La concentrazione di ossigeno nell'atmosfera registrata all'osservatorio di Mauna Loa (link). Sta scendendo e la spiegazione ovvia è che è il risultato della combustione di combustibili fossili. Ma rischiamo di soffocare in questo modo? Fortunatamente è molto improbabile, almeno a breve termine. Tuttavia guardando “l'altra faccia” della storia dell'emissione di biossido di carbonio ci dà una buona prospettiva di cosa succede all'ecosistema a causa delle attività umane.
Fortunatamente, la risposta è “no”. Non rischiamo di finire l'ossigeno, almeno non sul breve periodo. Ma la storia non è semplice e possiamo imparare molto su quanto sta succedendo alla nostra atmosfera, al nostro clima e al nostro ecosistema, se guardiamo la cosa nei dettagli.
Per prima cosa, cosa intendiamo per “soffocamento”? L'attuale concentrazione di ossigeno nell'atmosfera è del 21% in volume. Ci siamo evoluti per vivere con questo livello di ossigeno ed il livello minimo per gli esseri umani perché funzionino normalmente è intorno al 19% (Vedi qui). Siamo già nei guai al di sotto del 17% e proprio non possiamo sopravvivere al di sotto del 10%. Così, dobbiamo stare attenti a quello che facciamo della nostra atmosfera, non ci possiamo permettere di perdere più di un 1-2% dell'ossigeno che abbiamo.
Ora, quanto ossigeno abbiamo consumato bruciando combustibili fossili, finora? Non molto, in realtà. Keeling ha scoperto uno 0,0317% di riduzione nella concentrazione di ossigeno atmosferico dal 1990 al 2008. Chiaramente non soffocheremo, almeno non subito.
Ma dobbiamo andare più in profondità nel problema. Considerate che abbiamo bruciato combustibili fossili molto al lungo dal 1990. Possiamo approssimativamente calcolare la perdita totale considerando che la concentrazione del biossido di carbonio nell'atmosfera è aumentata di circa 120 ppm in volume durante l'ultimo secolo. Una quantità analoga è stata assorbita dagli oceani, quindi possiamo dire che abbiamo prodotto l'equivalente di circa 250 ppm di CO2 e quindi circa 250 ppm di ossigeno (0,025%) devono essere spariti. Ma siamo ancora bene all'interno dei limiti di sicurezza.
E in futuro? I risultati di Keeling ci dicono che, al tasso attuale, consumiamo circa lo 0,02% di ossigeno ogni 10 anni. Per arrivare vicini alla soglia di sicurezza del 1% ci vogliono secoli ma, naturalmente, non saremo in grado di continuare a bruciare combustibili fossili ai tassi attuali per così tanto tempo. Mentre ruzzoliamo dall'altra parte della curva di Hubbert, non saremo probabilmente in grado di fare di più che raddoppiare la quantità già emessa (e forse molto meno, secondo lo scenario di Seneca che vede il declino come molto più rapido della crescita). Persino nelle ipotesi più estreme, al massimo potremmo emettere non oltre quattro volte la quantità emessa finora. Ciò corrisponderebbe ad una perdita di circa lo 0,2% dell'ossigeno totale disponibile. Non trascurabile ma, per quanto ne sappiamo, non pericoloso.
Quindi, bruciare combustibili fossili decisamente non ci soffocherà; non direttamente, almeno. Ma ci sono effetti indiretti. Uno è la perdita di biomassa causata dalle attività umane. Quando le piante e gli animali muoiono, il carbonio in essi contenuto viene normalmente ossidato in biossido di carbonio, consumando ossigeno nel processo. La quantità totale di carbonio immagazzinato nelle creature viventi e nei suoli è stimato in circa 2.100 miliardi di tonnellate (Gton). Se tutto questo carbonio dovesse reagire con l'ossigeno, consumerebbe circa 5600 Gton di ossigeno (tenendo conto che un atomo di ossigeno pesa più di un atomo di carbonio e che ogni atomo di carbonio consuma due atomi di ossigeno). La massa totale di ossigeno nell'atmosfera è calcolata nell'ordine di 1,2x10^9 Gtons (vedi anche questo riferimento). Quindi, anche bruciare completamente tutta l'ecosfera del pianeta intaccherebbe appena la concentrazione totale di ossigeno, circa lo 0,4%.
Potremmo considerare anche il rilascio degli idrati di metano immagazzinati nel permafrost, una cosa che potrebbe accadere come risultato del riscaldamento globale. Il metano è un forte gas serra e quindi il processo si rinforza da sé, è questa l'origine della cosiddetta “catastrofe del metano” che risulterebbe in un disastroso effetto serra fuori controllo. La massa totale di metano immagazzinato nel permafrost è stimato nell'ordine di 500-2500 Gton di carbonio. Nel caso peggiore, il metano potrebbe consumare un altro 0,4% di ossigeno atmosferico.
Sommando tutto ciò che abbiamo preso in considerazione finora, metano, materia organica, combustibili fossili, vediamo che, anche per ipotesi piuttosto estreme, siamo ancora al di sotto della soglia del 1%. Così, sembra che siamo al sicuro. Tuttavia, dovremmo anche tenere conto che la riserva di gran lunga più grande di carbonio organico (e quindi in grado di combinarsi con l'ossigeno) sulla crosta terrestre è in forma di “kerogene”, il risultato della parziale decomposizione di materia organica. (Figura sotto da Manicore.com).
10^10 Gtons di kerogene è un valore talmente grande che se si dovesse combinare con l'ossigeno (circa 10^9 ton) non rimarrebbe più ossigeno nell'atmosfera. E questo sarebobe, in effetti, "il grande soffocamento".
Per fortuna è parecchio improbabile che accada. Il kerogene può reagire con l'ossigeno ed è, in realtà, la fonte originaria del petrolio che estraiamo e bruciamo oggi. Ma il processo naturale è molto lento e quello fatto dall'uomo molto costoso. Gli esseri umani non saranno mai in grado di bruciare più di una percentuale microscopica del kerogene della crosta terrestre (anche se a molti di loro, probabilmente, piacerebbe provarci).
Quindi, vediamo che la perdita di ossigeno, il grande soffocamento, non è una cosa di cui ci dovremmo preoccupare perché abbiamo molto più ossigeno nell'atmosfera di quanto ne possiamo consumare persino nelle peggiori ipotesi possibili. Abbiamo questo margine di sicurezza perché l'ossigeno libero è il risultato di miliardi di anni di attività di fotosintesi che ha immesso enormi quantità di ossigeno nell'atmosfera. Di questo ossigeno, gran parte è stato assorbito negli ossidi inorganici, principalmente ossidi di ferro. Solo una piccola percentuale si è gradualmente accumulata nell'atmosfera, come vediamo nella figura seguente (da Wikipedia – tenete conto del fatto che c'è una grande incertezza in queste stime)
Notate che un picco nella concentrazione di ossigeno è stato raggiunto in un passato remoto, forse in corrispondenza del picco della produttività biologica del pianeta. Al picco, la concentrazione di ossigeno potrebbe aver raggiunto un valore di oltre il 30% in volume – gli esseri umani non avrebbero potuto sopravvivere in quelle condizioni! Poi, potrebbe essere sceso a circa il 15% e, ancora una volta, non saremmo stati in grado di sopravvivere con quella concentrazione.
Così, l'ossigeno non è semplicemente accumulato nell'atmosfera per restarci per sempre. E' un gas reattivo e la sua concentrazione è collegata all'evoluzione dell'ecosistema. Ci sono fattori che possono fortemente cambiare la sua concentrazione, probabilmente implicando una reazione con la riserva di kerogene. Non possiamo sapere con certezza quali fattori causino questa reazione, ma una nuova flessione dell'ossigeno della concentrazione d'ossigeno risultante dai cambiamenti planetari in corso non può essere esclusa – anche se questa sarebbe probabilmente estremamente lenta per gli standard umani. Ciò di cui possiamo star sicuri è che dovremmo fare attenzione nel modo in cui trattiamo l'ecosistema terrestre – ne facciamo parte!