Barbastro chiama Terra
Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR
di Antonio Turiel
Cari lettori,
gli scorsi 9 e 10 ottobre ha avuto luogo a Barbastro (una piccola località situata vicino ai Pirenei, nella Spagna nordorientale) il Secondo Congresso Internazionale sul Picco del Petrolio. Hanno partecipato come relatori alcune notevoli personalità internazionali del mondo del picco del petrolio, a cominciare dal Presidente dell'Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio e del Gas (ASPO), Kjell Aleklett, e mezza dozzina di specialisti del livello più alto. Ci sono stati anche dei relatori di profilo meno tecnico ma che si sono dedicati a fare divulgazione su questo tema, come degli assistenti. Su richiesta di molti lettori ho elaborato questa breve relazione, del tutto soggettiva, sul contenuto delle relazioni che abbiamo potuto ascoltare in questi giorni. Quando saranno disponibili i video, ,metterò il collegamento sui nomi dei relatori.
La prima delle relazioni, la conferenza inaugurale, è stata presentata da un assistente. Un grande onore ed impossibile essere all'altezza di chi lo ha fatto tre anni fa: Mariano Marzo. Io mi sono limitato a fare un ripasso degli eventi che consideravo più significativi nel mondo dell'energia negli anni che sono passati dalla prima edizione e a discutere brevemente le tendenze del futuro più prossimo, abbastanza terribili a mio modo di vedere, finendo con un appello ad agire e ricordando il manifesto “Ultima Chiamata”. Nonostante il suo tono, alla fine la mia presentazione non si è rivelata essere la più pessimista...
Dopo di me ha parlato Mikael Höök. Ha fatto una presentazione didattica e rigorosa sulle diverse risorse, le loro caratteristiche e i loro limiti. Ha evidenziato vari punti interessanti, come per esempio la difficoltà di indicare il picco del petrolio tenendo conto delle definizioni multiple di idrocarburi liquidi, o di come il futuro del carbone verrà determinato da quello che succederà in Cina, la cui produzione sembra stia giungendo al suo zenit. Il suo grafico di come si impila la produzione dei giacimenti a cominciare dai più grandi e proseguendo con quelli più piccoli e di produzione più difficile è stato particolarmente esplicativo.
Il venerdì è cominciato con una presentazione minuziosa e splendida di Alicia Valero sull'uso sempre più intenso della tavola periodica, il picco produttivo delle miniere da dove stiamo estraendo questi materiali e la nostra incorreggibile tendenza a disperderli o a usarli in modo tale da renderli impossibili o molto difficili da riciclare. Il tema è di una serietà e di una gravità difficile da disprezzare ed Alicia ha presentato la sua analisi esaustiva in modo brillante. Oltre al problema dei metalli di uso industriale, merita una menzione particolare il problema del picco del fosforo e il suo impatto sull'agricoltura, del quale abbiamo già parlato in varie occasioni su questo blog. Ha coronato la sua presentazione con un video preparato dal suo centro, il CIRCE, per sensibilizzare sul problema. Non ho potuto evitare di ricordare che tre anni fa dal CIRCE (non da Alicia, questo è certo) è stato mandato un messaggio molto più positivo sulle possibilità di futuro. E' stata forse Alicia la prima relatrice a pronunciare la parola che, ripetuta tante volte, avrebbe segnato la seconda giornata: “collasso”.
A seguire, Gorka Bueno ha presentato la sua analisi sul futuro del trasporto nel Paese Basco, dettagliato e minuzioso, valutando 5 scenari diversi e sempre con evidente l'intento di riuscire ad ottenere obbiettivi di riduzione di emissioni di CO2 e di adattarsi ai problemi di esaurimento dei combustibili fossili, che non erano il centro del suo lavoro ma del quale Gorka era ovviamente ben consapevole. La cattiva notizia è che nessuno scenario riusciva ad ottenere gli obbiettivi fissati per il 2050 e la conclusione di Gorka, che avevano già abbozzato Pedro e Alicia e che si sarebbe ripetuta diverse volte, è che manca di più che la tecnologia per risolvere questo problema e che di fondo ciò di cui stiamo parlando è un cambiamento sociale. Triste, e pessimista, la riflessione di Gorka secondo il quale finché non ci sbatteremo contro, non reagiremo.
Quindi è arrivato Gonzalo Escribano. Questo professore di economia della UNED, direttore anche del programma di energia e cambiamento climatico del politicamente influente Real Instituto Elcano, ha preso la sua agenda ed ha parlato parecchio di più dell'ora che gli era stata assegnata, intessendo temi al volo senza un ordine particolare e senza mostrare grafici o dati coi quali dare fondamento alle sue affermazioni audaci di fronte a un gruppo di specialisti che, da come ho capito, conoscevano molto meglio di lui di cosa stava parlando. Il suo intervento è stata una breve parentesi di BAU e di irrealismo, più una professione di fede religiosa che una presentazione scientifica. Lasciando da parte affermazioni che egli vedeva come del tutto naturali anche se in realtà facevano trapelare una certa ideologia, è stato scioccante sentirgli dire che l'Arabia Saudita ha una capacità inattiva di più di 3 milioni di barili al giorno grazie a Ghawar (quando chiunque si prenda il disturbo di guardare i dati vedrà che oltre alla messa in produzione di Manifa e alla resuscitazione di Khurais e Shaybah all'Arabia Saudita non rimane nulla da aggiungere, mentre a Ghawar esce più acqua che petrolio e probabilmente è già esaurito per un 90%). Altro esempio: secondo Escribano negli Stati Uniti non consumano già quasi più carbone grazie alla rivoluzione dello scisto, nonostante che le statistiche dell'annuario statistico della BP non sembrano dargli ragione (la cosa sbagliata di fare affermazioni esagerate e di non quantificarla: ovviamente il consumo è diminuito, ma non fino a scomparire).
Perlomeno Escribano ha riconosciuto che la febbre del fracking non durerà molto negli Stati uniti e che non c'è da aspettarsi granché da questo tipo di risorsa in Spagna. Non gli è passato per la testa che l'affare fosse una rovina, specialmente con prezzi del gas così bassi (cosa che considerava il risultato della perfetta e meravigliosa competizione in un mercato che crede libero). Terminata la sua presentazione l'ho ringraziato per la sua esposizione, poiché ci aveva mostrato chiaramente come pensano i gestori politici e gli ho chiesto del picco del petrolio, dato che il congresso parlava di questo. Ha risposto che non ne sa niente di questo perché è un economista e non un geologo (!!), ha proseguito col meme ridicolo de “sono 30 anni che ci rimane petrolio per 30 anni” (il vecchio errore P/Q) ed ha ribattuto con la battuta ancora più vecchia e stupida secondo cui l'età della pietra non è finita perché sono finite le pietre. In sostanca, prendendoci per degli emeriti imbecilli per non aver ascoltato e rifiutato mille volte argomenti tanto banali e conosciuti. Mi è sembrato chiaro che a questo signore la prossima ondata recessiva e di forte volatilità del prezzo del petrolio lo coglierà di sorpresa, anche se date le sue capacità oratorie troverà sicuramente la scusa del giorno per cavarsela. Dopo aver svicolato su varie altre domande sé è allontanato senza aspettare la relazione successiva, dalla quale avrebbe potuto apprendere qualcosa su quello di cui crede di essere esperto. Se ne è andato senza essere consapevole della figura ridicola che aveva fatto.
L'ultima relazione della giornata è toccata a Gail Tverberg. Precisa, incisiva, demolitrice, Gail ha dato i dettagli dei suoi già famosi 12 principi della connessione fra energia ed economia, non adatti ad economisti “bautomatici”. Il grafico più terrificante di questa presentazione sicuramente lo conoscete già: la previsione di Gail sulla rapida discesa della disponibilità di tutte le forme di energia nei prossimi anni.
La cattiva notizia è che il ragionamento di Gail sulla forma di questa curva è abbastanza solido, senza altre fonti di energia sostitutive, sarà impossibile mantenere i livelli produttivi massimi teorici una volta che comincia il declino. E questo sarà piuttosto brusco. Una cosa che potremo verificare nei prossimi anni.
La presentazione successiva, nelle prime ore del pomeriggio, è stata fatta da ugo Bardi. Grandissimo comunicatore, Ugo sa conquistare il pubblico nei primi minuti con trucchi da prestigiatore sperimentato, per poi portarli in un viaggio attraverso dei modelli semplificati ma sempre più complessi. Dopo aver mostrato in maniera convincente che la dinamica dei sistemi permette di capire la semplice complessità che soggiace alle nostre due sfide di sostenibilità proprio adesso, cioè, l'esaurimento delle risorse e il cambiamento climatico, è giunto alle sue conclusioni... cioè nessuna conclusione. Non c'è conclusione, non c'è la sfera di cristallo, non c'è un'uscita semplice. Il suo discorso è finito in modo repentino, un poco triste, senza indicare direzioni concrete, ma aprendo questa discussione per trasformarla in una riflessione collettiva.
Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR
di Antonio Turiel
Cari lettori,
gli scorsi 9 e 10 ottobre ha avuto luogo a Barbastro (una piccola località situata vicino ai Pirenei, nella Spagna nordorientale) il Secondo Congresso Internazionale sul Picco del Petrolio. Hanno partecipato come relatori alcune notevoli personalità internazionali del mondo del picco del petrolio, a cominciare dal Presidente dell'Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio e del Gas (ASPO), Kjell Aleklett, e mezza dozzina di specialisti del livello più alto. Ci sono stati anche dei relatori di profilo meno tecnico ma che si sono dedicati a fare divulgazione su questo tema, come degli assistenti. Su richiesta di molti lettori ho elaborato questa breve relazione, del tutto soggettiva, sul contenuto delle relazioni che abbiamo potuto ascoltare in questi giorni. Quando saranno disponibili i video, ,metterò il collegamento sui nomi dei relatori.
La prima delle relazioni, la conferenza inaugurale, è stata presentata da un assistente. Un grande onore ed impossibile essere all'altezza di chi lo ha fatto tre anni fa: Mariano Marzo. Io mi sono limitato a fare un ripasso degli eventi che consideravo più significativi nel mondo dell'energia negli anni che sono passati dalla prima edizione e a discutere brevemente le tendenze del futuro più prossimo, abbastanza terribili a mio modo di vedere, finendo con un appello ad agire e ricordando il manifesto “Ultima Chiamata”. Nonostante il suo tono, alla fine la mia presentazione non si è rivelata essere la più pessimista...
Dopo di me ha parlato Mikael Höök. Ha fatto una presentazione didattica e rigorosa sulle diverse risorse, le loro caratteristiche e i loro limiti. Ha evidenziato vari punti interessanti, come per esempio la difficoltà di indicare il picco del petrolio tenendo conto delle definizioni multiple di idrocarburi liquidi, o di come il futuro del carbone verrà determinato da quello che succederà in Cina, la cui produzione sembra stia giungendo al suo zenit. Il suo grafico di come si impila la produzione dei giacimenti a cominciare dai più grandi e proseguendo con quelli più piccoli e di produzione più difficile è stato particolarmente esplicativo.
A seguire è intervenuto
in video-conferenza Dave Hughes. La sua presentazione si è riferita
agli idrocarburi non convenzionali, principalmente a quelli estratti con
la tecnica del fracking, ed è scorsa lungo i percorsi prevedibili per
chiunque abbia letto il suo libro “Trivella, ragazza, trivella”.
Ha fornito, questo sì, dati aggiornati sui ritmi di declino e sugli
scenari di produzione negli Stati Uniti, evidenziando l'allarmante ritmo
di declino della produzione di gas di scisto ad Haynesville. Anche una
mappa di una piccola area molto sfruttata che mostrava tutte le
perforazioni orizzontali che formano una pelle straordinariamente spessa
è risultata di grande impatto.
E
nel pomeriggio è intervenuto Kjell Aleklett. Questa relazione me la
sono persa perché ho dovuto rilasciare due interviste realizzate dalla
UNED (con la squadra di Barbastro ed una con un inviato speciale da
Madrid). Da come mi hanno raccontato, Kjell ha fatto una presentazione
classica e molto didattica degli aspetti chiave del picco del petrolio e
del fracking, per evidenziare come il crescente contributo del petrolio
leggero di roccia compatta (Light Tight Oil) estratto negli Stati
Uniti, essendo inutile per produrre diesel, sta aggravando il picco del diesel.
A
seguire c'è stata una tavola rotonda sul fracking con due geologi
spagnoli, Marcos Aurell e José Luis Simón, e un ingegnere, José Luis
Rubio. Mi sono perso anche questa, praticamente tutta, per stavo
assistendo i ragazzi del documentario. Così sono giunto a sentire che,
nonostante che alcune delle persone sedute lì non si definivano
“anti-fracking”, era chiaro per tutti che in Spagna questo tipo di
risorsa non aveva grandi prospettive e che difficilmente il suo
sfruttamento risulterebbe redditizio.
L'ultima
presentazione di giovedì è toccata a Pedro Prieto. Con una dialettica
irrefrenabile e alla Cervantes come al solito, incubo dei poveri
traduttori, Pedro ci ha fatto ridere amabilmente con un tema tanto serio
e tanto grave come la nostra impossibilità di trovare fonti di energia
alternative ai combustibili fossili. Ha dedicato un'attenzione speciale
(e un intenzione speciale) ad una presentazione dei molti problemi e
limiti dell'energia nucleare, ma non si è risparmiato quando è stato il
momento di smontare qualsiasi mito rinnovabile, compresa quella del
solare a concentrazione. Impagabile e imprescindibile.
Il venerdì è cominciato con una presentazione minuziosa e splendida di Alicia Valero sull'uso sempre più intenso della tavola periodica, il picco produttivo delle miniere da dove stiamo estraendo questi materiali e la nostra incorreggibile tendenza a disperderli o a usarli in modo tale da renderli impossibili o molto difficili da riciclare. Il tema è di una serietà e di una gravità difficile da disprezzare ed Alicia ha presentato la sua analisi esaustiva in modo brillante. Oltre al problema dei metalli di uso industriale, merita una menzione particolare il problema del picco del fosforo e il suo impatto sull'agricoltura, del quale abbiamo già parlato in varie occasioni su questo blog. Ha coronato la sua presentazione con un video preparato dal suo centro, il CIRCE, per sensibilizzare sul problema. Non ho potuto evitare di ricordare che tre anni fa dal CIRCE (non da Alicia, questo è certo) è stato mandato un messaggio molto più positivo sulle possibilità di futuro. E' stata forse Alicia la prima relatrice a pronunciare la parola che, ripetuta tante volte, avrebbe segnato la seconda giornata: “collasso”.
A seguire, Gorka Bueno ha presentato la sua analisi sul futuro del trasporto nel Paese Basco, dettagliato e minuzioso, valutando 5 scenari diversi e sempre con evidente l'intento di riuscire ad ottenere obbiettivi di riduzione di emissioni di CO2 e di adattarsi ai problemi di esaurimento dei combustibili fossili, che non erano il centro del suo lavoro ma del quale Gorka era ovviamente ben consapevole. La cattiva notizia è che nessuno scenario riusciva ad ottenere gli obbiettivi fissati per il 2050 e la conclusione di Gorka, che avevano già abbozzato Pedro e Alicia e che si sarebbe ripetuta diverse volte, è che manca di più che la tecnologia per risolvere questo problema e che di fondo ciò di cui stiamo parlando è un cambiamento sociale. Triste, e pessimista, la riflessione di Gorka secondo il quale finché non ci sbatteremo contro, non reagiremo.
Quindi è arrivato Gonzalo Escribano. Questo professore di economia della UNED, direttore anche del programma di energia e cambiamento climatico del politicamente influente Real Instituto Elcano, ha preso la sua agenda ed ha parlato parecchio di più dell'ora che gli era stata assegnata, intessendo temi al volo senza un ordine particolare e senza mostrare grafici o dati coi quali dare fondamento alle sue affermazioni audaci di fronte a un gruppo di specialisti che, da come ho capito, conoscevano molto meglio di lui di cosa stava parlando. Il suo intervento è stata una breve parentesi di BAU e di irrealismo, più una professione di fede religiosa che una presentazione scientifica. Lasciando da parte affermazioni che egli vedeva come del tutto naturali anche se in realtà facevano trapelare una certa ideologia, è stato scioccante sentirgli dire che l'Arabia Saudita ha una capacità inattiva di più di 3 milioni di barili al giorno grazie a Ghawar (quando chiunque si prenda il disturbo di guardare i dati vedrà che oltre alla messa in produzione di Manifa e alla resuscitazione di Khurais e Shaybah all'Arabia Saudita non rimane nulla da aggiungere, mentre a Ghawar esce più acqua che petrolio e probabilmente è già esaurito per un 90%). Altro esempio: secondo Escribano negli Stati Uniti non consumano già quasi più carbone grazie alla rivoluzione dello scisto, nonostante che le statistiche dell'annuario statistico della BP non sembrano dargli ragione (la cosa sbagliata di fare affermazioni esagerate e di non quantificarla: ovviamente il consumo è diminuito, ma non fino a scomparire).
Perlomeno Escribano ha riconosciuto che la febbre del fracking non durerà molto negli Stati uniti e che non c'è da aspettarsi granché da questo tipo di risorsa in Spagna. Non gli è passato per la testa che l'affare fosse una rovina, specialmente con prezzi del gas così bassi (cosa che considerava il risultato della perfetta e meravigliosa competizione in un mercato che crede libero). Terminata la sua presentazione l'ho ringraziato per la sua esposizione, poiché ci aveva mostrato chiaramente come pensano i gestori politici e gli ho chiesto del picco del petrolio, dato che il congresso parlava di questo. Ha risposto che non ne sa niente di questo perché è un economista e non un geologo (!!), ha proseguito col meme ridicolo de “sono 30 anni che ci rimane petrolio per 30 anni” (il vecchio errore P/Q) ed ha ribattuto con la battuta ancora più vecchia e stupida secondo cui l'età della pietra non è finita perché sono finite le pietre. In sostanca, prendendoci per degli emeriti imbecilli per non aver ascoltato e rifiutato mille volte argomenti tanto banali e conosciuti. Mi è sembrato chiaro che a questo signore la prossima ondata recessiva e di forte volatilità del prezzo del petrolio lo coglierà di sorpresa, anche se date le sue capacità oratorie troverà sicuramente la scusa del giorno per cavarsela. Dopo aver svicolato su varie altre domande sé è allontanato senza aspettare la relazione successiva, dalla quale avrebbe potuto apprendere qualcosa su quello di cui crede di essere esperto. Se ne è andato senza essere consapevole della figura ridicola che aveva fatto.
L'ultima relazione della giornata è toccata a Gail Tverberg. Precisa, incisiva, demolitrice, Gail ha dato i dettagli dei suoi già famosi 12 principi della connessione fra energia ed economia, non adatti ad economisti “bautomatici”. Il grafico più terrificante di questa presentazione sicuramente lo conoscete già: la previsione di Gail sulla rapida discesa della disponibilità di tutte le forme di energia nei prossimi anni.
La cattiva notizia è che il ragionamento di Gail sulla forma di questa curva è abbastanza solido, senza altre fonti di energia sostitutive, sarà impossibile mantenere i livelli produttivi massimi teorici una volta che comincia il declino. E questo sarà piuttosto brusco. Una cosa che potremo verificare nei prossimi anni.
La presentazione successiva, nelle prime ore del pomeriggio, è stata fatta da ugo Bardi. Grandissimo comunicatore, Ugo sa conquistare il pubblico nei primi minuti con trucchi da prestigiatore sperimentato, per poi portarli in un viaggio attraverso dei modelli semplificati ma sempre più complessi. Dopo aver mostrato in maniera convincente che la dinamica dei sistemi permette di capire la semplice complessità che soggiace alle nostre due sfide di sostenibilità proprio adesso, cioè, l'esaurimento delle risorse e il cambiamento climatico, è giunto alle sue conclusioni... cioè nessuna conclusione. Non c'è conclusione, non c'è la sfera di cristallo, non c'è un'uscita semplice. Il suo discorso è finito in modo repentino, un poco triste, senza indicare direzioni concrete, ma aprendo questa discussione per trasformarla in una riflessione collettiva.
Dopo
una conclusione così sconfortante, è arrivata Marga Mediavilla che in
un certo modo ha finito il lavoro. Marga ha spiegato i dettagli del
modello che hanno sviluppato all'Università di Valladolid per fare la
diagnosi del futuro dell'energia e dei suoi usi nei prossimi anni. Per
alimentare il suo modello hanno preso i migliori valori possibili, non
considerano l'EROEI delle fonti di energia, ecc. Ma anche così, si vede
che c'è una deviazione considerevole fra gli scenari di crescita e ciò
che possono darci le nostre fonti di energia, persino con la
sostituzione ideale con le rinnovabili, in un periodo di circa 20 anni.
Ma la cosa terribile arriva quando si esaminano i trasporti: le
deviazioni sono già insuperabili, in tutti gli scenari considerati,
prima del 2020 (proprio per questo in questa edizione i valladolidensi hanno dedicato il loro eccellente corso annuale al tema dei trasporti).
Margarita esponeva i suoi risultati quasi scusandosi, come a voler
dire: “Non è questo che vorrei proporvi, ma è quello che c'è”. Da lì
alla fine della sua presentazione è andata snocciolando una serie di
caratteristiche del nostro sistema economico e come siamo caduti in
questa trappola. E' stato lì che ho definito il problema col suo nome e,
quando è venuto il mio turno per una domanda, ho detto che in realtà il
nostro problema più grande per superare la situazione attuale è che
quello che diciamo contraddice le tesi fondamentali capitalismo. E non
ho chiesto nulla.
Finalmente
c'è stata la tavola rotonda, con tre esposizioni brevi ed un dibattito
con i tre relatori. Il primo è stato il mio compagno ed assiduo
contributore di questo blog, Antonio García-Olivares, che con la sua
voce ferma e la sua abituale solidità intellettuale ha snocciolato le
ragioni obbiettive per le quali il capitalismo si trova nella sua fase
terminale e quali possano essere le alternative alla sua fine. Relazione
breve ma molto tecnica e molto raccomandabile per coloro che ancora
credono in un futuro del capitalismo.
A
seguire ha parlato Xoan Ramón Doldán, presidente dell'associazione
galiziana Véspera de Nada ed economista ecologico, che con tono da
galiziano pacioso è andato assestando colpi dialettici dopo colpi
dialettici alle basi concettuali e pratiche del nostro attuale sistema
economico, praticamente senza risparmiare nessuno. Forse il tono
continuo della voce e la rapidità espositiva non facilitavano
un'adeguata digestione di tanta informazione.
Per
ultimo Juan del Río, come rappresentante di Cardedeu in Transizione, ha
fatto una presentazione molto leggera, più attivista e meno tecnica
rispetto a tutte le precedenti, per spiegare che c'è futuro e speranza
se ci crediamo. Le domande del pubblico durante la tavola rotonda erano
valide, anche se (o forse esattamente per questo) si trattavano temi
poco gradevoli come quello della violenza durante la transizione.
Il riassunto di questa edizione è che il pessimismo è diventato assoluto. Nella prima edizione la maggioranza delle relazioni respirava un certo tecno-ottimismo,
con diverse relazioni che discutevano di fonti alternative per ottenere
energia e/o di scenari più o meno adattivi. In quella occasione facevo
parte di un gruppo ridotto di catastrofisti che vedeva all'orizzonte una
difficoltà insormontabile o un'altra. Io non ho modificato molto la mia
posizione, forse sono un po' più pessimista ora di allora, ma
curiosamente adesso molti di quelli che allora mi prendevano per
allarmista mi hanno superato in questa discesa agli inferi. La parola
più ripetuta in questi giorni è stata “collasso”, cosa che la maggior
parte dei relatori danno per certo. Per ripetere lo scherzo che abbiamo
fatto in quei giorni, chi di noi si trovava lì poteva essere raggruppato
in tre categorie: :pacos, mocos e cocos (a seconda se eravamo parzialmente, moderatamente o completamente “collassisti” - l'unico escluso da questa classificazione era Gonzalo Escribano, che potremmo definire coquaco: “Collasso? Quale collasso?)
Non
vorrei concludere questa relazione senza fare una menzione, breve, alla
componente umana del congresso, alle persone che erano lì ad ascoltare
il modo in cui i relatori stavano progressivamente minando le loro
speranze di futuro. Come nell'edizione passata, molte persone anonime
hanno partecipato a Barbastro, facendo un grande sforzo personale, visto
che il congresso ha avuto luogo in giorni lavorativi. Alcuni
rappresentavano diversi collettivi consapevoli della problematica
dell'esaurimento del petrolio e delle conseguenze cui sta portando
questa folle corsa in avanti. I più attivi, erano quelli dei collettivi anti-fracking. In particolare mi è sembrato rimarchevole la maturità particolare in questa attività dei ragazzi di Fracking Ez,
che anche se non sono intervenuti nei turni di domande, hanno preso
contatti e nota di tutto ciò che veniva detto. Dall'ultimo congresso di
Barbastro sono passati tre anni e mezzo e la società spagnola è più
povera, quindi molti dei partecipanti sono arrivati in modo precario,
alcuni dormendo nel furgone col quale sono venuti. La solidarietà e il
coordinamento fra i partecipanti ha reso possibile che molti di loro,
con più volontà che mezzi, potessero godersi queste giornate. E,
addirittura, un piccolo gruppo di entusiasti ha approfittato per girare
un breve documentario. Come la volta scorsa, l'organizzazione del
congresso è stato un aiuto continuo ed efficace nei mille dettagli che
continuavano ad emergere ogni giorno. Grazie di nuovo a Carlos, Marta,
Pili e soprattutto a David, che nel suo ruolo molteplice di
coordinatore, moderatore e conduttore del congresso, ha dato un volto
umano al collegamento istituzionale.
Tutto
indica che il collasso sarà rapido e anche di più, data la cecità di
coloro che consigliano i nostri governi credendosi esperti senza
esserlo. La cosa preoccupante è che il collasso può essere imminente,
come alcuni esperti hanno indicato. Barbastro ha inviato un messaggio,
forte e chiaro, alla Terra, una specie di “Ultima Chiamata” dalla collina. Speriamo che stavolta ci sia qualcuno dall'altra parte ad ascoltarla.
Saluti.
AMT