giovedì 12 luglio 2012

L'altra faccia del picco

Tendenze a lungo termine nella gestione dei rifiuti


Da Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti.


di Ugo Bardi

Questa è la versione scritta della conferenza che ho tenuto all'incontro di“ASPO-2012” a Vienna, il 31 maggio. Descrive la mia esperienza con la gestione dei rifiuti come un modo di chiudere il ciclo industriale e l'ottenimento della sostenibilità a lungo termine. Introduco qui il concetto di “spigolatura urbana”, un modo altamente efficiente per gestire i rifiuti.


Lasciatemi cominciare con un'osservazione: come è stato detto nelle precedenti conferenze, a volte le persone che si occupano di picco del petrolio tendono a concentrarsi sui problemi, trascurando le risposte. Questo potrebbe essere vero, ma dobbiamo anche avere chiari i problemi se vogliamo trovare le soluzioni giuste. Quindi, vediamo una breve introduzione su qual è il problema: Intendo “il” problema, l'enorme problema che sta mettendo a rischio la nostra intera civiltà. Eccone un esempio.

Quello che vedete, il grande buco nel terreno, è ciò che rimane di una miniera di diamanti abbandonata a Mir, in Russia. Naturalmente, il buco in sé, non è un gran problema (a meno che non vi troviate a girare da quelle parti di notte, ubriachi). Il problema è che la miniera è finita, non produce più diamanti e molto probabilmente non lo farà mai più. E' un'illustrazione di un problema molto comune. Abbiamo scavato buchi su tutto il pianeta per estrarre i minerali. Non tutte quelle attività lasciano buchi così spettacolari, ma il problema è sempre lo stesso. Scavi, prendi quello che vuoi, poi non rimane nulla. 

Ora, lasciatemi andare sull' ”altra faccia” del problema. Cosa accade a quello che estraiamo dalla terra? Be', finisce nel sistema industriale. Viene lavorato, trasformato in prodotti, questi prodotti vengono “consumati”, cioè vengono distrutti e buttati via. Il risultato finale di solito è qualcosa di simile:

Questa è, come vedete, una classica discarica, il luogo dove buttiamo tutto quello di cui pensiamo di non avere più bisogno. Ora, perché non buttiamo tutta questa roba nel buco che abbiamo visto prima? Di certo potremmo farlo. Il problema? Se lo facciamo, potremmo spianare il terreno ma non riavremmo indietro la miniera. Lasciate che vi spieghi, lo farò mostrandovi una macchina mineraria gigantesca (da “somethinginteresting”).


Visto? Quest'enorme macchina viene usata per estrarre carbone da qualche parte in Germania. E' stata costruita specificamente a questo scopo, ma posso prenderla come esempio di un concetto generale che ho chiamato “La Macchina mineraria universale”, qualche anno fa. Cioè, questa macchina mostra il modo in cui estraiamo ogni tipo di minerale. Raccogliamo roccia e la trasportiamo da qualche parte. Lì, viene frantumata e lavorata. Prendiamo gli elementi di cui abbiamo bisogno e buttiamo il resto. E' molto comune, come ho detto. Lo si potrebbe fare con qualsiasi roccia, ovunque, perché ogni roccia contiene piccole quantità – molto, molto piccole – di tutti gli elementi della crosta terrestre. Questo è il concetto di “macchina mineraria universale”: se potessi trasformare la roccia ordinaria in minerali utili, allora non dovremmo preoccuparci di finire niente, mai. 

Sfortunatamente, fare una cosa del genere richiede molta energia e risorse: le grandi macchine minerarie non sono a buon mercato e le macchine minerarie universali sarebbero così costose che non possiamo nemmeno sognarci di permettercene una. Oggi, abbiamo abbastanza energia per estrarre da rocce che contengono, tipicamente, l'1% del minerale che ci serve - chiamiamo queste rocce “giacimenti” (“ores”, in inglese). Per i minerali di molto valore, come l'oro, possiamo estrarre da giacimenti molto meno concentrati, ma questo non vale per tutti. Se volessimo estrarre da giacimenti meno concentrati ci serve molta più energia. Chiaramente, le prospettive di avere a disposizione tutta quella energia in futuro sono piuttosto scarse, a dir poco – a meno che non veniamo salvati da qualche specie di miracolo; energia da Babbo Natale o qualcosa del genere. 

La situazione non cambia se pensiamo di estrarre dai rifiuti. Sì, potreste aver letto il termine “estrazione dalle discariche”. E' una vecchia idea che si ripresenta periodicamente. Sarebbe bello se potessimo farlo, ma una volta che andiamo a esaminare l'idea in dettaglio vediamo che è estremamente difficile, se non del tutto impossibile. Le discariche sono luoghi in cui viene buttato di tutto in modo più o meno casuale. Ci sono metalli di valore nella massa, sicuro, ma tutto è mescolato e la separazione è estremamente costosa. Persino pericolosa, perché non si sa mai cosa si può trovare in una discarica: sostanze chimiche velenose, batteri letali, gas tossici e altro. Le cose non cambiamo di molto se pensiamo alle ceneri prodotte da un inceneritore. Sì, contengono metalli di valore, ma è tutto mescolato e la separazione è anche più difficile che nel caso della discarica.

Così, abbiamo un problema molto, molto grande, specialmente se non credete in Babbo Natale. E' un problema difficile perché non possiamo risolverlo con la forza bruta. Non possiamo bombardarlo per farlo sparire, non possiamo comprarlo né votargli contro. Possiamo solo accettare che non tutti i problemi hanno soluzioni facili. Di sicuro questo non ne ha. Abbiamo bisogno di essere efficienti, trovare i migliori modi possibili e accettare il fatto che non possiamo fare qualsiasi cosa solo perché pensiamo di meritarcela. 

Una volta che abbiamo iniziato in questi termini, una possibile soluzione può essere espressa usando un concetto sviluppato da William McDonough e Michael Braungart, come mostrato qui.

Rifiuti = alimenti

E' un modo elegante e compatto di esprimere il concetto che il sistema industriale deve essere concepito come un ecosistema. Sapete che un ecosistema non finisce i minerali, anche se ne usa come nutrienti per i processi metabolici. Questo è possibile perché l'ecosistema è un ciclo quasi completamente chiuso, vale a dire, ciò che è “rifiuto” per alcuni organismi è “cibo” per altri. Niente mai può essere riciclato al 100%, ma l'ecosistema ci va vicino. La piccola frazione che va perduta viene lentamente reintegrata nel ciclo dai processi tettonici alimentati dal nucleo caldo della Terra. I continenti sono stati colonizzati dalle piante circa 350 milioni di anni fa e le piante hanno “estratto” minerali dal terreno per tutto quel tempo senza mai finire niente. 

Questo è il modo in cui funziona la vita su questo pianeta e se vogliamo sopravvivere dobbiamo imparare da questo. Cioè, dobbiamo imparare che i rifiuti sono alimenti. Una volta che abbiamo questo in mente, allora cominciamo a capire quanto sia sbagliato quasi tutto di quello che facciamo coi rifiuti. Per esempio, perché volgiamo incenerire il nostro cibo? Perché vogliamo gettare il nostro cibo in fondo a un pozzo e coprirlo con migliaia di tonnellate di sporcizia? Vedete, ci sono un sacco di cose che dobbiamo imparare. 

Ora, sebbene ci sia molta gente che lavora sul concetto che i rifiuti sono alimenti, sfortunatamente l'idea influenza ancora una frazione molto esigua del sistema industriale. Lasciate che vi mostri un esempio da un progetto di qualche anno fa. Così, ecco un po' di rifiuti:


Forse riconoscerete questa macchina: è una Fiat “500”, che era molto popolare in Italia e che lo è ancora, anche se, naturalmente, non è più in produzione. L'opinione comune su come trattare questo tipo di rifiuti, vecchie macchine, è quella di prendere la macchina, ridurla a un piccolo cubo e poi gettarla nella bocca di un altoforno. In questo modo, possiamo riprenderci l'acciaio col quale fare una nuova macchina. Questo è un esempio del concetto che i rifiuti sono alimenti? In parte, sì, ma non del tutto. Ci sono molti problemi con questo approccio. Il principale è chiamato “downcycling” cioè, letteralmente, "degrado del riciclo".

Downcycling significa che il materiale che otteniamo dal riciclaggio non è della stessa qualità di quella di partenza. In questo caso, una vecchia macchina, il problema è che la carcassa non contiene solo carbonio e ferro, che sono elementi dai quali si parte per ottenere l'acciaio. Contiene altri elementi: zinco, silicio, cromo, rame, alluminio ed altro. Ciò significa che l'acciaio che otteniamo ha una “memoria” del proprio luogo di provenienza. La sua composizione potrebbe non essere quello che vogliamo e, infatti, di solito non possiamo usare acciaio riciclato per fare nuove macchine. Quindi, ci sono molti problemi a riciclare vecchie macchine e l'intero processo è davvero molto costoso in termini energetici. Non che riciclare vecchie macchine, in sé, sia sbagliato. E' solo limitato – come molti programmi obbligatori di raccolta differenziata dei rifiuti in molte città. Si suppone che queste regole facilitino il riciclaggio e lo fanno. Ma i problemi di dowcycling rimangono, non ha importanza che sia acciaio, plastica, vetro o altro. La qualità dei prodotti riciclati peggiora ad ogni ciclo e mette un limite a quello che possiamo fare. 

Così, lasciate che torni alla Fiat 500 e che provi a mostrarvi quale potrebbe essere un modo migliore di gestire una vecchia macchina.



Questo è il risultato di un progetto che abbiamo portato avanti qualche anno fa. Vedete? Siamo partiti da una vecchia macchina, rifiuti, ma anziché riciclarla, l'abbiamo riusata. Cioè, l'abbiamo pulita, ridipinta e retrofittata con un motore elettrico alimentato da batterie al litio. Il risultato è stato una micro-car leggera ed efficiente. Molto meno costosa di una equivalente prodotta in Cina o in Corea del Sud. E col vantaggio aggiunto che molti dei pezzi che abbiamo usato erano stati costruiti qui in Europa e anche la forza lavoro era locale. A proposito, la ragazza che vedete nell'immagine non è “retrofittata”. Sfortunatamente, questo processo è qualcosa che si può fare con le macchine ma non con gli esseri umani! 

Il nostro lavoro sulla Fiat 500 è stato ripreso da altre persone ed ora in Italia si può comprare una macchina elettrica retrofittata. Sfortunatamente, abbiamo anche scoperto che riusare le cose vecchie è molto sovversivo. Ci hanno detto che quello che abbiamo fatto non è il modo in cui un buon cittadino si dovrebbe comportare. Che diamine, non siamo tutti consumatori? E se siamo consumatori, significa che dobbiamo comprare cose nuove, usarle e buttarle via. E' così che funziona la società; hey, sei contro la crescita economica? E se non sei un fanatico anti crescita, allora che stai facendo? Non sai che per crescere dobbiamo produrre cose nuove e, se vogliamo cose nuove, dobbiamo buttare le vecchie? Come avverrebbe la crescita altrimenti? Abbiamo realmente ricevuto un'incredibile quantità di critiche ed alcune leggi recenti, fatte dal governo italiano, sembrano essere concepite esplicitamente per scoraggiare il retrofitting di vecchie macchine. Forse sono un complottista, ma potrei raccontarvi diverse storie su tutto questo. Ma passiamo oltre. 

Quindi, riguardo all'essere sovversivi, be', se devo essere sovversivo posso fare molto di meglio che ringiovanire vecchie macchine. Guardate questo:



Sì, sono io, Ugo Bardi, insieme a due signore Rom (zingare o gitane, se preferite) davanti ad un mucchio di oggetti d'acciaio e ferro raccolti per essere riciclati. Questa foto è stata fatta qualche anno fa, proprio di fronte al mio ufficio all'Università di Firenze. Era parte di un progetto finanziato dalla regione Toscana per aiutare i Rom a trovare lavoro e diventare finanziariamente indipendenti. Così, abbiamo avuto l'idea di concentrarci sulla raccolta dei rifiuti. 

Sapete che i Rom hanno la fama di raccogliere le cose, occasionalmente, anche senza il permesso del proprietario. Questo viene detto comunemente, ma sono sicuro che i Rom preferiscono di gran lunga evitare la seccatura ed il rischio di questo tipo di riciclaggio, se solo hanno l'opportunità di fare il loro lavoro legalmente. Se gli viene data quest'opportunità, infatti, i Rom si rivelano dei raccoglitori di rifiuti efficienti: quello che possono riusare lo riusano o vendono, quello che non possono riusare lo rivendono come rottame. Infatti, il governo locale ha incoraggiato i Rom a metter su delle cooperative di riciclaggio – hanno anche fornito loro assistenza legale. Ma i governi, come sappiamo, sono completamente schizofrenici. Così, alcune parti del governo hanno deciso che riciclare acciaio era un'attività criminale ed hanno mandato pattuglie della polizia con le mitragliette a fermare le cooperative. E' vero, era come in un film. O almeno così mi è stato raccontato (erano coinvolti diversi gruppi di Rom oltre a quello con cui lavoravo io). In più, ogni cooperativa è stata multata per alcuni milioni di euro perché la legge, apparentemente, richiede che ogni pezzo di acciaio debba essere accompagnato da un foglio di carta stampato e firmato che descrive esattamente da dove viene. Per inciso, i Rom non erano particolarmente preoccupati da tutti quei milioni di euro che si supponeva dovessero pagare. E' il lato buono del non possedere nulla. 

Quindi, vedete quanto possa essere sovversivo suggerire che la gente possa farsi una vita da sé e sopravvivere senza i sussidi dello stato. Tuttavia, l'idea sembra attrarre alcune persone e mostra segni di diffusione nel mondo sotto la definizione di “gestione collettiva partecipata dei rifiuti”. Eccone un esempio.




A sinistra vedete un “catador” brasiliano (raccoglitore di rifiuti), sulla destra c'è la professoressa Jutta Gutberlet dell'Università di Vittoria, in Canada. E' una storia affascinante e la Prof.ssa Gutberlet ci ha lavorato per anni. I catadores dell'America Latina si guadagnano da vivere raccogliendo e riciclando i rifiuti urbani (e riusando ciò che possono). Non è certo un modo per diventare ricchi, naturalmente, ma sembra essere un modo per guadagnarsi dignità è un posto nella società. Persino il presidente Lula sembra aver riconosciuto questa cosa – dev'essere un gran sovversivo. Qui lo vedete con alcuni catadores brasiliani nel 2009.


Posso dirvi che, una volta che cominciate ad occuparvi di queste cose, la vostra visione del mondo cambia, e cambia parecchio. Ma cos'è che fanno esattamente questi catadores? Ha senso? Penso proprio di sì. Penso che abbia molto senso se torniamo alla definizione di rifiuti che abbiamo visto prima. I rifiuti sono alimenti, abbiamo detto, e per questa gente ciò è assolutamente vero: si guadagnano da vivere coi rifiuti. E quello che fanno non è nemmeno nuovo, è parte di una vecchia usanza umana che ci ha accompagnato per millenni. Lasciate che ve lo mostri:


Questo è un dipinto del 1857 del pittore francese Francois Millet. Mostra delle spigolatrici al lavoro. Ora, “spigolare” è un termine che oggi è diventato quasi sconosciuto. Nella mia esperienza, quando lo domando, quelli che sanno cos'è la spigolatura sono una minoranza, forse un 10% o qualcosa del genere. E tuttavia, il fatto stesso che esista una parola specifica per questa attività, significa che fosse molto comune e che avesse uno scopo specifico nell'economia, molto tempo fa. 

Lasciate che vi spieghi. Quando diciamo “i rifiuti sono alimenti” intendiamo che il ciclo industriale debba essere chiuso in modo tale da rendere l'economia umana simile ad un'ecologia: un sistema che ricicla ciò che usa e non esaurisce mai niente. Ora, se sapete come funziona un'ecologia, osserverete che ogni organismo produce rifiuti. Nessun organismo è efficiente al 100% e non potrebbe esserlo. Ma ciò che è rifiuto per un organismo è cibo per un altro. Così, un'ecologia è creata dalla collaborazione di molte specie che gestiscono il flusso di nutrienti minerali in modo tale che quasi niente venga buttato e quasi tutto venga riciclato.  

Torniamo alla spigolatura. Pensate al raccolto del grano in tempi antichi. Significa che un gruppo di contadini armati di falci andavano sui campi a mietere e raccogliere le spighe di grano, legandole in covoni. Notate che il lavoro dei mietitori non era quello di raccogliere ogni spiga che cade a terra. Se avessero dovuto tornare sui propri passi per farlo, avrebbero perso tempo e sarebbero stati meno efficienti. E' una cosa ben conosciuta in economia: la legge dei rendimenti decrescenti.   

Così, il sistema agricolo si è evoluto in modo tale da ottimizzare il rendimento dei campi, sviluppando un sottosistema chiamato “spigolatura”. Gli antichi contadini dovevano fare i conti con una risorsa dal rendimento relativamente basso: le spighe sul terreno. Raccogliere quelle spighe con un rendimento positivo richiedeva un processo molto efficiente. Veniva fatto mobilitando risorse umane che non potevano essere usate per il pesante lavoro del raccolto: le donne, i giovani e gli anziani. Veniva fatto senza attrezzature, informalmente, senza ordini, gerarchie o strutture sociali. La gente camminava semplicemente nei campi, raccogliendo ciò che trovava – questa è la spigolatura. E veniva praticata non solo col grano, ma con qualsiasi prodotto agricolo. Sembra semplice, ma era estremamente importante nell'antica società agricola: era per il fatto che era così efficiente. La spigolatura ha un posto fondamentale nella Bibbia ed è ancora legale praticarla in alcuni posti. Non dappertutto, comunque. Al tempo di Stalin, in Unione Sovietica, ti sparavano sul posto se venivi sorpreso a spigolare. Così, vedete, anche la spigolatura sembra essere qualcosa di sovversivo. Ma è probabile che molti dei nostri avi siano sopravvissuti perché potevano spigolare il proprio cibo. E così eccoci ad oggi!

Ci sarebbe molto da dire sulla spigolatura, ma l'ho presa come paradigma del modo di fare i conti con risorse a basso rendimento. Ciò che chiamiamo “rifiuto”. Non possiamo trattare trattare i rifiuti come abbiamo trattato le risorse minerali. Il rendimento dei rifiuti è troppo basso per trattarlo con gigantesche macchine minerarie. Ci servono processi specifici adattati al basso rendimento delle risorse. Processi che siano ragionevolmente liberi dalla burocrazia, dalle gerarchie, dalle legislazioni complesse e da strutture dall'alto verso il basso. Processi che dovrebbero essere il risultato dell'auto-organizzazione in direzione della massima efficienza e che potremmo chiamare “spigolatura urbana” o “spigolatura industriale”. Secondo me, questi metodi non possono essere imposti per legge o dall'alto. Devono essere sviluppati gradualmente dalla gente, proprio come negli ecosistemi le specie si sono gradualmente evolute nei propri ruoli ecologici.  

Ci sarebbe molto ancora da dire su questo argomento, ma credo che mi fermerò qua e spero di avervi dato un po' di rifiuti - ...ehm cibo – per la mente. Vorrei concludere con una foto di alcuni bambini Rom del gruppo col quale ho lavorato.




Vedete, questi bambini sono considerati un problema e, sotto diversi aspetti, lo sono. Ma sono anche una grande opportunità. Non perché li voglia vedere come lavoro a buon mercato per la raccolta dei rifiuti – assolutamente no. E' perché guardando questi bambini per quello che sono, cioè allegri, simpatici e amichevoli, vedi anche te stesso come un essere umano e vedi la difficile situazione dell'umanità che stiamo affrontando oggi. Non possiamo risolvere niente se dimentichiamo che noi tutti siamo esseri umani e che dobbiamo risolverli insieme. E' il solo modo che abbiamo e spero che sia la strada che sceglieremo.

Alcuni link

La macchina mineraria universale - di Ugo Bardi.

Il concetto "Cradle to Cradle" (C2C)

Il progetto della 500 elettrica

Gestione partecipata collettiva dei rifiuti 

La pagina di Jutta Gutberlet


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Riconoscimenti


1. Il progetto della 500 elettrica: Pietro Cambi, Massimo De Carlo, Corrado Petri, Riccardo Falci ed altri

2. Gestione partecipata e sostenibile dei rifiuti: Jutta Gutberlet, Elisabetta Cortelli, Marina Bacciotti e tutte le
    famiglie del campo Rom di Madonna del Piano, a Sesto Fiorentino

3. Altri progetti di gestione dei rifiuti: Antonio Cavaliere, Luca Marcantonio e tutto il gruppo IRIS