sabato 21 luglio 2012

Michael Mann: continua l'assassinio mediatico


 Michael Mann, scienziato del clima, è stato preso come obbiettivo di un'indegna campagna mediatica di discredito per il suo lavoro sulle ricostruzioni paleoclimatiche. La campagna continua ancora oggi e diventa sempre più violenta e diffamatoria.


Continua l'assassinio mediatico di Michael Mann, scienziato "scomodo" per il suo lavoro sul cambiamento climatico. Una volta ci raccontavano che queste cose le faceva la "Pravda", al tempo della vecchia Unione Sovietica. Ma ora vediamo che qui da noi in Occidente queste cose le fanno anche meglio e sicuramente in modo anche più pesante.

L'articolo che vedete qui sotto è preso dal "National Review" di pochi giorni fa. Non ve lo sto a tradurre, anche perché farlo mi causerebbe probabilmente una crisi di disgusto. Ma, anche se non masticate troppo l'inglese potete capire senza problemi che il tema dell'articolo è l'accostamento di Michael Mann a Jerry Sandusky, uno che violentava i bambini. L''unico elemento che lega i due il fatto che Sandusky faceva l'allenatore di football alla stessa università di Mann. Questo basta per definire Michael Mann come "Il Jerry Sandusky della scienza del clima". 

Mi posso solo immaginare come ci si deve sentire al posto di Michael Mann. Va bene che lui ha annunciato un'azione legale contro questi XXXX di YYYY. Magari riuscirà a farli ritrattare, però essere accostato pubblicamente a uno stupratore di bambini è veramente una cosa pesantissima.

Su una nota un tantino più positiva, va anche detto che questa gentaglia sembra essere veramente a corto di argomenti se non trovano di meglio che ridursi a queste cose. Sembra che ci sia ancora chi gli da retta, ma se continuano così, rimarranno in pochi - si spera.

A proposito di Mann, vi può anche interessare questa sua apparizione su TED, con sottotitoli in italiano preparati da Massimiliano Rupalti

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Football and Hockey
By Mark Steyn
July 15, 2012 6:22 P.M.

In the wake of Louis Freeh’s report on Penn State’s complicity in serial rape, Rand Simberg writes of Unhappy Valley’s other scandal:

I’m referring to another cover up and whitewash that occurred there two years ago, before we learned how rotten and corrupt the culture at the university was. But now that we know how bad it was, perhaps it’s time that we revisit the Michael Mann affair, particularly given how much we’ve also learned about his and others’ hockey-stick deceptions since. Mann could be said to be the Jerry Sandusky of climate science, except that instead of molesting children, he has molested and tortured data in the service of politicized science that could have dire economic consequences for the nation and planet. 

Not sure I’d have extended that metaphor all the way into the locker-room showers with quite the zeal Mr Simberg does, but he has a point. Michael Mann was the man behind the fraudulent climate-change “hockey-stick” graph, the very ringmaster of the tree-ring circus. And, when the East Anglia emails came out, Penn State felt obliged to “investigate” Professor Mann. Graham Spanier, the Penn State president forced to resign over Sandusky, was the same cove who investigated Mann. And, as with Sandusky and Paterno, the college declined to find one of its star names guilty of any wrongdoing. If an institution is prepared to cover up systemic statutory rape of minors, what won’t it cover up? Whether or not he’s “the Jerry Sandusky of climate change”, he remains the Michael Mann of climate change, in part because his “investigation” by a deeply corrupt administration was a joke.

venerdì 20 luglio 2012

Abbiamo combustibili fossili a sufficienza per finire tutti fritti


Da Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti




George Monbiot ha detto in un recente articolo che “ci eravamo sbagliati sul picco del petrolio. Ce n'è abbastanza per friggerci tutti” Egli sbaglia sul picco del petrolio, ma ha ragione nella sua conclusione. Ci sono abbastanza combustibili fossili da farci fritti se saremo così stupidi da bruciarli tutti. 


Il picco del petrolio ci salverà dal riscaldamento globale? Può essere che il declino della produzione di petrolio causato dalla scarsità sarà più efficace dei (deboli) tentativi fatti dai governi per ridurre l'emissione di gas serra?

Questo punto è stato brevemente dibattuto quest'anno alla conferenza dell'Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio (ASPO) a Vienna. E' una controversia tipica delle conferenze di ASPO: alcune persone sembrano così centrate sul petrolio che i modelli climatici dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sono tutti sbagliati perché non tengono conto dei dati ASPO. L'ultima manifestazione di questa particolare distorsione della realtà viene da George Monbiot che ha deciso che il picco del petrolio non arriverà così presto, dopo tutto, ed ha così concluso ”ci eravamo sbagliati sul picco del petrolio. Ce n'è abbastanza per friggerci tutti“.

Ora, possiamo dire che Monbiot sbaglia. Prima di tutto perché da troppo credito ad un recente studio sulla produzione di petrolio (persino interpretandola male – se leggete con attenzione, i dati dello studio non sono così ottimistici. Guardate qui e qui per una valutazione critica).

Ma il vero sbaglio fatto da Monbiot è di aver dato troppa enfasi all'importanza del picco del petrolio per il cambiamento climatico. Finora, i capricci della produzione di petrolio non hanno influenzato troppo la tendenza delle emissioni di gas serra. Oggi, anche se la produzione di petrolio greggio è stata stazionaria per diversi anni, le emissioni di anidride carbonica continuano ad aumentare.

Questo è quanto ci dobbiamo aspettare: il petrolio è solo una delle fonti di CO2 extra in atmosfera e i costi in aumento dell'estrazione stanno spingendo l'industria ad usare combustibili più sporchi. In altre parole, stiamo assistendo ad una tendenza verso combustibili che rilasciano più CO2 in relazione alla stessa quantità di energia generata. In questo senso, sabbie bituminose, petrolio pesante, petrolio da scisti e simili sono più sporchi del petrolio. Il carbone è ancora peggiore ed è anche la fonte di energia che cresce più rapidamente nel mondo. Per non dire nulla delle emissioni di metano da fracking, (il metano è un gas serra molto più potente dell'anidride carbonica).

Quindi perché dovremmo aspettarci che il picco del petrolio faccia la differenza? Paradossalmente, se il picco del petrolio arrivasse domani, potremmo vedere le emissioni di CO2 crescere ancora di più, poiché questo causerebbe un uso più massiccio di carbone, sabbie bituminose e altre fonti sporche. E' vero che, alla fine, il rendimento energetico in declino (EROEI) dei combustibili fossili causerà un declino generalizzato delle emissioni di gas serra, ma non dovremmo aspettarci che questo avvenga molto presto e non sarebbe l'immediata conseguenza del picco del petrolio.

Se continuiamo con le attuali tendenze di produzione di combustibili fossili, rischiamo di rendere irreversibile il cambiamento climatico, specialmente se superiamo il “tipping point”, il punto di non ritorno, che potremmo aver già superato. Se il picco del petrolio doveva avere un effetto sul clima (forse), sarebbe dovuto arrivare almeno 20 anni fa, quando le concentrazioni di CO2 erano ancora intorno alle 350 ppm, limite riconosciuto come massimo per evitare un cambiamento climatico irreversibile. Ora che ci troviamo a 400 ppm, il picco del petrolio non è sufficiente per fermare il riscaldamento globale.

Quindi, alla fine, George Monbiot sbaglia sul picco del petrolio, ma ha ragione nella sua conclusione. Dobbiamo solo modificare il titolo in “Picco del petrolio o non picco del petrolio, ci sono abbastanza combustibili fossili per friggerci tutti”.

mercoledì 18 luglio 2012

Siamo tutti bolliti


di Guy McPherson


Da Nature Bats Last del 20 giugno 2012. Traduzione di Massimiliano Rupalti

Nota di U.B. Questo testo contiene alcune inesattezze e estrapolazioni che, da un punto di vista strettamente scientifico, sono criticabili. Ci è parso comunque interessante tradurlo e pubblicarlo perché esprime bene l'opinione che si sta diffondendo in una parte della comunità scientifica e che sta raggiungendo anche l'opinione pubblica. Ovvero, abbiamo passato il punto di non ritorno; il riscaldamento globale ormai non si fermerà più finché non ci avrà spazzato via dalla superficie del pianeta. Non è una cosa che possiamo rigorosamente dimostrare come vera, ma nemmeno possiamo dire che è falsa.



L'economista britannico John Maynard Keynes (1883-1946) è famoso per le sue opinioni sulla politica monetaria. L'approccio “stamperia” che ha portato avanti è largamente usato oggi, anche mentre, soprattutto mentre, lo schema Ponzi mondiale si avvicina alla propria fine. La mia frase preferita di Keynes è: “A lungo termine, siamo tutti morti”. 

Come ho indicato in questo spazio qualche anno fa, ho concluso nel 2002 che abbiamo messo in moto processi di cambiamento climatico che è probabile causino la nostra stessa estinzione dal 2030. Sono stato a lutto per mesi, per lo sconcerto di quei tre che se ne sono accorti. Poi, subito dopo, ho esultato nell'apprendere di una concessione della Vergine Maria che potrebbe permettere la nostra persistenza per qualche generazione in più: Il Picco del Petrolio e le sue conseguenze economiche potrebbero portare l'economia industriale ad una chiusura ritardata, appena in tempo. Come Pandora col suo vaso, ho mantenuto la speranza.

Non più. Dateci una forchettata. Siamo bolliti, alla griglia, oltre ogni speranza o pia illusione. Sembra proprio che abbiamo sperimentato una combinazione letale di troppi combustibili fossili a buon mercato e troppo poca saggezza. Ancora una volta, mi sono rimesso a lutto. Non è più facile la seconda volta. Come sempre, sono aperto a visioni alternative – di fatto, le sto elemosinando, considerata la gravità di questa particolare situazione – ma le prove a sostegno dovranno essere straordinarie. A proposito, invocare irrazionalmente Al Gore non vale come prova. Idem per le voci prive di fondamento riguardo a un raffreddamento globale. Una piccola dose di pensiero critico sarebbe utile, piuttosto che la capacità di ripetere frasi propagandate dai neo conservatori e dei loro padroni delle industrie di combustibili fossili.

Prima che vi abbandoniate al ridicolo che mi aspetto da coloro che commentano da anonimi in modo tracotante ed ignorante nella blogosfera, vi invito a considerare pienamente l'informazione che segue. Raccomando di mettere da parte i pregiudizi della normalità e i pii desideri mentre leggete attentamente il resto di questo breve saggio. (Già che ci siete, andate avanti e cercate le parole “leggere attentamente” - in inglese “peruse”, ndT. Probabilmente non significa quello che pensate significhi. Ve lo renderò facile: ecco un link alla definizione).

Sappiamo che la temperatura della Terra è di circa un grado più alta di quanto fosse all'inizio della rivoluzione industriale. E 1°C è catastrofico, come raccontato molto tempo fa. Abbiamo già innescato diversi anelli di retroazione positivi, nessuno dei quali era atteso dagli scienziati tradizionali finché non avessimo raggiunto i 2°C al di sopra della media globale di base della temperatura. Sappiamo anche che la situazione è di gran lunga peggiore di quanto indicato dai recenti dati e modelli (che passerò in rassegna nei paragrafi seguenti). Sapevamo da più di un decennio quello che accade quando gli aerei smettono di volare, e cioè che i particolati sono scomparsi quando gli aerei sono stati costretti a terra e la Terra si è riscaldata di più di un grado nei tre giorni che sono seguiti all'11 settembre 2001. (nota di U.B.: questa osservazione non è esatta. E' piuttosto l'escursione termica notturna/diurna a essere aumentata di +/- 1 grado senza il particolato.) In altre parole, la temperatura della Terra è già di circa 2°C più alta di quanto lo fosse all'inizio della rivoluzione industriale. E a causa degli anelli di retroazione positivi, 2°C portano direttamente e rapidamente a 6°C, alla morte per l'acidificazione indotta degli oceani e alla morte a breve termine dell'Homo Sapiens. Non possiamo vivere senza gli oceani pieni di vita, habitat dei piccoli organismi che generano metà dell'ossigeno del pianeta e che costituiscono la base della catena alimentare (contrariamente alla credenza comune che sia Wal-Mart la base della catena alimentare). Troppo per la scimmia autoproclamatasi saggia. 


Con l'arrivo della morte dell'economia industriale in corso, ci troviamo qui: abbiamo attraversato l'orribile e disastroso Rubicone dei 2°C, come sarà ovvio quando gran parte degli aerei del mondo non voleranno più. Joseph Heller, qualcuno lo conosce?

Ho dato i dettagli delle valutazioni sempre più disastrose. Ed ho spiegato come abbiamo tirato il grilletto di 5 anelli di retroazione positivi ad una temperatura media più bassa di quanto ci aspettassimo, mentre ho anche indicato che ognuno di questi 5 fenomeni probabilmente portano all'estinzione umana a breve termine. Nessuno di questi eventi di retroazione positiva erano attesi dagli scienziati prima del superamento dei 2°C di riscaldamento oltre la temperatura di base pre-industriale.

I miei precedenti tentativi erano assurdamente ottimistici, come dimostrato dai frequenti aggiornamenti (per esempio qui, qui, e qui, in ordine cronologico). Tuttavia, i miei frequenti scritti, basati su analisi scientifiche, riescono a malapena a tenere il passo con l'informazione sempre più terrificante sul cambiamento climatico. Ogni giorno abbiamo una conoscenza più affidabile dell'abisso nel quale ci siamo cacciati. Considerate, per esempio, la previsione 'business as usual' della International Energy Agency di un pianeta più caldo di 6°C dal 2035. Malcom Light, che scrive per l'Arctic Methane Emergency Group, AMEG, (Gruppo d'Emergenza per il Metano Artico) considera uno dei molti anelli di retroazione positivi che abbiamo innescato in una regione del pianeta e giunge a questa conclusione: “Questo processo di rilascio di metano accelererà esponenzialmente, rilasciando enormi quantità di metano nell'atmosfera e portando alla morte di tutta la vita sulla Terra prima della metà di questo secolo”.

Per favore, leggete ancora questa frase. Light è uno scienziato dei sistemi terrestri in pensione. Per quanto possa intravedere, non ha un programma nascosto, anche se crede che la geo-ingegneria ci salverà (un approccio che necessiterà di diversi anni per essere attuato e che saremmo quasi certamente FUBAR (Fouled Up Beyond All Recognition – Totalmente incasinati al di là del riconoscibile, ndT.). Le previsioni della IEA e dell'AMEG combaciano con la recente tendenza delle valutazioni disastrose basate sulla raccolta e l'interpretazione di più dati e di modelli sempre più potenti. Se queste previsioni sono prossime all'essere precise, ci rimane solo da scrivere un Requiem per gli esseri umani sulla Terra.

E' il momento di modificare la famosa frase di Keynes così: nel breve termine, siamo tutti morti”. Per coloro di noi che vivono all'interno in grandi continenti, molto meno se viviamo su un mucchio di pietre nel deserto, ci darei tempo al massimo fino al 2020. Carpe diem, godiamoci la vita che abbiamo.

Cosa dovremmo fare, allora? Mentre contemplo le catene che ci siamo costruiti da soli, mi vengono in mente le parole di Albert Camus: “Il solo modo di venire a patti con un mondo non libero è quello di diventare assolutamente liberi che la tua stessa esistenza è un atto di ribellione”. In termini di azione, faccio fatica a sapere cosa significhi per me, per voi ancora meno. Ma incoraggio ogni atto di libertà e ribellione, in particolare mentre il mondo brucia.

Mi viene spesso chiesto perché la persone che vivono nei paesi industrializzati non dovrebbero cedere alla disperazione e, come edonisti, fare festa mentre il mondo brucia. La mia risposta tipica è chiedere in che modo le nostre vite sarebbero differenti se cominciassimo improvvisamente ad agire come edonisti.

domenica 15 luglio 2012

Il Dirupo di Seneca va sull'iPad


Da Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti






Di Ugo Bardi

Il mio post sul Dirupo di Seneca ha ispirato Hannes Rollin a creare una applicazione per iPad che può essere usata per far girare il modello con diversi parametri di input. Devo confessare di non possedere un iPad, quindi non posso testare il modello, ma mi sembra un'idea molto interessante. Così, ecco la storia, e molte grazie ad Hannes per l'interesse dimostrato per il mio lavoro.




Guest post di Hannes Rollin

Molti di coloro che leggono questo post potrebbero avere familiarità con alcuni dei modelli “a portata di mente” di Ugo Bardi, dove egli impiega la dinamica dei sistemi per illustrare processi economici e naturali fondamentali in modo generale. Il modello che mi ha più impressionato è stato quello che Ugo ha chiamato "Dirupo di Seneca"– un modello molto semplice in grado di generare un declino economico molto più rapido di quanto sia stata la precedente crescita, un fatto già rimarcato da Seneca. Da qui il nome.

Vi faccio un breve riassunto del modello. Avete tre stock , immaginatele come dei container, chiamate Risorse, Economia e Inquinamento. Ora, una data frazione di Risorse viene estratta e usata nell'Economia. Di conseguenza, una frazione dell'Economia genera Inquinamento. Il flusso è ulteriormente dipendente dalla degradazione o dal ripristino (degradazione negativa) di ogni stock. Se vi siete mai chiesti da dove vengano le belle curve, qui c'è la risposta: il contenuto degli stock è una funzione del tempo.

Ugo ha ottimizzato i parametri per dare una curva dell'esaurimento delle Risorse e dell'attività Economica molto simili a quelle dei più famosi risultati del modello WORLD3 del gruppo de 'Limiti dello Sviluppo'. Ho messo questo risultato come impostazione di default dell'applicazione dell'iPad.


La cosa interessante è che il modello può sviluppare scenari molto diversi da quello standard sopra. Se modellate uno stock di Risorsa rinnovabile con un tasso di perdita di risorsa negativo, avrete una sequenza (potenzialmente infinita) di cicli di espansione e contrazione simili a quello della simulazione dell'infestazione di locuste di H.T.Odum.



Anche se questa sequenza sembra catastrofica al pari di lunghi periodi di attività economica quasi zero, mantiene già due assunti altamente ottimistici: primo, le risorse sono strettamente rinnovabili, non importa quanto siano forzate e, secondo, l'inquinamento (grigio), che giunge a un picco molto netto rispetto al picco economico iniziale, è gestito completamente da una auto-riparazione naturale. 

E' addirittura possibile creare qualcosa tipo un'economia di stato stazionario, un flusso leggero e sinuoso di attività ridotte ma positive. Se giocate con l'applicazione, tuttavia, vedrete che le combinazioni dei parametri che portano a circostanze tanto favorevoli sono difficili da trovare e la soluzione è altamente instabile – spostate ogni cursore in ogni direzione e tornerete rapidamente indietro all'estinzione o all'espansione-contrazione.


Notate che in questa sequenza la crescita rapida è seguita da un rapido declino e infine crescita zero (marrone). La stabilità dell'Economia ha il suo prezzo: l'attività economica è molto bassa in confronto al picco 'una volta nella vita' dell'inizio e lo stock di Risorse non raggiunge mai più la sua ricchezza iniziale a causa della raccolta continua. Ci sono molti più scenari che questo semplice modello può fornire, per esempio due o tre picchi consecutivi di attività, in aumento o in diminuzione, seguiti da soluzioni di estinzione (soluzione stabile) o stabilità (soluzione instabile).

Come scusa, sono certamente consapevole dell'ironia di portare un modello per la simulazione del declino economico nel fiore all'occhiello del consumismo tecno-narcisistico, distrazione da klickibunti e controllo a distanza delle risorse umana. Ma, sapete, lo spirito parla in molte lingue. C'è sicuramente qualcosa guadagnare giocando coi modelli piuttosto che meramente studiare formule o fissare grafici statici. Così come i Pitagorici hanno probabilmente giocato coi ciottoli per acquisire un feeling sulla relazione fra triangoli e quadrati, voi potreste sviluppare un feeling per la precarietà della stabilità e, forse, capire in quale modo inevitabile e feroce un destino sia capace di realizzarsi.

Detto questo, desidero solo aggiungere che l'applicazione è, naturalmente, gratuita, e chiunque voglia imparare lo sfondo o estendere il modello, è invitato a scrivermi (Hannes Rollin) all'indirizzo initials at sabik dot de. Il Dirupo di Seneca è stato recentemente approvato come applicazione.

giovedì 12 luglio 2012

L'altra faccia del picco

Tendenze a lungo termine nella gestione dei rifiuti


Da Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti.


di Ugo Bardi

Questa è la versione scritta della conferenza che ho tenuto all'incontro di“ASPO-2012” a Vienna, il 31 maggio. Descrive la mia esperienza con la gestione dei rifiuti come un modo di chiudere il ciclo industriale e l'ottenimento della sostenibilità a lungo termine. Introduco qui il concetto di “spigolatura urbana”, un modo altamente efficiente per gestire i rifiuti.


Lasciatemi cominciare con un'osservazione: come è stato detto nelle precedenti conferenze, a volte le persone che si occupano di picco del petrolio tendono a concentrarsi sui problemi, trascurando le risposte. Questo potrebbe essere vero, ma dobbiamo anche avere chiari i problemi se vogliamo trovare le soluzioni giuste. Quindi, vediamo una breve introduzione su qual è il problema: Intendo “il” problema, l'enorme problema che sta mettendo a rischio la nostra intera civiltà. Eccone un esempio.

Quello che vedete, il grande buco nel terreno, è ciò che rimane di una miniera di diamanti abbandonata a Mir, in Russia. Naturalmente, il buco in sé, non è un gran problema (a meno che non vi troviate a girare da quelle parti di notte, ubriachi). Il problema è che la miniera è finita, non produce più diamanti e molto probabilmente non lo farà mai più. E' un'illustrazione di un problema molto comune. Abbiamo scavato buchi su tutto il pianeta per estrarre i minerali. Non tutte quelle attività lasciano buchi così spettacolari, ma il problema è sempre lo stesso. Scavi, prendi quello che vuoi, poi non rimane nulla. 

Ora, lasciatemi andare sull' ”altra faccia” del problema. Cosa accade a quello che estraiamo dalla terra? Be', finisce nel sistema industriale. Viene lavorato, trasformato in prodotti, questi prodotti vengono “consumati”, cioè vengono distrutti e buttati via. Il risultato finale di solito è qualcosa di simile:

Questa è, come vedete, una classica discarica, il luogo dove buttiamo tutto quello di cui pensiamo di non avere più bisogno. Ora, perché non buttiamo tutta questa roba nel buco che abbiamo visto prima? Di certo potremmo farlo. Il problema? Se lo facciamo, potremmo spianare il terreno ma non riavremmo indietro la miniera. Lasciate che vi spieghi, lo farò mostrandovi una macchina mineraria gigantesca (da “somethinginteresting”).


Visto? Quest'enorme macchina viene usata per estrarre carbone da qualche parte in Germania. E' stata costruita specificamente a questo scopo, ma posso prenderla come esempio di un concetto generale che ho chiamato “La Macchina mineraria universale”, qualche anno fa. Cioè, questa macchina mostra il modo in cui estraiamo ogni tipo di minerale. Raccogliamo roccia e la trasportiamo da qualche parte. Lì, viene frantumata e lavorata. Prendiamo gli elementi di cui abbiamo bisogno e buttiamo il resto. E' molto comune, come ho detto. Lo si potrebbe fare con qualsiasi roccia, ovunque, perché ogni roccia contiene piccole quantità – molto, molto piccole – di tutti gli elementi della crosta terrestre. Questo è il concetto di “macchina mineraria universale”: se potessi trasformare la roccia ordinaria in minerali utili, allora non dovremmo preoccuparci di finire niente, mai. 

Sfortunatamente, fare una cosa del genere richiede molta energia e risorse: le grandi macchine minerarie non sono a buon mercato e le macchine minerarie universali sarebbero così costose che non possiamo nemmeno sognarci di permettercene una. Oggi, abbiamo abbastanza energia per estrarre da rocce che contengono, tipicamente, l'1% del minerale che ci serve - chiamiamo queste rocce “giacimenti” (“ores”, in inglese). Per i minerali di molto valore, come l'oro, possiamo estrarre da giacimenti molto meno concentrati, ma questo non vale per tutti. Se volessimo estrarre da giacimenti meno concentrati ci serve molta più energia. Chiaramente, le prospettive di avere a disposizione tutta quella energia in futuro sono piuttosto scarse, a dir poco – a meno che non veniamo salvati da qualche specie di miracolo; energia da Babbo Natale o qualcosa del genere. 

La situazione non cambia se pensiamo di estrarre dai rifiuti. Sì, potreste aver letto il termine “estrazione dalle discariche”. E' una vecchia idea che si ripresenta periodicamente. Sarebbe bello se potessimo farlo, ma una volta che andiamo a esaminare l'idea in dettaglio vediamo che è estremamente difficile, se non del tutto impossibile. Le discariche sono luoghi in cui viene buttato di tutto in modo più o meno casuale. Ci sono metalli di valore nella massa, sicuro, ma tutto è mescolato e la separazione è estremamente costosa. Persino pericolosa, perché non si sa mai cosa si può trovare in una discarica: sostanze chimiche velenose, batteri letali, gas tossici e altro. Le cose non cambiamo di molto se pensiamo alle ceneri prodotte da un inceneritore. Sì, contengono metalli di valore, ma è tutto mescolato e la separazione è anche più difficile che nel caso della discarica.

Così, abbiamo un problema molto, molto grande, specialmente se non credete in Babbo Natale. E' un problema difficile perché non possiamo risolverlo con la forza bruta. Non possiamo bombardarlo per farlo sparire, non possiamo comprarlo né votargli contro. Possiamo solo accettare che non tutti i problemi hanno soluzioni facili. Di sicuro questo non ne ha. Abbiamo bisogno di essere efficienti, trovare i migliori modi possibili e accettare il fatto che non possiamo fare qualsiasi cosa solo perché pensiamo di meritarcela. 

Una volta che abbiamo iniziato in questi termini, una possibile soluzione può essere espressa usando un concetto sviluppato da William McDonough e Michael Braungart, come mostrato qui.

Rifiuti = alimenti

E' un modo elegante e compatto di esprimere il concetto che il sistema industriale deve essere concepito come un ecosistema. Sapete che un ecosistema non finisce i minerali, anche se ne usa come nutrienti per i processi metabolici. Questo è possibile perché l'ecosistema è un ciclo quasi completamente chiuso, vale a dire, ciò che è “rifiuto” per alcuni organismi è “cibo” per altri. Niente mai può essere riciclato al 100%, ma l'ecosistema ci va vicino. La piccola frazione che va perduta viene lentamente reintegrata nel ciclo dai processi tettonici alimentati dal nucleo caldo della Terra. I continenti sono stati colonizzati dalle piante circa 350 milioni di anni fa e le piante hanno “estratto” minerali dal terreno per tutto quel tempo senza mai finire niente. 

Questo è il modo in cui funziona la vita su questo pianeta e se vogliamo sopravvivere dobbiamo imparare da questo. Cioè, dobbiamo imparare che i rifiuti sono alimenti. Una volta che abbiamo questo in mente, allora cominciamo a capire quanto sia sbagliato quasi tutto di quello che facciamo coi rifiuti. Per esempio, perché volgiamo incenerire il nostro cibo? Perché vogliamo gettare il nostro cibo in fondo a un pozzo e coprirlo con migliaia di tonnellate di sporcizia? Vedete, ci sono un sacco di cose che dobbiamo imparare. 

Ora, sebbene ci sia molta gente che lavora sul concetto che i rifiuti sono alimenti, sfortunatamente l'idea influenza ancora una frazione molto esigua del sistema industriale. Lasciate che vi mostri un esempio da un progetto di qualche anno fa. Così, ecco un po' di rifiuti:


Forse riconoscerete questa macchina: è una Fiat “500”, che era molto popolare in Italia e che lo è ancora, anche se, naturalmente, non è più in produzione. L'opinione comune su come trattare questo tipo di rifiuti, vecchie macchine, è quella di prendere la macchina, ridurla a un piccolo cubo e poi gettarla nella bocca di un altoforno. In questo modo, possiamo riprenderci l'acciaio col quale fare una nuova macchina. Questo è un esempio del concetto che i rifiuti sono alimenti? In parte, sì, ma non del tutto. Ci sono molti problemi con questo approccio. Il principale è chiamato “downcycling” cioè, letteralmente, "degrado del riciclo".

Downcycling significa che il materiale che otteniamo dal riciclaggio non è della stessa qualità di quella di partenza. In questo caso, una vecchia macchina, il problema è che la carcassa non contiene solo carbonio e ferro, che sono elementi dai quali si parte per ottenere l'acciaio. Contiene altri elementi: zinco, silicio, cromo, rame, alluminio ed altro. Ciò significa che l'acciaio che otteniamo ha una “memoria” del proprio luogo di provenienza. La sua composizione potrebbe non essere quello che vogliamo e, infatti, di solito non possiamo usare acciaio riciclato per fare nuove macchine. Quindi, ci sono molti problemi a riciclare vecchie macchine e l'intero processo è davvero molto costoso in termini energetici. Non che riciclare vecchie macchine, in sé, sia sbagliato. E' solo limitato – come molti programmi obbligatori di raccolta differenziata dei rifiuti in molte città. Si suppone che queste regole facilitino il riciclaggio e lo fanno. Ma i problemi di dowcycling rimangono, non ha importanza che sia acciaio, plastica, vetro o altro. La qualità dei prodotti riciclati peggiora ad ogni ciclo e mette un limite a quello che possiamo fare. 

Così, lasciate che torni alla Fiat 500 e che provi a mostrarvi quale potrebbe essere un modo migliore di gestire una vecchia macchina.



Questo è il risultato di un progetto che abbiamo portato avanti qualche anno fa. Vedete? Siamo partiti da una vecchia macchina, rifiuti, ma anziché riciclarla, l'abbiamo riusata. Cioè, l'abbiamo pulita, ridipinta e retrofittata con un motore elettrico alimentato da batterie al litio. Il risultato è stato una micro-car leggera ed efficiente. Molto meno costosa di una equivalente prodotta in Cina o in Corea del Sud. E col vantaggio aggiunto che molti dei pezzi che abbiamo usato erano stati costruiti qui in Europa e anche la forza lavoro era locale. A proposito, la ragazza che vedete nell'immagine non è “retrofittata”. Sfortunatamente, questo processo è qualcosa che si può fare con le macchine ma non con gli esseri umani! 

Il nostro lavoro sulla Fiat 500 è stato ripreso da altre persone ed ora in Italia si può comprare una macchina elettrica retrofittata. Sfortunatamente, abbiamo anche scoperto che riusare le cose vecchie è molto sovversivo. Ci hanno detto che quello che abbiamo fatto non è il modo in cui un buon cittadino si dovrebbe comportare. Che diamine, non siamo tutti consumatori? E se siamo consumatori, significa che dobbiamo comprare cose nuove, usarle e buttarle via. E' così che funziona la società; hey, sei contro la crescita economica? E se non sei un fanatico anti crescita, allora che stai facendo? Non sai che per crescere dobbiamo produrre cose nuove e, se vogliamo cose nuove, dobbiamo buttare le vecchie? Come avverrebbe la crescita altrimenti? Abbiamo realmente ricevuto un'incredibile quantità di critiche ed alcune leggi recenti, fatte dal governo italiano, sembrano essere concepite esplicitamente per scoraggiare il retrofitting di vecchie macchine. Forse sono un complottista, ma potrei raccontarvi diverse storie su tutto questo. Ma passiamo oltre. 

Quindi, riguardo all'essere sovversivi, be', se devo essere sovversivo posso fare molto di meglio che ringiovanire vecchie macchine. Guardate questo:



Sì, sono io, Ugo Bardi, insieme a due signore Rom (zingare o gitane, se preferite) davanti ad un mucchio di oggetti d'acciaio e ferro raccolti per essere riciclati. Questa foto è stata fatta qualche anno fa, proprio di fronte al mio ufficio all'Università di Firenze. Era parte di un progetto finanziato dalla regione Toscana per aiutare i Rom a trovare lavoro e diventare finanziariamente indipendenti. Così, abbiamo avuto l'idea di concentrarci sulla raccolta dei rifiuti. 

Sapete che i Rom hanno la fama di raccogliere le cose, occasionalmente, anche senza il permesso del proprietario. Questo viene detto comunemente, ma sono sicuro che i Rom preferiscono di gran lunga evitare la seccatura ed il rischio di questo tipo di riciclaggio, se solo hanno l'opportunità di fare il loro lavoro legalmente. Se gli viene data quest'opportunità, infatti, i Rom si rivelano dei raccoglitori di rifiuti efficienti: quello che possono riusare lo riusano o vendono, quello che non possono riusare lo rivendono come rottame. Infatti, il governo locale ha incoraggiato i Rom a metter su delle cooperative di riciclaggio – hanno anche fornito loro assistenza legale. Ma i governi, come sappiamo, sono completamente schizofrenici. Così, alcune parti del governo hanno deciso che riciclare acciaio era un'attività criminale ed hanno mandato pattuglie della polizia con le mitragliette a fermare le cooperative. E' vero, era come in un film. O almeno così mi è stato raccontato (erano coinvolti diversi gruppi di Rom oltre a quello con cui lavoravo io). In più, ogni cooperativa è stata multata per alcuni milioni di euro perché la legge, apparentemente, richiede che ogni pezzo di acciaio debba essere accompagnato da un foglio di carta stampato e firmato che descrive esattamente da dove viene. Per inciso, i Rom non erano particolarmente preoccupati da tutti quei milioni di euro che si supponeva dovessero pagare. E' il lato buono del non possedere nulla. 

Quindi, vedete quanto possa essere sovversivo suggerire che la gente possa farsi una vita da sé e sopravvivere senza i sussidi dello stato. Tuttavia, l'idea sembra attrarre alcune persone e mostra segni di diffusione nel mondo sotto la definizione di “gestione collettiva partecipata dei rifiuti”. Eccone un esempio.




A sinistra vedete un “catador” brasiliano (raccoglitore di rifiuti), sulla destra c'è la professoressa Jutta Gutberlet dell'Università di Vittoria, in Canada. E' una storia affascinante e la Prof.ssa Gutberlet ci ha lavorato per anni. I catadores dell'America Latina si guadagnano da vivere raccogliendo e riciclando i rifiuti urbani (e riusando ciò che possono). Non è certo un modo per diventare ricchi, naturalmente, ma sembra essere un modo per guadagnarsi dignità è un posto nella società. Persino il presidente Lula sembra aver riconosciuto questa cosa – dev'essere un gran sovversivo. Qui lo vedete con alcuni catadores brasiliani nel 2009.


Posso dirvi che, una volta che cominciate ad occuparvi di queste cose, la vostra visione del mondo cambia, e cambia parecchio. Ma cos'è che fanno esattamente questi catadores? Ha senso? Penso proprio di sì. Penso che abbia molto senso se torniamo alla definizione di rifiuti che abbiamo visto prima. I rifiuti sono alimenti, abbiamo detto, e per questa gente ciò è assolutamente vero: si guadagnano da vivere coi rifiuti. E quello che fanno non è nemmeno nuovo, è parte di una vecchia usanza umana che ci ha accompagnato per millenni. Lasciate che ve lo mostri:


Questo è un dipinto del 1857 del pittore francese Francois Millet. Mostra delle spigolatrici al lavoro. Ora, “spigolare” è un termine che oggi è diventato quasi sconosciuto. Nella mia esperienza, quando lo domando, quelli che sanno cos'è la spigolatura sono una minoranza, forse un 10% o qualcosa del genere. E tuttavia, il fatto stesso che esista una parola specifica per questa attività, significa che fosse molto comune e che avesse uno scopo specifico nell'economia, molto tempo fa. 

Lasciate che vi spieghi. Quando diciamo “i rifiuti sono alimenti” intendiamo che il ciclo industriale debba essere chiuso in modo tale da rendere l'economia umana simile ad un'ecologia: un sistema che ricicla ciò che usa e non esaurisce mai niente. Ora, se sapete come funziona un'ecologia, osserverete che ogni organismo produce rifiuti. Nessun organismo è efficiente al 100% e non potrebbe esserlo. Ma ciò che è rifiuto per un organismo è cibo per un altro. Così, un'ecologia è creata dalla collaborazione di molte specie che gestiscono il flusso di nutrienti minerali in modo tale che quasi niente venga buttato e quasi tutto venga riciclato.  

Torniamo alla spigolatura. Pensate al raccolto del grano in tempi antichi. Significa che un gruppo di contadini armati di falci andavano sui campi a mietere e raccogliere le spighe di grano, legandole in covoni. Notate che il lavoro dei mietitori non era quello di raccogliere ogni spiga che cade a terra. Se avessero dovuto tornare sui propri passi per farlo, avrebbero perso tempo e sarebbero stati meno efficienti. E' una cosa ben conosciuta in economia: la legge dei rendimenti decrescenti.   

Così, il sistema agricolo si è evoluto in modo tale da ottimizzare il rendimento dei campi, sviluppando un sottosistema chiamato “spigolatura”. Gli antichi contadini dovevano fare i conti con una risorsa dal rendimento relativamente basso: le spighe sul terreno. Raccogliere quelle spighe con un rendimento positivo richiedeva un processo molto efficiente. Veniva fatto mobilitando risorse umane che non potevano essere usate per il pesante lavoro del raccolto: le donne, i giovani e gli anziani. Veniva fatto senza attrezzature, informalmente, senza ordini, gerarchie o strutture sociali. La gente camminava semplicemente nei campi, raccogliendo ciò che trovava – questa è la spigolatura. E veniva praticata non solo col grano, ma con qualsiasi prodotto agricolo. Sembra semplice, ma era estremamente importante nell'antica società agricola: era per il fatto che era così efficiente. La spigolatura ha un posto fondamentale nella Bibbia ed è ancora legale praticarla in alcuni posti. Non dappertutto, comunque. Al tempo di Stalin, in Unione Sovietica, ti sparavano sul posto se venivi sorpreso a spigolare. Così, vedete, anche la spigolatura sembra essere qualcosa di sovversivo. Ma è probabile che molti dei nostri avi siano sopravvissuti perché potevano spigolare il proprio cibo. E così eccoci ad oggi!

Ci sarebbe molto da dire sulla spigolatura, ma l'ho presa come paradigma del modo di fare i conti con risorse a basso rendimento. Ciò che chiamiamo “rifiuto”. Non possiamo trattare trattare i rifiuti come abbiamo trattato le risorse minerali. Il rendimento dei rifiuti è troppo basso per trattarlo con gigantesche macchine minerarie. Ci servono processi specifici adattati al basso rendimento delle risorse. Processi che siano ragionevolmente liberi dalla burocrazia, dalle gerarchie, dalle legislazioni complesse e da strutture dall'alto verso il basso. Processi che dovrebbero essere il risultato dell'auto-organizzazione in direzione della massima efficienza e che potremmo chiamare “spigolatura urbana” o “spigolatura industriale”. Secondo me, questi metodi non possono essere imposti per legge o dall'alto. Devono essere sviluppati gradualmente dalla gente, proprio come negli ecosistemi le specie si sono gradualmente evolute nei propri ruoli ecologici.  

Ci sarebbe molto ancora da dire su questo argomento, ma credo che mi fermerò qua e spero di avervi dato un po' di rifiuti - ...ehm cibo – per la mente. Vorrei concludere con una foto di alcuni bambini Rom del gruppo col quale ho lavorato.




Vedete, questi bambini sono considerati un problema e, sotto diversi aspetti, lo sono. Ma sono anche una grande opportunità. Non perché li voglia vedere come lavoro a buon mercato per la raccolta dei rifiuti – assolutamente no. E' perché guardando questi bambini per quello che sono, cioè allegri, simpatici e amichevoli, vedi anche te stesso come un essere umano e vedi la difficile situazione dell'umanità che stiamo affrontando oggi. Non possiamo risolvere niente se dimentichiamo che noi tutti siamo esseri umani e che dobbiamo risolverli insieme. E' il solo modo che abbiamo e spero che sia la strada che sceglieremo.

Alcuni link

La macchina mineraria universale - di Ugo Bardi.

Il concetto "Cradle to Cradle" (C2C)

Il progetto della 500 elettrica

Gestione partecipata collettiva dei rifiuti 

La pagina di Jutta Gutberlet


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Riconoscimenti


1. Il progetto della 500 elettrica: Pietro Cambi, Massimo De Carlo, Corrado Petri, Riccardo Falci ed altri

2. Gestione partecipata e sostenibile dei rifiuti: Jutta Gutberlet, Elisabetta Cortelli, Marina Bacciotti e tutte le
    famiglie del campo Rom di Madonna del Piano, a Sesto Fiorentino

3. Altri progetti di gestione dei rifiuti: Antonio Cavaliere, Luca Marcantonio e tutto il gruppo IRIS










domenica 8 luglio 2012

La Grande Scarsità


Da The Oil Crash. Traduzione di Massimiliano Rupalti

Di Antonio Turiel

Cari lettori,

su questo blog si parla molto dell'arrivo del picco di produzione massima delle risorse non rinnovabili (principalmente del petrolio), momento a partire dal quale la produzione va diminuendo irreversibilmente, nonostante che tipicamente le riserve sfruttabili della risorsa in questione possano essere grandi quanto la quantità già estratta o maggiori. Per semplificare, questo fenomeno (il declino della produzione o estrazione della risorsa) si deve al principio delle “mele che raccogliamo dall'albero”: le prime mele che si raccolgono da un melo sono quelle che si trovano sui rami più bassi e in posizioni più facilmente accessibili. Mentre queste si esauriscono, bisogna fare uno sforzo maggiore per andarsi a prendere le mele che si trovano sui rami più alti, nascoste nelle parti più frondose. Finché le mele facili sono accessibili, che senso ha fare uno sforzo maggiore per procurarsene di difficili? E' antieconomico e inefficiente e, in uno scenario di competizione (per esempio, due persone che competono per raccogliere mele dallo stesso albero) nessuno andrà a raccogliere quelle difficili prima che sia il momento, altrimenti ne raccoglierà meno degli altri. E' per quello che lo sfruttamento della seconda metà delle riserve, quella che si trova oltre il picco, è molto più complicata e incerta della prima, con maggiori possibilità di insuccesso e maggiori rischi, come stiamo disgraziatamente verificando in questi giorni con la tragedia ecologica dell'incidente alla Deepwater Horizon.

Questa mattina mi sono disteso in treno ed ho letto questo articolo sul picco della pesca negli oceani del mondo. Le risorse ittiche sono di principio rinnovabili, quindi a prima vista può risultare paradossale che si parli di picco di una risorsa rinnovabile. Tuttavia, quando si sfrutta una risorsa rinnovabile a un tasso più alto di quello di sostituzione (in ogni ciclo vitale si estrae più di quello che la natura può recuperare per sostituzione dal ciclo stesso), la matematica ed il comportamento di quella risorsa sono esattamente come se non fosse rinnovabile, con un tasso di estrazione effettivo dato dall'eccesso del tasso di estrazione reale sul tasso di sostituzione. Per questo, se sovrasfruttiamo una risorsa rinnovabile, possiamo portarla al suo esaurimento. Alla fine, l'articolo che leggevo indicava che verso il 2000 eravamo arrivati al picco di estrazione ittica (dati della FAO) e che se non cambiamo radicalmente la nostra politica di sfruttamento, in 20 o 50 anni distruggeremo la risorsa completamente (d'altro canto è complicato questo cambiamento, poiché implica un colpo al modus vivendi di 500 milioni di persone che si dedicano alla pesca nel mondo). In questo, le risorse rinnovabili di natura ecologica si comportano in modo diverso dalle non rinnovabili, visto che possono sparire completamente e la loro popolazione deve essere superiore ad un numero minimo per evitare che collassino in modo spontaneo.

Ma alla fine, ciò che della notizia ha richiamato di più la mia attenzione (a parte la nostra insensibilità di fronte a tragedie ecologiche immani) è stata la data del picco: più o meno il 2000. E' curioso. Il picco di estrazione dell'oro è stato approssimativamente nel 2000, anno in cui, come abbiamo già commentato, c'è stato anche il picco dell'energia estratta dal carbone (il picco del volume recuperato di carbone sarebbe intorno al 2025). Il picco di estrazione del petrolio greggio (quello che si estrae dai pozzi) è stato nel 2005 e quello della produzione totale di petrolio (includendo il petrolio sintetico generato usando gas a partire dalle sabbie bituminose e i biocombustibili) è stato in pratica lo stesso anno, nonostante il plateau in cui si trova la produzione di petrolio abbia alcuni picchi occasionali, se si guardano i dati mese per mese (al momento il massimo si trova a 86,9 milioni di barili di media a luglio 2008). L'uranio, come abbiamo detto, perderà un terzo della propria produzione in un paio d'anni, a causa all'esaurimento delle riserve di uranio che sono state estratte ed immagazzinate negli anni 80 e il suo picco geologico sarà intorno al 2035. In quanto al gas naturale, del quale scriveremo prossimamente, nonostante i giacimenti di gas di scisti molto in voga negli Stati Uniti in questo momento, il suo picco arriverà prima di 20 o 30 anni. Ma quante risorse stanno arrivando al picco, se non lo hanno già superato? Secondo uno studio che cito frequentemente, “Sempre e sempre meno” (Continously less and less), di 58 risorse naturali non rinnovabili analizzate, 50 hanno già superato il picco negli Stati Uniti e 14 lo hanno fatto in tutto il mondo (e questo senza contare il petrolio, del quale si discute ancora) e probabilmente altri 38 arriveranno al proprio picco mondiale prima che passino 20 anni (qui riporto tutte le risorse che in questo articolo hanno un rapporto riserve/produzione inferiore ai 60 anni). Questo esaurimento simultaneo di tante risorse è ciò che ha portato Richard Heinberg a coniare il termine “Il Picco di Tutto” (Peak Everything).

Ciò che richiama la mia attenzione è che tante risorse arrivino al picco in uno stesso periodo relativamente breve (due o tre decenni). La mia intuizione di fisico statistico mi dice che questa non è una coincidenza. In mancanza di un modello numerico per provarlo, mi occorre un'ipotesi ragionevole. Probabilmente, questo mercato che alcuni venerano tanto è stato davvero efficace nel momento di aggiustare i prezzi delle risorse in funzione della loro relativa abbondanza ed efficienza. Per esempio, se la caloria del petrolio è più conveniente di quella del carbone, consumeremo più petrolio fino a che i prezzi non si equilibrino e costruiremo le infrastrutture adeguate ad ogni tipo di combustibile in modo da trarne il massimo. In questo modo, l'evoluzione delle loro produzioni è estremamente interconnessa. Questo tipo di comportamento di sicuro confermerebbe che il mercato non è in grado di integrare effetti a medio e lungo termine; mi ha sempre meravigliato che la diminuzione delle risorse (la prevedibile mancanza di risorse in futuro, diciamo) non abbia ripercussioni dirette sul prezzo, in modo che i prezzi crescano progressivamente all'approssimarsi del picco, prima di aspettare direttamente che la domanda superi l'offerta (per esempio, nel luglio 2008, durante il quale la domanda superava del 2% l'offerta) e crei problemi, interruzioni, distruzione della domanda e volatilità. Ma questo è più un tema per Acorazado Aurora ...

Ora, questa evoluzione coordinata delle diverse risorse genera una tempesta perfetta. Se avessimo avuto la fortuna di raggiungere il picco del carbone o del gas alcuni decenni prima del petrolio, la dura lezione della scarsità dei primi avrebbe avuto un grande effetto pedagogico e avrebbe aiutato a prepararsi alla scarsità del secondo. Ma se tutte le materie prime, in particolare quelle energetiche, hanno un'evoluzione parallela e giungono al loro picco con poca differenza di tempo, non avremo tempo per reagire e non potremo cambiare combustibile, visto che anche le alternative si stanno esaurendo. Dopo molti decenni di crescita interrotta solo dalle guerre, il mondo giunge alla Grande Scarsità, il momento in cui tutto quello che potrebbe mancare manca tutto in una volta. E la popolazione non è psicologicamente preparata a questo, perché nessuna generazione vivente ha sperimentato il declino di alcuna risorsa, anzi il contrario, queste sono sempre aumentate sotto la pressione della nostra domanda, come se la Natura fosse pronta a soddisfare le nostre necessità (il che rialimenta teorie della cospirazione, come quella difesa da un lettore in un post precedente, prima di accettare che abbiamo realmente un problema di risorse). Non abbiamo vissuto nessuna scarsità , le abbiamo sempre risolte, come potremmo accettare l'arrivo della Grande Scarsità? La Grande Scarsità sarà, oltretutto, particolarmente crudele, visto che l'estrazione di molte risorse minerali ed energetiche dipendono dalla facile e veloce fornitura di petrolio a buon mercato. Molte delle miniere che vengono sfruttate oggigiorno si trovano in località remote, accessibili soltanto con camion, i martelli pneumatici usati per scavare sono alimentati da compressori a loro volta alimentati a combustibile, l'elettricità che si usa lì viene generata in situ con gruppi elettrogeni alimentati a combustibile,ecc. Mancando il petrolio, tutte le altre materie rincarerebbero e diventerebbero più scarse di quanto non prevedano i modelli. Le crescenti inefficienze nell'estrazione, raffinamento, trasporto e fornitura, alla fine, farà sì che il declino sia più improvviso di quanto sperato, che la discesa per il lato destro della curva di Hubbert sia più irregolare di quanto prevede il modello.

E' tardi, devo andarmene a dormire e non ho potuto dire tutto quello che volevo, forse un altro giorno. Ma vorrei finire, e che Massimo Decimo mi perdoni (perché so cosa ne pensa a riguardo), facendo un riferimento al Club di Roma. Lo faccio perché all'inizio dicevo che non ho fatto un modello numerico per vedere lo schema di consumo delle risorse, ma neanche manca, il modello è stato già fatto, quaranta anni fa. I risultati dell'analisi di quel modello sono stato raccolti in un libro famoso e controverso, I Limiti dello Sviluppo (Limits to Growth), le cui previsioni, recentemente riviste, disegnano un destino molto chiaro per l'umanità se non si affronta il problema delle risorse, dell'inquinamento ambientale e della popolazione: l'estinzione. Allora il libro è stato vituperato dai grandi potentati politici, economici e religiosi, perché implicava un radicale cambio di orientamento. I leader del Club di Roma sono stati esposti al pubblico ludibrio, le loro previsioni distorte per poi essere ridicolizzate. La loro disciplina è virtualmente scomparsa dal mondo accademico e il loro lavoro del tutto ignorato. Soltanto che ora, quaranta anni dopo, ha un gran valore. Abbiamo perso quarant'anni. Tutta la mia vita.

Saluti.

AMT

sabato 7 luglio 2012

Ahia... che caldo!

I record di temperatura battuti negli Stati Uniti nell'ondata di calore di questa estate. (da "Tamino")