Di Matthieu Auzanneau
La domanda di petrolio dovrebbe continuare a crescere e passare da 87 a 101 milioni di barili al giorno (Mb/g) da qui al 2035, secondo il rapporto della Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) pubblicato ieri. Rispondere a questa richiesta promette di costituire una sfida la cui enormità che è stata confermata di nuovo e che viene specificata un po' meglio.
La IEA ammette che “il declino della produzione dei giacimenti esistenti sarà un grande motore di investimento nella produzione”. Per la prima volta, essa dedica un capitolo intero al problema del declino della produzione esistente. Sottotitolo del capitolo: “Il declino non sempre porta al crollo”.
A partire dall'analisi di 1.600 giacimenti che hanno superato il picco di produzione, la IEA stima il loro tasso medio di declino al 6% all'anno. Ciò significa che se l'industria smettesse oggi di investire sulla ricerca e la messa in produzione di nuove risorse, le estrazioni petrolifere mondiali precipiterebbero di circa la metà da qui al 2020 (guardate il grafico qui sotto!)
Produzione petrolifera osservabile in caso di assenza di tutti i nuovi investimenti. IEA, WEO 2013.
Anche solo per mantenere la produzione al livello raggiunto nel 2012, l'industria petrolifera dovrà, da qui al 2020, sviluppare circa 34 Mb/g di capacità supplementare, stima la IEA. Questa rappresenta l'equivalente di tre Arabie Saudite. Il tasso di declino annunciato dalla IEA è ormai lo stesso che aveva evidenziato nel 2011 l'ex Amministratore Delegato della Shell, Peter Voser.
Insomma, ”la strada è dritta, ma è molto ripida”. Maledettamente ripida.
La IEA conferma incidentalmente il declino annunciato per la produzione di petrolio convenzionale, riconosciuto per la prima volta nel suo rapporto del 2010. Questa produzione di petrolio liquido classico, che fornisce i 4/5 dell'attuale offerta di combustibili liquidi, si ridurrà a 65 MB/g nel 2035 contro i circa 70 Mb/g di oggi, a giudizio della IEA. L'agenzia internazionale, incaricata di consigliare i paesi ricchi (e importatori di petrolio) membri dell'OCSE, conferma ugualmente la sua diagnosi emessa lo scorso anno di un declino in corso (Messico, Angola, Gran Bretagna, Norvegia) o imminente (Russia, Iran, Kuwai) di alcuni dei pesi massimi della produzione mondiale.
Lo sviluppo di petroli non convenzionali – sabbie bituminose, petrolio di scisto, ecc. - così come di liquidi del gas naturale (NGL) permetterà di colmare il divario crescente fra la domanda e l'offerta di petrolio greggio convenzionale, assicura la IEA.
I petroli non convenzionali e i NGL sono più difficili e costosi da produrre.
La IEA sottolinea in particolare che i pozzi petroliferi di scisto (o del substrato roccioso, per dirlo in modo più appropriato) hanno un declino ben più precoce e pronunciato di quello del petrolio convenzionale. L'agenzia prevede per la prima volta un picco della produzione di petrolio di scisto degli Stati Uniti, di cui fissa la data per il 2025. Una previsione sensibilmente più ottimista di quelle ormai avanzate dall'amministrazione Obama (picco nel 2020) e dalla segreteria generale dell'OPEC (picco nel 2017).
La IEA insiste sul futuro mantenimento dei costi di produzione molto elevati. Le spese del settore petrolifero e del gas dovranno raggiungere un nuovo record nel 2013 e superare i 700 miliardi di dollari.
Impennata dei costi degli investimenti nella produzione petrolifera e di gas dopo il 2000. IEA, WEO 2013.
La chiave del futuro della produzione mondiale di petrolio sembra essere là.
Un analista della Douglas-Westwood Associates, una delle società di consulenza più prestigiose in seno all'industria petrolifera, spiega:
“La maggior parte dei grandi produttori ora ha bisogno di un barile di Brent a 120 o 130 dollari per mantenere il loro livello attuale di dividendi insieme ai loro programmi d'investimento”.
Il gruppo francese Total ha a sua volta annunciato a settembre una forte diminuzione delle proprie spese d'investimento di capitale future, nonostante le estrazioni di greggio siano in declino dal 2004.
La domanda di petrolio negli Stati Uniti tende a ridursi quando il prezzo del barile di Brent è al di sopra dei 103 dollari; essa fa la stessa cosa in Cina quando il prezzo del Brent supera i 120 dollari, indica la società Douglas-Westwood Associates all'agenzia specializzata Platts.
L'industria petrolifera corre dunque il rischio di ritrovarsi presa in mezzo fra i costi di produzione sempre maggiori ed una domanda che non potrà soddisfare.
La produzione petrolifera mondiale e la crescita economica mondiale si sono fin qui sviluppate in modo quasi parallelo, come il prezzo del greggio e quello dei prodotti alimentari.