venerdì 31 maggio 2013

Distopia I: prima meccanosi

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR



di Antonio Turiel


[Le persone e le situazioni che appaiono in questa storia sono del tutto fittizie. Qualsiasi riferimento a persone o a fatti reali è del tutto casuale]

E' iniziata come cominciano sempre le grandi tragedie: in modo banale, anodino, abitudinario...

Stava finendo il turno di guardia all'Ospedale Provinciale di Lleida. I medici che entravano parlavano con quelli che uscivano dei casi clinici dei pazienti giunti al Pronto Soccorso durante la notte. Jordi stava finendo il suo racconto della notte appena trascorsa:

- ... e il paziente della stanza 3 ha la polmonite, con fuoriuscita pleurica bilaterale. Gli abbiamo messo l'ossigeno e l'amoxicillina per via venosa, per vedere se reagisce rapidamente perché è un po' lento. Antecedenti di interesse: fumatore per più di 30 anni.

- Vedi, Jordi - gli disse Jose – ti dico subito che fumare non c'entra niente. Per la pelle, chiaro – e gli diede una pacca sulla spalla.

- E come credi che resisteremo al turno di 24 ore? Perché tu sei uno zio sportivo, che corre tutte le mezze maratone, quelle complete e quelle doppie che ti si pongono e ti si porranno di fronte. Ma la maggior parte di noi, ragazzo, deve tirare avanti a caffè e sigarette per tenere questo ritmo, ora ancora di più coi tagli.

- Dai, non te la prendere. Spostati, su, me ne occupo io e va subito a letto , che hai una faccia...

- No, mi pare di avere la febbre... ancora una volta qualcuno di questi mi avrà attaccato qualcosa.

Alle 8 di sera, Jordi entrava nel suo stesso ospedale con doppia fuoriuscita pleurica, come gli dissero. Respirava a fatica, gli facevano male i polmoni ad ogni inspirazione. Lo sorprese il fatto che non lo misero in nessuna stanza, ma in un padiglione a fianco dell'ospedale, pieno di militari e tutti con la mascherina. Gli misero l'ossigeno e l'amoxicillina in vena e gli antiinfiammatori, ma col passare delle ore non presentava nessun miglioramento. Al contrario, si sentiva sempre peggio. Il momento in cui si spaventò, fu quando vide entrare Jose, sdraiato su una barella come lui.

- Jose... - mormorò – che cazzo fai qui... - lo sforzo di sollevarsi quasi lo affoga, quindi torna a sdraiarsi.

- Polmonite - tossì Jose – il paziente della camera 3... è morto tre ore fa.

In quel momento a Jordi si fermò il cuore. E fu il panico.


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Durante quella lunga giornata che finì insieme alla vita del paziente della camera 3, di Jordi, di Jose e di altre 50 persone, la reazione delle autorità sanitarie fu, dal punto di vista tecnico, impeccabile; da manuale. Dopo una ventina di casi di polmoniti fulminanti come quella del paziente della camera 3, uno dei medici più esperti si rese conto che la cosa non era normale e diede l'allarme.

L'applicazione del protocollo per le epidemie pericolose fu messo a punto in meno di due ore, ma prima di allora erano già morte 50 persone di polmonite, in un ospedale completamente sopraffatto dalla enormità degli eventi. Nel tardo pomeriggio, l'ospedale era militarizzato e la città di Lleida in stato di emergenza. Alcuni dei soldati che si occuparono del contenimento di quelle prime difficili ore, si ammalarono a loro volta, come si poté verificare, per mancanza di precauzione nell'uso delle mascherine. Apparentemente, l'isolamento ed un uso corretto delle mascherine era sufficiente ad evitare la propagazione della malattia, ma i medici civili e militari specializzati in malattie altamente contagiose e pericolose indossavano una protezione totale, con un mono isolante ed un sistema di respirazione autonomo. Non se ne poteva fare a meno: il 95% dei pazienti morivano in un lasso di tempo di massimo 48 ore dai primi sintomi. Fosse quello che fosse, era la malattia più pericolosa e letale affrontata dall'Umanità dei tempi della Peste Nera.

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Il comandante Javier Pérez, medico militare con il grado massimo in carica, era in riunione nel centro di controllo che avevano improvvisato in una piccola tenda laterale. Era circondato da alcuni dei migliori specialisti del paese, civili e militari, in malattie contagiose e del sistema respiratorio, la maggioranza dei quali con un'ampia esperienza in medicina interna, cardiologia ed altre specializzazioni. Le prime analisi dei pazienti vivi e le autopsie non lasciavano spazio a molti dubbi sulla natura della minaccia che si aveva di fronte: si trattava di una nuova specie di pneumococco, una particolarmente contagiosa e letale. Ma c'era di peggio: il bacillo non rispondeva agli antibiotici comuni.

- E' un Microorganismo Multiresistente – concludeva così la sua presentazione un rinomato pneumologo di Madrid – con un ampio spettro di resistenze che copre in pratica la totalità degli antibiotici comuni e la maggior parte di quelli ospedalieri. Tuttavia, sta rispondendo bene al... - e qui lo specialista usò il nome commerciale al posto del principio attivo. Il comandante Pérez pensò che di sicuro il laboratorio che commercializzava quell'antibiotico di nuova generazione stesse pagando qualche congresso e, chi lo sa, le vacanze, all'autorità che ora lo rappresentava. Interruppe improvvisamente l'oratore in quel punto.

- Percentuale di recupero? - sbottò.

- Beh, il 10% dei pazienti trattati recuperano pienamente in due o tre giorni – la sua voce tramava leggermente.

- Dimensione del campione? - la voce del comandante era gelida.

- Eh... be', ci sono solo 200 persone ospedalizzate in questo momento ed il trattamento è stato applicato a 50 persone... - il grande specialista non sembrava più così sicuro di sé stesso.

- ... e se ne sono salvate 5, cioè, solo 2 o 3 in più di quanti non si sarebbero salvati senza il suo meraviglioso intruglio. Il campione è troppo piccolo, i suoi risultati non sono significativi – il comandante stava alzando la voce man mano che parlava – In definitiva, lei non ha un cazzo su cui lavorare. Signore, non siamo qua per perdere tempo – fece una pausa, per riprendere l'offensiva – né per meritarci una vacanza a Cancùn.

- Comandante, lei mi offende! - rispose lo specialista adirato.

- Sig. González Mejía - la voce del comandante era più gelida che mai – ho potere e potestà per metterla agli arresti militari se lo considero conveniente e non indugerò a farlo se non mi fa la cortesia di chiudere il suo Power Point del cazzo e tornare al suo posto – il suo dito indice, indicando la sedia dove prima sedeva il dottor González Mejía, sembrava una frusta per spronare i cavalli.

Il Dr. González Mejía aprì la bocca per dire qualcosa, probabilmente per protestare per il suo uso di “Signore” al posto di “Dottore” - una dimostrazione di poca considerazione imperdonabile da parte del comandante – ma si rese conto che il comandante lo aveva fatto intenzionalmente e che in realtà la sua pazienza era già finita. Esitò ancora di fronte alla sua sedia vuota, meditando se prendersi l'umiliazione e sedersi o manifestare il proprio rifiuto alla maniera del comandante e svignarsela. C'erano due agenti militari all'ingresso della tenda. Si sedette.

Il comandante Pérez era furioso. Furioso per il pavoneggiarsi della medicina nazionale, sì, ma furioso anche perché la situazione gli stava sfuggendo di mano. Erano passati 5 giorni: 1000 ingressi, 947 morti. E l'epidemia aveva cominciato a propagarsi fuori dalla città di Lleida. Presto si sarebbe dovuto decretare lo stato d'emergenza in tutta la provincia e a lo avrebbero sostituito con un ufficiale di grado maggiore anche se probabilmente con meno esperienza medica. Gli avrebbero almeno permesso di continuare a guidare la squadra medica – o almeno così sperava.

- Nessuno ha qualcosa di meglio? - tuonò la voce del comandante – Nessuno sa cosa fare per fermare tutto questo?

Il comandante si girò e guardò lo schermo di protezione, ora in bianco. Non avevano armi con le quali lottare ed erano l'ultima linea di difesa prima della sconfitta finale. Dell'Apocalisse...

- Comandante – tossicchiò una voce giovane – noi abbiamo avuto alcuni risultati incoraggianti in vitro.

Il comandante si girò verso la voce. Era di un trentenne, con barba ben curata che portava gli occhiali. Li chiamano Hipsters a questi, se non fosse per il camice bianco che portano. La sua faccia gli era familiare: era una giovane promessa di un ospedale universitario della Galizia, gli sembrò.

- Ti ascolto figliolo, ma ti avverto: non mi far perder tempo.

- Abbiamo usato una combinazione di antibiotici convenzionali insieme ad un inibitore dell'attività enzimatica. Con la soluzione otteniamo una quasi eliminazione del 100% in vitro. Abbiamo cominciato già le prove con organismi modello, ratti, e l'efficienza per somministrazione endovenosa è del 85%. Vorremmo chiedere il permesso per fare già una prova clinica con pazienti umani, data l'urgenza della situazione...

- Niente prove. Date quel preparato a quelli in condizioni più critiche.

- Ma, signore, non siamo sicuri delle possibili reazioni avverse, l'inibitore enzimatico...

- E' uguale. Trattamento compasssionevole. Non abbiamo tempo. E' un tentativo disperato, ma dobbiamo farlo.

Nessuno si azzardò a replicare. Il comandante sapeva che molti di loro (González Mejía, per primo) avrebbero riferito per filo e per segno alla stampa che la colpa era del comandante Javier Pérez se alla fine sarebbe andato tutto male. E più avrebbe fatto, più lo avrebbero riferito, indipendentemente dalle sue misure. L'importante era che là fuori la gente moriva come mosche. Era una guerra da vincere, e lui era un militare.

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Il comandante Pérez si alzò di buon umore quella mattina. Rasato in maniera impeccabile, una bella doccia (gli operai si facevano la doccia di notte, i quadri lo fanno la mattina, pensò, ricordando i suoi giorni all'accampamento) e un buon caffè per cominciare il giorno. La medicazione preparata dal dottor Solana (la giovane promessa galiziana) era risultata essere abbastanza efficace: la mortalità si era ridotta dal 95% al 35% e praticamente allo 0% se si prendeva la polmonite ai sui primi stadi. Certamente c'erano anche state reazioni avverse, in un paio di casi con risultati di morte, ma si trattava di pazienti con uno stato di salute molto cattivo di base, mentre nel resto dei casi i problemi non si manifestavano se non come disturbi passeggeri che finivano nel giro di un paio di giorni.

Ma la cosa migliore è che erano 3 giorni che non si registrava nessun nuovo caso. I commercianti e i politici facevano pressione perché si togliesse lo stato di emergenza, ma il comandante non lo avrebbe sollecitato al governo finché non fosse passata almeno una settimana senza nuovi casi, “o si vuol prendere lei la responsabilità di nuove morti?”, gridò al sindaco; questi si azzittì, così come fece  tutta la comitiva che era venuta il giorno precedente all'accampamento militare. Sciocchi, cantare vittoria dopo soli due giorni. Certamente l'incubazione della super polmonite (come la chiamavano nei quotidiani) era molto rapida, in meno di 12 ore dal contatto si sviluppavano i primi sintomi e senza trattamento la morte sopravveniva prima di 48 ore dal contatto iniziale. Davvero questo batterio era fra i più bastardi che avesse mai incontrato nella sua vita di medico militare e ed era stato anche in Africa centrale... “Alla fine”, pensò, “aspettiamo una settimanella e poi raccogliamo gli attrezzi e lasciamo il campo libero agli epidemiologi”.

Perché era lì il nocciolo della questione. Da dove era uscito il super-batterio? Non c'era alcun punto evidente. Il primo caso registrato (quello che uccise Jordi e José) precedette di poche ore una cinquantina di casi più dispersi in tutta la città. Non era come se la gente arrivata ad un centro di diffusione della polmonite, no. Non c'era un modello spaziale chiaro: le persone che si erano infettate durante le prime ore del bacillo vivevano in luoghi distanti dalla città, non avevano relazioni fra loro e non erano andate negli stessi luoghi nelle 24 ore precedenti. Questo fece pensare all'inizio, data la contagiosità della malattia, che la propagazione fosse stata fra i pazienti della prima ondata, ma poi si verificò che i pazienti non erano infetti durante il periodo finestra di 12 ore nel quale si sviluppava la malattia. Non aveva alcun senso. Era come se il caso 0 si fosse mosso a tutta velocità per tutta la città, tranne che le zone pedonali. E dopo una tale corsa, perché non era andato all'ospedale, sicuramente si sarà sentito davvero male? Sarebbe morto da qualche parte?

C'era una possibilità inquietante ed è che forse il caso 0 era portatore ma non sviluppava la malattia e avrebbe continuato ad infettare la gente on la quale avrebbe avuto a che fare. Lo stato di emergenza lo avrebbe tenuto confinato a casa sua, ma quando questo sarebbe cessato sarebbe uscito di nuovo, a seminare la morte per la città. E chi lo sa se stavolta il patogeno non sarebbe arrivato a Barcellona, a Madrid, a Parigi, a New York... Peggio ancora. E si trattava di un bioterrorista? E se quello di Lleide fosse stata una prova per qualcosa di peggiore?

Calma, Javier, calma. Le cose sono tranquille dopo 3 giorni e la situazione è sotto controllo; inoltre, abbiamo sviluppato un farmaco efficace, quindi siamo preparati per la prossima battaglia, se si trattasse di un attacco. In questo senso, il comandante poteva essere orgoglioso: si era guadagnato i galloni lottando contro un nemico implacabile ed invisibile. Ma gli mancava di compiere un ultimo dovere: trovare il suo rifugio, l'ultima trincea, e sterminarlo, se il suo portatore, il caso 0, non fosse ancora morto.

A Madrid e all'estero si prendeva la cosa piuttosto sul serio, anche se con discrezione. Per questo, al termine della prima settimana, il Centro Nazionale di Epidemiologia inviò una squadra dei sui migliori esperti, ai quali si aggiunsero progressivamente i migliori specialisti che l'OMS aveva riunito. Ora il fronte successivo era trovare l'origine dell'infezione.

Due giorni più tardi il comandante non era più così di buon umore. Il governo aveva appena tolto lo stato d'emergenza. Non erano ancora passate due settimane dallo scoppio dell'epidemia, ma erano 5 giorni che non arrivava nessun nuovo paziente. La squadra medica era inorridita, gli epidemiologi scandalizzati, ma non ci fu niente da fare. Gli affari dovevano andare avanti ed ogni giorno di chiusura erano milioni di euro in meno di introiti. Con la montante crisi economica era impossibile assumersi ulteriori perdite. Così il governo rimosse lo stato di emergenza una domenica pomeriggio ed le attività ripresero il lunedì mattina. La nuova ondata di casi di polmonite arrivo lunedì notte.
Ma stavolta era qualcosa di diverso. Nessun caso proveniva dalla città di Lleida.

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Artur e Luis erano due degli epidemiologi con più esperienza al Centro Nazionale di Epidemiologia. Erano più di 20 anni che si conoscevano e a loro piaceva lavorare insieme. Artur era minuzioso ed appassionato nel suo lavoro, mentre Luis era pratico e spedito. Formavano una buona squadra, anche se Artur a volte deplorava l'eccessivo arrivismo del suo amico. Ma la cosa certa è che avevano una buona sintonia fra loro e insieme avevano portato a termine studi molto buoni senza un aiuto esterno. Chiaro che in questo caso si trattava di una questione urgente, un affare di Stato; così la pose chiaramente il direttore del CNE prima di partire da Madrid. Urgente e affare di Stato: brutta combinazione.

Luis era di Albacete e pertanto non conosceva granché il terreno sul quale si muovevano, ma Artur era di Barcellona e la sua famiglia materna era di una frazione di Lleida, quindi conosceva abbastanza bene la città e le regioni attorno. Forse per questo egli vide subito uno schema, una regolarità nel leggere la lista degli infettati della seconda ondata. Mentre i più gurdavano alle professioni, ai luoghi di lavoro ed altre cose, egli si concentrò sulla lista di paesi di provenienza: Térmens, Balaguer, Camarassa, Tremp, La Pobla de Segur,... e disse senza indugio.

- E' la C-13.

- Che vuoi dire? - gli chiese Luis.

- Tutta questa gente vive intorno alla strada C-13. E' la strada più veloce per andare da Lleida a Tremp e la Pueble – disse Artur in modo spassionato.

- E pertanto la strada più veloce per scendere a Lleide ed infettarsi – il tono di Luis era un po' burlesco, anche se sapeva che il suo amico ci avrebbe pensato – La tua osservazione non è da disdegnare, comunque; forse tutta questa gente o i loro famigliari sono sono giunti direttamente in un unico punto di Lleida dove è localizzato il focolaio.

- Se guardi la lista di infettati – proseguì Artur con voce calma – vedrai che ci sono molti pensionati che è da anni che non si muovono dal loro paese. E di questi la maggior parte hanno sviluppato la malattia durante le 12 ore di finestra nelle quali nessuno delle loro famiglia li ha potuti infettare. No, non non sono venuti a prendersi l'infezione a Leida. L'infezione è venuta a cercarli nelle loro case. In quelle di tutti. La morte ha circolato per la C-13.

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La strana via di propagazione della malattia fu, giustamente, la chiave per risolvere il mistero. Quasi tutte le persone infettate avevano ricevuto la visita di un rappresentante di una nota marca di caldaie a gasolio (l'ultimo inverno era stato molto freddo e la gente pensava di passare dalla legna al gasolio). Comparando i dati con quelli della prima ondata, risultò che più della metà delle vittime della prima settimana avevano ricevuto la visita dello stesso rappresentante. Avevano incontrato il paziente 0.

Una squadra di contenimento delle malattie si dislocò al domicilio del rappresentante Pere Alierta. Era una casa unifamiliare in periferia. Il soggetto aveva poco contatto col suo vicinato e questo spiegherebbe il perché lo stato di emergenza era riuscito a contenere il bacillo. Se Pere Alierta era resistente al batterio, col suo sangue si poteva fare un vaccino e si potevano studiare meglio e più rapidamente i meccanismi della folgorante propagazione del microbo all'interno dell'organismo umano.

Bussarono alla porta ma non aprì nessuno. Non c'era tempo di cercare un mandato di perquisizione e il comandante Perez, sotto sua esclusiva responsabilità (non era ancora stato decretato il nuovo stato di emergenza; il governo era titubante data la nuova distribuzione spaziale delle persone colpite) autorizzò lo sfondamento della porta. La squadra di contenimento irruppe nell'appartamento e trovò il rappresentante, che li guardava con uno sguardo supplichevole, agonizzante. L'uomo viveva da solo e non aveva avuto nemmeno la forza di fare il 118 (112 in Spagna, ndt.).

Morì tre ore più tardi. L'autopsia confermò che era stato infettato all'inizio di lunedì e non prima. Niente nel suo organismo faceva pensare che fosse più resistente al batterio. Avevano seguito una falsa pista.

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- Una pista falsa. Vedi Artur. La tua idea era buona, ma era un pista falsa – ripeté, quasi per scherzo, Luis.

- Non può essere. Gli schemi coincidono, il profilo di probabilità è quasi perfetto. Se non è lui dev'essere qualcuno che viaggi con lui.

- Viaggiava da solo: i rappresentanti non viaggiano mai accompagnati. Inoltre l'azienda sta attraversando delle difficoltà economiche importanti: guarda catorcio di macchina che ha – indico una sgangherata utilitaria, di circa 20 anni, che era parcheggiata all'entrata- quest'uomo avrebbe dovuto moltiplicarsi e coprire un'area molto grande. E tutto una mera coincidenza.

Artur non rispondeva. Pensava.

- Di sicuro era in ritardo col pagamento dell'ipoteca – proseguì Luis. Guardando la casa: non era granché, non valeva nemmeno la pena; la banca si sarebbe arricchita con questa operazione.

Artur faceva finta di non sentirlo. Si muoveva frenetico per la casa, rovistando nei cassetti, aprendo il frigorifero – vuoto. Era lì da qualche parte, ma dove, dove, dove...

- Ammettilo – lo fermò Luis – quest'uomo si è infettato da un'altra parte, a Lleida. Non abbiamo ancora trovato il caso 0. Non c'è un compagno infettato. La sua unica compagnia è questo catorcio di macchina diesel.

Lo sguardo di Artur si fissò, per la prima volta, sulla macchina. E la vide.
- E' lei, Luis! E' lei! - gridò euforico.

- Lei chi, lei chi, lei chi – disse a voce sempre più alta Luis, ma Artur non lo sentiva. Usando un bastoncino e con molta attenzione, estrasse una specie di gelatina bianca che fuoriusciva da tubo di scappamento e la introdusse in un vasetto.

- Andiamocene al dannato laboratorio – disse Artur – se ho ragione abbiamo trovato il nostro caso 0..

- Che dici? Chi è questa persona?

- Non chi – Artur accelerava per le strade di Lleida. - Cosa.

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L'analisi di laboratorio confermò il sospetto di Artur. La gelatina era stata creata da una colonia di super-pneumococco. Quando rottamarono con molta attenzione la macchina, scoprirono che era completamente infestata di batteri. La macchina aveva bisogno di un buon riesame ma, siccome era un diesel vecchio – sicuramente di seconda mano – nonostante i grumi di gelatina organica che galleggiavano nel combustibile, il motore era in grado di bruciare e continuare ad camminare. Una parte per niente trascurabile del diesel usciva senza bruciare dal tubo di scappamento e il batterio, miracolosamente, era in grado di resistere alla camera di combustione. Un pneumococco vaporizzato nell'aria col fumo della combustione: brutta combinazione.

Il momento in cui più batteri erano vaporizzati nell'aria era quando si accendeva il motore; la macchina emetteva un fumo nero e letale che appestava le povere persone che, per educazione, avevano accompagnato il rappresentante alla porta. Per questo le persone che vivevano in appartamenti non erano stati infettati. Disgraziatamente, alcuni passanti erano stati esposti al gas di scarico della macchina, ampliando così il circolo di morte. Lo stesso Pere Alierta aveva avuto la fortuna di non infettarsi fino a quel fatidico lunedì, forse lasciò la macchina accesa, forse la mise in un garage, forse si accovacciò a guardare qualcosa nel tubo di scappamento...

Luis terminò la sua spiegazione di fronte al comandante e al ministro della sanità, dislocato a Lleida per l'occasione – e di fronte ai fotografi. Erano rimasti d'accordo che sarebbe stato Luis, come sempre, colui che avrebbe fatto la presentazione pubblica – Artur era un po' goffo in contesti del genere, “tanto ufficiali”, e tirava fuori d'improvviso questioni sconvenienti. La presentazione andava liscia come l'olio. Il ministro tutto impettito: un medico spagnolo aveva trovato il rimedio a tempo di record – per fortuna non era terminato il su contratto – due specialisti spagnoli avevano identificato il focolaio iniziale, che era prima di tutto del tutto inusuale... Il sistema di scienza e salute spagnolo era uno dei migliori del mondo.

- Come si è formato il super-pneumococco – è ancora un mistero, anche se relativo. Le stazioni di servizio si vedono obbligate ad utilizzare molti biocidi – antibiotici, in realtà – per evitare la proliferazione batterica nelle loro cisterne. Come ben sapete, di tanto in tanto devono alternare i diversi biocidi perché, dopo averli usati a lungo, i batteri delle cisterne diventano resistenti. Se non si miscelasse il biodiesel al carburante questo non accadrebbe, ma attualmente per legge il 7% della miscela in Europa ed il 15% negli Stati Uniti dev'essere biodiesel. Così che nella sua stazione di servizio si sviluppa continuamente una lotta per mantenere l'infezione del combustibile a bada. Infezione dovuta a microorganismi che colpiscono gli esseri umani a che ora colpiscono le macchine perché diamo loro un'alimentazione da esseri umani (il biodiesel deriva da grassi vegetali) – l'ultima frase l'aveva scritta Artur, come tutte le precedenti, e la lesse quasi senza rendersene conto, abbassando la voce nel finale. Il ministro si accigliò. “Accidenti Artur, mi hai giocato, ho dovuto dribblare un'impertinenza”. Artur abbozzò un mezzo sorriso ironico, indovinando il pensiero dell'amico.

- Ma – proseguì, prestando più attenzione alla parte successiva che stava per leggere nelle note della presentazione – siccome le macchine non hanno un sistema immunitario, bisogna continuare a medicarle alla cieca e non sono in grado di eliminare i residui organici al loro interno. E' solo questione di tempo e, a forza di combinare antibiotici, un ceppo diventerà sufficientemente resistente a tutti loro. Teoricamente, dopo diverse decine di generazioni (ciò è rappresentato da giorni o settimane, nel caso di un batterio) il batterio si è evoluto tanto da perdere la capacità di infettare gli esseri umani. Tuttavia, un qualche processo di ricombinazione fra batteri, già all'interno della cisterna della stazione di servizio o in una macchina, potrebbe dar luogo a un super batterio, Poco probabile,  infinitesimalmente probabile in realtà, ma stiamo ripetendo questo esperimento migliaia, forse milioni di volte, su scala mondiale. Se un tale legame evolutivo è possibile, è questione di tempo il fatto che alla fine si produca. E' ciò che è accaduto qui. Ciò che è successo, per tragico e terribile che sia stato, ha dimostrato che i sistemi di risposta ed allerta sanitaria spagnoli funzionano e sono efficaci. Dall'altro lato, questa tragedia rivoluziona il nostro concetto delle malattie infettive ed apre una nuova strada per la ricerca sulle malattie infettive e la biotecnologia, discipline nella quali la Spagna è un paese di riferimento...”. La presentazione di Luis continuava con le sue note ed il ministro sorrideva, orgoglioso. Era il momento che Artur uscisse fuori, a prendere aria.

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- Questa è come una zoonosi – decretò Luis – ma al posto di animali come vettori della trasmissione, abbiamo delle macchine.

- Una meccanosi - rifletté Artur, con riluttanza, ma inconsciamente continuando con lo scherzo nei confronti dell'amico.

- Esatto! Una meccanosi! - euforia di Luis – alla fine abbiamo trovato il termine per concludere la relazione.

La relazione, pensò Artur. La lieta relazione. Più di 10.000 persone morte in tre frenetiche settimane e l'unica cosa che interessava a Luis era la fottuta relazione. Perlomeno, ad Artur rimaneva la consolazione di aver fermato l'epidemia prima che si propagasse in modo esplosivo per tutto il paese e, forse, per tutto il continente o in tutto il mondo. Rabbrividì. Il caso aveva voluto che il il batterio fosse molto rapido a causare la morte. Cosa sarebbe successo se fosse stato ugualmente letale ma il suo tempo di incubazione e sviluppo dei sintomi fino alla morte fosse stato più lento, diciamo di una o due settimane? In quel periodo di tempo praticamente tutto il mondo avrebbe potuto infettarsi. Scosse la testa. Meglio non pensarci.

- Bisogna immediatamente sigillare tutte le stazioni di servizio per fare analisi e ispezioni – disse infine – e sicuramente quelli in altro dovranno pensare di proibire l'uso dei biocombustibili... - disse quest'ultima cosa con un mezzo sorriso, quasi un ghigno - … c'è troppo denaro in gioco, sicuramente cercheranno una scusa per non farlo...

- Meglio per noi! - disse Luis, sempre più euforico, di fronte allo sguardo attonito di Artur – ora avremo lavoro a bizzeffe! Ti rendi conto, Artur? Migliaia di pompe di benzina da controllare, centinaia di migliaia di analisi da fare. Dovranno darci dei progetti, borsisti, apparecchiature... soldi, Artur, soldi! Questa epidemia ci permetterà di tornare alla prima divisione di ricerca microbiologica.


Artur aveva le opzioni o di dare un pugno in faccia al suo amico e di andare in bagno a vomitare. Scelse la seconda.