venerdì 23 agosto 2013

Cambiamento climatico: basta con il "politicamente corretto"

Intervista di Gabriel Levy a Kevin Anderson

Da “People and Nature”. Traduzione di MR

La realtà sul taglio delle emissioni di gas serra necessari per evitare un pericoloso riscaldamento globale viene oscurato negli scenari del governo del Regno Unito, ha detto il climatologo Kevin Anderson. Le misurazioni più importanti, del biossido di carbonio totale nell'atmosfera, vengono spinte sullo sfondo – e gli scienziati vengono spinti ad adattare i loro argomenti perché si adattino agli scenari “politicamente gradevoli” - ha detto Anderson ad una conferenza per la Campagna Contro il Cambiamento Climatico l'8 giugno a Londra.

Gli scenari del governo danno per scontato che i paesi ricchi come il Regno Unito ridurranno le emissioni entro qualche data lontana – ed effettivamente priva di significato – ha spiegato Anderson a più di 200 sindacalisti ed attivisti ambientali alla conferenza. Fra le sessioni della conferenza Anderson, vice direttore del Tyndall Centre, la principale organizzazione del Regno Unito per la ricerca sul cambiamento climatico, e professore di energia e cambiamento climatico all'Università di Manchester, ha rilasciato questa intervista a People -Nature.

Gabriel Levy (per conto di People-Nature): Potresti commentare la ricerca pubblicata di recente che mostra che la temperatura media globale è aumentata più lentamente negli anni 2000 che non negli anni 90? [1] La solita folla di negazionisti della scienza del clima sta usando questo come una nuova falsa ragione per negare il bisogno di fare qualcosa per il riscaldamento globale.

Kevin Anderson: Su un periodo di tempo relativamente breve – un decennio – le temperature non sono salite quanto avrebbero potuto secondo alcune stime. Il primo punto da tenere in mente è che il cambiamento climatico non riguarda un decennio. Riguarda periodi di tempo più lunghi. Non puoi dire un anno o due, o anche 10, siano il segnale che il cambiamento climatico non stia avvenendo. Devi guardare il quadro temporale più lungo e le tendenze di lungo termine non sono cambiate. E' interessante, comunque, che negli ultimi dieci anni, mentre le emissioni di biossido di carbonio (CO2) sono salite, non abbiamo visto l'accelerazione del tasso di aumento delle temperature come alcuni avevano anticipato. Potrebbero esserci diverse ragioni per questo. Una possibilità è che, mentre il mondo si riscalda gradualmente, una grande quantità di energia termica viene intrappolata negli oceani. C'è un ritardo termico nel sistema che forniscono gli oceani: questo potrebbe spiegare o meno il perché le temperature non sono salite così tanto come qualcuno pensava che avrebbero fatto.

Ma tenete a mente il contesto: la temperatura è salita e continua a salire. Se guardate i piani del Met Office, i 15 anni più caldi mai registrati si sono verificati dal 1990. Abbiamo avuto un'anomalia nel 1998 – ed avremo sempre occasioni nelle quali tali eventi atmosferici estremi avverranno, che possono o meno essere collegati al cambiamento climatico. (Aggiornamento del 4 luglio. Nuove informazioni dall'Organizzazione Mondiale Meteorologica sono riportate qui). Ciò che mi preoccupa è la direzione del dibattito pubblico. L'aumento più lento della temperatura media è il risultato del fatto che gli scienziati hanno leggermente modificato le loro stime della sensitività climatica – cioè, le loro stime di quale aumento di temperatura è più probabile se la quantità di CO2 in atmosfera viene raddoppiata. Il cambiamento non è stato in realtà così drammatico – e, naturalmente, se ci fossero ulteriori ragioni perché la gamma delle stime dovessero scendere ancora di più, questa sarebbe una notizia benvenuta.

Ma mentre c'è stata una gran discussione su questo, dov'è stata la discussione sulle emissioni totali dei gas serra, che sono il vero indicatore importante? Durante gli anni 2000, le emissioni sono state molto più alte di quanto chiunque abbia anticipato. Dalla recessione economica del 2008-2009 – un evento che potreste aver pensato che limitasse severamente la crescita delle emissioni – le emissioni globali hanno continuato ad aumentare ad un ritmo di una rapidità senza precedenti. Sono aumentate del 6% nel 2010 e del 3% nel 2011 e le informazioni preliminari indicano qualcosa di simile per il 2012. Così, mentre la sensitività climatica è diminuita un po', le emissioni stanno salendo a ritmi molto più veloci. Se pensate a questo dal punto di vista delle proiezioni della temperatura generale, del cambiamento climatico generale, l'aumento delle emissioni più alto di quanto anticipato sono più che sufficienti a controbilanciare la riduzione della sensitività climatica.

Illustrando adeguatamente questo fallimento nel considerare le emissioni, Ed Davey, il segretario all'energia del Regno Unito, ha recentemente accolto la dichiarazione della Cina secondo la quale le sue emissioni raggiungeranno il picco nel 2025 e che raggiungeranno una riduzione del 40% nell'intensità di carbonio dell'economia dal 2020. Eppure le politiche del Reno Unito stesso si basano sul fatto che la Cina raggiunga il proprio picco di emissioni nel 2017 o nel 2018, non nel 2025. Come ci comportiamo con quel divario? Ciò che facciamo ripetutamente è truccare i numeri per farli rientrare nelle norme accettabili – la nostra analisi non deve far emergere domande fondamentali e scomode. Il livello di riduzione delle emissioni necessario ad evitare un “pericoloso cambiamento climatico” è molto, molto più impegnativo di quanto chiunque – compresi molti climatologi – sia ancora pronto a tollerare. La storia delle emissioni è stata la Cenerentola del dibattito sul cambiamento climatico negli ultimi 20 anni... con un aumento in corso e senza precedenti delle emissioni che controbilancia completamente ogni piccolo cambiamento della sensitività climatica.                                                                                                                                                                        GL: Nel saggio Oltre il Cambiamento Climatico Pericoloso, tu e la tua coautrice Alice Bows sottolineate che le date del picco delle emissioni (cioè, le date fissate dai politici per la riduzione delle emissioni per raggiungere il loro livello di picco) e gli obbiettivi di riduzione a più lungo termine (cioè, gli obbiettivi fissati dai politici per la riduzione delle emissioni) oscurano la realtà e che il vero focus dovrebbe essere sul bilancio cumulativo delle emissioni (per esempio la quantità totale di CO2 nell'atmosfera). Puoi spiegare questo per i non scienziati?   

KA: La storia del cambiamento climatico è stata a lungo raccontata in termini di “dobbiamo fare grandi bilancio del carbonio. Sappiamo quanta CO2 possiamo mettere nell'atmosfera per una data temperatura – o giù di lì... c'è una certa incertezza scientifica, ma abbiamo una buona approssimazione di quale sia la forbice. Questo approccio del bilancio del carbonio è scientificamente legittimo, in netto contrasto con la riduzione delle emissioni per il 2050.
riduzioni delle emissioni da qualche punto indefinito nel futuro” - per esempio, un 80% di riduzione per il 2050. Il messaggio trasmesso è, fra molti anni da adesso dobbiamo aver ridotto le nostre emissioni di una certa quantità arbitraria. Ma se considerate la scienza del cambiamento climatico e come questa si colleghi all'aumento globale della temperatura, non è quello che accade nel 2050 che conta, ma la quantità totale di CO2 nell'atmosfera.  Questo è il

Una volta inquadrati i problemi del cambiamento climatico in termini di bilancio del carbonio, questo trasferisce il nostro focus lontano dal 2050 e verso ciò che dobbiamo fare nel 2015, 2020 e 2025. Per le nazioni più ricche, le riduzioni dopo il 2030 sono molto meno importanti nei termini dei nostri impegni sul cambiamento climatico. Quando presentiamo i nostri scenari di emissione alla comunità scientifica – con il loro focus più grande sul più breve termine – non riceviamo nessun reale disaccordo con le nostre principali conclusioni. La differenza fra la nostra analisi e quella di molti altri deriva dalla loro opportuna scelta delle ipotesi – ipotesi che li autorizzano a partorire risultati politicamente gradevoli.

GL: Per cortesia, spiegaci gli scenari per coloro ai quali non sono famigliari.

KA: Gli scenari illustrano i percorsi alternativi delle emissioni di gas serra nel futuro – con i nostri scenari collegati ad un particolare bilancio di carbonio e quindi ad un particolare cambiamento nell'evitare il livello dei +2°C, che è caratterizzato come misura del cambiamento climatico pericoloso. In altre parole, guardiamo come poter vincolare le emissioni a livelli per cui la temperatura non salirà di oltre 2°C. I nostri scenari sono centrati sull'energia e le sue emissioni associate di gas serra (principalmente CO2) e comprendono illustrazioni “e se...” dell'attività economica, della domanda di energia, delle tecnologie di fornitura energetica e dei combustibili, di come stanno crescendo le emissioni di CO2 e quando è possibile che raggiungano un livello globale di picco. Sono scenari come questi che vengono usati dai governi per aiutare a determinare quali politiche a basso tenore di carbonio considerare, sviluppare e potenzialmente attuare.

GL: Ma tu hai problemi con gli scenari…

KA: Sì. Molti, se non tutti, gli scenari proposti sono completamente irrealistici nel dare per scontato cambiamenti quasi immediati alle attuali tendenze delle emissioni. Inoltre, essi normalmente trascurano cosa sta succedendo in Cina ed India. Normalmente trascurano il fatto che le parti più povere del mondo hanno bisogno di molta più energia se vogliono sviluppare e migliorare il loro benessere. Si svilupperanno per mezzo di pale eoliche, energia nucleare o altre opzioni a basse emissioni di carbonio o si svilupperanno coi combustibili fossili? Be', per come stanno le cose, i loro governi hanno subito forti pressioni da parte delle compagnie di combustibili fossili convenzionali ed alcuni di quei paesi hanno risorse di combustibili fossili proprie. Sul breve termine essi stanno sviluppando, e continueranno a sviluppare, sistemi energetici a combustibili fossili – e i nostri scenari devono tenere conto di questo fattore.

Anche la nostra stessa infrastruttura continua ad essere costruita intorno ad una base di combustibili fossili. Questo non cambierà certamente in modo radicale nei prossimi anni – e probabilmente, anche se ci fosse una spinta forte, nemmeno ne prossimi cinque o dieci anni. Queste storie di emissioni globali sono state parecchio sottovalutate in quasi tutti gli scenari a basso tenore di carbonio – e come tali sono servite solo a rinforzare ripetutamente la visione che un futuro decarbonizzato sia solo una transizione evolutiva impegnativa piuttosto che una rivoluzione nel nostro uso e tipo di energia.

GL: Alla conferenza di oggi hai detto che negli scenari usati dal governo le ipotesi sul livello delle riduzioni delle emissioni compatibili con la crescita economica sono dettate dagli economisti. Gli scienziati devono quindi inventarsi scenari di emissioni per soddisfarli. Come avviene questo?

KA: Gli scienziati vengono spinti a lavorare entro dei vincoli irragionevoli, tanto per cominciare. Prima di tutto, dobbiamo pronunciarci all'interno del contesto – o, piuttosto, è molto difficile per noi mettere in discussione quel contesto – di un aumento di 2°C della temperatura globale. Quando facciamo la nostra analisi da noi ci si aspetta che i nostri bilanci di carbonio non rigettino la fattibilità di una aumento di 2°C – e che questo sia anche sostenibile con l'attuale paradigma della crescita economica. Ci sono molti modi in cui possiamo fare questo. Possiamo giocare con le probabilità accettabili di soddisfare i 2°C e con la scelta dei modelli. Tutto questo ci da maggiori o minori bilanci di emissione. Ma anche i più grandi bilanci a 2°C potrebbero non offrire sufficiente flessibilità da dare risultati politicamente gradevoli – almeno non con vincoli pratici ragionevoli.

Così poi allentiamo ciò che è pratico e fattibile e cominciamo ad adattare il momento in cui le emissioni raggiungeranno il picco. Prima le emissioni di CO2 raggiungono un picco, per esempio il loro livello massimo, meno ripida sarà la curva di riduzione. Per esempio, diversi analisti, pubblicando nel 2011, hanno riportato il picco delle emissioni nel passato, circa nel 2005! Questo nonostante che tutti fossero consapevoli che le emissioni stavano continuando a salire. Ciò che disturba di più è che una tale analisi astratta si affianca a raccomandazioni politiche – e la cosa che disturba ancora di più è che pochi politici hanno familiarità coi dettagli dell'analisi che informa i loro giudizi. Oggi, praticamente tutti gli scenari a basso tenore di carbonio che tendono ai +2°C ipotizzano un picco delle emissioni globali nel periodo 2010-2016. Il Comitato sul Cambiamento Climatico del Regno Unito, un comitato indipendente obbligatorio per legge messo in piedi per consigliare il governo e il parlamento, ipotizza un picco delle emissioni globali nel 2016. La Stern Review, un rapporto chiave al governo del Regno Unito sulle conseguenze economiche del cambiamento climatico pubblicato nel 2006, ipotizzava un picco nel 2015. Tuttavia, una volta che si estende il picco fino al 2020 i il 2030, le misure di mitigazione proposte in tali rapporti non possono proprio ottenere i bilanci delle emissioni necessari.

Lo stratagemma successivo è quello di pompare il tasso al quale cresceranno le emissioni, oltre la data del picco. Sappiamo che le emissioni stanno crescendo di circa il 2-4% all'anno – e probabilmente più vicino al 3-4%, a seconda di cosa succede economicamente nel mondo – ma pochi analizzano il fattore di tali tassi di crescita. La realtà è che le emissioni di carbonio stanno aumentando vertiginosamente e quindi il bilancio di carbonio rimanente per arrivare a +2°C viene consumato rapidamente. Per riassumere: coloro cui vengono commissionati questi scenari sono essenzialmente obbligati ad usare una riduzione del tasso di emissioni (dal picco delle emissioni) che viene imposto da ciò che gli economisti asseriscono sia fattibile con la crescita economica. Di conseguenza, gli scienziati vengono persuasi a sviluppare scenari sempre più bizzarri... che sono in grado di consegnare messaggi politicamente gradevoli. Tali scenari sottovalutano l'attuale tasso di crescita delle emissioni, ipotizzano picchi delle emissioni ridicolamente prematuri e traducono gli impegni “di restare al di sotto dei +2°C” in un 60-70% di possibilità di superarli.

Inoltre, quando anche questi scenari non riescono a rassicurare, viene chiamato in causa il Dottor Stranamore – sotto forma di geoingegneria. Tali tecnologie potrebbero funzionare, forse anche su una scala ragionevole. Così un giorno potrebbero essere usate. Ma, dato il livello di incertezza, la loro presenza ubiqua negli scenari di +2°C semplicemente si aggiunge alla mia preoccupazione che la codardia dell'ortodossia economica e politica stia indebitamente influenzando la scienza. In qualche misura, il gatto è stato fatto uscire dal sacco. Sempre di più, le organizzazioni ufficiali uniscono le loro voci di quelli che precedentemente sono stati respinti come allarmisti, osservando quanto le divagazioni ottimistiche di molti analisti siano sempre più ridicole. La IEA, la Price Waterhouse Coopers e diversi altri stanno dicendo esplicitamente che le tendenze delle emissioni stanno andando nella direzione completamente opposta e che ci serve qualcosa di molto più radicale per evitare di superare i 2°C. Tuttavia, mentre la scala del problema viene riconosciuta a malincuore, in pochi ancora sono preparati a sfidare il predominio degli strumenti finanziari e le proposte di mitigazione del tutto inadeguate. Così, nel 2013 siamo rimasti con un aumentato riconoscimento della natura radicale del problema – ma con la volontà di considerare solo un'attuazione frammentaria come soluzione. Chiunque osi sottolineare questo scollamento continua ad essere messo ai margini.

GL: Che differenze ci sono fra gli scenari del governo del Regno Unito e gli scenari che tu e tuoi colleghi avete pubblicato?

KA: La prima differenza è che il governo ipotizza un volume di emissioni totali associate con una possibilità del 63% di superare un aumento di +2°C della temperatura globale. Questo è palesemente in contrasto con l'impegno internazionale del Regno Unito di “restare al si sotto dei 2°C”. Dal nostro punto di vista, non è ragionevole aspettarsi che i poveri del mondo, che vivono in aree più basse nell'emisfero sud, facciano i conti con l'aumento del livello del mare, con la vulnerabilità alle tempeste e con la pletora di altri impatti su agricoltura, migrazione, ecc. Non è ragionevole aspettarsi che 30 milioni di persone – equivalenti a metà della popolazione del Regno Unito – che vivono entro un metro sul livello del mare lungo la fascia costiera del Bangladesh debbano affrontare le ripercussioni del nostro atteggiamento ambivalente verso il cambiamento climatico.


Nella nostra analisi, noi consentiamo solo un 37% di possibilità di superare i 2°C di aumento della temperatura. Non pensiamo sia possibile fare di meglio adesso. E' troppo tardi. Siamo nel 2013 ed abbiamo pompato circa 400 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio nell'atmosfera dal 2000. Tuttavia, se gli altri non sono d'accordo e possono dimostrare la fattibilità di possibilità ancora migliori dei 2°C, allora saremmo certamente felici di rivedere le nostre analisi. L'analisi del governo è basata sul fatto che le emissioni globali raggiungano un picco nel 2016 e implica un picco attorno al 2018 per le nazioni più povere. Nella nostra analisi adottiamo il 2020 come una data per il picco globale estremamente impegnativa, anche se ancora raggiungibile. E per le nazioni più povere concediamo un periodo più lungo fino al 2025. A noi questo sembra più onesto. Inoltre, non pensiamo che la deforestazione, che potrebbe valere per il 12-20% del carbonio aggiuntivo nell'atmosfera, sia responsabilità dei soli paesi che stanno deforestando ora. Noi abbiamo praticamente deforestato il Regno Unito (e in buona parte anche l'Italia, ndt.)  ed abbiamo raccolto i 'benefici' del terreno liberato per l'agricoltura, ecc.

Linea tratteggiata = le emissioni continuano ad aumentare all'attuale tasso per  molti anni.
Linea continua = viene intrapresa un'azione concertata a breve termine. Da una presentazione di Alice Bows

La conseguenza di tutto questo è che c'è una differenza significativa fra il tasso di mitigazione – cioè, il tasso al quale le emissioni verranno ridotte dopo l'anno del picco – nei nostri scenari, rispetto a quelli del governo. Gli scenari del governo ipotizzano tipicamente un 3-4% di tasso di mitigazione. Noi stimiamo una riduzione del 10% all'anno. In altre parole, avremmo bisogno di una riduzione delle emissioni del 10%, ogni anno, per dare il nostro onesto contributo ad una possibilità remota di limitare l'aumento della temperatura ai 2°C. 

GL: Cosa succede se viene mancato l'obbiettivo dei 2°C?

KA: Sento sempre di più alcuni politici e scienziati brontolare che i 2°C sono troppo impegnativi, che non possiamo farcela – anche se tali preoccupazioni vengono normalmente espressi lontano dai consessi pubblici. E posso certamente capire perché lo dicono. Quindi che ne dite un aumento di 4°C? Sembra più fattibile. Il bilancio del carbonio è maggiore, quindi il tasso di riduzione delle emissioni è molto meno impegnativo. Ma cosa significa esattamente un aumento di 4°C nella temperatura globale della superficie? Gran parte della superficie terrestre è acqua, che si scalda più lentamente. Quindi questo corrisponde a 5-6°C di aumento della temperatura media della terraferma. Quest'area della scienza è molto incerta, ma l'Hadley Centre (il centro di ricerca sul cambiamento climatico al Met Office) stima che, nei giorni più caldi, la temperatura sarebbe di 6-8°C più alta in Cina, 8-10°C in Europa e 10-12 gradi a New York. Tali aumenti senza precedenti darebbero luogo ad una serie di problemi riguardo a come le strutture invecchiate delle nostre città possano fornire addirittura servizi di sopravvivenza. 

E che dire delle persone che non hanno causato il problema, alle altitudini più basse? E' difficile essere precisi, ma l'Hadley Centre stima che, per i contadini alle latitudini più basse, a caratterizzare i loro impatti con +4°C è una riduzione del 40% di mais e riso. Questo è un mondo che dobbiamo evitare ad ogni costo. Molti scienziati suggeriscono che un aumento di 4°C è incompatibile con una società globale organizzata. E' oltre “l'adattamento”. Eppure questa revisione di un aumento di 4°C non tiene in considerazione possibili retroazioni ed altre discontinuità, che in media anticipano di rendere la situazione ancora peggiore. Così, un futuro a +4°C è qualcosa che dobbiamo evitare. E questo ci riporta ai 2°C  - sebbene con probabilità sempre più basse di raggiungere anche questo. Cosa comportano 2°C per le zone ricche del mondo, per i paesi OCSE? Significano una riduzione del 10% nelle emissioni ogni anno: una riduzione del 40% nei prossimi anni ed una riduzione del 70% entro il decennio. Tali riduzioni sono necessarie se le parti povere del mondo devono avere un piccolo bonus di emissioni per aiutare a migliorare il proprio benessere. Nonostante la coerenza dell'analisi, mi viene continuamente suggerito che tali livelli di mitigazione sono impossibili. Allo stesso tempo, vivere come comunità globale civilizzata con +4°C sembra altrettanto impossibile. In altre parole: il futuro è impossibile! Allora cosa facciamo? Dobbiamo sviluppare un'altra mentalità – e alla svelta. L'impossibilità che fronteggiamo nella mitigazione potrebbe aprirci alla concezione di futuri diversi – andando oltre il pensiero riduzionista del ventesimo secolo e verso nuovi modi di inquadrare i problemi nel ventunesimo secolo. 

GL: Hai indicato che, approssimativamente, il 20% più ricco della popolazione mondiale per reddito è responsabile del 80% delle emissioni: il 20% più ricco di questo 20% è responsabile del 80% del 80% delle emissioni e così via. E il tuo argomento è che le politiche di riduzione delle emissioni devono essere applicate a queste persone, per esempio coloro che sono responsabili delle attuali emissioni. Dico bene?

KA: Sì. Molte delle politiche attuate – lo schema di commercio delle emissioni o le proposte di carbon tax – sono universali. Non differenziano fra grandi e piccoli emettitori. Direi che ciò è inappropriato. Nel Regno Unito, per non dire niente dei paesi in via di sviluppo, molta gente fatica a pagare le proprie bollette energetiche ed hanno comunque delle emissioni ragionevolmente basse. Allora perché ci aspettiamo che persone che hanno a malapena contribuito al problema di sopportare il dolore della riduzione del loro già basso livello di emissioni? Per com'è adesso, i meccanismi favoriti dagli emettitori più ricchi sono basati principalmente sul prezzo. Meccanismi coi quali noi, i grandi emettitori ricchi, possiamo comprarci una scappatoia scappatoia. Ciò non è giusto e non funzionerà neanche. Le emissioni devono essere ridotte da coloro che sono i primi responsabili delle emissioni. 

GL: I climatologi sono sottoposti ad enormi pressioni politiche. Hai parlato del fatto che gli scenari sottoposti a pressione producono scenari irrealistici. C'è anche la pressione alla quale gli scienziati del clima sono stati sottoposti a causa delle feroci cacce alle streghe condotte dai negazionisti climatici. C'è altro che il resto di noi, i non scienziati, possano fare per sostenere gli scienziati a resistere alle pressioni?

KA. Uno dei problemi per gli scienziati – ed è una cosa alla quale gli “scettici” si sono attaccati – è che la scienza non dà certezze. Essa raramente fornisce visioni in bianco e nero del mondo. Eppure, le scuole e i media in particolare interpretano la scienza come qualcosa che ha a che fare le verità certe. Ciò equivoca quello che la scienza può offrire: essa a che fare con l'evoluzione di una comprensione migliore dei problemi che vengono presi in considerazione – e nel fare questo ci saranno normalmente delle incertezze e una gamma di risultati piuttosto che una risposta precisa ed indiscutibile. Gli “scettici”, al contrario, presentano una visione molto più categorica, che si alimenta da ciò che la gente vuol sentire e chi i media possono facilmente spacciare. Il pubblico e i media sembrano spesso lottare col concetto di scienza come processo evolutivo. Le visioni del consenso emergono ed evolvono. Ciò non significa che capire significhi saltare di palo in frasca, anche se è questo che spesso viene riportato e interpretato. Questo è un vero problema per la scienza sostenere il cambiamento climatico: si tratta di tentare di fare luce su un problema complesso e di livello sistemico, quindi le incertezze abbondano. Per sua stessa natura, la comprensione del cambiamento climatico è alla mercé dei machiavellici “scettici”. E' molto più facile essere cinicamente critici verso il cambiamento climatico di quanto lo sia fare buona scienza.

L'argomentazione per una maggiore azione, al più presto. Da una presentazione di Alice Bows

Se il pubblico capisse, ed accettasse, la natura evolutiva della scienza, e delle incertezze, sarebbe probabilmente più facile avere conversazioni  costruttive con esso, coi media e coi politici. Come scienziati dovremmo essere il più aperti possibile. Prendete l'affare “climategate”. [2] E' stato spaventoso per alcuni degli scienziati coinvolti: sono normali esseri umani che hanno dedicato la loro carriera a fornire solide basi scientifiche – eppure le loro vite sono state lacerate. E di fatto questo processo è andato avanti per molti anni precedentemente. Gli scienziati sono stati a lungo soggetti a campagne sgradevoli e minacciose – e ne parlo per esperienza personale. Ma nonostante il “climategate” sia stato molto distruttivo per le persone individualmente, sono del parere che abbia avuto un risvolto positivo. Da allora, la comunità scientifica è diventata collettivamente più aperta circa le sue analisi e le sue scoperte. Più possiamo essere aperti sul nostro lavoro, sulle nostre discussioni e disaccordi, meglio è per la società. Questo è un problema sociale, non riguarda solo la scienza. Quindi penso che sia venuto qualcosa di buono da questa storia. 

Inoltre, nonostante gli “scettici” del clima siano spesso ben finanziati ed organizzati intorno ad un ordine del giorno molto più semplice e distruttivo, non sono stati capaci di intaccare realmente la comprensione scientifica del cambiamento climatico. Gli “scettici” hanno sicuramente impaurito e influenzato alcuni politici, ritardando così ulteriormente gli sforzi di mitigazione – per cui la gente più povera che vive in comunità più vulnerabili soffrirà inevitabilmente. Tuttavia, per la scienza, le ripercussioni dei loro tentativi sono stati di fornire una comunità scientifica molto più aperta e resiliente e di dimostrare la robustezza della scienza che sostiene le preoccupazioni sul cambiamento climatico. Così, in uno strano modo, dovrebbero essere ringraziati. 

■  Trovate altro sul sito di Kevin Anderson e sul sito del Tyndall Centre.
■  Il sito della Campagna Contro il Cambiamento Climatico è qui; altro sulla conferenza del mese scorso qui.

[1] Un gruppo di climatologi guidato da Alexander Otto ha pubblicato una lettera a Nature Geoscience riportando di aver ricalcolato quanto la temperatura globale media salirà nell'anno in cui la concentrazione di biossido di carbonio raggiungerà il doppio dei suoi valori preindustriali, tenendo conto del livellamento delle temperature dell'ultimo decennio. La loro stima migliore è di 1,3 gradi più alta di adesso, in confronto dei 1,6 gradi dichiarati dalla ricerca precedente. Un articolo del New Scientist ha riportato la ricerca ed i commenti da parte degli scienziati sottolineano che il quadro generale del riscaldamento globale rimane immutato. L'articolo di Otto e soci, “Limiti di bilancio del carbonio sulla risposta climatica” è disponibile a pagamento sul sito di Nature qui; un pdf sembra essere finito anche qui.

[2] Il “Climategate” è cominciato con la pubblicazione da parte dei negazionisti della scienza del clima, poco prima del summit delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico del 2009 a Copenhagen, di email trafugate a Phil Jones, un eminente climatologo all'Università dell'East Anglia e di altri. Presentando passaggi selezionati delle email in un modo pensato deliberatamente per distorcere il loro significato, i negazionisti della scienza del clima hanno dichiarato falsamente che Jones ed altri avevano provato a nascondere i risultati di una ricerca che metteva in dubbio alcune scoperte standard della scienza del clima. Le accuse sono state ampiamente riportate nei giorni antecedenti alla conferenza, insieme ad una marea di false accuse contro Jones, che mettevano in dubbio la sua integrità. L'identità degli hacker non è stata mai accertata. Jones e i suoi colleghi sono stati sollevati da ogni accusa in un'inchiesta delle autorità universitarie.