mercoledì 31 dicembre 2014

Uccidere l'orso – uccidere la speranza

Da “Resource crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


"La famosa invasione degli orsi in Sicilia” è una storia per bambini del poeta e narratore italiano Dino Buzzati. Racconta di come gli orsi sono scesi dalle loro montagne, hanno sconfitto gli esseri umani ed hanno assunto il governo per creare una società in cui gli esseri umani e gli orsi vivono insieme in armonia. Naturalmente si tratta di una favola ed alcuni eventi recenti in Trentino mostrano quanto sia difficile per gli esseri umani e gli orsi vivere insieme in armonia. E questo è un male sia per gli orsi che per gli esseri umani.



Ci sono stati molti eventi scioccanti in questo movimentato 2014, ma quello che mi ha scioccato di più ha avuto luogo nella regione settentrionale del Trentino, dove un'orsa selvatica chiamata “Daniza” è stata cacciata ed uccisa in nome della sicurezza dei turisti della regione. Una storia secondaria, sicuramente, ma che spiega molto sul comportamento degli esseri umani e dei problemi che abbiamo quando cerchiamo di gestire il nostro mondo.

La storia è iniziata lo scorso agosto in Trentino, quando qualcuno di nome Daniele Maturi si è imbattuto in un'orsa selvatica (conosciuta presso gli esseri umani come “Daniza”) ed i suoi due cuccioli mentre cercava funghi nei boschi. Secondo la storia del signor Maturi, sarebbe rimasto lì ad “osservare gli orsi” al posto di allontanarsi il più velocemente e silenziosamente possibile. L'orsa ha reagito attaccandolo, ferendolo leggermente, prima di ritrarsi nel profondo del bosco coi suoi cuccioli. Ciò ha generato una diffusa protesta popolare, con appelli per l'eliminazione del “pericoloso animale”, finché Daniza non è stata cacciata ed uccisa da un'overdose di anestetico. Ufficialmente, è stato un errore, ma più probabilmente è stato il risultato dell'antico atteggiamento che recita “il solo X buono è l'X morto”, in cui X può essere un indiano, un orso e qualsiasi cosa ritenuto non umano o non abbastanza umano. Alla fine, i cuccioli di Daniza potrebbero non essere in grado di sopravvivere dopo l'uccisione della madre, ma i cuccioli umani saranno in grado di passeggiare in un ambiente igienizzato e in un bosco sicuro in cui non rischieranno di essere attaccati da niente di più grande e pericoloso di uno scoiattolo.

Questa triste storia getta molta luce sull'atteggiamento delle persone in Italia riguardo agli orsi e riguardo alla natura selvaggia in generale. Sembra che in Trentino ci sia un vivace movimento “anti orsi” - organizzato principalmente dalla Lega Nord – che, fra le altre azioni, aveva organizzato una cena a base di carne di orso nel 2011 per dimostrare quello che, a loro modo di vedere, si dovrebbe fare con gli orsi selvatici del bosco. Dopo che la storia raccontata dal signor Maturi è apparsa sui quotidiani, i proprietari di hotel hanno riportato che molti dei loro clienti avevano cancellato le loro prenotazioni, per la paura degli orsi selvatici. Dal dibattito sulla stampa e in rete, sembra che un bel numero di persone fossero seriamente preoccupate che i loro figli potessero essere divorati dagli orsi selvatici se avessero fatto una passeggiata nei parchi del Trentino.

Dall'altro lato del dibattito, Daniza veniva elogiata per la moderazione di non aver ucciso l'intruso umano, visto che avrebbe potuto farlo facilmente. Il signor Maturi, invece, è stato insultato e vilipeso in tutti i modi possibili a causa della sua idiozia per non aver abbandonato il posto lasciando in pace l'orsa ed i suoi cuccioli. E' stato anche accusato di far parte di una cospirazione studiata per mettere in cattiva luce gli orsi e favorire la loro eliminazione dai boschi del Trentino (la seconda accusa implica automaticamente la prima).

Gran parte del dibattito sembra non cogliere il punto fondamentale di questa storia, che è che sia gli esseri umani sia gli orsi si sono comportati secondo la propria impostazione genetica e, probabilmente, non si sarebbero potuti comportare diversamente. Non possiamo escludere che l'orsa Daniza fosse abbastanza intelligente da scegliere di non uccidere il signor Maturi per evitare di irritare troppo gli esseri umani. Ma, più probabilmente, si è semplicemente comportata nel modo in cui le femmine di orso si sono sempre comportate: difendendo aggressivamente i propri cuccioli contro ogni pericolo percepito. Dall'altra parte, il signor Maturi, i politici e la maggioranza della gente, si sono comportati semplicemente nel modo in cui gli esseri umani si sono sempre comportati, sfruttando qualsiasi cosa percepiscano come una “risorsa” ed eliminando aggressivamente qualsiasi cosa vedano come un ostacolo. Altri paesi potrebbero avere un'atteggiamento meno cattivo verso gli orsi selvatici di quello che abbiamo visto in Italia ma, ovunque, se la natura selvaggia è un ostacolo al profitto, la natura selvaggia perde sempre.

I un test per il QI, gran parte degli esseri umani (probabilmente compreso anche il signor Maturi) avrà un punteggio migliore di quello della maggior parte degli orsi. Ma, se gli esseri umani sono individualmente più intelligenti degli orsi (perlomeno nella loro capacità di manipolare simboli astratti), ciò non significa che sono più intelligenti degli orsi come specie. Il modo in cui si comportano, in realtà, non mostra alcun segno di intelligenza in quanto tirano semplicemente dritto, calpestando senza pietà tutto ciò che percepiscono li fermi nel loro percorso. E' il nostro destino come esseri umani quello di distruggere ciò che ci tiene in vita. Ma, alla fine, è inevitabile: è quello che siamo. Potremmo cambiare in meglio in futuro? Probabilmente no: uccidere l'orsa ha ucciso questa speranza. La campana per Daniza sta suonando per noi.


Incidentalmente, un risultato della storia di Daniza è stata una campagna nazionale per boicottare la regione Trentino, Potreste considerarla, forse non tutta la speranza è perduta...


martedì 30 dicembre 2014

Picco del petrolio: l'elefante nella stanza

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


"Il paese degli elefanti" è un libro sul picco del petrolio di Luca Pardi. Il titolo fa riferimento al fatto che alcuni politici hanno definito l'Italia il “paese del petrolio” perché ne produce un po', ma è sbagliato tanto quanto lo sarebbe dire che l'Italia sia il “paese degli elefanti”, perché ce ne sono alcuni negli zoo.


Nel 2003, ho invitato Colin Campbell, il fondatore dell'associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO), a fare una conferenza a Firenze. Dopo la conferenza, un piccolo gruppo di cospiratori (*) si sono riuniti nel mio ufficio. Abbiamo bevuto insieme una cosa che curiosamente aveva l'aspetto del petrolio in quanto a colore (non in quanto a sapore, fortunatamente), un liquore forte che veniva dall'Ucraina e si chiamava “Balzam”. Dopo qualche bicchiere dei quella roba marrone, abbiamo deciso di formare il capitolo italiano di ASPO, ASPO-Italia. Uno dei cospiratori di quel giorno fatidico, Luca Pardi, ora presidente di ASPO-Italia, ha recentemente pubblicato un libro sul petrolio e sul gas dal titolo curioso di “Il paese degli elefanti”. E' un gioco di parole su alcune stupide considerazioni sul petrolio fatte da uno dei nostri politici più importanti, Romano Prodi, che ha detto che l'Italia “galleggia su un mare di petrolio”. Ma si può prendere il titolo del libro anche come un riferimento al vecchio detto su “l'elefante nella stanza”. Il picco del petrolio è il vero elefante nella stanza dei nostri tempi. E' lì, è grande, non puoi non vederlo, eppure non viene percepito, visto, è invisibile.

L'invisibilità del picco del petrolio è ancora più impressionante se confrontato a quanto di più sappiamo oggi rispetto a quanto ne sapessimo all'inizio. Lo si può vedere, chiaramente, nel libro di Pardi, che è un eccellente riassunto del lavoro fatto fino ad oggi sull'argomento. Confrontatelo al mio primo libro sul picco del petrolio, pubblicato nel 2003, e vedrete che, certamente, siamo andati molto lontano da allora. Oggi abbiamo modelli migliori, dati migliori e in generale una comprensione molto migliore dei concetti che riassumiamo sotto il nome di “picco del petrolio”. E' tutti i dati e i modelli sempre più raffinati ci confermano la nostra iniziale intuizione: il picco del petrolio è davanti a noi.

Eppure, il problema dell'elefante nella stanza rimane. Il picco del petrolio rimane un concetto marginale, quasi mai menzionato nei media ufficiali e nel dibattito politico. I politici e i loro consiglieri sembrano non averne mai sentito parlare e quando gli è capitato, lo fraintendono. La situazione è ancora più deludente se teniamo conto della quantità di capacità intellettuale è stata dedicata al soggetto. Pochi campi della scienza hanno visto un gruppo del genere di persone intelligenti, dedicate e competenti ottenere risultati così impressionanti, normalmente avvalendosi di un budget ristretto o nessun budget. Aggiungerei che questo gruppo ha avuto anche le credenziali appropriate per essere presi sul serio: ricercatori universitari, scienziati di primo livello, professionisti di primo livello. Non immaginereste che il consiglio di un gruppo del genere possa essere ignorato. Eppure, lo è stato.

Ripensando al lavoro degli ultimi 10 anni, quasi non riesco a credere quanto fossimo ingenui. Abbiamo davvero pensato che buoni dati e buoni modelli avrebbero fatto breccia, alla fine, nella consapevolezza dei decisori. E, quindi, qualcuno avrebbe fatto qualcosa per questo problema. Sì, eravamo così ingenui. Non pensavamo che viviamo in un tempo in cui gli elefanti popolano i soggiorni delle persone e vengono normalmente ignorati. Viviamo nel tempo in cui Karl Rove ha detto che, siccome siamo un impero, creiamo la nostra realtà”. Una realtà in cui esistono mari di petrolio perché un politico lo ha detto. Proprio quest'anno, ho visto un esempio impressionante di questo processo di creazione della realtà basato sulle pie illusioni e su dati falsificati al Parlamento Europeo a Brussels.

Sembra che siamo indirizzati a vedere il mondo attraverso i nostri filtri ideologici, cosa che funziona bene per tenere lontana la realtà. Il problema è che la realtà virtuale, a prescindere da quanto sia potente l'impero che l'ha creata, tende a cadere a pezzi quando entra in contatto con la vera realtà. I mari virtuali di petrolio tendono ad essere calpestati dagli elefanti virtuali che popolano il soggiorno, ma tendiamo ancora ad attaccarci ai nostri filtri più a lungo che possiamo. Il picco del petrolio semplicemente non può passare dal filtro. Così, l'attuale collasso del mercato petrolifero non passa inosservato, ma viene percepito come una cosa buona. E' probabile che più ci avviciniamo al picco globale meno lo percepiremo. E quando lo superiamo (e potremmo averlo già fatto) diventerà un elefante realmente invisibile nascosto dietro al divano nel soggiorno. Mentre scendiamo dal dirupo di Seneca, penseremo che sia solo un dosso sulla strada per la prosperità infinita.


(*) Per la cronaca, i fondatori di ASPO-Italia che si sono riuniti nell'ufficio di Ugo Bardi per qualche bicchierino di “Balzam” ucraino erano (oltre ad Ugo Bardi) Luca Pardi, Francesco Meneguzzo, Giovanni Marocchi e Renato Guseo (o perlomeno questi sono quelli che ricordo).

domenica 28 dicembre 2014

Il tramonto del petrolio edizione 2014

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Cari lettori,

due anni fa ho pubblicato un posto intitolato “il tramonto del petrolio” che ha fatto molta sensazione nel piccolo mondo dei picchisti. Nel post analizzavo i dati che offriva nel suo rapporto annuale (WEO 2012) l'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) sull'evoluzione della produzione del petrolio dal punto di vista non tanto del volume degli idrocarburi   prodotti liquidi (ciò che la IEA chiama con vantaggio “tutti i liquidi del petrolio”), ma da quello dell'energia lorda e, cosa più importante, da quello dell'energia netta che forniscono. Il panorama non poteva essere più scoraggiante. Nel 2013 ho cercato di ripetere l'esercizio, ma nessun grafico o tavola offriva la ripartizione dei diversi tipi di petrolio, per questo motivo era impossibile riprodurre la mia analisi, perché si basava proprio sul diverso contenuto energetico dei diversi idrocarburi liquidi (e gli scenari della IEA non offrono un quadro realistico di quello che sta succedendo al petrolio, visto che presentano sempre questi grafici dove si somma il volume di tutto, nei quali vengono assimilate cose che in realtà sono molto diverse, come il petrolio greggio e il biodiesel di soia).

Che nel WEO del 2013 non mi abbiano fornito i dati necessari per ripetere l'analisi mi è parso comprensibile, visto che anche senza razzolare fra i dati i messaggi che trasmetteva il WEO 2013 erano già abbastanza inquietanti e ci mancava solo che arrivasse gente come me a peggiorare quello che già di per sé sembrava abbastanza grave. Proprio per questo ho pensato che la IEA non mi avrebbe dato mai più l'opportunità di ripetere le analisi del 2012. Tuttavia, nonostante la persuasività del rapporto di quest'anno (il WEO 2014 suggerisce che anche il carbone e l'uranio stiano giungendo al proprio picco produttivo), la IEA stavolta mi permette di fare il mio lavoro, offrendo la tavola 3.6 (immagine con la quale apro il post), sepolta, questo sì, in mezzo a quasi 750 pagine. La tavola in questione ci offre quello che ci serve, una ripartizione della produzione per tipologia di idrocarburi liquidi ed anno. Il post di oggi è dedicato a ripetere l'analisi del 2012, ma con i dati del 2014, e a mostrare il confronto coi risultati che ho ottenuto nel 2012. Prima di cominciare, conviene evidenziare un paio di differenze interessanti fra i dati del 2012 e del 2014 (a parte il fatto che nel 2014 la IEA ci offre i dati numerici tabulati, il che mi facilita l'elaborazione dei grafici, anche se questo fa sì che anche quei dati passano come peggio percepiti di un buon grafico, per il lettore medio del WEO).

La prima differenza è che quest'anno la IEA prescinde dalla categoria abbastanza falsa e risibile di “Guadagni di lavorazione”. Come abbiamo detto nell'analisi del 2012, questa voce corrisponde agli incrementi NEL VOLUME che hanno luogo in raffineria quando si raffina il petrolio greggio, senza che tali guadagni in volume rappresentino un incremento dell'energia che il petrolio possedeva prima di entrarci (certamente, i prodotti raffinati possono avere più energia del petrolio che entra in raffineria, perché in raffineria entra anche gas naturale, che serve per la lavorazione. La somma delle energie di petrolio e gas naturale impiegati è ovviamente superiore a quella dei prodotti raffinati in uscita, visto che necessariamente ci sono alcune perdite nella lavorazione). Dato che il trucco contabile era piuttosto dozzinale, probabilmente hanno deciso di smettere di usarlo. La seconda differenza è che la IEA incorpora una nuova categoria di petrolio greggio, che denominano “petrolio ottenuto col miglioramento del recupero”. Il miglioramento del recupero (enhanced oil recovery, EOR, che ingloba tutte le tecniche che si usano per allungare la vita di giacimenti già in sfruttamento) si usa da decenni e sembra pertanto stupido creare una nuova categoria per questo, come a voler dare da intendere che si può prevedere uno spiegamento di nuove tecniche che avranno un peso determinante in futuro.

In realtà questa categoria, che corrisponde alla produzione di giacimenti attualmente in produzione più quello che si può applicare ai giacimenti che entrano in produzione durante gli anni a venire, è un modo di introdurre in modo dissimulato un fattore che serva a compensare il declino dei giacimenti attualmente sfruttati (che, come riconosce la IEA, decadono già al ritmo del 6% all'anno). Dato che l'EOR si usa prevalentemente nei giacimenti già vecchi, per poterlo confrontare con la mia analisi del 2012 accumulo tutti questi valori nella colonna dei “Giacimenti attualmente in produzione”. In realtà, parte dell'EOR si dovrebbe applicare anche ai giacimenti da sviluppare e persino ai giacimenti ancora da scoprire. In ogni caso, siccome do i dati ed i fattori, chiunque può ripetere la mia analisi con la combinazione che gli sembra più adeguata. Un inconveniente per confrontare i miei risultati del 2012 e del 2014 è che i grafici non sono definiti sugli stessi anni. In particolare, nel rapporto del 2014 si fa un salto sorprendente dal 1990 al 2013, mentre in quello del 2012 si offrivano dati per il 2000, il 2005 e il 2011 (molto più logico, visto che i punti seguenti del grafico vengono offerti per ogni lustro). Non si tratta di un problema troppo grave, visto che i dati delle date già passate possono essere più o meno precisi, ma non sono più proiezioni e pertanto non sono speculativi. Per cui, quello che ho fatto è prendere i valori del 2000, 2005 e 2011 che avevo ottenuto nel mio post del 2012 e li ho aggiunti a quelli che deduco dalla tavola 3.6 del WEO 2014. Con queste due modifiche (incorporazione del EOR, la produzione di giacimenti esistenti e l'inserimento degli anni 2000, 2005 e 2011dei dati del WEO del 2012), ottengo la tavola seguente:

                 Existing   TBD    TBF    NGL    Other    LTO
1990        59.6           0           0         5.6        0.4        0
2000       65.9           0           0         7.9         1.1        0
2005        70.0          0           0         9.7         2.3       0
2011         68.2          0           0        12.0        3.0       1.2
2013         68.7          0           0        12.5        3.0       2.9
2015         66.2          3.8        0.1     13.1        3.8       3.6
2020        54.4         13.2        0.5    14.6        5.3       5.5
2025        45.4          17.4       5.5     15.4        6.4       6.2
2030        38.7          18.7     10.3     16.4       7.7        6.6
2035         33.9         19.3      13.8    17.2        9.2       6.4
2040        28.7          21.3      16.4    18.2      10.8      5.4

Mescolando i dati delle due tavole risulta abbastanza evidente il perché del sorprendente salto di date che fa la tavola del WEO 2014, dal 1990 al 2013, perché se si include il 2005 risulta troppo evidente che la produzione di petrolio greggio non è in plateau (come si diceva nel 2010), ma in lieve declino. Ed anche che la produzione fa una strana rimonta nel 2015, come si vedrà con più evidenza quando disegneremo i grafici. Bisogna evidenziare, anche, che i grafici che provengono dal WEO 2014 sono definiti fino al 2040, mentre quelli del WEO 2012 lo erano solo fino al 2035. Come nel 2012, ricordiamo le diverse categorie e i colori per identificarle. In ogni grafico, la fascia di colore nero nella parte più bassa rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio attualmente (2013) in produzione (Existing). La fascia di colore azzurro celeste rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio già conosciuti (TBD) ma che non vengono sfruttati per mancanza di domanda o eccesso di costo produttivo. La fascia di colore azzurro scuro rappresenta la produzione di petrolio che dovrà provenire dai giacimenti ancora da scoprire(TBF). Tutte le altre fasce rappresentano petroli non convenzionali, succedanei imperfetti del petrolio. La fascia di color porpora rappresenta la produzione dei liquidi del gas naturale (NGL); quella di colore giallo viene dalla produzione di tutti i maggiori petroli non convenzionali eccetto il leggero di roccia compatta (other); la fascia rossa è quella del leggero di roccia compatta (LTO).

Vediamo prima come si presenta il grafico del volume totale degli idrocarburi liquidi


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in volume, secondo il WEO 2014

Che deve essere confrontato con quello che avevamo nel WEO 2012. La sottile fascia verde in alto corrisponde ai guadagni di lavorazione in raffineria. Ricordate che il WEO 2014 arriva fino al 2040, mentre il WEO 2012 arriva solo fino al 2035 (pertanto il confronto dei due scenari deve essere fatto solo fino al 2035)



Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in volume, secondo il WEO 2012

Diverse cose richiamano l'attenzione nel confronto fra i due grafici. Per esempio, è molto curioso che la somma di tutti i contributi abbia praticamente gli stessi valori del 2012, giungendo all'estremo che per il 2035 si raggiunge praticamente a questo valore mitico di 100 milioni di barili al giorno (Mb/g) che veniva già proposto nel 2012. E questa corrispondenza è abbastanza suggestiva, se si tiene conto che nel 2012 si faceva affidamento a questa fonte falsa di idrocarburi liquidi corrispondente ai guadagni di lavorazione e che il resto delle fasce non si comportano allo stesso modo nel 2014 rispetto al 2012. Sembrerebbe che alla IEA prima decidono quale debba essere la produzione totale di idrocarburi liquidi per anno e poi vedono come si possa realizzare, il che è abbastanza assurdo, dato che non sono perfettamente sostituibili fra loro, ma soprattutto perché la produzione sarà quella che può essere e non quella che desideriamo che sia. Si osservano cambiamenti sensibili nell'evoluzione di tutte le categorie di idrocarburi liquidi eccetto per i liquidi del gas naturale e per gli altri non convenzionali. La curva che si riferisce ai petrolio dei giacimenti attualmente sfruttati (fascia nera) non ha più la forma convessa del 2012 (che era fisicamente assurda) e passa ad avere una forma concava, molto più ragionevole, anche se il decadimento annuale continua ad essere troppo dolce per essere ragionevole (una media del 3,2% all'anno, simile al 3,3% che la IEA ha usato nel 2012, ma ancora più lontana dal tasso di decadimento reale osservato, che la stessa iEA riconosceva nel WEO 2013 e che era già del 6% all'anno). A causa di questa differenza di concavità-convessità, il resto degli idrocarburi liquidi devono coprire un buco molto più grande e la IEA riesce a quadrare questo cerchio soprattutto grazie alla forte crescita dei giacimenti ancora da sviluppare e, in misura minore, ai giacimenti ancora da scoprire e al LTO. Il comportamento della produzione di LTO è a sua volta abbastanza curioso: la produzione arriva ad essere considerevolmente superiore a quello che si prevedeva nel 2012, ma con una tendenza evidente a decrescere fino alla fine del periodo: la IEA riconosce che il picco del LTO avrà luogo verso il 2030. Per facilitare il confronto numerico, ho calcolato le differenze per tipo fra i dati del WEO 2012 (interpolando il 2013 in maniera lineare) e del WEO 2014, mostrandolo nella tavola seguente (WEO 2014 – WEO 2012:

               Existing     TBD     TBF     NGL     LTO     Other      Total
2000         0                 0           0           0          0            0             0
2005         0                 0           0           0          0            0             0
2011         0                 0           0           0          0            0             0
2013         2.65          -2.05      0.1      -0.7       1.05      -0.4          0.65
2015         2.10          -0.30     0.1       -1.3        1.1        -0.4         1.30
2020       -1.90           4.20    -0.7       -1.0         2.4       -0.6          2.40
2025       -2.60           4.30     0.7       -0.8         2.1       -0.7          3.00
2030        2.00          -1.0        1.4      -0.4         2.9       -1.1          3.80
2035        8.00          -7.0       0.7       -0.7         2.7       -0.9          2.80

Come si osserva nella tavola con più chiarezza, per i liquidi del gas naturale (NGL) e per il resto dei petrolio non convenzionali, le differenze fra l'evoluzione prevista nel 2012 e quella di quest'anno non sono troppo importanti, anche se sono costantemente leggermente inferiori nel 2014 rispetto al 2012 (sicuramente perché col resto degli idrocarburi liquidi stanno già raggiungendo la agognata soglia dei 100 Mb/g). Riguardo al LTO del fracking, la IEA considera che la bolla continuerà a gonfiarsi, nonostante il fatto che l'attuale diminuzione dei prezzi del petrolio fa già prevedere una discesa della produzione di LTO, con fallimenti in molte delle società piccole del settore e fusioni fra quelle medie. Sarà interessante confrontare l'evoluzione reale del petrolio da fracking con la realtà entro un anno. Per ultimo, risulta curioso il comportamento anomalo della percentuale di petrolio convenzionale proveniente dai giacimenti ancora da sviluppare, che secondo la IEA sperimenterà un forte aumento nei prossimi anni per poi cadere, inspiegabilmente e con molto forza, verso la fine del periodo e dove altrettanto stranamente è il petrolio dei giacimenti attualmente in produzione subentra, compensando l'intera diminuzione dei giacimenti ancora da sviluppare. E' possibile che una parte di questo comportamento anomalo si debba al fatto che in questa analisi abbiamo attribuito tutto l'EOR ai giacimenti attualmente in produzione, ma notate che la differenza per il 2035 fra il WEO 2014 e il WEO 2013 è di circa il doppio di tutto l'EOR di quell'anno. Sembra piuttosto che questo strano comportamento sia frutto di un forte rimescolamento dei numeri in cui le cifre sono state fatte quadrare con un obbiettivo fissato a priori. Ora vediamo come si comporta l'energia lorda proveniente da tutti i liquidi del petrolio secondo il WEO 2014. Analogamente a quello del 2012, ho ipotizzato che il contenuto energetico medio per volume dei petroli non convenzionali sia solo del 70% del greggio convenzionale. Il risultato è il grafico seguente:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia lorda, secondo il WEO 2014

Nuovamente, se la IEA facesse onore al suo nome e fornisse i grafici in termini di energia prodotta, e non di volume di cose diverse e non tutte equivalenti ma molto meno, si vedrebbe che secondo il loro stesso scenario di riferimento, l'energia totale o lorda del petrolio crescerebbe molto leggermente durante i prossimi decenni. Lo scenario del WEO di quest'anno è leggermente migliore di quello previsto nel 2012, mostrato nel grafico seguente:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia lorda, secondo il WEO 2012

Ma, come abbiamo già detto nel 2012, ciò che importa per la società non è la quantità totale di energia del petrolio che  si produce, ma quanta di questa energia giunge realmente ai consumatori finali, cioè, l'energia netta, l'energia che rimane sottraendo i costi energetici della produzione di questi idrocarburi, poiché i costi energetici di produzione non sono gli stessi in un pozzo dell'Arabia Saudita che quelli di un sito di estrazione delle sabbie bituminose del Canada o di una fattoria che produce biocombustibili. Tracciare tutto il percorso dell'energia dal pozzo o dal sito di estrazione alla pompa è complicatissimo, ma possiamo farci un'idea di come evolvendo l'energia, usando alcuni Ritorni Energetici sull'Investimento (EROEI) approssimativi, stimati a partire dai valori offerti da diversi autori. Anche se a me paiono abbastanza conservativi, i valori di EROEI dei diversi tipi di idrocarburi liquidi che userò sono discutibili e ci sarà chi preferirà usare altri fattori che ritiene più accertati. Per questo all'inizio del post ho fornito le tavole numeriche, perché chi lo desidera possa produrre risultati a proprio piacimento. Gli EROEI che considero sono i seguenti:


  • Petrolio greggio convenzionale in produzione: 20
  • Petrolio greggio convenzionale in giacimenti da sviluppare: 5
  • Petrolio greggio convenzionali in giacimenti da scoprire: 3
  • Liquidi del gas naturale: 5
  • LTO ed altri non convenzionali: 2

Questi valori sono gli stessi che ho usato nel 2012. Secondo questi valori, e sapendo che l'energia netta N è collegata all'energia lorda L come N=(1-1/EROEI) L, ottengo il seguente grafico per l'evoluzione dell'energia netta, secondo i dati del WEO 2014:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, secondo il WEO 2014

Si osserva che, secondo lo scenario di riferimento del WEO 2014, l'energia netta di tutti i liquidi del petrolio entrerebbe in un lento declino a partire dal 2015, esattamente come succedeva coi dati del 2012, anche se allora il declino era un po' più pronunciato di quello previsto quest'anno.


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, secondo il WEO 2012


Il risultato più impattante della mia analisi del 2012 è stato quello che ho ottenuto quando ho revisionato alcune delle ipotesi più ottimistiche e/o ingiustificate del WEO ed ho ricalcolato come si presenterebbe l'energia netta dopo quella revisione. In realtà, la revisione che faccio è abbastanza conservativa, visto che si basa soltanto su principi ben conosciuti e comunemente accettati, per cui in realtà quello che ne risulta va semplicemente a rimuove il primo strato di maquillage ai dati. Le revisioni che faccio sono le seguenti:

  • Non esiste alcuna giustificazione teorica per supporre che la produzione proveniente dai giacimenti attualmente in produzione decadrà ad un tasso del 3,2% all'anno. Nel WEO 2013 la IEA riconosceva che il tasso medio di caduta è del 6% all'anno a con la tendenza a peggiorare col passare del tempo, visto che ci sono sempre più estrazioni in alto mare, che hanno un tasso di decadimento produttivo più accentuato. Per cui, correggo i dati dei giacimenti attualmente in produzione e impongo una caduta del 6% all'anno (nel WEO 2012 se ne usava una del 5% all'anno). 
  • La metà dei giacimenti ancora da sviluppare sono, per diverse ragioni tecniche ed economiche, impossibili da sviluppare. E' sicuro che le migliori tecniche potrebbero rendere fattibili più giacimenti di questa categoria, ma è altrettanto certo che l'attuale crollo dei prezzi fa piuttosto prevedere il contrario (nel WEO 2012 veniva considerato lo stesso fattore).
  • La categoria dei giacimenti ancora da scoprire è tremendamente gonfiata dal 2010; si sta ipotizzando un tasso di scoperte di nuovi giacimenti che è circa quattro volte quello osservato durante gli ultimi decenni. Per cui, divido questa categoria per 4 (come nel WEO 2012). 
  • Solo un terzo dei liquidi del gas naturale possono sostituire parzialmente il petrolio nelle raffinerie, pertanto ha senso includere soltanto un terzo di questa categoria in questi grafici. 
  • In quanto al LTO, le previsioni di riserve e produzione sono oscenamente gonfiate, sicuramente con l'intento di mantenere la bolla finanziaria associata più a lungo possibile. Nel 2012 ho considerato che fosse molto più realistico considerare che la produzione di petrolio da fracking fosse la metà di quella che stimava allora la IEA ed ora che in modo infondato la IEA ha gonfiato ancora di più la previsione, bisogna supporre che la produzione reale finirà per essere una percentuale persino minore. Tuttavia, mantengo il taglio percentuale del 2012 e considero che il LTO sarà solo la metà di quello che dice la IEA nel 2014. 
  • Senza un criterio chiaro per tutti gli altri petroli non convenzionali, li lascio come sono.


Dopo aver applicato le correzioni suddette, il grafico dell'evoluzione dell'energia netta degli idrocarburi liquidi si presenterebbe come segue:



Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, in uno scenario più realistico, secondo WEO 2014


La cosa più curiosa della stima dell'evoluzione dell'energia netta di tutti i liquidi del petrolio in questo scenario più realistico è che è peggiore coi dati del WEO 2014 che con quelli del WEO 2012 (il grafico seguente):


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, in uno scenario più realistico, secondo WEO 2012

La tavola seguente riassume le differenze fra i due scenari per l'energia netta realistica (dati non osservati):

                Existing    TBD    TBF     NGL     LTO     Other   Total
2000          0              0          0           0           0           0          0
2005          0              0          0           0           0           0          0
2011          0              0          0           0           0           0          0
2013          7.15       -0.82     0.016  -0.131    0.181  -0.180    6.216
2015           5.2        -0.12     0.016  -0.243    0.192  -0.140    5.130
2020          1.7           1.68   -0.116  -0.186    0.420  -0.210    3.288
2025         -0.5          1.72     0.116   -0.149   0.367  -0.245    1.309
2030         -1.7         -0.40    0.258   -0.074   0.507   -0.385   -1.793
2035        -2.3          -2.80    0.116   -0.131   0.472   -0.315   -4.957

Sono due le ragioni per le quali le scenario del 2014 è sensibilmente peggiore di quello del 2012, nonostante il fatto che nei grafici precedenti sembrasse leggermente migliore. La prima è che nel 2012 ipotizzavamo un tasso di declino annuale dei giacimenti attualmente in produzione del 5%. Tuttavia, ora sappiamo che questo tasso è del 6% e con tendenza a peggiorare continuamente col tempo (le grandi compagnie multinazionali riportano un tasso di declino medio del 8% all'anno nei propri giacimenti maturi). L'altra ragione è che nel WEO 2014 si assegna una evoluzione molto strana al petrolio dei giacimenti ancora da sviluppare, che sfrutta sfrutta con tutta la sua intensità fino alla fine del periodo. Sicuramente una ripartizione più uniforme del EOR fra i giacimenti esistenti a da sviluppare limerebbe un po' questi risultati, ma il divario è più importante ed evidenzia quanto sia stridente il maquillage della IEA.

Conclusione

Il rapporto annuale del 2014 della IEA non solo conteneva pessime notizie sul futuro del carbone e dell'uranio, ma le sue previsioni per quanto riguarda la produzione di tutti i liquidi del petrolio sono piuttosto negative appena si analizza il contenuto energetico che sta realmente arrivando alle nostre pompe, ai nostri camion, ai nostri trattori, alle nostre macchine. La IEA gioca con le diverse categorie di idrocarburi liquidi per tentare di far arrivare i volumi previsti verso il 2035-2040 a quei desiderati 100 Mb/g dal 2010. La cosa scioccante è che ogni anno cambia il peso relativo di ogni componente (nel 2012 una cosa falsa come l'espansione del volume che occupano gli idrocarburi dopo che sono usciti dalla raffineria) e con sempre più difficoltà a far quadrare le cifre, cosa che li porta a manipolazioni che non reggono al benché minimo esame, in particolare per quanto si riferisce al petrolio greggio convenzionale, che continua ad essere la base della produzione futura. Le deviazioni più sorprendenti osservate per quanto riguarda la produzione di petrolio greggio convenzionale comprendono l'assegnazione di tassi di declino annuali dei giacimenti attuali molto più bassi di quelli che riconosce la stessa IEA, l'ipotesi di un tasso di sviluppo dei nuovi giacimenti incompatibile con le sue possibilità tecniche ed economiche e dare per scontato che si scopriranno quattro volte tanto i giacimenti scoperti in un anno di quanto stia succedendo negli ultimi decenni. Quando si correggono le deviazioni più ovvie, lo scenario che ci offre la IEA mostra un rapido declino dell'energia netta fornitaci dal petrolio che è già cominciato nel 2010 e che può soltanto aggravarsi nei prossimi anni.

Data la spirale di distruzione della domanda – distruzione dell'offerta nella quale siamo apparentemente entrati, le enormi difficoltà finanziarie delle società del settore ed i loro piani poco dissimulati di disinvestimento per recuperare redditività, il corso più probabile che seguiremo nei prossimi mesi sarà abbastanza vicino a quello che prevede la IEA. E dato che questo in realtà non è buono, la cosa più sicura è che stiamo entrando in una fase di rapida discesa con conseguenze economiche fra le più preoccupanti. Ma questo sarà materiale per un prossimo post.

Saluti.
AMT






sabato 27 dicembre 2014

Il picco della discussione in economia.


(The rise and fall of debate in economics – by Joe Francis)   
Tradotto e chiosato da Jacopo Simonetta

Ci fu un tempo in cui gli economisti usavano criticare pubblicamente il lavoro gli uni degli altri sulla stampa accademica.  Ma non avviene più.

Nella figura 1 ho illustrato il grado in cui gli economisti hanno smesso di dibattere.    I dati sono stati ricavati da jstor , il database online delle riviste accademiche.   Per stimare il numero degli articoli di dibattito di ogni anno, ho cercato gli articoli con “commento”, “replica” e/o “risposta” nel titolo, in quanto sono le parole chiave per indicare un commento su di un articolo di qualcun altro e per le repliche  a questi  commenti.   Ho eseguito la ricerca per le cinque riviste di economia più prestigiose.

Quindi ho usato il numero totale di articoli di ogni anno in queste cinque riviste come denominatore.

La figura 1 mostra come ci sia stato un drammatico incremento nel livello del dibattito dagli anni ’20 fino alla fine degli anni ’60.   Quindi un ugualmente drammatico calo.   In corrispondenza del picco, nel 1968, il 22% degli articoli pubblicati in queste riviste erano relativi ad un dibattito.   Nel 2013 invece, solo il 2%.

Cosa ha provocato questa crescita e crollo?
Il dibattito comincia a montare negli anni ’30, presumibilmente per la sofferenza indotta negli economisti dai dubbi conseguenti la Grande Depressione.   Keynes fece il massimo per alzare il livello del dibattito, ma la forza delle idee marxiste  deve aver giocato un ruolo importante nell'incoraggiare una  cultura polemica.    Per esempio, Paul M. Sweezy, il principale economista marxista nord-americano, contribuì al dibattito su questi giornali (vedi Sweezy 1950a, 1950b, 1972).

Il declino del dibattito appare quindi essere associato con l’emergere dell’egemonia “neo-liberale” dagli anni ’70 in poi.   Il keynesismo appassì ed i marxisti furono confinati nelle loro pubblicazioni di nicchia.   E’ notevole, per esempio, che Robert Pollin, probabilmente il principale economista marxista nord- americano di oggi, abbia pubblicato un solo articolo di 6 pagine in una di queste riviste (v. Pollin 1985).

La crescita, quindi, è stata associata con la sfida alla vecchia ortodossia liberale, mentre il declino è stato accompagnato dallo stabilirsi di una nuova ortodossia liberale.   Questo, almeno, è il mio schizzo approssimativo di ciò che è accaduto.

La questione quindi diventa se ciò sia importante. A mio avviso, la mancanza di dibattito non sarebbe un problema se gli economisti avessero risposto con successo alle domande che si suppone si pongano.   Tuttavia, gli eventi recenti suggeriscono che forse non lo hanno fatto.

In effetti, il grafico illustra una fase di picco che dura praticamente fino alla metà degli anni ’70, seguito da un vero tracollo coincidente con lo stabilirsi delle nuova ortodossia.   Ma in effetti non è che manchino oggi economisti che criticano le posizioni neo-liberali con cognizione di causa,  solo che non hanno accesso alle riviste prestigiose le cui redazioni sono composte da “veri credenti” tutti d’un pezzo.   Ed è questo il fatto grave: che interessi di scuola e di lobby prevalgano sul valore scientifico dei lavori.   Niente di nuovo.   E’ quasi sempre avvenuto così sulla stampa scientifica; si veda ad esempio la diatriba fra darwinisti e lamarkiani.   Ma in quei casi il mondo si poteva permettere di aspettare.   La vita di milioni, forse miliardi di persone non dipendeva dalla comprensione dei meccanismi dell’evoluzione biologica.    Viceversa, il dominio assoluto dell’ortodossia neo-liberale ha conseguenze politiche enormi e la difesa della patinata trincea delle riviste che contano non è quindi indifferente per il destino di tutti noi.

In estrema sintesi, l’effetto di questa strenua difesa è quello di contribuire a ritardare una risposta adattativa della politica alla realtà.   Ma il ritardo nella risposta è il principale prodromo di catastrofe, come ci insegna l’ABC della dinamica dei sistemi.

giovedì 25 dicembre 2014

Buon Natale petrolifero



Questo arnese viene comunemente chiamato "Albero di Natale". Serve per gestire gli ingressi e le uscite di un pozzo petrolifero. (immagine da Wikipedia)

Non è proprio un albero di Natale come lo si intende di solito ma, insomma, vista la strana situazione del mercato petrolifero, sembra appropriato per gli auguri di quest'anno.

Buon Natale a tutti!





mercoledì 24 dicembre 2014

Il 2014 sarà l'anno più caldo mai registrato

DaThe Guardian”. Traduzione di MR

Secondo i dati del NOAA, è certo che il 2014 stabilisca il nuovo record di temperatura



Di John Abraham 

Per quelli di noi che sono fissati sul fatto che il 2014 sarà o meno l'anno più caldo mai registrato, i risultati sono arrivati. Perlomeno sappiamo abbastanza da poterlo dichiarare. Secondo i dati globali del NOAA, il 2014 sarà l'anno più caldo mai registrato. Posso pronunciarmi anche prima della fine dell'anno perché ogni mese raccolgo le temperature medie globali. Finora, dicembre sta navigando di 0,5°C al di sopra della media. I modelli climatici e meteorologici prevedono che la prossima settimana sarà di circa 0,75°C al di sopra della media. Questo significa che dicembre si rivelerà di circa ',6°C al di sopra della media. Questi valori quotidiani sono precisi? Be', negli ultimi due mesi sono stati entro gli 0,05°C di tolleranza rispetto ai risultati finali ufficiali. Che cosa significa tutto questo? Be', se unisco i dati di dicembre con quelli da inizio anno ufficialmente riportati, prevedo che l'anomalia della temperatura annuale sarà di 0,674°C. Questo batte il precedente record di 0,024°C. E' un grande margine in termini di temperature globali. Per coloro di noi che non sono fissati col fatto che ogni singolo anno costituisca un record, ma che sono preoccupati delle tendenze, quest'anno è comunque molto importante. In particolare perché secondo coloro che negano la fisica fondamentale e la comprensione del cambiamento climatico, quest'anno non avrebbe dovuto essere particolarmente caldo.

Per coloro che pensavano che il cambiamento climatico fosse “naturale” e alimentato dalle correnti oceaniche, questo è stato un anno difficile. Per esempio, usando gli standard del NOAA, quest'anno non ha avuto nemmeno un El Niño. Il NOAA definisce un El Niño come 5 priodi di 3 mesi continui e sovrapposti in cui una particolare regione del Pacifico ha delle temperature elevate di più di 0,50°C. La cosa interessante è che ci troviamo vicini ad un El Niño e, se gli attuali modelli continuano per qualche altra settimana, sarà annunciato un El Niño. Ma non è ancora accaduto e se arriva un El Niño, questo condizionerà il prossimo anno più di quello passato. Come è possibile che si sia verificato l'anno più caldo allora, quando le carte non giocavano a suo favore? La risposta ovvia e corretta a causa delle continue emissioni di gas serra. Mentre scrivo questo post, sto partecipando ad una delle prime conferenze di scienze della Terra, l'Incontro d'Autunno AGU, che si tiene ogni dicembre a San Francisco. Migliaia di scienziati, compreso un gran numero di scienziati del clima, si incontrano, presentano e condividono le ultime ricerche sul nostro pianeta. Qui, fra gli esperti, c'è un po' di fissazione sui dati.

Dall'altra parte però, c'è stata poca fissazione sul cosiddetto “arresto” del riscaldamento globale che i negazionisti della scienza del clima hanno strombazzato negli ultimi anni. Gli ultimi dati dipingono un quadro chiaro. La Terra si sta scaldando. Gli oceani si stanno scaldando, la terraferma si sta scaldando, l'atmosfera si sta scaldando, il ghiaccio fonde e il livello del mare sale. Questi negazionisti della scienza del clima hanno avuto un anno difficile. E' stato mostrato che in molti casi la loro scienza è in errore e la loro comprensione del clima terrestre difettosa. Questa temperatura record, secondo il NOAA, ha reso la loro vita ancora più difficile. Il cosiddetto “arresto” del riscaldamento globale non è mai stato vero sin dall'inizio, come ho scritto di recente. Ma ora, non si può più affermare che il riscaldamento globale si sia fermato rimanendo seri. Naturalmente, i negazionisti della scienza cercheranno qualcos'altro per tentare di gettare il dubbio sul concetto di riscaldamento globale. Qualsiasi cosa sceglieranno si dimostrerà sbagliata. Lo è sempre. Ma forse possiamo usare il 2014 come opportunità per imparare. Speriamo che nessuno si faccia ingannare la prossima volta che verranno fatte affermazioni fantasiose sulla morte del cambiamento climatico.


martedì 23 dicembre 2014

La soluzione al Paradosso di Jevons: energia per la transizione

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


di Antonio Turiel

Cari lettori,

una cosa che sono solito spiegare nei discorsi di divulgazione è che risparmio ed efficienza, di per sé, non servono a risolvere la crisi energetica “se non c'è un cambiamento del sistema economico”. Questa precisazione di solito viene perfettamente ignorata da alcune persone consapevoli del problema della crisi energetica e che hanno preso una posizione eccessivamente disfattista, perché sono giunte a pensare che non c'è futuro né speranza.

Camino a Gaia - "La strada verso Gaia" (come lo conosceremo qui, autore del blog omonimo) ha scritto questo articolo, spiegando perché ol paradosso di Jevons non è necessariamente un problema in un mondo in transizione (molto in linea con un altro saggio molto recente del mio compagno Jordi Solé. L'articolo di Camino a Gaia che oggi vi propongo è, senza dubbio, un testo molto interessante e pertinente che sono sicuro che sarà utile a più di una persona.

Saluti.
AMT



La natura del problema: limiti ed obbiettivi

Non c'è vento favorevole per la nave che non sa dove andare. 
Seneca

I paradossi sono spesso frutto della relazione fra gli obbiettivi e i mezzi per ottenerli. La realtà è piena di irregolarità di condizioni e di limiti e se viaggiamo su una nave, può essere che la rotta migliore per arrivare in un porto sia costeggiare un continente. Potremmo chiederlo alla scienza che studia la definizione degli obbiettivi, ma tale scienza non esiste, la scienza ha già il proprio obbiettivo: cercare la verità. Certo che la cibernetica e la Teoria Generale dei Sistemi hanno contribuito molto allo studio dei sistemi teleologici, che inizialmente era, e continua ad essere, parte della metafisica, dell'etica e della religione. Ma sono le persone e le società che, in definitiva e in modo più o meno condizionato, devono rispondere ad una domanda tanto semplice come questa: a che scopo?

Nella pratica, le discipline della conoscenza più vicine alla definizione degli obbiettivi in una società sono l'economia, la politica e la religione (o l'etica). La scienza non ha tutte le risposte, nemmeno la religione, ma possiamo sempre cedere alla tentazione di chiudere il tempo delle domande. Alla fine, l'obbiettivo del potere non è che tutti abbiano accesso alla verità, ma il dominio.

L'energia ha molto a che fare col potere: senza energia non possiamo niente. Per questo la Fisica, l'ecologia e la biologia hanno molto da dire quando la “scienza” economica non informa correttamente la società sulle conseguenze del mantenere la crescita infinita come obbiettivo in sé. E forse anche nella politica, quando le élite dominanti, prede della stupidaggine, dall'isteria e dalla miseria morale, invocano il sacrificio umano per immolare immolare sul rogo l'obbiettivo del bene comune che dovrebbe caratterizzarle, per dilapidare il poco tempo e risorse di cui ancora disponiamo per tentare di mantenere ancora per un po' il modello economico che sostiene i loro privilegi. Perché non solo gli obbiettivi ben intenzionati sono sottoposti a paradossi, lo sono anche gli obbiettivi malvagi ed egoistici. Non siamo esseri sociali con emozioni altruistiche e solidali perché crediamo negli unicorni rosa, ma per pura convenienza per la sopravvivenza. Spesso partiamo dal pregiudizio che la malvagità e l'egoismo sono intelligenti e che la bontà o la solidarietà sono stupide e ridicole. Interroghiamoci, per esempio, sui costi di un po' di solidarietà nella gestione dell'attuale epidemia di ebola ai suoi inizi e su quelli che stanno avendo ed avranno in futuro per tutta l'umanità.

Soluzione al Paradosso di Jevons

Qualificare come soluzione ciò che verrà esposto qui di seguito potrebbe sembrare esagerato, ma non lo è, in quanto tenta di risolvere un problema nei termini in cui è stato espresso in questo blog. Il Paradosso di Jevons è inconfutabile nella misura in cui lo sono i fatti ai quali si riferisce; tuttavia, i fatti sono storia, ciò che li trasforma in leggi o tendenze più o meno deterministe è che si ripetano date circostanze analoghe senza che possiamo fare niente per evitarlo. Ma come vedremo, il Paradosso di Jevons, chiamato anche effetto rimbalzo, non è una legge fisica, ma dipende dagli obbiettivi che diamo al sistema, dal fatto che il sistema possa crescere fisicamente e dal fatto che prendiamo o meno le misure politiche per controbilanciarlo. Non c'è neanche motivo per cui debba significare qualcosa di negativo. Detto in altro modo, possiamo tentare di evitarlo o di sfruttarlo, visto che condiziona tutte le forme di energia. Così, se il picco del petrolio segna la fine della crescita fisica di questa fonte di energia e ci sono altre fonti rinnovabili che possono ancora migliorare in efficienza e che ancora non sono giunte ai propri limiti, i guadagni in efficienza tanto nel loro uso quanto nella loro raccolta (EROEI) sarebbero un effetto chiave nel processo di sostituzione di alcune fonti con altre. E tutto ciò ancora all'interno dell'attuale paradigma economico. Dobbiamo anche tenere conto che i limiti condizionano in modo diverso le fonti rinnovabile non rinnovabili. Mentre per le risorse finite giungere ai limiti segna l'inizio del loro declino e la loro tendenza allo zero, le risorse rinnovabili sfruttate in modo sostenibile possono mantenersi al loro massimo in modo indefinito. Pertanto, le implicazioni del giungere al limite di una risorsa non rinnovabile sono molto diverse dal giungere al limite di una risorsa rinnovabile usata in modo sostenibile.



Il Paradosso di Jevons è importante per discernere le difficoltà nella sostituzione di alcune fonti di energia non rinnovabile e finite con altre rinnovabili e sostenibili, ma giunte ai limiti della crescita di una fonte di energia, l'effetto rimbalzo semplicemente non può più verificarsi, salvo mediante l'effetto leva nella crescita di altre fonti.

In realtà, una volta che giungiamo al limite di una fonte di energia è privo di senso preoccuparsi del fatto che l'efficienza possa provocare una crescita del suo uso. Quando i sistemi dinamici giungono ai propri limiti, il loro comportamento può essere molto diverso da quello abituale. Giunti a quel punto, si verifica il paradosso per cui l'effetto rimbalzo può smettere di essere un problema e diventare parte della soluzione. Ciò che ci deve preoccupare in questo momento è il crollo di disponibilità di energia netta per la società e, nel caso dei combustibili fossili, il grado di sostituzione che possono apportare le energie rinnovabili  e la dipendenza che hanno attualmente dai suddetti combustibili, l'uso insostenibile delle stesse e curiosamente l'efficienza della loro raccolta (EROEI) ed uso. Ci deve preoccupare che le funzioni vitali per l'essere umana come la produzione e la distribuzione di alimenti nella nostra agricoltura industriale dipendano totalmente dai combustibili fossili come avverte già un rapporto dell'ONU. Ci deve preoccupare che il sistema finanziario in un'economia in recessione si può mantenere solo fagocitando il sistema produttivo e generando esclusione sociale e un abisso di disuguaglianza economica. 

Ci avviciniamo ad un cambiamento di fase, al punto in cui uno sparo in una via, una bambina che suona il tamburo ad un mercato o forse la più elementare delle creature come può essere un virus o l'immaterialità di un meme, possono segnare la direzione in cui si muovono i fatti, l'effetto farfalla dove ciò che fino a quesl momento risultava altamente improbabile può cambiare la sua sorte. Sarebbe buono aver qualcosa da dire ai nostri figli quando ci domanderanno cosa facevamo quando il loro presente era nelle nostre mani. 


Efficienza, risparmio e crescita


Per un sistema funzionale possiamo dividere l'energia consumata in due concetti: l'energia necessaria per il suo mantenimento e quella investita nella sua possibile crescita. Tuttavia la seconda legge della Termodinamica impedisce di ottenere uno sfruttamento del 100%, per cui avremo sempre una quantità più o meno grande di energia persa. Questo modello potrebbe essere portato in scala e con le dovute precauzioni potrebbe servirci per rappresentare un essere vivente, un paese o il nostro sistema capitalista globalizzato. 


Il Paradosso di Jevons dice formalmente che aumentare l'efficienza diminuisce il consumo istantaneo ma incrementa l'uso del modello che provoca un incremento del consumo globale. Detto con altre parole, in un sistema in crescita, gli sforzi fatti nell'efficienza finiscono per essere investiti in crescita, per cui a lungo termine otteniamo un maggior consumo e non un maggior risparmio. Pertanto, le proposte di efficienza che non mettono in discussione la crescita economica, finiscono per provocare un maggior consumo di risorse. Jevons ha scoperto questo principio a partire dall'osservazione empirica. Il picco del petrolio segna il momento a partire dal quale non possiamo più ottenere il petrolio né l'energia che proviene dallo stesso in modo crescente. L'impatto che ciò ha sull'economia è facile da dedurre tenendo conto della sua importanza strategica: se il nostro modello ha bisogno di ottenere energie in modo crescente, il picco di questa energia segna inevitabilmente la fine della crescita economica. Ma vediamo il ruolo che rappresenta l'efficienza in questo processo. 


Il destino dell'energia risparmiata in efficienza dipende dagli obbiettivi che si danno al sistema. Se l'obbiettivo è la crescita otterremo il Paradosso di Jevons. Se l'obbiettivo è mantenere un modello stazionario, allora l'efficienza riesce a ridurre i costi di mantenimento del sistema. Se abbiamo bisogno di un cambiamento di modello possiamo investire il guadagno di efficienza nei costi di transizione. 

Il sistema dispone di energia per crescere e sceglie di crescere: Il surplus di energia liberata dall'efficienza viene impiegata per crescere. Ma un sistema più grande necessita di più energia di mantenimento, per cui l'energia totale consumata aumenta nel ciclo seguente. Paradosso di Jevons.
Il sistema non dispone di energia per crescere ma può mantenersi (picco dell'energia netta):  Il picco dell'energia definisce il momento in cui il sistema non può più ottenere energia in modo crescente. Così, il sistema potrebbe crescere limitatamente solo a costo dell'efficienza.

Il sistema non dispone più di energia sufficiente per crescere né per mantenersi: Il guadagno in efficienza può essere trasformato in crescita solo se prima ha coperto i costi di mantenimento. Quando questa condizione non viene soddisfatta il sistema entra in fase di collasso e degrado. Condizione in cui si trova attualmente la Spagna, l'Europa e il mondo, se prescindiamo dalle manipolazioni statistiche. La realtà è molto più complessa perché non abbiamo una sola fonte di energia, ma diverse ed interconnesse. Perché non siamo di fronte ad un sistema semplice ma di fronte ad una grande quantità di sistemi e sottosistemi aperti. Ma le leggi della termodinamica sono immuni dalla complessità dei sistemi. Per cui avviene che se in un sistema continuiamo a mantenere la crescita economica come obbiettivo in sé stesso, questo può avvenire solo a costo di accelerare la decrescita di altri, entrando in una spirale di cannibalismo sistemico dove oggi siamo commensali e domani pietanza, fino a che non rimangono più commensali o alla pietanza non spuntino i denti, li mostri e tutto diventa sangue ed escrementi. 

E' quindi ora di impostare il chip in modalità catastrofe, che sembra il più vicino alla solidarietà, e abbandonare gli eufemismi che ormai non ingannano più nessuno: Abbiamo un nemico comune, ma non è il risparmio e nemmeno l'efficienza, e dobbiamo affrontarlo prima che si attivi la modalità guerra o la modalità fallimento, mentre come in un disturbo bipolare passiamo da un ottimismo fondamentalista ad un disfattismo impegnato. Sopravvivere ad un declino brusco e brutale dell'energia disponibile per la società non si può fare depurando i processi, ma prescindendo da essi. L'efficienza, pertanto, è un pilastro fondamentale tanto nella transizione quanto nella definizione di un nuovo modello. In quanto al risparmio, è conveniente ricordare che non risparmiamo per consumare, ma per regolare il consumo nel tempo, che sia per ottenere potenza o per affrontare tempi di scarsità. L'espressione “ciò che non consumi tu, lo consumerà un altro, non è necessariamente certa né negativa. Ciò che possiamo affermare è che ciò che consumiamo noi non lo possono consumare altri. Così, le risorse usate per restaurare un paese abbandonato non potranno essere usate per costruire o fare manutenzione di autostrade. Il combustibile che usiamo per i macchinari per la riforestazione di un terreno incolto e trasformarlo in un bosco non potrà più essere usato per tagliarlo. I soldi che spendiamo per costruire una scuola non possiamo più spenderli per costruire un carro armato. L'energia che usiamo per la transizione non potrà essere usata per mantenere il BUA. Il tempo che dedichiamo a lavorare per un mondo migliore non potrà essere pascolo per l'indolenza. Può essere che questo risulti insufficiente per giungere ad una meta, ma costituirà sempre un passo in avanti. Le strutture del possibile sono ambienti dinamici che si stanno restringendo in modo accelerato lasciandoci sempre meno opzioni. Come un veicolo al quale finisce il combustibile, possiamo scegliere sempre meno luoghi in cui andare. Ciò ha almeno il vantaggio che abbiamo sempre meno cose su cui essere in disaccordo... sempre che abbiamo le giuste informazione. 

Conclusione

Le cose sono messe male, ma il Paradosso di Jevons non è una legge fisica. E' un problema di assegnazione di obbiettivi a breve termine senza tenere conto di ciò che può accedere sul lungo termine. Tuttavia, l'assegnazione di obbiettivi non può né deve essere decisa dalla scienza. L'obbiettivo della scienza è cercare la verità e informare la società, con la maggior certezza possibile, delle conseguenze dell'optare per un obbiettivo o per un altro. La cura non è tanto questione di esperti quanto di sensatezza e responsabilità collettiva. Tuttavia, ciò che di dicono i paradossi è che le intenzioni, buone o cattive, non garantiscono che le cose vadano come sperato. Ciò significa in assoluto che le intenzioni, la definizione degli obbiettivi, siano qualcosa di irrilevante. E' molto più facile distruggere che costruire, perché per costruire, per avanzare in senso contrario al principio di entropia, serve energia, intelligenza e moderazione.  

Continueremo ad affrontare paradossi. Dovremo fare attenzione al fatto che le distopie si trasformino in profezie auto-avverate. Salvare le persone può significare dimenticarsi di stare sul Titanic e salire sulle scialuppe di salvataggio, non consumiamo la semente di cui abbiamo bisogno oggi per poter ottenere il raccolto di domani. Forse oggi questo ci sembra impensabile, ma il tempo è una risorsa che non possiamo accumulare e nemmeno fermare. Ciò che rende inevitabile il disastro è che non facciamo niente per evitarlo. Ciò che facciamo definirà meglio ciò che siamo che ciò che abbiamo. Oltre all'energia abbondante, il mezzo che ci ha permesso di giungere fin qui è stata la nostra facoltà di capire; tuttavia, l'obbiettivo è stato crescere e dominare. Sarebbe un peccato se sacrificassimo la nostra intelligenza trascinati dallo stesso desiderio di domino. 

Riferimenti: