lunedì 2 marzo 2015

Picco del petrolio, picco del cibo, picco di tutto

Da “CyprusMail”. Traduzione di MR (h/t Maurizio Tron)



E' cominciato tutto col picco del petrolio, il punto in cui il tasso massimo di estrazione viene raggiunto, dopo di che la produzione comincia a declinare.

Di Gwynne Dyer

Il picco del petrolio è stato l'anno scorso. Ora possiamo preoccuparci del picco di tutto: picco del cibo, picco del suolo, picco dei fertilizzanti, persino del picco della api. Cominciamo dal piccolo. Dipendiamo dalle api per impollinare le piante che costituiscono circa un terzo della disponibilità mondiale di cibo, ma dal 2006 gli sciami di api negli Stati Uniti sono morti ad un tasso senza precedenti. Più di recente lo stesso “disordine da collasso degli sciami” è apparso in Cina, Egitto e Giappone. Molti sospettano che la causa principale sia un tipo di pesticidi largamente usati chiamati neonicotinoidi, ma le prove non sono ancora conclusive. Rimane il fatto che un terzo della popolazione americana di api è scomparsa nell'ultimo decennio. Se le perdite si dovessero diffondere ed aggravare, potremmo avere di fronte gravi carenze di cibo.



Poi c'è il picco dei fertilizzanti, o più precisamente il picco della roccia di fosforo. Il fosforo è un ingrediente cruciale dei fertilizzanti ed è l'aumento di otto volte dell'uso di fertilizzanti che che ha consentito di triplicare la produzione di cibo nel mondo da circa la stessa area di terra negli ultimi 60 anni. Al momento stiamo estraendo circa 200 milioni di tonnellate di roccia di fosforo all'anno e la riserva globale che potrebbe essere estratta ad un costo ragionevole con l'attuale tecnologia viene stimata in 16 miliardi di tonnellate. All'attuale livello di produzione non finirà completamente nei prossimi ottanta anni, l'aumento della domanda di fertilizzanti per alimentare la popolazione in crescita significa che la produzione di fosforo sta aumentando rapidamente. Come per il picco del petrolio, la data realmente importante non è quella quando non rimarranno riserve di roccia di fosforo economicamente praticabili, ma quando la produzione comincia a diminuire. Il picco del fosforo attualmente è a non più di 40 anni da adesso – o molto meno, se l'uso di fertilizzanticontinua a crescere. Dopo di che, si torna ai fertilizzanti biologici, che significano principalmente l'urina e le feci di 10 o 12 miliardi di esseri umani e i loro animali addomesticati. Buona fortuna.

Il picco del suolo è una nozione più ingannevole, ma deriva dal concetto più concreto che stiamo “estraendo” il suolo: degradandolo ed esaurendolo coltivando “monocolture”, usando troppi fertilizzanti ed irrigando con troppo entusiasmo, tutto nel nome di maggiori rendimenti. “Sappiamo molto di più della quantità di petrolio che c'è a livello globale e quanto dureranno quelle riserve di quanto sappiamo a proposito di quanto suolo c'è”, ha detto John Crawford, direttore del programma per i Sistemi Sostenibili alla Rothamsted Research in Inghilterra. “Continuando col business as usual, i suoli attuali che si trovano in produzione agricola renderanno circa il 30% in meno... nel 2050 circa”. La FAO delle Nazioni Unite stima che il 25% dei suoli mondiali che sono attualmente coltivati siano gravemente degradati ed un altro 8% moderatamente degradato. (Anche il suolo “moderatamente degradato” ha perso la metà della propria capacità di immagazzinare acqua). Ed il solo modo per accedere a del suolo nuovo e non danneggiato è deforestare il resto del pianeta.

Tutto questo ci porta al problema del picco del cibo. Ed ecco che il concetto di “picco” subisce una sottile modifica, perché non significa più “produzione massima, dopo di che i rendimenti cominciano a diminuire”. Significa solo “il punto in cui la crescita della produzione smette di accelerare”: è il picco del tasso di crescita, non il vero picco di produzione. Ma anche quello è piuttosto infausto, se ci pensate. Durante la seconda parte del 20° secolo, la produzione di cibo è aumentata di circa il 3,5% all'anno, tranquillamente in vantaggio rispetto alla crescita della popolazione, ma l'aumento drammatico dei rendimenti dei raccolti è dovuto alla maggiore introduzione di fertilizzanti e pesticidi, all'irrigazione molto maggiore e alle nuove varietà di colture della “rivoluzione verde”. Ora quei miglioramenti una tantum hanno ampiamente fatto il loro corso e la produzione globale di cibo sta aumentando solo del 1,5% all'anno.

Anche la crescita della popolazione ha rallentato, quindi riusciamo più o meno a stare al passo con la domanda, ma ci sono segni che la produzione di cibo in molte aree stia correndo contro ciò che i ricercatori dell'Università del Nebraska – Lincoln hanno chiamato in un rapporto dell'anno scorso “un massimale di resa biofisica per la coltura in questione”. La produzione del cibo in questione smette di crescere, poi potrebbe anche diminuire – e l'investimento supplementare spesso non aiuta. Il “picco” in questo contesto è un primo avvertimento che alla fine ci sarà una completa cessazione della crescita, probabilmente seguita da un declino assoluto. Il picco del mais è avvenuto nel 1985, il picco del riso e del pesce naturale nel 1988, il picco dei latticini nel 1989, il picco delle uova nel 1993 e il picco della carne nel 1996. (I numeri provengono da un recente rapporto della rivista “Ecologia e Società” da parte di scienziati di Yale, dell'Università di stato del Michigan e del Helmholtz Centre in Germania.

I picchi più recenti sono stati quelli dei vegetali nel 2000, del latte e del grano nel 2004, del pollame nel 2006 e della soia nel 2009. Di fatto, 16 dei 21 cibi esaminati nel rapporto di “Ecologia e Società” hanno già raggiunto il picco e i livelli di produzione si sono appiattiti nelle regioni chiave che costituiscono il 33% della produzione di riso globale e il 27% di quella del grano. Quindi siamo già nei guai e peggiorerà anche prima che il cambiamento climatico peggiori. Ci sono ancora delle soluzioni rapide, in particolare riducendo gli scarti: più di un terzo del cibo coltivato per il consumo umano non viene mangiato. Ma a meno che non ci inventiamo una qualche “magia”, le cose si faranno piuttosto sinistre sul fronte del cibo verso gli anni 30 del 2000.

Gwynne Dyer è un giornalista indipendente i cui articoli sono pubblicati in 45 paesi.