venerdì 24 maggio 2013

Dall'idea all'azione

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR




Di Antonio Turiel

Cari lettori,

la settimana passata ho vissuto una curiosa sinergia di conversazioni, tutte provenienti da ambiti più o meno scollegati ma che finiscono per convergere sullo stesso punto: la necessità imperiosa di favorire un cambiamento, soprattutto nella percezione, nella nostra società, come unico modo di evitare il collasso. I miei interlocutori non si sono messi d'accordo fra loro per  porre questo problema e, nonostante questo, i loro pensieri sono coincisi in tempi e scenari, anche se non nel modo di presentare le proprie idee. E giustamente una delle prime difficoltà sorge in questo modo e nel sapere fino a che punto uno sia disposto a puntare sul cambiamento di cui abbiamo bisogno.

I primi a pormi la questione sono stati dei buoni e vecchi amici di León, una coppia che conosco da tanto tempo che quasi mi vergogno a dire quanto. Ci siamo visti la settimana scorsa durante un giorno di riposo in cui ho approfittato per andare a trovare la mia famiglia. Con una famiglia grande come quella che ho io mi risulta difficile trovare un po' di tempo per andare a trovare gli amici di tutta una vita, così siamo riusciti solo a prendere un caffè. Questi amici hanno una ditta di medie dimensioni che fino ad ora era riuscita a resistere alla crisi con dignità e senza shock. Tuttavia, le prospettive a medio termine sembrano funeste. In cinque minuti mi hanno passato in rassegna i fatti più rilevanti per il futuro e non potevo che essere d'accordo sul fatto che le cose non si presentano per niente bene per loro. Subito mi hanno chiesto la mia opinione sul futuro prossimo, cosa che ho fatto e che poi abbiamo analizzato insieme. Alla fine entrambi mi hanno posto la necessità di creare un forum di discussione per León per definire il nuovo sistema, il nuovo paradigma di cui abbiamo bisogno. Stavamo parlando di creare una nuova base per lo sviluppo economico della zona, ma ci siamo subito concentrati sulla necessità di poter contare su filosofi, pensatori, con gente che potesse enunciare i nuovi valori sui quali si deve basare la nuova società, di come si deve fare una proposta valida per la società ed spingerla a coinvolgersi in questo progetto vitale.

Qualche giorno dopo Ugo Bardi mi ha fatto partecipe, insieme a molti altri, di un documento di discussione molto interessante sul perché la presa di coscienza sul cambiamento climatico non riesce a penetrare nella società, quali sono le barriere che si identificano e come dobbiamo fare per superarle (anche il suo ultimo post parla di questo). Uno degli aspetti chiave della discussione era come evitare che la gente che è in grado di comprendere il concetto (perché quadra con la sua struttura mentale precedente) cada nella negazione passiva del problema se non vede soluzioni fattibili alla propria portata. Per questo, c'è bisogno di una narrazione che mobiliti, possibilista, che promuova l'azione, che convinca il soggetto recettore del fatto che egli possa essere attore e motore del cambiamento, che di fatto tale cambiamento sarà possibile se molti come lui si mettono in marcia. Il documento in seguito sviluppa il come configurare tale narrazione.

Praticamente nello stesso momento ho cominciato a ricevere messaggi di un gruppo di discussione al quali mi sono iscritto quasi per caso da poco, che comprende personalità rilevanti come Ted Trainer e Saral Sarkar. La discussione particolareggiata è appassionante: un'analisi dettagliata dei diversi gruppi che hanno provato o provano a promuovere cambiamenti sostanziali nella nostra società e perché hanno fallito. La difficoltà maggiore identificata in questo documento è quella che pochi individui conoscono e integrano nel proprio discorso tutti gli aspetti coinvolti in questa crisi sistemica (dai limiti fisici alla crescita fino all'impossibilità di promuovere un cambiamento del sistema da dentro), per cui la trasmissione di questo messaggio si fa ardua, perché in più va a sbattere contro le barriere percettive della maggioranza della popolazione (cosa che, dalla mia modesta trincea, conosco abbastanza bene).

L'ultima di queste conversazioni sinergiche ha avuto luogo ieri su Facebook, fra i partecipanti abituali del programma Radioactividad. Juan Carlos Barba ci riportava una domanda di un ascoltatore: perché gli sforzi di divulgazione della realtà della crisi energetica arrivano solo a pochi, perché in realtà parliamo sempre agli stessi mentre la maggioranza in realtà non ci ascolta? Da qui è nato un piccolo dibattito dalle tinte maggiormente pessimiste, più centrato sul perché del nostro impegno divulgativo (volontà di servizio, interesse al bene comune) piuttosto che sul perché della nostra magra situazione. Nuovamente, il problema delle barriere percettive emerge con forza.

Il nesso comune delle quattro conversazioni erano sempre le barriere percettive della maggior parte della popolazione. La difficoltà (a volte enunciata direttamente come l'impossibilità dai miei interlocutori) di far capire un discorso che è in aperto conflitto con il discorso dominante e con le aspettative create nella maggior parte delle persone rispetto al loro futuro.

Di cosa abbiamo bisogno allora?

Ci serve un nuovo discorso. Ci serve una narrazione chiara, eroica, che converta la maggioranza della popolazione, che vede sé stessa come massa indifesa e sottomessa, in protagonista entusiasta del proprio futuro. Prima di discutere questioni tecniche sullo sfruttamento dell'energia e dei materiali, dell'uso dell'acqua, della disponibilità degli alimenti, del livello di popolazione adeguato in un pianeta che in definitiva è finito... prima di tutto questo abbiamo bisogno di dire una serie di cose ben chiare e abbiamo bisogno di dirle in modo tale che alla gente risulti evidente che debbano puntare su un progetto di vita e di futuro ed abbandonarne uno di morte e passato

Facile a dirsi, estremamente difficile a farsi. Cominciamo con l'enunciare una serie di verità semplici che sono state discusse in lungo e in largo su questo blog.




  • L'intenzione di prolungare artificialmente la vita di questo sistema agonizzante può causare solo sofferenza e morte. Non c'è vita nel sistema attuale, si sta uccidendo e con le sue code distruggerà tutte le cose che ci circondano e che crediamo garantite a vita. Le misure di austerità che si attuano oggigiorno sempre in più paesi occidentali non cercano di riattivare l'economia, ma di garantire il pagamento del debito ai grandi creditori internazionali e si sta spostando abusivamente questo debito, che è per la maggior parte debito privato, verso il debito pubblico che viene caricato sulle spalle di tutti. Questo processo di imputazione illegittima del debito non finirà spontaneamente, posto che il livello del debito è semplicemente insostenibile e si continuerà a caricarlo sugli Stati fino al loro fallimento e ancora, fino alla loro distruzione totale, in una logica economica che non ha senso in un mondo di risorse che non sono già scarse, ma sono in diminuzione. Mantenere il paradigma attuale obbligherà la popolazione a diminuire nello stesso modo, causando un'enorme mortalità, che sia indirettamente mediante fame e rivolte, o direttamente mediante guerre. E una tale cosa non succederà, come era abituale, soltanto nei paesi poveri del Terzo Mondo, ma anche nel tuo paese, caro lettore, che sia questo la Spagna, la Francia, la Germania o gli Stati Uniti (o l'Italia).  

  • Non si tratta soltanto di ottenere un cambiamento politico: certamente, c'è un livello di corruzione nella vita pubblica dei nostri paesi che grida al cielo, ma questa corruzione è prevalentemente un effetto e non la causa: non dobbiamo guardare il dito, ma la Luna. Se cambiamo i nostri sistemi politici e manteniamo quello economico, siccome le nostre risorse saranno in diminuzione, il potere economico tornerà ugualmente a corrompere il potere politico e le cose torneranno al punto di partenza. Finché non capiamo che quello che ci manca è la riforma del sistema economico (ed anche quello politico, sicuramente) non andremo avanti di mezzo millimetro. 

  • Non è sicuro che non ci siano alternative al sistema attuale. Si che ci sono e non sono – come tante volte si presume nelle discussioni – i sistemi comunisti falliti dei paesi dell'Est del ventesimo secolo. Sono sistemi economici basati sulla non crescita, sulla stabilità e sulla sostenibilità. Sono i paradigmi sviluppati dall'Economia Ecologica, o la scuola dell'Economia dello Stato Stazionario, o tante altre. C'è ancora molto da imparare, ma i fondamenti teorici sono chiari: l'economia è parte dell'ecologia, del mondo fisico nel quale ci muoviamo e tanti input come esternalità devono essere opportunamente tenuti in conto. 

  • Non è sicuro che non possiamo cambiare le cose: in ultima istanza, le molle ultime di tutto, dalla produzione dei beni economici alle istituzioni pubbliche e private, sono le persone. Persone che, come tu e io, vogliono una vita degna per sé e per i propri discendenti. Se comprendiamo che non c'è vita possibile nel sistema attuale, tutti agiremo per cercare un'alternativa ragionevole, dal banchiere di Wall Street al macellaio del tuo quartiere. 

  • Ci serve un cambiamento:  non possiamo permettere che il nostro vicino ed i suoi figli finiscano a cercare da mangiare nella spazzatura o si dedichino al furto. Domani potrebbero essere i nostri amici, i nostri fratelli o noi stessi. Non ha senso attaccarci a qualcosa che ci trascina verso il fondo di una palude sporca e fredda. Ci serve un cambiamento. Abbiamo bisogno di vivere senza questo stress di non sapere se l'anno prossimo avremo lavoro o potremo pagare l'ipoteca. Abbiamo bisogno di vivere, essere felici, sorridere. Abbiamo bisogno di essere umani. 


E' questo il quadro. Ora, a partire da esso, dobbiamo costruire la storia. La nostra storia, La tua storia, caro lettore. Perché se vogliamo costruire il futuro, se crediamo che il cambiamento e il futuro siano possibili, dobbiamo uscire tutti, anche tu, là fuori e dirlo a voce alta. Spegni il computer, alzati dalla sedia, esci là fuori e costruisci, costruiamo, la nostra Storia.


Saluti.
AMT

mercoledì 22 maggio 2013

La mente del negazionista






Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR


Nella controversia sul cambiamento climatico, a volte il dibattito diventa davvero brutto. Ciononostante, anche gli scambi più infuocati ci danno modo di imparare qualcosa. Immagine sopra dall'Università di Tel Aviv


In Italia abbiamo un detto sul cibo: “quello che non ammazza, ingrassa”. Trasferendo questa piccola gemma di saggezza alle discussioni online, potremmo dire che “quello che non ti imbroglia, ti rende più saggio”. Cioè, puoi imparare qualcosa di utile anche dagli attacchi più sgradevoli alla scienza nel dibattito sul cambiamento climatico. Ecco un esempio: un commento realmente pubblicato in un blog (h/t Alexander Ac).

.... [il cambiamento climatico]  è una costruzione sociale, non una teoria scientifica ed è tesa a trasformare la società e a portare vantaggi a coloro che spingono questa idiozia. 

Come teoria scientifica si tratta di totale nonsense. Non esiste un barlume di prova scientifica che il clima possa realisticamente evolvere in modo dannoso su scala globale in un futuro se non su scala di millenni, dove il ciclo delle ere glaciali diventa gradualmente importante. 

E' immorale per gente come te mentire a tutti gli altri. E' immorale per gente come te percepire un salario per queste bugie e per una ricerca che vorrebbe essere scientifica e che non è né scientifica né ricerca. E' immorale che tu minacci la civiltà industriale che è stata costruita per 500 anni. E' immorale che tu faccia pressioni politiche che potrebbero impedire che la gente povera e i paesi poveri usino i combustibili fossili, la risorsa più ragionevole e più economica che decide se le loro vite sono umane o miserabili strade verso una morte prematura. 

E' immorale che tu inquini Internet in generale ed il mio blog in particolare con il tuo balbettamento disonesto e pseudoscientifico ed abusi del fatto che i truffatori accaniti e i fraudolenti non vengano ancora giustiziati velocemente. E' ipocrita da parte tua usare i risultati della moderna tecnologia, compresa Internet e i motori a combustione mentre stai superficialmente combattendo tutte queste cose. Non è etico che tu diffonda tutte queste spaventose bugie di fronte a bambini che non possono vedere subito che tu sei un deprecabile bastardo inaffidabile, mentitore e avido e che perde il sono a causa di tutta la spaventosa merda che sputi ovunque. 

Questi erano solo esempi delle ragioni per cui le persone come te sono dei bastardi immorali.

Testo interessante, non è vero? Ma lasciamo perdere il cattivo gusto; questo testo ci fa intravedere come funziona la mente dei negazionisti; almeno di quel tipo di negazionisti che sono partecipanti attivi nel dibattito.

Notate, prima di tutto, come questo testo difficilmente possa essere il lavoro di un disinformatore pagato, com'è implicito nel termine spesso usato di “falso scettico”. Molto probabilmente, come ho già detto precedentemente, l'autore è veramente convinto di quello che dice. Considerate che ha postato questo commento nel proprio blog personale dove mostra il suo nome completo e mostra persino la sua faccia nella pagina principale. Ora, quanto vorreste essere pagati per mettere a repentaglio la vostra reputazione in questo modo? E chi vi pagherebbe così tanto?

Allora, notate come la scienza del clima viene descritta come qualcosa di progettato per “portare vantaggi a coloro che la spingono”. Questa è la tipica impostazione mentale cospirazionista, come descritto in alcuni studi da Lewandowsky ed altri. Ciò non vuol dire che chi ragiona in questo modo è stupido o malvagio; è il modo in cui tende a elaborare le informazioni. Molto probabilmente ha ereditato dai propri antenati un livello di paranoia più alto della media che, in un remoto passato, era utile in alcuni condizioni. Tutti noi potremmo soffrire di paranoia (e ne soffriamo quando pensiamo che i negazionisti siano disinformatori pagati), è una questione di intensità.

Alla fine, questo testo è una conferma di quello che ho detto nel mio post precedente. Cioè, più discuti con persone che soffrono di atteggiamento cospirazionista, più cadi in quello che ho chiamato la “Trappola di Desdemona”. Cioè, rinforzi semplicemente il loro atteggiamento e li convinci che tu sia parte di una grande cospirazione. Si sentono minacciati e reagiscono in modo aggressivo. In questo caso, anche con minacce di morte non tanto velate ([gente come te]...non viene ancora giustiziata ancora rapidamente).

Quindi, come reagire? Prima di tutto, sulle minacce di morte. Per essere efficace, una minaccia dev'essere accompagnata da una potenza di fuoco credibile (retorica o reale), come ogni boss mafioso rispettabile può dirvi. Altrimenti ti torna indietro. Nel dibattito climatico, l'intimidazione è stata usata con notevole successo per attaccare gli scienziati climatici, come nel caso del “Climategate”. Tuttavia, potrebbe essere che la posizione negazionista stia gradualmente perdendo trazione e, di conseguenza, sproloqui come questo si stanno ritorcendo contro i negazionisti (e questa è una cosa buona!).

Il punto principale, alla fine, è che abbiamo a che fare con un atteggiamento caratteristico di una piccola minoranza di persone. Il nostro lavoro non è quello di discutere con loro, è quello di passare il messaggio alla gente (la maggioranza) che non soffre dello stesso livello di paranoia. Gran parte delle persone non sono negazionisti attivi. Sono semplicemente in una posizione di “negazione passiva” riguardo al cambiamento climatico – sanno che esiste ed è pericoloso, solo che non si rendono conto di quanto pericoloso ed imminente sia. Con loro, il messaggio può essere trasmesso. Ci vuole tempo, ma si può fare.




lunedì 20 maggio 2013

Cortese ed educato dibattito petrolifero.

Qui di seguito, vi passo un esempio del livello del cosiddetto "dibattito" cosi come certa gente lo intende. Vi copio e incollo un commento a un mio post sul "Fatto Quotidiano" nel quale sostenevo che la fama di grande statista di Margaret Thatcher non è stata tanto dovuta alle sue ricette economiche liberistiche, ma alla fortuna di essere andata al potere nel periodo di massima resa dei pozzi petroliferi del Mare del Nord.

Questa mia proposta non è piaciuta tanto a un tale che si firma Drapon, che sembra aver ritenuto il mio post offesa sufficiente da indurlo a mollare il ramo dal quale si stava dondolando mentre mangiava una banana per raggiungere la tastiera del suo computer.

Credo che sia istruttivo vedere come certa gente non riesce a discutere se non infilando un insulto ogni tre righe. Cosa c'è nell'inernet di così profondamente sbagliato che spinge questi qui a comportarsi in questo modo? Boh? Ho trovato, tuttavia, che prendendoli gentilmente si riesce anche a rabbonirli un po'.



Drapon

Come lei mi insegna, la correlazione (soprattutto una sola) non significa dipendenza. Per esempio io nel 79 ho iniziato a perdere i capelli, e lei probabilmente si è bruciato l'ultimo neurone rimasto, ma nessuno dei due eventi è conseguenza dello sfruttamento del petrolio del nord.

Uno scienziato con un minimo di onestà intellettuale questo lo sa, e non rigurgiterebbe la prima correlazione venuta in mente sulla tazza, leggendo il manifesto o la Pravda Quotidiana.

Del resto, diamo un occhiata ai dati, vuole?

Sa quella cosa antipatica, numerica e fastidiosa che è la base di ogni scienza? Bene, guardiamoli.

Se come lei sostiene, la crescita Britannica è dovuta al petrolio, sovrapponendo la curva di produzione e quella del GDP noteremmo una bella co rrelazione.

E infatti...
http://www.tradingeconomics. com/charts/united-kingdom-gdp.png?s=wgdpuk&d1=19730101&d2=19960430

E infatti una bella s3ga.

La sua curva sale ininterrottamente tra il '75 e l'85, anni in cui il GDP britannico è stazionario (un picco nell'81, poi addirittura decresce). Il GDB britannico inizia ad esplodere nell'86, quando la curva di produzione ed esport... decresce.

Insomma, non solo incompetente, ma anche parecchio sfortunato.

Compatimento.

Poi, diamo un'occhiata ad altri numeri vuole? Quanto è influente la produzione di petrolio sul GDP?

Facciamo un conto semplice. Diciamo che la produzione è di 3 milioni di barili di petrolio/giorno. Noti che è decisamente inferiore, ma voglio stare largo.

Ricaviamo il prezzo del barile da questo grafico:
http://www.wtrg. com/oil_graphs/oilprice1947.gif

Ancora una volta teniamoci larghi: 50$ al barile.
Se facciamo 3x50x365=54750 milioni di dollari per anno, conto tondo: 55 miliardi di dollari all'anno.

Un sacco di soldi, non c'è che dire.

Però però però, se li confrontiamo con il grafico precedente notiamo come persino questo conto estremamente generoso (non conta i costi di estrazione, per esempio) sia meno del 20% del GDP Britannic o, addirittura meno del 10% nell'81, meno del 5% nell' 89. Insomma: irrilevante.

Insomma, sembra proprio che lei usi i dati come un ubriaco usa un lampione.

Per farsi sorreggere, non per farsi illuminare.

Lei dovrebbe chiedere scusa.

Ma non a me. All'università italiana ai poveri gonzi che le hanno creduto.

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Ugo Bardi

Gentile sig. Drapon,

vedo che ha trovato il mio post poco soddisfacente. Mi permetta allora di illustrarle meglio la mia posizione anche in luce delle sue cortesi osservazioni, che mi permetto di riassumere come basate sul fatto che i ricavi petroliferi erano poca cosa rispetto al PIL del Regno Unito.

Mi permetta rispettosamente di dissentire su questa sua interpretazione. Le faccio l'esempio dell'Italia. Come lei sa, ultimamente siamo costretti a varie "manovre" economiche per toglierci dai guai. Mi sembra che l'ultima manovra fosse di 34 miliardi. Ma cosa sono 34 miliardi in confronto al PIL italiano di circa 1500 miliardi? Poco più del 2%. Eppure, la manovra ci pesa, eccome!

Consideri allora che importiamo oggi 66 miliardi all'anno di combustibili fossili. Se non avessimo questa spesa, non avremmo bisogno della manovra. Anzi, avremmo a bilancio oltre 30 miliardi extra. Pensi quante cose ci potremmo fare: sanità, istruzione, infrastrutture, eccetera.... Se, poi, per qualche miracolo, 66 miliardi all'anno li potessimo incassare esportando combustibili fossili, allora sì che ne potremmo fare di cose!!

L'Inghilterra si è trovata ad avere proprio questo "miracolo" per due decenni. Non cerchi precise correlazioni fra la crescita del PIL e la produzione petrolifera. Sono queste svariate decine di miliardi di dollari che gli sono arrivati che hanno permesso all'Inghilterra di fare parecchie cose; inclusa una bella guerra all'Argentina. In parte, però li ha anche sprecati distruggendo le proprie infrastrutture: si chiama la “malattia olandese.” La ricchezza petrolifera viene quasi sempre spesa male.


venerdì 17 maggio 2013

400 ppm: un punto di non ritorno della comunicazione


Di Ugo Bardi



Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR
Immagine da Celsias

La cifra tonda di 400 ppm di concentrazione di CO2 nell'atmosfera non ha nessun significato fisico particolare. Il temuto “punto di non ritorno” atmosferico che ci porterà alla catastrofe climatica potrebbe essere già passato o forse potrebbe trovarsi da qualche parte a concentrazioni più alte che raggiungeremo in futuro.  

Ma 400 ppm potrebbero annunciare un diverso punto di non ritorno – uno che ha a che fare con la percezione dell'urgenza del problema climatico. Un punto di non ritorno della comunicazione. 

Forse, il punto più basso nella consapevolezza climatica è stato raggiunto lo scorso anno, quando le elezioni presidenziali degli Stati Uniti sono passate senza che il cambiamento climatico sia stato nemmeno menzionato nel dibattito. Pensateci: che un di cadere più in basso di così? Ma le cose stanno cambiando. La scritta sul muro è impossibile da ignorare: la rete sta ribollendo di siti, blog, furum, video. C'è una comprensione generale del fatto che se abbiamo ancora una possibilità di evitare il disastro, dobbiamo coglierla adesso. Anche il blog che state leggendo, “The frog that jumped out” è il risultato di questa nuova percezione. E questo avrà degli effetti.

La “sfera della comunicazione” è un sistema complesso che è soggetto a punto di non ritorno proprio come molti sistemi fisici. Finora, è rimasto in un equilibrio precario in una situazione in cui la negazione organizzata è stata capace di bloccare la consapevolezza del pericolo che abbiamo di fronte invadendo lo spazio comunicativo. Ma, se raggiungiamo il punto di non ritorno, il sistema di comunicazione subirà una transizione che cambierà ogni cosa. Riporterà il problema climatico nel posto che gli compete, nella lista delle priorità che abbiamo: la più preoccupante, pericolosa, terribile minaccia che l'umanità abbia mai affrontato in tempi storici. La cifra “400” potrebbe essere il segno di questo punto di non ritorno della comunicazione. 

Riconoscere che il problema esiste è il primo passo per risolverlo. Una piccola spinta nella giusta direzione potrebbe essere proprio ciò di cui abbiamo bisogno per passare al prossimo livello. Quindi spingiamo tutti insieme!






domenica 12 maggio 2013

Comunicare il cambiamento climatico con un solo grafico

 

Di Alexander Ac.

Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR

A volte si dice che una (buona) immagine vale mille parole. Proviamo a fare un esperimento. Prendiamo le registrazioni strumentali della temperatura dal 1880 ad oggi abbinate alle paleo-ricostruzioni delle temperature globali usando vari “proxy” durante gli ultimi 540 milioni di anni ed aggiungiamo ad questo lo scenario della rana bollita (per esempio il “business as usual”) con uno scenario di emissioni di gas serra senza restrizioni:


*Questo grafico mostra le ricostruzioni della temperatura globale durante gli ultimi 542 milioni di anni, unitamente il caso peggiore di aumento di temperatura dalla fine di questo secolo, seguendo lo scenario 8,5 RCP - Representative Concentration Pathway  scenario(van Vuuren et al., 2011). 8,5 è la quantità di forzante radiante (in W/m2) relativa al periodo preindustriale. L'aumento della temperatura » 4,7°C (8,5°F) proviene dall'ultima bozza del rapporto dello statunitense Global Change Research Program (p33, PDF). Notate anche che la scala dell'asse delle ascisse in caso di variazione e che tale periodo di rapida corrente+aumento di temperatura proiettata non è avvenuto durante questo periodo. Fonte del grafico: Wikipedia.

Così anche se consideriamo le grandi incertezze delle registrazioni della temperatura paleoclimatiche, come faremmo avvicinandoci allo scenario peggiore, a lungo termine il nostro pianeta verrebbe completamente liberato dai ghiacci. Il cambiamento climatico in sé probabilmente non permetterà un tale aumento della temperatura globale, mai visto per 10 milioni di anni, ma questo è chiaramente qualcosa che vorremmo collettivamente evitare. 

Un commento di Ugo Bardi: questo post di Alexander Ac è un buon esempio del tema di questo blog. Stiamo tentando di “impacchettare” l'informazione sul cambiamento climatico in modi che non siano solo comprensibili, ma anche diretti ed efficaci. Questo riassunto “un solo grafico” sul cambiamento climatico va nella giusta direzione, ma vorrei aggiungere un avvertimento.

Non dovremmo dimenticare che gran parte delle persone là fuori non sono in grado di leggere anche un semplice grafico ascisse-ordinate (x-y). Questo grafico specifico, con una scala delle ascisse variabile, non è facile da leggere e creerà confusione alle persone che non hanno imparato il “linguaggio specifico dei grafici” che gli scienziati trovano così ovvio. Tuttavia, questo grafico potrebbe essere un'arma vincente per penetrare “l'analfabetismo climatico” che affligge un buon numero di scienziati e professionisti che non sono specialisti in clima. 



giovedì 9 maggio 2013

La rana che è saltata via


Cari lettori,

vi annuncio la nascita di un nuovo blog sul cambiamento climatico, intitolato "La rana che è saltata via" (the frog that jumped out). E' uno sforzo collaborativo del modesto sottoscritto insieme ad alcuni colleghi.

Credo che sappiate tutti la storia della rana bollita, raccontata anche nel film di Al Gore "Una scomoda verità". Si dice che se si mette una rana in pentola e si alza gradualmente la temperatura, la rana non se ne accorgerà e si farà bollire senza saltar via; come invece potrebbe.

L'idea è che questo è esattamente quello che sta succedendo. Stiamo finendo bolliti senza rendercene conto. Allora, è fondamentale essere in grado di comunicare l'urgenza di fermare il riscaldamento globale. Siamo ancora in tempo a saltar fuori dalla pentola.

Quindi, un blog centrato non tanto sulla scienza del clima ma sulla comunicazione dei risultati della scienza del clima. Mi dispiace che per ora sia soltanto in inglese, ma speriamo di riuscire a farne una versione italiana il prima possibile.

Commenti, collaborazioni, suggerimenti, sono tutte cose benvenute. Scrivetemi pure a ugo.bardi(scribillostrambo)unifi.it


UB

lunedì 6 maggio 2013

Il picco della tecnologia

Da “The Oil Crash di Antonio Turiel. Traduzione di MR


Cari lettori,

Juan Carlos mi ha inviato questo post sul tema che io stesso volevo sviluppare qualche tempo fa, ma lui lo ha fatto con più grazia ed eleganza di quanto non sarei capace di farlo io. Il post che segue smentisce coi fatti il mito del progresso nel quale vive immersa questa società; un articolo imprescindibile, insomma.

Saluti.
AMT

Il picco della Tecnologia

di Juan Carlos

Immagine: invenzioni per migliorare la vita www.cincodias.com


Un tema polemico che ha sempre attirato la mia attenzione è l'esaltazione del progresso tecnologico alla categoria di totem protettore di una gran parte della società moderna post-industriale. Alla scienza si ricorre come via di salvezza da tutte le sfide alle quali l'umanità si sta sottoponendo, non solo per esistere, ma per continuare a svilupparsi in modo esponenziale. E convinzioni tecno ottimiste si confrontano abitualmente con visioni del mondo meno ideali. Le diverse correnti hanno i loro rispettivi difensori e detrattori. Considero del tutto legittimo allinearsi con una qualsiasi delle correnti che ci presentano un determinato futuro. Non ci sono inconvenienti se provengono dal ragionamento individuale e non dalla propaganda e dalla manipolazione di gruppi di interesse mediatico ed economico.

La corrente fondata dallo scienziato Raymond Kurzweil ci invita alla fede cieca nella scienza per superare tutti i limiti dell'essere umano. Secondo questo movimento, le tecnologie informatiche e l'intelligenza artificiale trascenderanno le nostre possibilità biologiche in modi inimmaginabili. Kurzweil ha pubblicato il saggio “La legge dei rendimenti accelerati” per spiegare la spettacolare evoluzione del progresso tecnologico. In questa legge, egli menziona un'altra legge, quella di Moore, che preconizza la crescita esponenziale della complessità dei circuiti integrati. Tuttavia, studi recenti mettono in discussione l'inflazionata legge di Moore a causa di limiti fisici nella geometria interna dei microprocessori e degli alti costi che comporta la costruzione di nuove fabbriche specializzate, fattori che possono neutralizzarla. Len Jelinek, direttore di iSuppli, crede che la regola d'oro dei semiconduttori smetterà di essere valida nel 2014. I tecno ottimisti propongono che l'essere umano sia più predisposto a captare notizie negative che positive a causa di un organo alloggiato all'interno del nostro cervello chiamato amigdala, il quale ci da l'impulso ad essere più attenti nei confronti del pericolo e per questo motivo tendiamo al pessimismo. Secondo loro, percepiamo in modo distorto la realtà, visto che ci aspetta un mondo di abbondanza dove si risolveranno i problemi di energia, scarsità d'acqua, educazione e salute mondiale. Il problema di scarsità di acqua potabile ha come soluzione un impianto di potabilizzazione chiamato slingshot, il problema dell'energia si risolverà con i pannelli fotovoltaici e il problema di salute ed educazione globale si risolverà attraverso una rete di migliaia di milioni di persone connesse permanentemente a internet con degli smartphone.

La corrente di pensiero che si oppone a Raymond Kurzweil ha origine dal fisico Jonathan Huebner. Questo scienziato argomenta che i tassi di innovazione globale considerati importanti per gli esseri umani sono andati diminuendo negli ultimi decenni, dal 1914, per mezzo di un'analisi dei brevetti degli Stati Uniti. Pretende di dimostrare che il ritmo di innovazione umana diminuisce dalla rivoluzione industriale e si dirige verso un limite di innovazione molto basso.


Un altro grafico a forma di campana Gaussiana dello stesso autore mostra l'evoluzione delle innovazioni tecnologiche dal 1453, mostrando il picco delle invenzioni a metà del diciannovesimo secolo.



Huebner trae alcune conclusioni impattanti, per esempio il tasso globale di innovazione che si realizza in sette aree di sviluppo tecnologico importanti coincide col ritmo di innovazione dell'anno 1600. E' più difficile per la popolazione attuale sviluppare nuove tecnologie, nonostante esistano tassi più alti nell'educazione e nel finanziamento massiccio di Informazione e Sviluppo (I + D). Huebner afferma che ci stiamo avvicinando ad ere oscure, visto che il tasso di innovazione è lo stesso del Medio Evo. Il fisico nordamericano prevede una collisione imminente coi limiti della tecnologia, mentre Theodore Modis, un analista d'affari, crede che la discesa sarà lunga e lenta.

Nel libro di Tyler Cowen La grande stagnazione (2011), si sostiene che gli Stati Uniti sono stati un plateau economico dal 1973 e una delle ragioni principali è la decelerazione dell'innovazione tecnologica. Secondo questo prestigioso economista statunitense, la produzione di nuove invenzioni è diminuita. Si può apprezzare solo un perfezionamento tecnologico sulle grandi invenzioni degli anni precedenti. Internet ha portato a tutti un miglioramento nel divertimento e nell'intrattenimento, ma non è chiaro quale sia il suo contributo al reddito complessivo. Di base, c'è uno spostamento degli acquisti da offline a online, ma questa è solo una sostituzione. E non c'è un grande contributo dal punto di vista dell'impiego. Facebook è gestito da 200 programmatori, Twitter ha 300 impiegati, invece la General Motors è arrivata a dar lavoro a 600.000 persone negli Stati Uniti.

Charles Jones, un economista che si è dedicato all'analisi delle statistiche dell'incremento del PIL nelle diverse epoche, ha scoperto che l'80% della crescita dei paesi sviluppati fra il 1950 e il 1983 è dovuto alle nuove applicazioni di vecchie idee. Una cucina del 1970 avrebbe meravigliato una persona del 1900, ma se qualcuno del 1970 viaggiasse nel futuro fino all'attualità, la cucina gli sembrerebbe volgare. Questa analisi riafferma la mia ipotesi per cui la notevole crescita demografica mondiale non porta con se in modo proporzionale una esplosione di invenzioni. Ciò che potrebbe essere un vantaggio emerso dalla crescita inarrestabile ed accelerata della popolazione non si traduce nella stessa misura in quanto ad apparizione di geni, né di nuove innovazioni.

Le grandi invenzioni e scoperte del diciannovesimo e ventesimo secolo continuano ad essere la colonna vertebrale dell'attuale civiltà: la teoria dell'atomo (1803), la locomotiva (1825), il frigorifero (1834), il telefono (1876), la corrente elettrica e le lampadine a incandescenza (1879), l'automobile e i motori a combustione (1886), gli aerei ad elica (1890), il cinematografo (1894), la stufa elettrica (1896), la televisione (1926), la penicillina (1928), il radar (1931), il motore a turbina (1939), il transistor (1947), il microprocessore (1971), eccetera. In tutti questi apparecchi, è stata migliorata solo la tecnologia ad essi associata. Vengono perfezionati ma non c'è un salto qualitativo dell'invenzione umana come è avvenuto nei due secoli precedenti. I tecno ottimisti hanno previsto colonie sulla Luna e viaggi su Marte nel ventunesimo secolo, mentre come novità abbiamo solo reti sociali e giochi 3D al computer. Una banalizzazione dell'avanzamento computazionale, visto che con computer meno potenti l'uomo ha conquistato lo spazio.

Sono d'accordo con la tesi di Tyler Cowell, Internet a parte; le generazioni nate a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo hanno contemplato poche invenzioni che possano essere considerate rivoluzionarie, la maggior parte delle quali sono collegate alle tecnologie informatiche. E' facile immaginare un mondo di forte sviluppo economico con enormi navi da trasporto, camion, aerei da carico, aerei passeggeri, agroindustrie, grandi macchine che estraggono grandi quantità di materie prime, fabbriche di trasformazione, eccetera. Al contrario, è difficile concepire un mondo con una crescita economica esponenziale con i soli Internet, nanotecnologie, nuovi materiali, intelligenza artificiale e biotecnologia. Le nuove tecnologie hanno prosperato grazie alle grandi scoperte ed invenzioni dei secoli diciannovesimo e ventesimo. Pertanto sono dipendenti ed accessorie.

Viviamo in una civiltà che ha un'enorme capacità agricola e industriale assicurata fondamentalmente da petrolio, gas e carbone. E' impossibile che possano evolversi tecnologie superflue per la sopravvivenza umana, come la nanotecnologia, se non c'è un'infrastruttura sufficientemente robusta che le protegga. Si da per scontato che l'infrastruttura vigente che divora sempre più energia non si incrinerà, fornendoci una base di sopravvivenza solida, necessaria e comoda che permette lo sviluppo di nuove tecnologie.

Più crescita non significa più benessere. Lo confermiamo con  la crescita demografica che in assoluto non genera una valanga di geni, piuttosto questa crescita esponenziale ci obbliga a spendere sempre più risorse in un mondo in cui cominciano ad essere già scarse. La tecnologia non è una religione alla quale dobbiamo indirizzare le nostre preghiere ed orazioni. Come nel settore dei combustibili fossili, la tecnologia ha a sua volta superato un picco di produzione. I tecno ottimisti usano gli avanzamenti scientifici come alibi perfetto per continuare a proiettare il futuro della singolarità e, anche se riconoscono i gravi problemi attuali, di solito li sottostimano a causa della forza mistica che la tecnologia suscita in loro, poiché vedono nella scienza e nella tecnologia strumenti invulnerabili contro tutte le sfide affrontante dall'uomo per perpetuare una società complessa. Il tecno ottimismo è una visione utopica del futuro portata al parossismo con l'intento sublime di fondere l'uomo e la macchina come via per raggiungere l'immortalità.

Juan Carlos

Bibliografia

Video di Peter Diamandis
http://www.ted.com/talks/lang/it/peter_diamandis_abundance_is_our_future.html 
Video Tyler Cowen - The Great Stagnation
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=_93CXTt2K7c

http://en.wikipedia.org/wiki/Accelerating_change#Criticisms
http://www.innovadirectivos.es/estrategia/rafael-martnez-estratega/la-actitud-ante-el-futuro-3-las-sectas-del-futuro/
http://www.newscientist.com/article/dn7616-entering-a-dark-age-of-innovation.html
http://accelerating.org/articles/huebnerinnovation.html
http://anthonyburgoyne.com/2011/10/12/jonathan-huebner-john-smart-and-the-rate-of-technological-change/

http://www.ieco.clarin.com/economia/Tyler-Cowen-Termino-crecimiento-rapido_0_523147904.html
http://elrincondelacienciaytecnologia.blogspot.com/2011/10/el-fin-de-la-ley-de-moore.html
http://jesusgonzalezfonseca.blogspot.com/2012_11_01_archive.html
http://www.asifunciona.com/que_quien/fecha/fecha_invento_5.htm