venerdì 7 agosto 2015

Lezioni dall'ultima volta che è collassata la civiltà

Danpr”. Traduzione di Mr (via Bodhi Paul Chefurka)

Di Adam Frank


Dai templi di Abu Simbel nel sud dell'Egitto, che rislagono al XII secolo AC. iStockphoto

Considerate questo, se volete: una rete di civiltà lontane, potenti e ad alta tecnologia, strettamente legate da scambi e ambasciate diplomatiche; una minaccia di cambiamento climatico in accelerazione e la sua pressione sulla produzione di cibo; un'ondata in aumento di popoli sfollati pronti ad imperversare e sopraffare le nazioni sviluppate. Suona familiare?


Mentre questa lista della spesa di sciagure imminenti potrebbe essere riferita alla nostra era, in realtà è una descrizione del mondo di 3.000 anni fa. E' la prima era oscura “globale” dell'umanità così come viene descritta dall'archeologo e professore dell'Università George Washington Eric H. Cline nel suo recente libro 1177 AC: l'anno in cui la civiltà è collassata. Il 1177 AC è, secondo Cline, una pietra miliare. 1000 anni prima di Roma o Cristo o Buddha, è esistita una potente schiera di civiltà nel vicino Medio oriente che è ascesa al massimo della gloria. Poi, piuttosto improvvisamente, la grande rete di civiltà interconnesse è implosa ed è scomparsa. La domanda che tormenta Eric Cline è perché. Cosa ha portato un tale insieme complesso di società a scomparire quasi tutte allo stesso tempo? Le risposte e le loro lezioni, sostiene Cline, sono una storia che noi moderni non dovremmo ignorare. Quando gli ho chiesto dei paralleli fra il 1177 AC e il 2014, Cline ha risposto: “Il mondo della Tarda Età del Bronzo e i giorni nostri hanno più similitudini di quanto ci si possa aspettare, in particolare in termini di relazioni, sia a livello personale sia a livello statale. Così, c'erano matrimoni e divorzi, ambasciate ed embarghi e così via.

Avevano anche problemi di cambiamento climatico e di sicurezza a livello internazionale. Queste cose non erano esclusive loro o nostre, ma la combinazione di problemi simili (cambiamento climatico e siccità, terremoti, guerra, problemi economici) proprio allo stesso tempo potrebbero essere esclusive di entrambi”.

La Tarda Età del Bronzo a cui è interessato Cline va da circa il 1500 AC al 1100 AC. L'Età del Bronzo stessa, al contrario dell'Età della Pietra prima di lei, comincia ad un certo punto intorno al 3000 AC. A quel punto, le persone hanno sviluppato sofisticate tecniche metallurgiche che hanno loro permesso di mescolare rame e stagno in una lega – il bronzo – abbastanza forte per vere lame di spada ed altri beni. E' nell'Era del Bronzo che la costruzione delle città, e la diffusione degli imperi che ha generato, comincia sul serio. L'Egitto dei Faraoni era una civiltà dell'Era del Bronzo come l'impero babilonese. E' stato il trasporto del rame e dello stagno per il bronzo che ha contribuito a stabilire complesse reti di scambio. Il grano ed altri beni prodotti sono diventati a loro volta parte di questa rete di trasporto. Ne sono seguite alleanze fra città-stato. In questo modo Egizi, Ittiti, Cananei, Ciprioti, Minoici, Micenei, Assiri e Babilonesi sono diventati le potenze economiche del mondo antico – ciò che Cline definisce il “Gruppo degli 8”. “Insieme hanno costruito la prima versione di una cultura “globale” usando alleanze economiche e  militari a lunga distanza che richiedevano – per i loro tempi – tecnologie avanzate.

Allora cosa ha fatto crollare tutte queste culture allo stesso tempo? La storia comincia, ma non finisce, col cambiamento climatico. Le prove che un cambiamento prolungato del clima è stato un fattore nel far crollare l'Era del Bronzo del mediterraneo provengono da diversi studi, compreso uno pubblicato nel 2013, che mostrano che il raffreddamento della superficie del mare ha portato a minori precipitazioni sulle aree agricole dell'entroterra. L'analisi di Pollen dei sedimenti marini indica anche una transizione piuttosto rapida ad un clima più secco durante questo periodo che comprende il collasso della Tarda Età del Bronzo. Ciò che ne è seguito è stato siccità, scarsità e disperazione. Voci antiche, preservate nella pietra, raccontano il lato umano della storia del cambiamento climatico. Una lettera di un impiegato commerciale che viveva nella affamata città dell'entroterra di Emar prega il destinatario nella sua città natale di Ugarit, nella Siria del nord, di portare aiuto velocemente. “C'è carestia nella vostra (leggi nostra) casa, moriremo tutti di fame. Se non arrivi velocemente, noi stessi moriremo di fame. Non vedrai anima viva...”. E con la carestia sono arrivate migrazioni e guerre. Il flagello dell'epoca erano i misteriosi “popoli del Mare” che avevano imperversato nella regione. Secondo Cline, è probabile che i Popoli del Mare predatori venissero dal Mediterraneo occidentale e “fossero probabilmente scappando dalle loro isole native a causa di siccità e carestia... spostandosi nel Mediterraneo sia come rifugiati che come conquistatori”.

Le guerre hanno richiesto il loro tributo. “Stai in guardia del nemico e diventa molto forte!” proclama una lettera al re di Ugarit verso la fine. L'avvertimento sembra essere arrivato troppo tardi. Un'altra lettera racconta dell'umiliazione dell'esercito. “La città è stata saccheggiata. Il nostro cibo nelle aie è stato bruciato e le vigne sono state a loro volta distrutte. La nostra città è saccheggiata. Devi saperlo! Devi saperlo!” Per Cline, il cambiamento climatico – insieme alle carestie e alle migrazioni che ha portato – ha comportato una “tempesta perfetta” di cataclismi che hanno indebolito la grande cultura “globale” dell'Età del Bronzo. Ma la spinta finale, la ragione più profonda del collasso, potrebbe essere arrivata dall'interno stesso della struttura di quella società. Il mondo di Egizi, Assiri e Babilonesi era complesso, nel senso tecnico della parola. Era un sistema con molti agenti e molte connessioni sovrapposte. Quella complessità era sia una forza che una debolezza. Cline indica una ricerca recente nello studio dei cosiddetti sistemi complessi che mostra quanto possano essere suscettibili a interruzioni e guasti a cascata anche da parte di piccole perturbazioni. Forse, dice Cline, le società dell'Età del Bronzo hanno manifestato la proprietà chiamata “ipercoerenza”, in cui le interdipendenze sono così complesse che la stabilità diventa sempre più difficile da mantenere. Così la complessità stessa potrebbe essere stata la più grande minaccia la civiltà della Tarda Età del Bronzo, una volta che la pressione ha avuto inizio. Ed è questo fatto, più di qualsiasi altro, che parla ai pericoli che affrontiamo oggi. Come ha scritto cline sull'Huffington Post:

"Viviamo in un mondo che ha più analogie con la Tarda Età del Bronzo di quanto si sospetti, compresa, come ha detto l'archeologa britannica Susan Sherratt, una 'economia e una cultura sempre più omogenea eppure incontrollabile' in cui 'le incertezze politiche da una parte del mondo possono drasticamente condizionare le economie di regioni a migliaia di miglia di distanza'”.

Quindi, qual è esattamente la lezione che Cline pensa dovremmo trarre dal 1177 AC? In una email indirizzata a me, Cline ha scritto:

“Dobbiamo essere consapevoli che nessuna società è invulnerabile che ogni società della storia del mondo alla fine è collassata. Dobbiamo anche essere grati del fatto che siamo sufficientemente progrediti da comprendere quello che sta succedendo”. 

Ma siamo abbastanza progrediti da farne qualcosa della nostra comprensione?



20 commenti:

  1. alla tua domanda, io risponderi: dipende da noi, dalla nostra volontà di voler dedicare le risorse che servono per fare quello che necessita fare.

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  2. alla tua domanda, io risponderi:
    "comprensione!? Quanti sono sufficientemente progrediti da comprendere? "

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    1. A mio parere tuttora pochi lo sono. E quelli che lo sono non sanno bene cosa fare In base alla loro comprensione Ivi compreso come spargerla ad altri nel contesto ideologico, culturale ed istituzionale che esiste addesso il quale favorisce la compiacenza all'azione. In quanto ai paralleli fra le civililta antiche e quelle attuali senz'altro esisistono e sono interessanti ma non credo aiutino molto a capire cosa fare addesso e ancor meno a come farlo. E nel frattempo il metano in Siberia ed altrove continua ad uscirsene sempre piu rapidamente. Le civililta antiche si sono solo autodistrutte ma senza precluderne altre dopo. Siamo nella stessa situazione addesso ....o no?

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    2. NO, stiamo precludendo qualsiasi civiltà futura.
      GT

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    3. Mauro, sono d'accordo con te !
      GT

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  3. Un peggioramento climatico c'è stato anche in coincidenza dell'inzio del declino e della caduta dell'impero romano d'occidente. Potrebbe essere che i barbari siano stati spinti vefrso sud ovest (verso l'impero) per fuggire a condizioni climatiche più rigide.

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  4. L'ottimizzazione del consumo delle risorse (evitare gli sprechi e quindi la ridondanza), che apparentemente sembra migliorare l'efficienza di una società e quindi, la sua capacità di fornire risorse a una popolazione più numerosa; in realtà, essa diventa più rigida e incapace ad adattarsi ai cambiamenti, se questi sono significativi.

    Immaginate cosa possa succedere a una società che ha ottimizzato l'uso delle risorse agricole e riesce a produrre solo ciò che consuma, evitando gli sprechi.

    Se le intemperie portano ad una riduzione della produzione agricola del 30%, secondo voi cosa succederà?

    La popolazione diminuirà di quel 30% che non avrà da mangiare?

    E' molto probabile che la società collasserà!
    in quanto, nessuno vorrà far parte di quel 30% che non avrà da mangiare e quindi: la guerra civile e fra Paesi confinanti, oltre a fare molti danni, ridurrà ulteriormente la disponibilità delle risorse; le quali renderanno la società non più in grado di funzionare.

    Produrre oltre le necessità, per quanto possano sembrare uno spreco, in realtà è come un'assicurazione per il futuro. All'inizio sembra uno spreco, ma può salvare la vita.

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    1. Questa è una riflessione che mi ha veramente colpito... e potrebbe valere anche in altri campi, oltre a quello del cibo.

      La ricerca di un'estrema ottimizzazione potrebbe essere solo la conferma del declino inarrestabile... mmmmh!

      Anche la citazione dell'archeologa britannica Susan Sherratt, una 'economia e una cultura sempre più omogenea eppure incontrollabile' mi sembra rilevante: troppa omogeneità... no?



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    2. Esatto, e questo e' il motivo per cui gli uomini adorano esporre lo spreco dell'opulenza: e' la garanzia che in caso di carestia cio' che resta sia comunque sufficiente per sopravvivere.
      Se le risorse sono appena sufficienti, misurate e centellinate, basta poco per andare sotto la sussistenza.

      Ottimizzare i consumi necessariamente porta a questo, all'eliminazione del margine di sicurezza, agendo anche il paradosso di jevons (anche in termini di aumento di popolazione fino ad oltre il massimo sostenibile con ampio margine di sicurezza).

      Peraltro, questo e' un problema che si e' concretamente presentato all'Italia quando incauti, stupidotti e inesperti personaggi hanno portato a casa, entusiasti, il 20-20-20: per l'Italia, nel teatro economico europeo, si e' trattato di un contratto capestro, in quanto il nostro paese, essendo da sempre energeticamente molto costoso in termini di prezzi per la nostra impresa e societa' in generale, aveva gia' ottimizzato, molto piu' degli altri europei a pari industrializzazione, i suoi processi, di modo che sarebbe stato per noi marginalmente MOLTO piu' costoso raggiungere le stesse percentuali di risparmio, aggiungendo cosi' alla nostra economia un ulteriore elemento di perdita di concorrenzialita' rispetto al resto d'europa (infatti siamo da un paio di decenni regolarmente ULTIMI in tutte le classifiche).

      Il fotovoltaico, incentivato a livelli francamente delinquenziali, e' un altro degli esempi: altro che energia verde, se ne e' fatta soprattutto un'occasione di scandalosa speculazione per le societa' finanziarie che hanno prestato i soldi a lauto interesse.

      Cio' ovviamente vale solo per le risorse rinnovabili: le altre, comunque, prima o poi finiscono, per cui risparmiarle o meno alla fine porta allo stesso identico risultato.

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  5. Se ci sara' un collasso (spero di no) mi auguro che sia graduale, in modo da poter mettere in atto le adeguate contromisure per attutirne le conseguenze.

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  6. secondo me un collasso generale ci sarà, perchè si stanno sommando troppe cosecambiamento climatico,fine delle risore, quindi fine del capitalismo..ovviamente non colpirà tutti nello stesso modo,ma la maggior parte delle persone se la vedranno male è nessuno sta facendo niente per contrastare il fenomeno,anzi chi sta al potere al potere governi ecc rubano a più non posso , ognuno credo si dovrebbe creare la sua scappatoia, il suo piano b,,spero di sbagliarmi la le cose si devono mettere davvero male è sono un tipo ottimista..ma questa è la dura realtà che ci spetta,buona fortuna a noi

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  7. Parzilamente OT :notizia di oggi su tutti i quotidiani con tanto di foto: Putin ordina di distruggere alcune tonnellate di cibo europeo con le ruspe...Si registrano malumori al Cremlino e fra la popolazione per la mossa mediatica di dubbio gusto. (Ad oggi 20 milioni di russi risultano malnutriti.) Le foto prima distribuite ai media saranno cancellate domani ?

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  8. http://www.lettera43.it/attualit/istat-oltre-7-milioni-di-poveri-in-italia---la-notizia_43675179269.htm
    Percentualmente non molto dissimile dall'Italia.

    Saluti

    G

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  9. La situazione di oggi mi pare infinitamente peggiore rispetto a 3000 anni fa. La popolazione è immensamente più numerosa, il cambiamento climatico è su scala globale e oltretutto contorniato da altri enormi problemi come ad esempio l'inquinamento di acqua, aria e terreno, nonchè la possibilità di epidemie mortali su scala planetaria facilitate dai moderni mezzi di trasporto. Del collasso dell'Egitto o dell'Impero romano in Sud America, Australia o Polinesia non se n'è accorto nessuno, il riscaldamento provocato dalle attività antropiche invece è globale e già si sente in tutto il mondo. Magari fossimo messi come gli Egiziani di 3000 anni fa!!!! Simone Emili

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  10. Inesorabilmente quando si va verso una "pianificazione" su larga scala dell'economia e di una organizzazione sociale, il sogno di dominio di ogni dittatore e del potere piramidale che cerca di imporsi, si paga un prezzo salato in termini di possibilita' di "resilienza" e "adattamento" in circostanze non previste o non governabili. Una struttura complessa ingegneristicamente andrebbe progettata prevedendo tutti quegli accorgimenti che ne permettono la sopravvivenza in circostanze catastrofiche. Le navi hanno i compartimenti stagni, le elettroniche dei sistemi che usiamo hanno le schede ridondanti, e cosi' via. Quando non e' prevista una via di fuga dal disastro questo inesorabilmente avviene forse per la nota legge di Murphy. Internet ad esempio e' stata progettata per essere resiliente e sopravvivere alla morte di qualche nodo. Io credo che bisogna investire nelle capacita' autarchiche delle piccole comunita' locali per proteggersi da possibili catastrofi e annichilimento della struttura complessa pianificata in cui viviamo. L'eccesso di pianificazione va combattuto e bilanciato da piu' corretti principi di sussidiarieta'.

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  11. E se ciascuno di noi cominciasse a progettare la propria vita in modo da essere autosufficiente in caso di bisogno? Penso all'energia solare nel caso la rete elettrica dovesse non funzionare, a una pompa per l'acqua con relativa sorgente nel caso l'acquedotto dia forfait, al recupero della capacità di coltivare la terra e mangiare in modo più sostenibile (=vegetariano), all'apprendimento di tecniche per costruire la propria abitazione con materiali sostenibili (paglia, argilla, legno).

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    1. Sarebbe finalmente una rivoluzione (non violenta) che cambierebbe radicalmente il corso delle cose.
      Pero' richiederebbe un rapido cambio di mentalita' e di abitudini e danneggerebbe diversi settori economici con ricadute immediate sull'occupazione ecc.
      Solo il verificarsi di una serie di eventi traumatici come disastri ambientali di enormi proporzioni o una seria crisi energetica potrebbero indurre le singole persone e le istituzioni ad adottare i comportamenti (auspicabili) che hai suggerito.

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    2. Ma hai visto come sono fatte le citta' e la quantita' incredibile di gente che ci vive impilata dentro? L'italia e' 300.000 kmq, con 60.000.000 di abitanti: fanno 5000 mq a testa, compresi monti laghi e fiumi, e' pochissimo e assolutamente insostenibile per grossi mammmiferi dalle insoddisfacibili esigenze come siamo noi esseri umani, anche se ci accontentassimo di un tenore di vita da eta' della pietra, cosa che decisamente non e'.
      Se la faccenda sta in piedi e' solo perche', grazie all'organizzazione capillare, in 50 anni, siamo passati da rese agricole di 10 quintali per ettaro a 100, e all'intensivo sfruttamento dei composti del carbonio fossili: finche' dura, e sperando nella futura rivoluzione biotecnologica.

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    3. "Penso all'energia solare nel caso la rete elettrica dovesse non funzionare"

      Mi sono informato perche volevo dotarmene: non esistono apparecchiature economiche, e forse neppure a prescindere dal prezzo, in grado di collegare insieme dei pannelli fotovoltaici, delle batterie al piombo, e la rete elettrica, in modo che ti arrangi con la tua produzione autonoma finche' sei autosufficiente, e subentra la rete elettrica solo quando hai pannelli al buio e batterie scariche.

      Inoltre gli inverter sono progettati APPOSTA per non funzionare scollegati dalla rete elettrica, anche se tu sei in quel momento autosufficiente come produzione fotovoltaica.

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    4. La futura rivoluzione biotecnologica? E magari anche il nucleare pulito. E' come giocare al Lotto sui numeri ritardatari.

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