Non voglio fare nomi, ma non vi ricorda qualcosa di molto più recente.....?
Come fu che un estroso italiano tirò un pacco da 600 milioni di euro alla Francia
Pubblicato il 7 settembre 2013
Un vulcanico “inventore” italiano illuse ELF e il governo francese per anni, facendo spendere una montagna di denaro per niente. Un’illusione ben piazzata per il titolo di bufala del secolo scorso.
Aldo Bonassoli era un autodidatta, un tecnico elettronico specializzato in effetti speciali, dotato di una spiccata fantasia e delle particolare propensione a mostrare invenzioni che non erano tali, ma solo simulazioni degli effetti attesi dalle presunte invenzioni. Già negli anni ’60 si fece notare con una dimostrazione nella quale disintegrò un oggetto, dichiarando che aveva realizzato il raggio della morte, che una leggenda attribuiva a Guglielmo Marconi, poi divenne realizzatore di effetti speciali e infine si dedicò a concepire un dissalatore.
Affermando di aver inventato un nuovo metodo per dissalare l’acqua, nel 1965 attirò l’attenzione del conte belga Alain de Villegas, un ecologista, anti-nuclearista e fermamente convinto dell’esistenza degli UFO, dicono le cronache. Quando il sistema si dimostrò del tutto inefficace, i due pensarono bene di cambiare approccio, dedicandosi a un’apparecchiatura che, se non era in grado di trasformare in acqua potabile quella di mare, sarebbe servita a trovare quella custodita sottoterra, uno strumento per “annusare” l’acqua sorvolando i territori da analizzare.
De Villegas faceva parte dell’Unione Pan-Europea, un gruppo anticomunista con sede in Belgio e attraverso i contratti del gruppo incontra Jean Violet ), un avvocato che lavorava per lo SDECE (lo spionaggio francese) e che era una vera e propria eminenza grigia della destra francese, la chiave che aprirà al duo, ora un terzetto (nell’immagine sotto), le casse della Republique. A Violet l’idea della ricerca dell’acqua piaceva, tanto che si attivò per cercare finanziamenti negli Stati Uniti, ma gli americani erano disposti a metterci i soldi solo di fronte a un prototipo funzionante, e non se ne fece niente. L’idea piacque invece all’industriale italiano Carlo Pesenti, amico di Violet, e venne formata una compagnia, la Fisalma, registrata a Panama. Violet riuscì attraverso l’amicizia con il ministro spagnolo del turismo, ad ottenere alcuni siti per effettuare i test.
I test dimostrarono solo che il sistema non funzionava, ma de Villegas a quel punto annunciò che la macchina avrebbe potuto anche trovare il petrolio. Pesenti si fece tentare e investì ancora. Usando i soliti contatti ottennero una licenza d’esplorazione in Zululand, dove si recarono Bonassoli e gli ingegneri di Pesenti e dove si arrivò a trivellare un sito identificato come buono. Un buco profondo sei chilometri che non trovò altro che roccia basaltica e che indusse Pesenti a ritirarsi dall’avventura. Poteva essere la parola fine, ma i contatti del conte e dell’avvocato ancora una volta li introdussero a potenziali finanziatori, i dirigenti di ELF, compagnia petrolifera francese che operava di sponda con il governo di Parigi nel perseguimento degli interessi strategici del paese e che è sempre stata la vacca grassa che ha pagato i conti dei servizi francesi e anche di molti politici e faccendieri.
A loro Bonazzoli spiega per sommi capi il funzionamento della sua apparecchiatura a “onde gravitazionali” dicendosi disposto a una dimostrazione, senza scienziati presenti, dato il pericolo che un’idea del genere potesse essere rubata, un trucco ricorrente in truffe del genere. I dirigenti di ELF vollero crederci e puntare su quella che sembrava una grande speranza per un’azienda che dopo la crisi petrolifera aveva poche prospettive d’espandere le attività estrattive e per di più aveva appena perso i giacimenti in Algeria e Iraq e il gas in Iran. La possibilità di diventare un mero distributore era reale e probabilmente la dirigenza era disposta a correre più di qualche rischio. La dimostrazione andò a buon fine, l’apparecchiatura sorvolò a bordo di un’aereo dei pozzi conosciuti e li descrisse come dovevano essere, i dirigenti furono pienamente convinti.
Nel maggio del 1976 ELF firma un contratto-capestro per 2 anni d’esclusiva e la prelazione per un secondo allo scadere del primo. Milioni franchi affluiscono nelle casse di Fislama, ora controllata al 100% da De Villagas, che comincia a investire pesantemente. Allestisce laboratori, compra una piccola flotta aerea e assume qualche decina di tecnici e dipendenti. Nel 1978 parte il secondo contratto e Bonassoli deve cominciare a rivelare i suoi segreti, tuttavia saltando da un contrattempo all’altro riesce a resistere qualche mese. A complicare le cose ci si mette un incidente particolare, durante uno dei test l’aereo registra la presenza di uranio nella Manica. Si scopre che si tratta di quello che muove un sottomarino atomico e tutto il progetto viene subito coperto dal segreto militare. I sottomarini a propulsione nucleare hanno il loro vantaggio maggiore nel non poter essere individuati, se la macchina di Bonassoli li scova cambia tutto.
L’inganno alla fine è scoperto dagli uomini di ELF, che tuttavia temono di esporsi presso i vertici dell’azienda e presso i padrini politici dell’impresa, anche al presidente Giscard D’Estaing è stata offerta una dimostrazione, non delle più convincenti e più di un ministro ha controfirmato le ingenti spese, che alla fine della festa saranno contabilizzate in 600 milioni di euro. Mettersi contro l’apparato che procede con enorme inerzia e fiducia è rischioso. La disgrazia per Bonassoli comincia con il cambio della guardia ai vertici di ELF e con l’arrivo di Albin Chalandon alla guida dell’azienda. Messo al corrente del progetto sembra sposarlo, ma poi la mancanza di risultati lo convince a volerci vedere chiaro, attività che non contraddice gli ordini di d’Estaing, che gli aveva parlato del progetto segreto e dato disposizione di continuare a finanziarlo.
Fu così che ELF viene ufficialmente a conoscenza della verità, la prova si ha quando inviò il noto fisico Jules Jorowitz a indagare e questi smaschera Bonazzoli, con un trucco. Visto che il dialogo con l’autodidatta italiano si trascinava nel nulla, Jorowitz accettò di buon grado d’assistere a una delle “dimostrazioni” in cui si era specializzato Bonazzoli, il quale lo invitò a porre un righello dentro una busta opaca e infine produsse con la sua macchina un’immagine che secondo lui rappresentava il righello “visto” attraverso la busta. Ma Jorowitz prima d’infilarlo nella busta lo aveva spezzato in due e posto nella busta in due pezzi e invece nell’immagine di Bonassoli appariva era perfettamente integro. Bonassoli imperturbabile andò avanti dicendo che si trattava di un errore determinato dal fatto che alla macchina mancava un pezzo, ma la frode era ormai scoperta
Bonassoli per anni non ha fatto altro che disegnare a mano le mappe dei giacimenti ricalcando quelli esistenti e usando poi i disegni per nutrire i suoi due dispositivi, uno che le trametteva su uno schermo e un altro che in pratica li fotocopiava, non c’erano sensori che cercavano di leggere il terreno e quelli che ci avevano messo non avevano alcuna influenza sul comportamento della macchina. Il lavoro non fu sospeso subito, un mese dopo un’altra dimostrazione si tramutò nella messa a nudo del meccanismo della truffa, quella macchina che produceva le mappe dei giacimenti e che sembrava una fotocopiatrice, era davvero una fotocopiatrice E visto che riproduceva solo gli input di Bassoli, è abbastanza chiaro che anche la storia del sottomarino nucleare nasce dalla conoscenza da parte di Bonassoli della sua presenza. Forse una gentilezza degli amici degli amici, interessati ad aumentare il livello di segretezza attorno al progetto.
Scoperto l’inganno, tutto fu messo a tacere a grande velocità, Bonassoli ritornò senza problemi in Italia, de Villegas restituì le cifre non ancora spese e acconsentì alla liquidazione della Fisalma. Venne venduta la flotta aerea, gli immobili, e alla fine della rapida e informale liquidazione rimase un buco di 600 milioni di euro in valuta attualizzata, tanto era costato il giochino all’erario francese, che in cambio aveva ottenuto il nulla. De Villegas ci rimase veramente male, oltre che rovinato, se ne persero le tracce in direzione di un convento sudamericano dove si sarebbe ritirato a vivere gli ultimi anni di vita, questo almeno è quello che ricorda di lui Chalandon in un’intervista a distanza di anni.
La storia però non era destinata a morire, Giscard d’Estaing era riuscito a schivare lo scandalo e anche l’attenzione delle Corte dei Conti, che aveva notato il flusso improvviso di centinaia di milioni da alcuni conti della ELF che fino ad allora avevano registrato movimenti infinitamente più modesti. La Corte dei Conti si accontentò di una lettera del governo che invocava il segreto di stato, ma rimase traccia del procedimento e nel 1983 il nuovo viceministro del Tesoro accusò l’ex ministor Beck di aver distrutto il rapporto della Corte dei Conti. Giscard d’Estaing apparve allora in televisione, molto indignato, dicendo che nessun documento era andato cancellato e, mostrando una copia del rapporto, accusò l’opposizione di rimestare nel torbido con accuse risibili.
Fu una vittoria di Pirro, il 2 gennaio del 1984 il nuovo primo ministro Pierre Mauroy lo mostrerà in pubblico dandone diffusione e accusando l’ex presidente di aver cercato di coprire l’imbarazzantissima storia, che ovviamente agiterà le acque francesi a lungo, ancora di più quando al sospetto che si trattasse di uno schema per finanziare occultemente la destra, si sostituì definitivamente la consapevolezza della truffa subita, non ci volevano credere. Bonassoli l’ha scampata, ma non è diventato ricco, è tornato a vivere in Italia modestamente, con una pensione di qualche centinaio di euro al mese e a chi lo va a intervistare continua a dire che la sua macchina funziona e che lui lascerà i progetti in eredità al mondo, nel frattempo li affina come può e li raccoglie in grosso quaderno, ma non li spiega a nessuno perché altrimenti glielo rubano.
L’immagine che rimane è quella dell’impresa di un mitomane, un uomo che impegava tutte le sue capacità e conoscenze tecniche per creare l’illusione dei risultati attesi, un simulatore mai pentito che si è tirato dietro il belga genuinamente convinto della sia genialità e a ruota un circo di personaggi che ha voluto crederci e puntare capitali (pubblici) ingenti su una scommessa che non aveva basi verificabili, in fondo c’era caduto anche Pesenti, che giocava con i suoi. È potuto accadere perché gli sprovveduti finanziatori di Bassoli avevano disperatamente bisogno di credere di avere in mano qualcosa che potesse cambiare come d’incanto un quadro d’insieme che tendeva al pessimo. Per il presidente francese fu probabilmente solo una questione di fidarsi dei dirigenti della grande azienda pubblica e dell’entusiasmo che a un certo punto trasudava a diversi livelli per l’apparecchio fatato.
Decisamente più severo invece dev’essere il giudizio per i tecnocrati di ELF, che hanno agito da sprovveduti e per anni si sono fatti abbindolare da Bonassoli, quando un minimo di cautela avrebbe potuto fermare il conto dell’avventura a cifre ben più modeste, se non a zero. Non hanno rilevato i precedenti specifici di Bonassoli, non hanno rilevato i flop, non ha rilevato neppure il fatto per anni il dispositivo, spacciato per funzionante fin da subito, non sia mai riuscito a dare riscontri inequivocabili, nonostante la flotta della Fisalma abbia percorso migliaia di chilometri. Ma non è passata su un nuovo giacimento neppure per sbaglio e i buchi per terra inutili come quello di Pesenti nello Zululand si sono susseguiti inesorabili, mentre Bonassoli continuava imperterrito a recitare la sua parte di scienziato scorbutico, custode di un segreto rivoluzionario. La parte che già aveva scelto di recitare per tutta la vita e che ai francesi è costata una cifra stellare, una raffica di scandali e una figuraccia terrificante, destinata a rimanere negli annali della storia della Republique.