Da “Economie durable”. Traduzione di MR
di Didier Barthes
I movimenti in favore di una demografia più ragionevole sono finalmente in probabile crescita. Dopo il libro di Alan Weisman, Conto alla rovescia, adesso è Michel Sourrouille che coordina, per i tipi "di Sang de la Terre", un'opera collettiva intitolata: "Meno numerosi, più felici. L'urgenza ecologica di ripensare la demografia".
Questo vangelo della denatalità ha i suoi dodici apostoli, poiché dopo una prefazione in cui Yves Cochet mette chiaramente il dibattito all'interno della problematica ecologica e descrive tutte le difficoltà di una tale sfida, ci sono dodici autori che ci propongono ciascuno una particolare illuminazione ma condividendo la stessa convinzione: la soluzione ai problemi ambientali e sociali passerà ineluttabilmente per una diminuzione dei nostri effettivi. E' il momento che cada il tabù su questo tema e che gli ecologisti si facciano carico del dibattito. Prima lo facciamo, meglio andranno le cose, più dolce e democratica sarà la transizione verso un'umanità più sobria in fatto di risorse e soprattutto più rispettosa del pianeta e degli altri suoi abitanti, in tre parole, più duratura, secondo me più morale e certamente più felice.
Per cominciare un approccio ecologico con Michel Tarrier, a cui si devono già diversi libri sull'argomento, mostra che l'espansione continua del nostro numero conduce all'occupazione dell'insieme dei territori a scapito di tutte le specie non umane. Stesso approccio tiene l'analisi scientifica di Alain Gras, autore fra le altre cose di La scelta del Fuoco, che fa un parallelo fra ciò che minaccia noi e il modello di Lotka e Volterra che descrive l'evoluzione delle popolazioni in funzione di quella delle risorse. Théophile de Giraud, autore del pamphlet L’arte di ghigliottinare i procreatori, descrive da parte sua l'impossibilità delle nostre società di far vivere decentemente gli esseri umani e produrre tutto ciò che essi pretendono in un piccolo rettangolo di 100x150 metri dei quali ormai si deve accontentare ogni essere umano sulla Terra. Ricordiamo che gli stessi esseri umani disponevano di uno spazio mille volte più grande 10.000 anni fa quando oltretutto consumavano pochissimi beni e tutto era riciclabile e veniva riciclato.
Philippe Annaba, autore di "Beati gli Sterili", pone l'accento sul pensiero di Malthus e sull'incapacità dei movimenti della decrescita di tenerne conto. Corinne Maier, autrice di No Kid, allo stesso tempo evoca la scala delle politiche nataliste francesi e denuncia l'ostracismo di cui sono vittime coloro fra noi che fanno la scelta di non avere figli. Alain Hervé, fondatore del ramo francese di Amici della Terra e redattore capo di Sauvage, una delle prime riviste ecologiste francesi, descrive l'aberrazione costituita dal volere, da parte degli esseri umani, di volersi riprodurre sempre di più nel mondo di oggi.
Approccio internazionale per un tema sensibile con Michel Sourrouille, che analizza il cambiamento della natura delle migrazioni nel momento in cui hanno luogo in un pianeta saturo. L'emigrazione, che è stata una soluzione, diventa un problema. Dal momento che le religioni sono spesso implicate nel natalismo dell'ambiente, Jean-Claude Noyé propone un riassunto della posizione delle diverse chiese in materia di contraccezione. L'accettazione di una politica di controllo delle nascite è più o meno grande, anche se nei fatti i paesi non seguono tutte le scelte raccomandate dalla religione dominante. Il fenomeno è particolarmente marcato in Europa, dove molte nazioni di fede cattolica hanno tassi di fecondità molto bassi. Riprendendo alcuni elementi dalla sua opera, Il naufragio contadino, Jacques Maret evoca l'interrogativo che per primo viene in mente quando si evoca la sovrappopolazione: riusciremo a nutrire i 9,6 miliardi di abitanti che l'ONU prevede per la metà del secolo? Non è scontato, conclude con queste parole: “Malthus aveva messo il dito dove fa male”.
Pablo Servigne dal canto suo, evocando giustamente queste previsioni demografiche, s'inquieta alla possibilità stessa di raggiungere tali numeri, visto che le risorse del pianeta sono vicine all'esaurimento. In questo si unisce ad una scuola di pensiero che vediamo crescere (si pensi a Franck Fenner o a Jared Diamond, che ha descritto alcuni esempi), secondo la quale un crollo tanto economico quanto demografico è sempre più probabile in questo stesso secolo. Approccio sociale infine, con i due autori di questo sito. Didier Barthès, portavoce di Demografia Responsabile evoca l'impossibile conciliazione fra diritto ad essere numerosi e tutti gli altri diritti umani. Come non vedere che il pensiero ecologista dominante, a forza di negare la componente demografica, ci conduce inevitabilmente all'abbandono di tutti i nostri diritti e più in generale del piacere di vivere su un pianeta la cui bellezza dovrebbe essere la cosa che dovremmo salvaguardare come preoccupazione principale? Jean-Christophe Vignal s'interroga sulla difficoltà di pensare una società in decrescita demografica, visione contraria all'espansionismo soggiacente a quasi tutte le rappresentazione che l'umanità ama farsi del proprio destino.
C'è materiale per una rivoluzione mentale che non costituisce la minima delle difficoltà. Non esitando a prendere contro corrente il “moralismo natalista”, possa quest'opera apportare un contributo e gli uomini cominciare a tenere conto di questa osservazione di Alain Gras, uno degli autori: “l'avvenire dell'umanità passa per la creazione di un rapporto più umile col pianeta”. La questione del nostro numero costituisce uno degli elementi primari di questa necessaria umiltà.
di Didier Barthes
I movimenti in favore di una demografia più ragionevole sono finalmente in probabile crescita. Dopo il libro di Alan Weisman, Conto alla rovescia, adesso è Michel Sourrouille che coordina, per i tipi "di Sang de la Terre", un'opera collettiva intitolata: "Meno numerosi, più felici. L'urgenza ecologica di ripensare la demografia".
Questo vangelo della denatalità ha i suoi dodici apostoli, poiché dopo una prefazione in cui Yves Cochet mette chiaramente il dibattito all'interno della problematica ecologica e descrive tutte le difficoltà di una tale sfida, ci sono dodici autori che ci propongono ciascuno una particolare illuminazione ma condividendo la stessa convinzione: la soluzione ai problemi ambientali e sociali passerà ineluttabilmente per una diminuzione dei nostri effettivi. E' il momento che cada il tabù su questo tema e che gli ecologisti si facciano carico del dibattito. Prima lo facciamo, meglio andranno le cose, più dolce e democratica sarà la transizione verso un'umanità più sobria in fatto di risorse e soprattutto più rispettosa del pianeta e degli altri suoi abitanti, in tre parole, più duratura, secondo me più morale e certamente più felice.
Per cominciare un approccio ecologico con Michel Tarrier, a cui si devono già diversi libri sull'argomento, mostra che l'espansione continua del nostro numero conduce all'occupazione dell'insieme dei territori a scapito di tutte le specie non umane. Stesso approccio tiene l'analisi scientifica di Alain Gras, autore fra le altre cose di La scelta del Fuoco, che fa un parallelo fra ciò che minaccia noi e il modello di Lotka e Volterra che descrive l'evoluzione delle popolazioni in funzione di quella delle risorse. Théophile de Giraud, autore del pamphlet L’arte di ghigliottinare i procreatori, descrive da parte sua l'impossibilità delle nostre società di far vivere decentemente gli esseri umani e produrre tutto ciò che essi pretendono in un piccolo rettangolo di 100x150 metri dei quali ormai si deve accontentare ogni essere umano sulla Terra. Ricordiamo che gli stessi esseri umani disponevano di uno spazio mille volte più grande 10.000 anni fa quando oltretutto consumavano pochissimi beni e tutto era riciclabile e veniva riciclato.
Philippe Annaba, autore di "Beati gli Sterili", pone l'accento sul pensiero di Malthus e sull'incapacità dei movimenti della decrescita di tenerne conto. Corinne Maier, autrice di No Kid, allo stesso tempo evoca la scala delle politiche nataliste francesi e denuncia l'ostracismo di cui sono vittime coloro fra noi che fanno la scelta di non avere figli. Alain Hervé, fondatore del ramo francese di Amici della Terra e redattore capo di Sauvage, una delle prime riviste ecologiste francesi, descrive l'aberrazione costituita dal volere, da parte degli esseri umani, di volersi riprodurre sempre di più nel mondo di oggi.
Approccio internazionale per un tema sensibile con Michel Sourrouille, che analizza il cambiamento della natura delle migrazioni nel momento in cui hanno luogo in un pianeta saturo. L'emigrazione, che è stata una soluzione, diventa un problema. Dal momento che le religioni sono spesso implicate nel natalismo dell'ambiente, Jean-Claude Noyé propone un riassunto della posizione delle diverse chiese in materia di contraccezione. L'accettazione di una politica di controllo delle nascite è più o meno grande, anche se nei fatti i paesi non seguono tutte le scelte raccomandate dalla religione dominante. Il fenomeno è particolarmente marcato in Europa, dove molte nazioni di fede cattolica hanno tassi di fecondità molto bassi. Riprendendo alcuni elementi dalla sua opera, Il naufragio contadino, Jacques Maret evoca l'interrogativo che per primo viene in mente quando si evoca la sovrappopolazione: riusciremo a nutrire i 9,6 miliardi di abitanti che l'ONU prevede per la metà del secolo? Non è scontato, conclude con queste parole: “Malthus aveva messo il dito dove fa male”.
Pablo Servigne dal canto suo, evocando giustamente queste previsioni demografiche, s'inquieta alla possibilità stessa di raggiungere tali numeri, visto che le risorse del pianeta sono vicine all'esaurimento. In questo si unisce ad una scuola di pensiero che vediamo crescere (si pensi a Franck Fenner o a Jared Diamond, che ha descritto alcuni esempi), secondo la quale un crollo tanto economico quanto demografico è sempre più probabile in questo stesso secolo. Approccio sociale infine, con i due autori di questo sito. Didier Barthès, portavoce di Demografia Responsabile evoca l'impossibile conciliazione fra diritto ad essere numerosi e tutti gli altri diritti umani. Come non vedere che il pensiero ecologista dominante, a forza di negare la componente demografica, ci conduce inevitabilmente all'abbandono di tutti i nostri diritti e più in generale del piacere di vivere su un pianeta la cui bellezza dovrebbe essere la cosa che dovremmo salvaguardare come preoccupazione principale? Jean-Christophe Vignal s'interroga sulla difficoltà di pensare una società in decrescita demografica, visione contraria all'espansionismo soggiacente a quasi tutte le rappresentazione che l'umanità ama farsi del proprio destino.
C'è materiale per una rivoluzione mentale che non costituisce la minima delle difficoltà. Non esitando a prendere contro corrente il “moralismo natalista”, possa quest'opera apportare un contributo e gli uomini cominciare a tenere conto di questa osservazione di Alain Gras, uno degli autori: “l'avvenire dell'umanità passa per la creazione di un rapporto più umile col pianeta”. La questione del nostro numero costituisce uno degli elementi primari di questa necessaria umiltà.