Sukhdev, allora economista senior della Deutsche Bank, hanno condotto un'autorevole analisi economica del valore della biodiversità. La loro conclusione? Il costo delle attività d'affari delle 3.000 maggiori multinazionali del mondo in perdita o danno alla natura e all'ambiente ora è di 2,2 trilioni di dollari all'anno. E aumenta. Questi costi dovranno essere pagati in futuro. Dai vostri figli e nipoti. Per citare Sukhdev: “Le regole degli affari devono essere urgentemente cambiate, così che le multinazionali competano sulla base dell'innovazione, della conservazione delle risorse e del soddisfacimento delle richieste di una moltitudine di parti in causa, piuttosto che sulla base di chi è più efficace nell'influenzare le regole di governo, evitando tasse e ottenendo sussidi per attività dannose per massimizzare il ritorno per gli azionisti”. Penso che questo accadrà? No, e noi?
Confesso che lo trovavo divertente, ma ora mi sono rotto di leggere nei settimanali di qualche celebrità che dice “Ho mollato la mia 4x4 ed ho comprato una Prius. Sto facendo o no la mia parte per l'ambiente”? Non stanno facendo la loro parte per l'ambiente. Ma non è colpa loro. Il fatto è che loro – noi – non siamo stati informati bene. E ciò è parte del problema. Non riceviamo le informazioni che ci servono. La scala e la natura del problema non ci vengono semplicemente comunicati. E quando veniamo consigliati di fare qualcosa, questa a malapena incide sul problema. Ecco alcuni dei cambiamenti che ci è stato chiesto di fare di recente da parte di celebrità che amano pronunciarsi su questo tipo di cose e dai governi, che dovrebbero avere di meglio da fornire come 'soluzioni' che non queste sciocchezze: spegnete il vostro caricabatterie del cellulare; fate la pipì nella doccia (la mia preferita); comprate un'auto elettrica (no, non fatelo9; usate due fogli di carta igienica anziché tre. Sono tutti gesti simbolici che non colgono il fatto fondamentale che la scala e la natura dei problemi che abbiamo di fronte sono immense, senza precedenti e probabilmente irrisolvibili.
I cambiamenti di comportamento che ci sono richiesti sono così fondamentali che nessuno li vuole fare. Quali sono? Dobbiamo consumare meno. Molto meno. Meno cibo, meno energia, meno cose. Meno macchine, macchine elettriche, magliette di cotone, computer portatili, aggiornamenti di cellulari. Di gran lunga di meno. E qui vale la pena di sottolineare che “noi” è riferito alle persone che vivono a occidente e a nord del globo. Attualmente ci sono circa 3 miliardi di persone nel mondo che hanno urgente bisogno di consumare di più: più acqua, cibo, energia. Dire “Non fate figlia” è completamente ridicolo. Contraddice ogni pezzo di informazione geneticamente codificata che conteniamo e uno degli impulsi più importanti (e divertenti) che abbiamo. Detto questo, la cosa peggiore che possiamo continuare a fare – globalmente – è fare figli al ritmo attuale. Se il tasso di riproduzione globale attuale continua, per la fine di questo secolo non saremo 10 miliardi. Secondo le Nazioni unite, la popolazione dello Zambia è prevista in aumento del 941% per la fine del secolo. La popolazione della Nigeria è prevista crescere del 349%, fino a 730 milioni di persone.
L'Afghanistan del 242%.
La Repubblica Democratica del Congo del 213%.
Il Gambia del 242%.
Il Guatemala del 369%.
L'Iraq del 344%.
Il Kenya del 284%.
La Liberia del 300%.
Il Malawi del 741%.
Il Mali del 408%.
Il Niger del 766%.
La Somalia del 663%.
L'Uganda del 396%.
Lo Yemen del 299%.
Persino la popolazione degli Stati Uniti è prevista in crescita del 54% per il 2100, da 315 milioni nel 2012 a 478 milioni. Voglio solo sottolineare che se l'attuale tasso globale di riproduzione continua, per la fine di questo secolo non saremo 10 miliardi – saremo 28 miliardi.
Dove ci porta tutto questo? Guardiamola così. Se domani scoprissimo che c'è un asteroide in rotta di collisione con la terra e – visto che la fisica è una scienza molto semplice – fossimo in grado di calcolare che colpirebbe la Terra il 3 giugno del 2072 e noi sapessimo che il suo impatto spazzerebbe via il 70% della vita sulla terra, i governi del mondo porterebbero il pianeta intero ad un'azione senza precedenti. Ogni scienziato, ingegnere, università ed azienda verrebbero arruolati: metà per cercare un modo di fermarlo, l'altra metà per cercare un modo di sopravvivere e ricostruire per la nostra specie, se la prima opzione si dimostrasse un insuccesso. Ci troviamo quasi esattamente nella stessa situazione adesso, eccetto per il fatto che non c'è una data specifica e non c'è un asteroide. Il problema siamo noi. Perché non facciamo di più per la situazione in cui ci troviamo – data la scala del problema e l'urgenza necessaria – semplicemente non lo capisco. Spendiamo 8 miliardi di euro al Cern per cercare prove di una particella chiamata Bosone di Higgs, che alla fine potrebbe o meno spiegare la massa e fornire un ok parziale per il modello standard della fisica delle particelle. E i fisici del Cern sono ansiosi di dirci che si tratta dell'esperimento più grande e più importante sulla Terra. Non lo è. L'esperimento più grande e importante sulla Terra è quello che stiamo conducendo tutti insieme, adesso, sulla Terra stessa. Solo un idiota negherebbe che c'è un limite a quante persone può sostenere la Terra. La domanda è, sono 7 miliardi (la nostra popolazione attuale), 10 miliardi o 28 miliardi? Credo che lo abbiamo già superato. Sperato di molto.
La scienza è essenzialmente scetticismo organizzato. Ho passato la mia vita a cercare di smentire il mio lavoro o a cercare spiegazioni alternative ai miei risultati. Si chiama condizione Popperiana di falsificabilità. Spero di sbagliare. Ma la scienza evidenzia il mio essere nel giusto. Possiamo giustamente chiamare la situazione in cui ci troviamo un'emergenza senza precedenti. Dobbiamo urgentemente fare – ed intendo fare davvero – qualcosa di radicale per evitare una catastrofe globale. Ma non penso che lo faremo. Penso che siamo fottuti. Ho chiesto ad uno degli scienziati più razionali e brillanti che conosco – uno scienziato che lavora in questo campo, uno scienziato giovane, uno scienziato del mio laboratorio – se ci fosse una sola cosa che dovrebbe fare riguardo alla situazione che abbiamo davanti, quale sarebbe? La sua risposta? “Insegnare a mio figlio come usare una pistola”.
Questo è un estratto modificato da Dieci Miliardi di Stephen Emmott (Penguin, £6.99)
Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Luca Pardi)
La popolazione globale è prevista superare la soglia dei 10 miliardi in questo secolo. Foto: Getty, Corbis
Di Stephen Emmott
La Terra è la casa di milioni di specie. Solo una la domina. Noi. La nostra intelligenza, la nostra inventiva e le nostre attività hanno modificato quasi ogni parte del nostro pianeta. Di fatto stiamo avendo un profondo impatto su di esso. Di fatto, la nostra intelligenza, la nostra inventiva e le nostre attività ora sono i motori di ogni problema globale che affrontiamo. Ed ognuno di questi problemi sta accelerando man mano che continuiamo a crescere verso una popolazione globale di 10 miliardi. Di fatto, credo che possiamo giustamente definire un'emergenza la situazione in cui ci troviamo – una emergenza planetaria senza precedenti.
Noi esseri umani siamo emersi come specie circa 200.000 anni fa. In tempi geologici, è un tempo davvero molto recente. Solo 100.000 anni fa, eravamo solo un milione. Nel 1800, solo 200 anni fa, eravamo 1 miliardo. Nel 1960, eravamo 3 miliardi. Ora siamo oltre 7 miliardi. Nel 2015, i vostri figli o i figli dei vostri figli, vivranno su un pianeta con almeno 9 miliardi di altre persone. Ad un certo punto verso la fine del secolo, ci saranno almeno 10 miliardi di persone. Probabilmente di più.
Siamo arrivati dove siamo grazie ad diverse civiltà – e di “eventi” che hanno plasmato la società, in particolare la rivoluzione agricola, quella scientifica e quella industriale e, in Occidente, quella della salute pubblica. Nel 1980, eravamo 4 miliardi sul pianeta. Solo 10 anni dopo, nel 1990, eravamo 5 miliardi. Da questo momento i primi segni delle conseguenze della nostra crescita hanno iniziato a manifestarsi. Non ultimo fra questi segni è stato sull'acqua. La nostra domanda di acqua – non solo l'acqua che abbiamo bevuto, ma l'acqua che ci è servita per produrre cibo e per fare tutte le cose che stavamo consumando – stava andando alle stelle. Ma stava per cominciare ad accadere qualcosa all'acqua.
Nel 1984 i giornalisti hanno fatto un servizio dall'Etiopia sulla carestia di proporzioni bibliche causata da una diffusa siccità. Siccità ed alluvioni inusuali stavano aumentando ovunque: Australia, Asia, Stati Uniti, Europa. L'acqua, una risorsa vitale che pensavamo come abbondante, ora all'improvviso era qualcosa di potenzialmente scarso. Nel 2000 eravamo 6 miliardi. Stava diventando chiaro alla comunità scientifica mondiale che l'accumulo nell'atmosfera di CO2, metano ed altri gas serra – conseguenza dell'aumento dell'agricoltura, dell'uso della terra e della produzione, lavorazione e trasporto di tutto ciò che stavamo consumando – stava cambiando il clima. E che, di conseguenza, avevamo problemi seri fra le mani. Il 1998 era stato l'anno più caldo mai registrato. I 10 anni più caldi mai registrati si sono verificati dal 1998.
Sentiamo il termine “clima” ogni giorno, quindi vale la pena pensare a quello che intendiamo realmente con questo. Ovviamente, “clima” non è la stessa cosa di Meteo. Il clima è uno dei sistemi di supporto vitale fondamentali della Terra. E' generato da quattro componenti: l'atmosfera (l'aria che respiriamo); l'idrosfera (l'acqua del pianeta); la criosfera (le calotte glaciali ed i ghiacciai) e la biosfera (le piante e gli animali del pianeta). Al momento, le nostre attività hanno iniziato a modificare ognuna di queste componenti. Le nostre emissioni di CO2 modificano l'atmosfera. Il nostro uso d'acqua in aumento ha iniziato a modificare la criosfera, in particolare per quanto riguarda la riduzione inaspettata delle calotte glaciali di Artico e Groenlandia. Il nostro uso di terra in aumento, per l'agricoltura, le città, le strade, l'estrazione mineraria – così come tutto l'inquinamento che avevamo creato – aveva iniziato a modificare la nostra biosfera. O, per dirla in un altro modo, avevamo iniziato a cambiare il nostro clima.
Ora siamo più di 7 miliardi sulla Terra. Mentre il nostro numero continua a crescere, continuiamo ad aumentare la nostra necessità di molta più acqua, molto più cibo, molta più terra, molti più trasporti e molta più energia. Di conseguenza, stiamo accelerando il tasso al quale stiamo cambiando il clima. Di fatto, le nostre attività non sono solo completamente interconnesse col sistema complesso in cui viviamo, ma col quale ora interagiamo anche: la Terra. E' importante capire come è connesso tutto quanto.
Prendiamo un aspetto, ancora poco conosciuto ma importante, dell'aumento dell'uso di acqua: “l'acqua nascosta”. L'acqua nascosta è acqua usata per produrre le cose che consumiamo ma che di solito non pensiamo contengano acqua. Fra queste cose ci sono pollo, manzo, macchine, cioccolato e cellulari. Per esempio: ci vogliono circa 3.000 litri di acqua per produrre un hamburger. Nel 2012, sono stati consumati circa 5 miliardi di hamburger nel solo Regno Unito. Significano 15 trilioni di litri di acqua in hamburger solo nel Regno Unito. Negli Stati Uniti sono stati consumati qualcosa come 14 miliardi di hamburger nel 2012. Sono circa 42 trilioni di litri d'acqua. Per produrre hamburger negli Stati Uniti. In un anno. Ci vogliono 9.000 litri d'acqua per produrre un pollo. Nel solo Regno Unito abbiamo consumato circa un miliardo di polli nel 2012. Ci vogliono circa 27.000 litri d'acqua per produrre un chilo di cioccolato. Sono circa 2.700 litri d'acqua per ogni barretta di cioccolato. Questa dovrebbe essere di sicuro una cosa a cui pensare mentre stiamo rannicchiati su un divano in pigiamo a mangiare cioccolato. Ma ho cattive notizie sui pigiami. Perché temo che al vostro pigiama di cotone servano 9.000 litri d'acqua per essere prodotto. E ci vogliono 100 litri d'acqua per produrre una tazza di caffè. E questo prima che venga aggiunta realmente acqua al vostro caffè.
Probabilmente, abbiamo bevuto circa 20 miliardi di tazze di caffè lo scorso anno nel Regno Unito. E ironia delle ironie – ci vogliono circa quattro litri d'acqua per produrre una bottiglia di plastica per l'acqua da un litro. Nel solo Regno Unito, abbiamo comprato, bevuto e buttato via nove miliardi di bottiglie d'acqua di plastica. Cioè 36 miliardi di litri d'acqua, usata in modo del tutto non necessario. Acqua sprecata per produrre bottiglie... per l'acqua. E ci vogliono circa 72.000 litri d'acqua per produrre un chip che solitamente alimenta il vostro portatile, navigatore satellitare, iPad e la vostra macchina. Sono stati prodotti due miliardi di tali chip nel 2012. Cioè 145 trilioni di litri d'acqua. In chip semiconduttori. In breve, stiamo consumando acqua, come anche cibo, ad un tasso che è del tutto insostenibile.
La domanda di terra per il cibo raddoppierà – come minimo – nel 2050 e triplicherà – come minimo – per la fine di questo secolo. Ciò significa che la pressione per abbattere molte delle foreste tropicali mondiali che rimangono per uso umano si intensificherà di decennio in decennio, perché questa è questa principalmente la sola terra disponibile che rimane per espandere l'agricoltura su scala. A meno che la Siberia non fonda prima che finiamo di deforestare. Nel 2050, 1 miliardo di ettari di terra verrà probabilmente liberata per soddisfare la domanda di cibo in aumento di una popolazione in crescita. Si tratta di un'area più grande degli Stati Uniti. E ad accompagnare questo ci saranno 3 gigatonnellate all'anno in più di emissioni di CO2. Se la Siberia fonde prima che finiamo di deforestare, ci sarebbe una grande quantità di nuove terre disponibili per l'agricoltura, così come l'apertura di una fonte molto ricca di minerali, metalli, petrolio e gas. Durante il suo sviluppo, questo quasi certamente cambierebbe la geopolitica globale. La Siberia che fonde trasformerebbe la Russia in una forza economica e politica notevole in questo secolo per via delle sue risorse minerali, agricole ed energetiche recentemente scoperte. Ciò sarebbe anche inevitabilmente accompagnato da grandi riserve di metano – attualmente sigillate sotto la tundra del permafrost siberiano – che vengono rilasciate, accelerando fortemente il problema climatico ancora di più.
La foresta amazzonica fuma dopo essere stata abbattuta per il pascolo di bestiame in brasile. Foto: Michael Nichols/Getty Images
Allo stesso tempo, i settori delle spedizioni e delle linee aeree globali sono previste in continua e rapida espansione ogni anno, per trasportare più di noi, e più delle cose che vogliamo consumare, intorno al pianeta anno dopo anno. Ciò causerà problemi enormi per noi in termini di più emissioni di CO2, più fuliggine e più inquinamento provocato dall'estrazione e dalla lavorazione per fare tutte queste cose. Ma pensate a questo. Per trasportare noi e le nostre cose su tutto il pianeta, stiamo anche creando una rete altamente efficiente per la diffusione globale di malattie potenzialmente catastrofiche. C'è stata una pandemia globale solo 95 anni fa – l'epidemia di Spagnola, che ora si stima abbia ucciso fino a 100 milioni di persone. E questo prima che una delle invenzioni più discutibili – le linee aeree a basso costo – fossero inventate. La combinazione di milioni di persone che viaggiano intorno al mondo ogni giorno, oltre a milioni di persone in più che vivono in prossimità estrema a maiali e pollame – spesso nella stessa stanza, rendendo più probabile il salto della barriera fra specie di un nuovo virus – significa che stiamo aumentando, in modo significativo, la probabilità di una nuova pandemia globale. Quindi non soprende che gli epidemiologi siano sempre più d'accordo sul fatto che una nuova pandemia globale ora sia una questione di “quando”, non di “se”.
Dovremo triplicare – come minimo – la produzione di energia per la fine di questo secolo per soddisfare la domanda prevista. Per soddisfare quella domanda dovremo costruire, grosso modo, qualcosa come: 1.800 delle dighe più grandi del mondo o 23.000 centrali nucleari, 14 milioni di pale eoliche, 36 miliardi di pannelli solari, oppure continuare prevalentemente con petrolio, carbone e gas – e costruire 36.000 nuove centrali mdi cui avremo bisogno. Le sole nostre riserve di petrolio, carbone e gas valgono trilioni di dollari. I governi e le principali società petrolifere, del carbone e del gas mondiali – fra le multinazionali più influenti della Terra – decideranno davvero di lasciare i soldi nel sottosuolo mentre la domanda di energia aumenta senza sosta? Ne dubito. Nel frattempo il problema climatico che emerge è su una scala del tutto diversa. Il problema è che potremmo essere diretti verso diversi “punti di non ritorno” del sistema climatico globale. C'è un obbiettivo globale politicamente concordato – spinto dall'IPCC – per limitare l'aumento medio della temperatura globale a 2°C. Il fondamento logico di questo obbiettivo è che un aumento al di sopra di 2°C porta un rischio significativo di cambiamento climatico catastrofico che porterebbe quasi sicuramente a “punti di non ritorno” planetari, causati da eventi come la fusione della calotta glaciale della Groenlandia, il rilascio dei depositi di metano dalla tundra artica, o il disseccamento dell'Amazzonia. Di fatto, i primi due stanno già accadendo ora – al di sotto della soglia dei 2°C.
In quanto al terzo, non stiamo aspettando che lo faccia il cambiamento climatico: lo stiamo facendo in questo momento tramite la deforestazione. E una ricerca recente mostra che sembra si certo che siamo diretti verso un aumento delle temperature medie globali maggiore di 2°C – un aumento molto maggiore. Ora è molto probabile che stiamo assistendo ad un aumento medio globale futuro di 4°C – e non possiamo escludere un aumento di 6°C. Questo sarà assolutamente catastrofico. Porterà al cambiamento climatico fuori controllo, in grado di portare il pianeta in uno stato completamente diverso, rapidamente. La Terra diventerà un inferno. Nei decenni lungo il percorso, saremo testimoni di estremi senza precedenti di meteo, incendi, alluvioni, ondate di calore, perdita di raccolti e foreste, stress idrici e aumenti del livello del mare catastrofici. Grandi parti dell'Africa diventeranno aree disastrate permanentemente. L'Amazzonia potrebbe trasformarsi in una savana o persino in un deserto. E l'intero sistema agricolo si troverà di fronte ad una minaccia senza precedenti.
Paesi più “fortunati”, come il Regno Unito, gli Stati Unite e gran parte dell'Europa, potrebbero apparire come qualcosa di simile a paesi militarizzati, con pesanti controlli in difesa dei confini studiati per impedire a milioni di persone di entrare, persone che si spostano perché i loro paesi non sono più abitabili, o hanno acqua e cibo insufficienti, o stanno vivendo conflitti per risorse sempre più scarse. Queste persone saranno “migranti climatici”. Il termine “migranti climatici” è uno di quelli a cui ci dovremo abituare sempre di più. Infatti, chiunque pensi che lo stato di cose emergente non abbia il potenziale per conflitti civili ed internazionali si illude. Non è una coincidenza che quasi ogni conferenza scientifica sul cambiamento climatico a cui vado ora ha un nuovo tipo di partecipante: i militari. In qualsiasi modo la si guardi, un pianeta con 10 miliardi di abitanti appare come un incubo. Quali sono quindi le nostre opzioni?
La sola soluzione che ci rimane è cambiare il nostro comportamento, radicalmente e globalmente, su ogni livello. In breve, abbiamo urgente bisogno di consumare meno. Molto meno. Radicalmente meno. E dobbiamo conservare di più. Molto di più. Per ottenere un tale cambiamento radicale del comportamento servirebbe anche un'azione governativa radicale. Ma dall'interesse che mostrano per questo tipo di cambiamento, i politici attualmente sono parte del problema, non parte della soluzione, perché le decisioni che devono essere prese per implementare un significativo cambiamento di comportamento rendono inevitabilmente i politici molto impopolari – cosa di cui loro sono ben consapevoli. Quindi ciò per cui hanno invece optato i politici è la diplomazia fallimentare. Per esempio: l'UNFCCC, il cui lavoro è stato per 20 anni quello di assicurare la stabilizzazione dei gas serra nell'atmosfera della Terra: fallito. L'UNCCD, il cui lavoro è stato per 20 anni quello di fermare il degrado della terra che diventa deserto: fallito. Il CBD, il cui lavoro è stato per 20 anni quello di il tasso di perdita della biodiversità: fallito. Questi sono solo tre esempi di iniziative globali fallite. L'elenco e tristemente lungo. E il modo in cui i governi giustificano questo livello di inazione e sfruttando l'opinione pubblica e l'incertezza scientifica. Era un caso di “Dobbiamo aspettare che la scienza provi che il cambiamento climatico stia avvenendo”. Ora questo è fuor di dubbio. Quindi ora è “Dobbiamo aspettare che gli scienziati siano in grado di dirci quale sarà l'impatto e i costi”. E, “Dobbiamo aspettare che l'opinione pubblica sostenga l'azione”. Ma i modelli climatici non saranno mai scevri da incertezze. E in quanto all'opinione pubblica, i politici si sentono notevolmente liberi di ignorarla quando fa loro comodo – guerre, bunus ai banchieri e riforme sanitarie, solo per fare tre esempi.
Quello che i politici e i governi dicono sull'impegno per affrontare il cambiamento climaticoè completamente diverso da quello che fanno. E che dire delle aziende? Nel 2008 un gruppo di economisti e scienziati molto rispettati condotti da Pavan Sukhdev, allora economista senior della Deutsche Bank, hanno condotto un'autorevole analisi economica del valore della biodiversità. La loro conclusione? Il costo delle attività d'affari delle 3.000 maggiori multinazionali del mondo in perdita o danno alla natura e all'ambiente ora è di 2,2 trilioni di dollari all'anno. E aumenta. Questi costi dovranno essere pagati in futuro. Dai vostri figli e nipoti. Per citare Sukhdev: “Le regole degli affari devono essere urgentemente cambiate, così che le multinazionali competano sulla base dell'innovazione, della conservazione delle risorse e del soddisfacimento delle richieste di una moltitudine di parti in causa, piuttosto che sulla base di chi è più efficace nell'influenzare le regole di governo, evitando tasse e ottenendo sussidi per attività dannose per massimizzare il ritorno per gli azionisti”. Penso che questo accadrà? No, e noi?
Confesso che lo trovavo divertente, ma ora mi sono rotto di leggere nei settimanali di qualche celebrità che dice “Ho mollato la mia 4x4 ed ho comprato una Prius. Sto facendo o no la mia parte per l'ambiente”? Non stanno facendo la loro parte per l'ambiente. Ma non è colpa loro. Il fatto è che loro – noi – non siamo stati informati bene. E ciò è parte del problema. Non riceviamo le informazioni che ci servono. La scala e la natura del problema non ci vengono semplicemente comunicati. E quando veniamo consigliati di fare qualcosa, questa a malapena incide sul problema. Ecco alcuni dei cambiamenti che ci è stato chiesto di fare di recente da parte di celebrità che amano pronunciarsi su questo tipo di cose e dai governi, che dovrebbero avere di meglio da fornire come 'soluzioni' che non queste sciocchezze: spegnete il vostro caricabatterie del cellulare; fate la pipì nella doccia (la mia preferita); comprate un'auto elettrica (no, non fatelo9; usate due fogli di carta igienica anziché tre. Sono tutti gesti simbolici che non colgono il fatto fondamentale che la scala e la natura dei problemi che abbiamo di fronte sono immense, senza precedenti e probabilmente irrisolvibili.
I cambiamenti di comportamento che ci sono richiesti sono così fondamentali che nessuno li vuole fare. Quali sono? Dobbiamo consumare meno. Molto meno. Meno cibo, meno energia, meno cose. Meno macchine, macchine elettriche, magliette di cotone, computer portatili, aggiornamenti di cellulari. Di gran lunga di meno. E qui vale la pena di sottolineare che “noi” è riferito alle persone che vivono a occidente e a nord del globo. Attualmente ci sono circa 3 miliardi di persone nel mondo che hanno urgente bisogno di consumare di più: più acqua, cibo, energia. Dire “Non fate figlia” è completamente ridicolo. Contraddice ogni pezzo di informazione geneticamente codificata che conteniamo e uno degli impulsi più importanti (e divertenti) che abbiamo. Detto questo, la cosa peggiore che possiamo continuare a fare – globalmente – è fare figli al ritmo attuale. Se il tasso di riproduzione globale attuale continua, per la fine di questo secolo non saremo 10 miliardi. Secondo le Nazioni unite, la popolazione dello Zambia è prevista in aumento del 941% per la fine del secolo. La popolazione della Nigeria è prevista crescere del 349%, fino a 730 milioni di persone.
L'Afghanistan del 242%.
La Repubblica Democratica del Congo del 213%.
Il Gambia del 242%.
Il Guatemala del 369%.
L'Iraq del 344%.
Il Kenya del 284%.
La Liberia del 300%.
Il Malawi del 741%.
Il Mali del 408%.
Il Niger del 766%.
La Somalia del 663%.
L'Uganda del 396%.
Lo Yemen del 299%.
Persino la popolazione degli Stati Uniti è prevista in crescita del 54% per il 2100, da 315 milioni nel 2012 a 478 milioni. Voglio solo sottolineare che se l'attuale tasso globale di riproduzione continua, per la fine di questo secolo non saremo 10 miliardi – saremo 28 miliardi.
Dove ci porta tutto questo? Guardiamola così. Se domani scoprissimo che c'è un asteroide in rotta di collisione con la terra e – visto che la fisica è una scienza molto semplice – fossimo in grado di calcolare che colpirebbe la Terra il 3 giugno del 2072 e noi sapessimo che il suo impatto spazzerebbe via il 70% della vita sulla terra, i governi del mondo porterebbero il pianeta intero ad un'azione senza precedenti. Ogni scienziato, ingegnere, università ed azienda verrebbero arruolati: metà per cercare un modo di fermarlo, l'altra metà per cercare un modo di sopravvivere e ricostruire per la nostra specie, se la prima opzione si dimostrasse un insuccesso. Ci troviamo quasi esattamente nella stessa situazione adesso, eccetto per il fatto che non c'è una data specifica e non c'è un asteroide. Il problema siamo noi. Perché non facciamo di più per la situazione in cui ci troviamo – data la scala del problema e l'urgenza necessaria – semplicemente non lo capisco. Spendiamo 8 miliardi di euro al Cern per cercare prove di una particella chiamata Bosone di Higgs, che alla fine potrebbe o meno spiegare la massa e fornire un ok parziale per il modello standard della fisica delle particelle. E i fisici del Cern sono ansiosi di dirci che si tratta dell'esperimento più grande e più importante sulla Terra. Non lo è. L'esperimento più grande e importante sulla Terra è quello che stiamo conducendo tutti insieme, adesso, sulla Terra stessa. Solo un idiota negherebbe che c'è un limite a quante persone può sostenere la Terra. La domanda è, sono 7 miliardi (la nostra popolazione attuale), 10 miliardi o 28 miliardi? Credo che lo abbiamo già superato. Sperato di molto.
La scienza è essenzialmente scetticismo organizzato. Ho passato la mia vita a cercare di smentire il mio lavoro o a cercare spiegazioni alternative ai miei risultati. Si chiama condizione Popperiana di falsificabilità. Spero di sbagliare. Ma la scienza evidenzia il mio essere nel giusto. Possiamo giustamente chiamare la situazione in cui ci troviamo un'emergenza senza precedenti. Dobbiamo urgentemente fare – ed intendo fare davvero – qualcosa di radicale per evitare una catastrofe globale. Ma non penso che lo faremo. Penso che siamo fottuti. Ho chiesto ad uno degli scienziati più razionali e brillanti che conosco – uno scienziato che lavora in questo campo, uno scienziato giovane, uno scienziato del mio laboratorio – se ci fosse una sola cosa che dovrebbe fare riguardo alla situazione che abbiamo davanti, quale sarebbe? La sua risposta? “Insegnare a mio figlio come usare una pistola”.
Questo è un estratto modificato da Dieci Miliardi di Stephen Emmott (Penguin, £6.99)