Alex Jeffreys
di Dmtri Orlov
Avviso ai naviganti: a cominciare dal 2013, in molte parti del pianeta Terra ci sarà troppo poco cibo e troppa agitazione politica che le renderanno mete poco desiderabili.
Il cibo sta per diventare molto caro ovunque: gli stati agricoli degli Stati Uniti stanno attraversando la peggior siccità dal tempo del Dust Bowl (la grande siccità degli anni 1930). In Russia ed Ucraina le ondate di calore hanno prodotto effetti simili, con stime di produzione del grano inferiori del 30-50% rispetto allo scorso anno. In India, le fondamentali piogge monsoniche sono già inferiori del 22%.
Ad esacerbare i raccolti miseri in tutto il mondo, contribuisce lo schema da morte cerebrale degli Stati Uniti, che ordina che la gran parte del proprio raccolto di mais venga destinato alla produzione di etanolo, facendo alzare così il prezzo del mais e danneggiando così i produttori di bovini e pollame. (Questo è un altro sintomo ancora del sistema politico a pezzi degli Stati Uniti: con un ERoEI basso, l'etanolo da mais a malapena si qualifica come fonte di energia)
Il problema viene ulteriormente inasprito dalla finanziarizzazione dei prodotti agricoli; Al posto di venire usati per arginare il rischio dei consumatori, i futures agricoli sono diventati i trastulli degli operatori che scommettono con grandi capitali cercando di trarre profitto dal disastro. L'effetto è quello di renderi i picchi dei prezzi del cibo molto più alti. E' già avvenuto nel 2008 e sta accadendo di nuovo adesso.
Quando il cibo diventa troppo caro, la gente s'incazza. Uno studio di Marco Lagi et al. (citato su Trade Off di Korowicz) include il seguente grafico che mostra la tempistica degli scoppi dei disordini sociali relativi ai picchi dei prezzi:
I paesi più a rischio sono quelli dove il cibo costituisce la gran parte della spesa complessiva: 40% in Cina, 43% nelle Filippine, 45% in Indonesia, 48% in Pakistan, 50% in India e Vietnam e 70% in Congo. Se il prezzo del cibo raddoppia, gran parte della loro popolazione diventerà malnutrita (sempre che non lo sia già). Andate qui per esplorare quei dati voi stessi. (Sarebbe d'aiuto includere i dati sulla percentuale di calorie che ogni paese importa; i paesi più poveri che importano i carboidrati fondamentali sono più a rischio).
Gli Stati Uniti, con solo il 14% della spesa che va in cibo, potrebbero sembrare relativamente immuni da questo effetto, ma in realtà non lo sono. Ci sono 50 milioni di persone negli Stati Uniti che vivono con i buoni pasto (Food Stamp) e quindi se i prezzi del cibo raddoppiano si dimezza la quantità di cibo disponibile per loro, a meno che non ci sia un aumento analogo nel finanziamento dei buoni pasto. Con le finanze del governo federale allo sbando, il Congresso ad un punto morto e il bilancio federale in via di sequestro (il che avrà la conseguenza di tagli automatici e draconiani a partire dal 2013), un tale aumento sembra improbabile. Milioni di persone in più negli Stati Uniti saranno costrette a scegliere fra comprare il cibo e pagare i propri mutui, portando ad un altro giro di default dei mutui ed alla prossima ondata dell'infinita crisi finanziaria. Con la diffusa disponibilità negli Stati Uniti di cibo a buon mercato lavorato e di bassa qualità, gli aumenti dei prezzi significheranno che tale cibo insalubre diventerà ancor di più base della dieta media, con effetti negativi sulla nutrizione e la salute. Gli Stati Uniti non sono il Congo, ma nemmeno la Svizzera.
I picchi del prezzo del cibo e la scarsità di cibo sono molto efficaci nel portare la gente alla rivolta. Visto che tutti dobbiamo mangiare, il cibo non è un problema che divide. Mentre i regimi politici sono molto abili nello sfruttare differenze di opinioni per dividere e neutralizzare il popolino (negli Stati Uniti, problemi come i diritti degli omosessuali e l'aborto sono i loro attrezzi preferiti), una carenza di cibo dividerebbe la popolazione in affamati e ben nutriti. I ben nutriti inevitabilmente si riveleranno essere una minoranza difesa, per un po', da coloro che sono leggermente meno ben nutriti. Essi tendono ad essere identificati col regime o con gli interessi monetari che li sostengono e verranno fatti sloggiare. Così è il regime.
I regimi politici tendono ad essere molto abili nel fermare le ribellioni, ma i disordini sociali prodotti da una carenza di cibo possono essere affrontati soltanto ponendo rimedio alla carenza di cibo. Se proprio non c'è abbastanza cibo rimasto da distribuire, le loro scelte di azione divengono piuttosto limitate. In alcuni casi il governo può esercitare un controllo politico diretto sulla produzione di cibo e nutrire coloro che servono a proteggerlo, facendo morire di fame tutti gli altri. Ma gli ultimi decenni di politiche neoliberali nel mondo, hanno fatto in modo che siano rimasti pochi paesi nei quali questo è ancora possibile. Così, lo scoppio della rivolta sarà probabilmente concentrato direttamente sulle multinazionali, e la loro presenza in molti paesi giungerà ad una fine brusca e caotica. Oppure, dove sono coinvolti i loro interessi vitali, giungerà a somigliare ad una occupazione militare. Date i recenti progressi nelle tecniche di guerriglia, tali occupazioni sono destinate ad avere una fine allo stesso modo caotica.
Il fallimento dei regimi politici deboli e neoliberali nel mondo rivelerà gli uomini che hanno realmente tirato il fili. Molti paesi rimarranno stati nazionali solo nominalmente; la sovranità è stata erosa al punto che ora sono dei meri servitori degli affari e della finanza transnazionale. Gli stati-nazione residuali continueranno a servire una funzione: controllare i propri confini. Essi sono di fatto delle prigioni che tengono alcuni all'interno ed altri all'esterno. Ma per gli affari e la finanza transnazionali ora sono entità porose che favoriscono la loro pratica dell'arbitraggio del lavoro (trovare lavoro più a buon mercato) e arbitraggio giurisdizionale (trovare meno regole). Il governo degli Stati Uniti è oggi poco più di un proxy, con i suoi candidati presidenziali (1, 2) controllati, designati e finanziati da aziende di investimenti multinazionali come Goldman Sachs. Un recente voto all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che accusa Bashar Assad della Siria, ha prodotto un elenco degli stati-nazione che restano. Queste sono le sole nazioni i cui governi possiedono ancora un'indipendenza di volontà sufficiente per opporsi al cambiamento di regime voluto dagli Stati Uniti in Siria. Sono: Siria (naturalmente), Russia, Cina, Iran, Bieolorussia, Myammar (ex Birmania), Zimbabwe, Corea del Nord, Cuba, Nicaragua, Venezuela e Bolivia. Resta da vedere quanto sarà d'aiuto lo loro indipendenza quando dovranno sfamare le loro popolazioni.
I tre indicatori principali del collasso sembrano essere il declino dell'uso di petrolio, la deflazione del debito e il declino della popolazione, con il petrolio come indicatore principale e la popolazione come indicatore ritardato. Ma date le crisi alimentari che incombono su di noi, comincia a sembrare che non tarderà a lungo.