Guest post di Giorgio Nebbia
La Gazzetta del
Mezzogiorno, martedì 27 novembre 2012
Il futuro dell’energia
Come in tutti i periodi di crisi
e di grandi mutamenti economici e sociali tutti cercano di formulare previsioni:
i governi, le imprese (che cercano di capire che cosa e come produrre), le
banche (che sono preoccupate per i soldi che dovranno prestare a governi e
imprese), le compagnie di assicurazioni (preoccupate per i soldi che dovranno
versare per risarcire catastrofi e errori). Così da alcuni anni a questa parte
si moltiplicano le previsioni dei consumi e fabbisogni energetici, dal momento
che tutti i fenomeni economici richiedono energia: per produrre acciaio, per
scaldare le case, per far camminare le automobili, per ottenere patate e grano,
eccetera.
Le previsioni sono in genere
estese a periodi fra il 2025 e il 2035, più in la ben pochi si azzardano ad
andare. Tutti più o meno concordano nel fatto che la popolazione umana aumenterà
dagli attuali 7000 milioni di persone a un numero intorno a 8500 milioni di
persone verso il 2030. Queste persone avranno bisogno di varie cose
irrinunciabili: alimenti, prima di tutto, metalli, cemento, acqua e
inevitabilmente produrranno crescenti quantità di rifiuti. Le previsioni
concordano su un crescente fabbisogno di energia e si tratta piuttosto di
immaginare da dove trarla.
La richiesta annua di energia
oggi, 2012, si aggira nel mondo intorno a circa 12.000 milioni di tonnellate
equivalenti di petrolio (tep), un valore che corrisponde all’energia “contenuta”
in circa 4300 milioni di tonnellate di petrolio, più circa 5000 milioni di
tonnellate di carbone, più circa 3000 miliardi di metri cubi di gas naturale,
più l’elettricità fornita dalle centrali idroelettriche e nucleari e da un po’
di fonti rinnovabili. Le previsioni per il 2030 si aggirano intorno ad un
fabbisogno di 16.000 milioni di tep all’anno. Le miniere di carbone contengono
ancora riserve abbastanza grandi di questo combustibile fossile solido, ma la
sua estrazione è pericolosa e il suo uso inquinante, anche se è quello che costa
meno, per unità di energia fornita, tanto che il suo uso sembra destinato ad
aumentare.
Peggiore è la situazione del
petrolio, l’unico che fornisce i carburanti liquidi indispensabili per tenere in
moto i novecento milioni di autoveicoli di oggi che diventeranno oltre 1500
milioni nel 2030. I grandi giacimenti mondiali di petrolio si stanno più o meno
rapidamente impoverendo. Per soddisfare una crescente richiesta mondiale di
petrolio, stimata di circa 5000 milioni di tep all’anno nel 2030, le previsioni
contano sui giacimenti sottomarini a profondità sempre maggiori e in mari sempre
più profondi e sulle tecniche, peraltro molto inquinanti, che permettono di
estrarre il petrolio dalle rocce e sabbie che ne sono impregnate nel sottosuolo;
alcuni prevedono che, sfruttando queste difficili risorse petrolifere, gli Stati
Uniti potrebbero soddisfare i propri crescenti fabbisogni e addirittura
diventare esportatori di petrolio.
Le promesse dell’energia nucleare
sembrano definitivamente svanite; un poco potrebbe aumentare l’elettricità
ottenuta da grandi centrali che utilizzano il moto delle acque; qualcosa potrà
venire dal Sole e dal vento. L’uso di tutta questa energia farà aumentare i gas
che finiscono nell’atmosfera per cui la temperatura “media” della Terra potrebbe
aumentare in venti anni fra 2 e 4 gradi Celsius, con catastrofici effetti sul
clima futuro.
E l’Italia ? Negli anni settanta
del secolo scorso, dopo la prima grande crisi energetica, sono stati fatti vari
Piani Energetici Nazionali, rivelatisi tutti sbagliati nelle previsioni e nei
rimedi suggeriti. Poi nell’ultimo ventennio si è vissuti alla giornata e solo in
questo 2012 il governo ha finalmente formulato una Strategia Energetica
Nazionale (SEN)(il termine “piano” è stato evitato perché sembra porti
sfortuna): i consumi totali di energia dovrebbero restare costanti fino al 2030.
Dovrebbero diminuire le importazioni di petrolio da circa 65 a circa 45 milioni
di tonnellate all’anno con un aumento dell’estrazione da nostri giacimenti
terrestri e sottomarini, da circa 5 a circa 12 milioni di tonnellate all’anno.
Alcuni critici si chiedono se davvero esistano riserve nazionali di questo
genere ancora da sfruttare e quali sarebbero gli effetti ambientali. Gli attuali
giacimenti italiani di gas naturale si stanno esaurendo: il SEN prevede tuttavia
una ripresa della produzione nazionale da nuovi giacimenti, al fianco di ancora
rilevanti importazioni.
Le importazioni di carbone
dovrebbero restare stazionarie intorno a 20 milioni di tonnellate all’anno. La
produzione di elettricità dovrebbe restare più o meno costante fino al 2030, fra
300 e 320 miliardi di chilowattora all’anno: dovrebbe raddoppiare la produzione
di elettricità dai rifiuti (la moltiplicazione degli inceneritori non è una
buona prospettiva) e dovrebbe aumentare molto l’elettricità da impianti
fotovoltaici solari. Dovrebbero restare più o meno costanti i consumi energetici
finali nell’industria, nelle abitazioni, nei trasporti e dovrebbero diminuire un
poco le emissioni annue di gas serra. Come mai si parla così poco di documenti
da cui dipendono la vita e il lavoro futuro di tutti noi ?