domenica 16 febbraio 2014

Picco della salute?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Dati Eurostat per l'aspettativa di vita sana in alcuni paesi europei, come riportato in un saggio caricato su arXiv da Ugo Bardi e Virginia Pierini. Misurare la “salute” comporta incertezze, ma questi dati difficilmente si conformano alla percezione comune di condizioni di salute sempre migliori in Europa.


Noi tutti sappiamo che viviamo vite lunghe, almeno nei paesi ricchi. Ma stiamo anche vivendo vite sane? Ciò non è evidente. Al contrario, a volte sembra che gli anziani stiano pagando per i loro anni in più di vita in termini di ogni sorta di malattie croniche e handicap. 

Tuttavia, questa è solo una percezione qualitativa che dovrebbe essere supportata da dati se dobbiamo considerarla degna di attenzione. Sfortunatamente, il concetto di “salute” è piuttosto difficile da definire; ciononostante ci sono dati che riportano un parametro chiamato “Aspettativa di Vita Sana” (Healthy Life Years Expectancy - HLYE) che misura il numero previsto di anni “senza disabilità” delle nostre vite. 

L'analisi di questi dati è il tema di un saggio che io e la mia collaboratrice Virginia Pierini abbiamo recentemente caricato su ArXiv. Abbiamo scoperto che secondo i dati EUROSTAT, diversi paesi europei (e l'Italia in particolare) hanno vissuto un declino nelle aspettative di vita sane a partire dal 2003. 

Circa questi risultati, è necessaria una premessa. Il solo modo per determinare la HYLE è chiedere alle persone come stanno riguardo alla propria salute. Le loro risposte dipendono dalla loro percezione ed anche dal modo in cui è posta la domanda. Quindi, quello che questi dati misurano potrebbe essere un declino del modo in cui le persone percepiscono la loro salute, piuttosto della loro salute reale. E qui c'è l'ulteriore complicazione che nel 2004 alcuni elementi sono cambiati nel modo in cui viene fatta la misurazione. In effetti, In un commento, Piergentili ha suggerito che il cambiamento osservato nella HYLE potrebbe essere un artefatto della misurazione.

Ma non possiamo nemmeno escludere che qualche cambiamento esterno reale abbia modificato la salute delle persone, o la percezione della propria salute. Nel saggio, abbiamo esplorato anche la possibilità che questo cambiamento potrebbe essere collegato all'ondata di calore che ha colpito l'Europa nel 2003 – un fenomeno che, infatti, ha avuto un effetto rilevabile sui dati dell'aspettativa di vita standard. 

Nel complesso, i dati sono troppo incerti per essere usati per arrivare a delle conclusioni sicure. Ma abbiamo pensato che valesse la pena di riportare questi dati, se non altro come punto interrogativo diretto alla comunità scientifica su cui commentare. Stiamo affrontando qui un punto fondamentale: la “salute” è spesso considerata come l'equivalente dell'aspettativa di vita ma dovrebbe essere vista più correttamente in termini di aspettativa di vita sana; anche in relazione ai cambiamenti che stiamo causando nell'ambiente. Speriamo che questo modesto tentativo da parte nostra possa essere di stimolo ad approfondire questo tema.


4 commenti:

  1. a sessant'uno anni vedo la maggior parte dei miei coetanei in pensione d'invalidità da molti anni. E quelli che resistono hanno molti acciacchi. Sarebbe meglio tirare un bel pò giù la linea di vita sana. Ah, già!! C'ha già pensato la Fornero a stabilire a che età finisce la vita sana. 67 anni per ora, ma con la fine dei fossili a buon mercato e non, si andrà a 100.

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  2. Non ha senso vivere dipendendo dalle medicine di sintesi, dopo una certa età.
    Mia nonna diceva, e mio padre dice :
    "Dopo i settanta sono tutti regalati". (gli anni)

    Presso le tribù nomadi, se un anziano sentiva di essere di peso alla tribù nei trasferimenti o in altre cose, si ritirava in un luogo isolato, e si lasciava morire.
    Era un gesto di grande amore per la propria tribù.

    ....
    "Non esiste la morte.
    Soltanto un cambiamento di mondi."

    Capo Seattle (Blake Island, 1780 ca. – Port Madison, 7 giugno 1866) condottiero nativo nordamericano, capo delle tribù Duwamish e Suquamish.
    ....

    Gianni Tiziano

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    1. Sono d'accordo, Gianni, fra i grandi deliri che la società occidentale/industriale/consumistica ha reso cultura dominante c'è la paura della morte, tamponata con l'illusione del dominio sulla natura e quindi sulla vita.

      Ugo ha di recente parlato di coltivare la propria atarassia, in un suo commento ad un post, io aggiungerei anche di coltivare il concetto di 'impermanenza' buddhista. Ci sarebbe davvero utile essere sempre consapevoli che siamo di passaggio e che, come si dice(va) dalle mie parti "la cassa da mort sa le sacocc ancora en l'hann inventeta" (la bara con le tasche non è stata ancora inventata).

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  3. fuggire dalla morte con dottrine esotiche ed esoteriche è secondo me da vigliacchi, dopo aver visto morire col sorriso beffardo sulla labbra mio padre che il Duce aveva mandato in giro per l'Europa a morire nella sua gioventù. La morte e la vita vanno affrontate col coraggio che può venire solo da una retta coscienza, meglio se la tua fede religiosa ti dà la certezza di un premio, che solo uomini di vera fede e retto animo possono avere. E ora mi vado a rigirare la pasta col broccolo romanesco, che ho fatto per me, che tra un pò ho il dovere del lavoro, e per i miei familiari. Non sarà eroico come vorrei, ma anche una vita normale spesa per il proprio prossimo ha qualcosa di buono in sè. In fondo solo quando si ha assolti i propri doveri si può pensare di essere una persona retta, mentre la nostra società consumistica ha generato solo omuncoli che vogliono solo diritti. Sennò come facevano a rifilarti tutti le merci inutili che hanno prodotto?



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