di Rob Hopkins
Sono molto onorato di essere in grado di presentare un'intervista che ho fatto recentemente con lo scienziato climatico Michael Mann. Mann è Professore Emerito di Meteorologia alla Penn State University, con incarichi di collaborazione nel Dipartimento di Geoscienze e all'Istituto dei Sistemi della Terra e dell'Ambiente (Earth Environmental Sistems Institute - EESI). E' anche direttore Centro della Scienza del Sistema Terrestre (Earth System Science Center ESSC). E' l'autore del libro recentemente pubblicato “La Mazza da Hockey e le Guerre del Clima“ che raccomando caldamente. Nella nostra intervista abbiamo parlato di Mazza da Hockey, dello stato di avanzamento della scienza del clima e di come questa si sia trovata nell'occhio del ciclone del 'climategate' di un paio di anni fa. Ecco l'intervista come podcast, oppure sotto c'è la trascrizione (è il nostro caso, ndt.), leggermente corretta per brevità.
https://soundcloud.com/transition-culture/an-interview-with-dr-michael
Quando è uscito il tuo libro “The Hockey Stick”, qual è stato il suo progresso? Che cosa ha rappresentato un tale balzo in avanti nella nostra comprensione del cambiamento climatico?
E' stato un passo avanti incrementale, in realtà. Il nostro lavoro è costruito sugli sforzi di decenni di accurato lavoro di altri paleoclimatologi. E' un punto che cerco di trasmettere nel mio libro. Abbiamo esteso ciò che è stato fatto prima. Non solo abbiamo fornito una ricostruzione più affidabile di come le temperature siano variate durante gli ultimi 1000 anni (inizialmente i primi 600 anni e in una pubblicazione successiva lo abbiamo esteso agli ultimi 1000 anni), ma inquadrando le stime entro un margine di errore stimato ci ha permesso di cominciare a trarre certe conclusioni sul recente riscaldamento: che non è solo riscaldamento, ma sembra essere inusuale in questo contesto a più lungo termine. Ci sono state altre ricostruzioni di questo tipo che sono state fatte in precedenza e che ne sono molte altre fatte in seguito. Il nostro lavoro era parte di un corpo di lavoro più ampio.
Penso che parte della ragione per cui la Mazza da Hockey è diventata un'icona nel dibattito sul cambiamento climatico ha proprio a che fare con le opportunità del caso. Abbiamo pubblicato il lavoro nei tardi anni 90, quando il dibattito sul cambiamento climatico stava realmente giungendo ad un crescendo. La scienza stava diventando sempre più certa rispetto alla tesi che noi stiamo riscaldando il pianeta e cambiando il clima. La pubblicazione della curva della Mazza da Hockey è servita quasi da punto esclamativo. E' avvenuta nel corso dell'anno più caldo mai visto nelle registrazioni storiche, il 1998. Ma quelle registrazioni storiche andavano indietro di un solo secolo, più o meno. Non siamo stati in grado di fornire un contesto di più lungo termine. La curva raccontava una storia semplice. Non c'era bisogno di capire la fisica o la matematica di come funzionano i modelli climatici teorici per capire cosa ci stavano dicendo.
La prima versione di Mann della curva della 'Hockey Stick”, del 1999.
Essa disegnava, in un modo molto trasparente, la natura inusuale del riscaldamento recente e, per deduzione, il rapporto che il riscaldamento ha con l'attività umana, il bruciare combustibili fossili. Ma alla fine è il fatto che sia stata presente nella sintesi dei responsabili politici nel terzo rapporto di valutazione del IPCC del 2001 che le ha assicurato lo status di icona nel dibattito sul cambiamento climatico. E una volta divenuta un'icona nel dibattito sul cambiamento climatico, la nostra schiena è diventata un bersaglio.
Abbiamo avuto un anno di eventi meteorologici estremi in tutto il mondo, l'Uragano Sandy e così via. Qual è la tua analisi su dove ci troviamo ora in termini di cambiamento climatico?
Le prove scientifiche ci sono. Non c'è più alcun dibattito serio, non solo se il cambiamento climatico sia reale o se sia dovuto a noi, ma se vediamo gli impatti del cambiamento climatico. Gli impatti stanno di fatto avvenendo in modi sempre più dannosi, che si tratti dell'Uragano Sandy, che è stata la più grande tempesta, uragano (e quindi sistema ibrido) che abbiamo mai visto, o della più bassa pressione centrale a nord di Capo Hatteras negli Stati Uniti. Ciò ha portato ad un'alluvione record a New York City, in parte perché c'era un piede di aumento del livello del mare già in atto nell'ondata di tempesta sulla costa e quel piede di aumento del livello del mare è dovuto sostanzialmente al riscaldamento degli oceani. Abbiamo visto siccità da record e incendi negli Stati Uniti occidentali che hanno avuto un impatto enormemente dannoso sulle nostre colture, sulla produzione di grano negli Stati Uniti e sui prezzi del cibo. Penso che siamo giunti al punto in cui la gente può vedere il cambiamento climatico avvenire sotto i propri occhi e diventano sempre meno credibile i commentatori dei notiziari via cavo che dichiarano che è una truffa elaborata, che non è vero.
La revisione più recente della curva della 'Hockey Stick' (2008)
La gente non si fa più prendere in giro da questo tipo di retorica perché lo vede accadere. Specialmente i più anziani che ne hanno viste molte, che sanno che stanno succedendo delle cose al meteo e al clima di oggi che non succedevano mai quando sono cresciuti. Penso che abbiamo raggiunto quel punto in cui la negazione del cambiamento climatico non è più nemmeno superficialmente credibile. Ciò significa che chi si oppone all'agire si rivolgono a misure sempre più disperate. La retorica sta diventando sempre pi urlata ed aspra, gli attacchi diventano più feroci. Non stanno attaccando solamente la scienza del clima, essi – per esempio i fratelli Koch – finanziano gli attacchi contro l'energia pulita, contro l'eolico, contro l'energia solare. Nel mio libro parlo della scaletta della negazione del cambiamento climatico: nel tempo, i negazionisti hanno ritirato indietro questa scaletta. Prima, non c'era alcun riscaldamento...bene, OK, c'è il riscaldamento ma non è dovuto a noi... OK, bene, forse è dovuto in parte a noi ma gran parte di esso è naturale... OK, bene, forse gran parte di esso è dovuto a noi ma gli impatti non sono così cattivi e ci possiamo adattare... e così via. Stiamo vedendo che i negazionisti del cambiamento climatico stanno ritraendo quella scaletta verso una posizione secondo la quale sarà troppo costoso fare qualcosa per esso, così possiamo adattarci o possiamo impegnarci nella cosiddetta geo-ingegneria. E' qui che sembra che stiano andando a parare, stanno spostando le proprie truppe dalle linee del fronte della contestazione della scienza, riposizionandole lungo un nuovo fronte che ha a che fare con l'economia e la politica. Stanno lentamente scendendo lungo quella scaletta. Ma il fatto è che non possiamo permetterci questo se vogliamo evitare cambiamenti potenzialmente catastrofici nel clima. Dobbiamo mettere sotto controllo le nostre emissioni di combustibili fossili entro pochi anni, non decenni.
Hai parlato di come sia sempre più chiaro a sempre più persone che è questo che sta accadendo, ma è troppo tardi? Sembra esserci un numero sempre maggiore di studi in uscita che dicono che in realtà non c'è modo di evitare i 2°C. Qual è la tua sensazione? Possiamo ancora evitare i 2°C o stiamo inevitabilmente andando verso un loro superamento?
Possiamo. Vorrei rispondere ad alcuni degli studi che che sostengono che non possiamo farlo. Se lavoriamo attraverso l'assunto di base tutto quello che stanno dicendo in realtà è che non avremo la volontà di farlo. Non c'è prova che sia fisicamente impossibile evitare un riscaldamento di 2°C. E sicuramente vero che con ogni anno di inazione, quella curva che descrive quanto presto dobbiamo portare le emissioni a un picco e quanto rapidamente esse debbano declinare, quella curva diventa sempre più irta. Ora è il caso che dovremo abbassare le nostre emissioni di gran lunga più rapidamente nei decenni. Avremmo potuto rendere l'atterraggio dolce se avessimo preso in mano le nostre emissioni un decennio o due fa. Il fatto è che ora dobbiamo realmente subire la transizione molto rapidamente e ciò significa che dovremo prendere alcune decisioni difficili se vorremo evitare un riscaldamento di 2°C. Con tutta probabilità ciò significa mantenere le concentrazioni di CO2 al di sotto delle 450 parti per milione. Ora ce ne sono circa 400, quindi se facciamo il conto questo significa che dobbiamo portare le emissioni da combustibili fossili a un picco nel giro di qualche anno e cominciare a diminuirle molto drammaticamente.
Ciò significa che dovremo transitare più rapidamente a fonti energetiche alternative. C'è un'importante dibattito che avrà luogo sul ruolo che avrà il nucleare. Lo stesso ruolo che potrebbe avere il gas naturale, un cosiddetto 'combustibile di transizione', in questo dibattito, anche se qui c'è ogni sorta di ammonimento. Col gas naturale viene un gran numero di altri rischi e complicazioni e, ovviamente, il nucleare comporta a sua volta dei seri rischi. Ci è stato ricordato giusto un anno e mezzo fa a Fukushima. Il fatto è che ora siamo in una posizione in cui dobbiamo contrattare i rischi. John Holden, il Consigliere Scientifico Presidenziale ha un buon modo di inquadrare ciò: “ci impegneremo in una qualche combinazione di mitigazione, adattamento e sofferenza”. La discussione ora è in realtà su quanto di ognuna di esse desideriamo tollerare e l'enfasi relativa che dobbiamo mettere su ognuna di quelle opzioni.
Ciò significa che dovremo transitare più rapidamente a fonti energetiche alternative. C'è un'importante dibattito che avrà luogo sul ruolo che avrà il nucleare. Lo stesso ruolo che potrebbe avere il gas naturale, un cosiddetto 'combustibile di transizione', in questo dibattito, anche se qui c'è ogni sorta di ammonimento. Col gas naturale viene un gran numero di altri rischi e complicazioni e, ovviamente, il nucleare comporta a sua volta dei seri rischi. Ci è stato ricordato giusto un anno e mezzo fa a Fukushima. Il fatto è che ora siamo in una posizione in cui dobbiamo contrattare i rischi. John Holden, il Consigliere Scientifico Presidenziale ha un buon modo di inquadrare ciò: “ci impegneremo in una qualche combinazione di mitigazione, adattamento e sofferenza”. La discussione ora è in realtà su quanto di ognuna di esse desideriamo tollerare e l'enfasi relativa che dobbiamo mettere su ognuna di quelle opzioni.
Poco tempo fa ho parlato con Kevin Anderson al Tyndall Climate Centre. La sua analisi è fondamentalmente che abbiamo bisogno di un taglio del 10% delle emissioni a partire da ora. E' stato molto critico che ho fatto con lui con alcuni dei suoi colleghi, in quanto percepiva che all'interno della comunità degli scienziati del clima ci fossero persone felici di dire ai nostri leader quello che essi vogliono sentirsi dire o di dare una versione più edulcorata della realtà delle cose. Hai trovato facile mantenerti saldo nel raccontare le cose come stanno quando a volte la tentazione è quella di dire “Oh bene, non va così male...”?
Ovviamente dobbiamo equilibrare un certo numero di considerazioni nel modo in cui comunichiamo la scienza e le sue implicazioni al pubblico. Ho visto colleghi presentare un quadro così pessimistico che questo corre il rischio di ricevere il contrario della risposta cercata. La gente, anziché dire “accidenti, è un bel problema, dobbiamo fare qualcosa, trovare una soluzione, lavorare in direzione della soluzione di questo problema”, alza le braccia e dice “è troppo tardi per fare qualcosa, quindi guiderò il mio Hummer e vivrò uno stile di vita dissoluto perché non c'è nulla che possiamo fare su questo, comunque”. Credo che sarebbe estremamente dannoso se questa fosse la risposta che dovessimo riscontrare nel pubblico, quindi è importante presentare un po' di ottimismo, dove è giustificato, perché ci sono alcune ragioni per l'ottimismo. Abbiamo affrontato problemi ambientali in precedenza e li abbiamo mitigati, li abbiamo affrontati prima che si trasformassero in disastri ancora peggiori, che fossero le piogge acide o l'assottigliamento dello strato di ozono. Quindi ci sono precedenti storici per credere che potremmo essere all'altezza della sfida per risolvere anche questo problema. Ci sono importanti sviluppi che hanno avuto luogo nel campo delle energie rinnovabili in anni recenti, Ci sono calcoli credibili degli scienziati del NOAA (National Oceanographic and Atmospheric Administration) qui negli Stati Uniti.
Circa un anno fa essi hanno pubblicato uno studio che ha mostrato che potremmo probabilmente soddisfare il 70% dei nostri bisogni energetici entro più o meno 20 anni attraverso una combinazione di energia solare ed eolica. Potenzialmente fino al 85% se cominciamo a tenere in conto anche la geotermia ed altre fonti energetiche. Possiamo vedere la luce alla fine del tunnel. Possiamo vedere un futuro tra un paio di decenni in cui saremo in grado di ottenere l'energia di cui abbiamo bisogno in modo pulito qui negli Stati Uniti e in tutto il resto del mondo. Il fatto è tuttavia che dobbiamo costruire un ponte per quel futuro e ciò significa prendere alcune decisioni difficili, ma c'è ragione di essere ottimisti. Possiamo arrivarci se ci impegniamo in una discussione in buona fede sui rischi che dobbiamo scambiarci nel costruire quel ponte per un futuro di energia rinnovabile. Il problema qui negli Stati Uniti ed altrove è che non c'è, nella discussione, la buona fede che ci doveva essere sulle soluzioni al problema, perché abbiamo ancora politici che agiscono essenzialmente come portavoce degli interessi dei combustibili fossili, che continuano a negare persino che il problema esista. Se riusciamo a superare questo, allora c'è una luce in fondo al tunnel. Possiamo vedere il modo di risolvere questo problema prima di impegnarci di fatto in cambiamenti davvero pericolosi per il nostro clima.
Circa un anno fa essi hanno pubblicato uno studio che ha mostrato che potremmo probabilmente soddisfare il 70% dei nostri bisogni energetici entro più o meno 20 anni attraverso una combinazione di energia solare ed eolica. Potenzialmente fino al 85% se cominciamo a tenere in conto anche la geotermia ed altre fonti energetiche. Possiamo vedere la luce alla fine del tunnel. Possiamo vedere un futuro tra un paio di decenni in cui saremo in grado di ottenere l'energia di cui abbiamo bisogno in modo pulito qui negli Stati Uniti e in tutto il resto del mondo. Il fatto è tuttavia che dobbiamo costruire un ponte per quel futuro e ciò significa prendere alcune decisioni difficili, ma c'è ragione di essere ottimisti. Possiamo arrivarci se ci impegniamo in una discussione in buona fede sui rischi che dobbiamo scambiarci nel costruire quel ponte per un futuro di energia rinnovabile. Il problema qui negli Stati Uniti ed altrove è che non c'è, nella discussione, la buona fede che ci doveva essere sulle soluzioni al problema, perché abbiamo ancora politici che agiscono essenzialmente come portavoce degli interessi dei combustibili fossili, che continuano a negare persino che il problema esista. Se riusciamo a superare questo, allora c'è una luce in fondo al tunnel. Possiamo vedere il modo di risolvere questo problema prima di impegnarci di fatto in cambiamenti davvero pericolosi per il nostro clima.
Nel libro c'è un capitolo con un titolo del tipo 'Inizia la controffensiva', in seguito al 'Climategate' [il furto di email di scienziati del clima ed il successivo e ben coordinato tentativo di sostenere che esse mostrassero un tentativo concertato di falsificare la scienza e di ingannare il pubblico, un tentativo successivamente screditato]. Come credi stia andando questa controffensiva? Credi che nelle discussioni la scienza stia tornando in maniera forte e riguadagnando un punto d'appoggio molto più forte?
Penso di sì. Penso dove si guardi che i media trattano il problema più chiaramente. Prendiamo il cosiddetto 'Climategate', che è un termine terribile, perché di fatto l'unico crimine è stato il furto criminale delle email! Ironicamente, il Watergate è stato uno scandalo a causa del furto. Non è stato a causa dei materiali che ha trovato Nixon! Quindi c'è stata un crudele ironia in come è stato inquadrato. Le forze del negazionismo sono state molto efficaci nell'inquadrare quel problema all'interno dei media. Da subito esse hanno aiutato ad inquadrare la narrazione e molti nei media hanno adottato la loro narrativa acriticamente. Ma ciò è stato in parte dovuto, come sostengo nel libro, che ci fosse già un contesto, un ambiente in cui i media erano ricettivi a quel messaggio dei bastian contrari, forse perché c'era una sensazione, dopo “Una Scomoda Verità” (il film con Al Gore) e la copertura delle conseguenze dell'uragano Katrina, di quasi saturazione della copertura del problema del cambiamento climatico. E quasi come se ci fosse la sensazione che il problema fosse stato sovrastimato, esagerato. Nel 2005-2006, molti dei miei colleghi stavano dicendo che il dibattito sulla scienza fosse finito e da quel momento in poi sarebbe stato solo una questione di dibattere le politiche e gli impatti ed io sapevo che questo non era vero. Sapevo che ci sarebbe stata un'opportunità per le forze negazioniste di tornare in trincea. C'era quell'euforia, una falsa compiacenza, all'interno della comunità scientifica. C'era anche un'opportunità, fra i negazionisti del cambiamento climatico, di sfruttare il fatto che i media erano andati quasi fuori di testa nel modo in cui avevano coperto il problema – storie in prima pagina, come la rivista Time, con orsi polari in mezzo a ghiaccio alla deriva con il titolo a caratteri cubitali “SIATE PREOCCUPATI, SIATE MOLTO PREOCCUPATI!”
Ciò ha quasi creato una caricatura del problema del cambiamento climatico. A la narrazione dei media a volte diventava stantia. Dire solo che il cambiamento climatico è davvero un male è una vera minaccia, la gente viene stordita dal messaggio. E così i giornalisti sentivano di dover trovare una nuova narrazione e quella nuova narrazione è stata una che ironicamente avevano contribuito a creare, per esempio che la scienza in qualche modo era stata sopravvalutata, che la preoccupazione era stata sopravvalutata. Il fatto che essa aveva un briciolo di verità era solo perché c'è stata una copertura fuori di testa del problema da parte di alcuni media. Ma ciononostante quella è diventata la nuova narrazione ed il pendolo della Finestra di Overton – ciò che è accettabile nel dibattito pubblico – è oscillatto indietro nella direzione opposta. Le forze negazioniste si sono impadronite di questo. Le email rubate, la cattiva fede, attacchi disonesti contro l'IPCC, cogliere il fatto di un inverno rigido negli Stati Uniti, come se il fatto da solo avesse qualcosa a che fare con il riscaldamento globale e il cambiamento climatico in atto, sé tutto unito come una tempesta perfetta e ha permesso alle forze del negazionismo di tornare in trincea.
Nel libro la inquadro come “La Battaglia delle Ardenne”. E' stata un'ultima resistenza. Credo che ci guarderemo indietro e diremo che questa è stata l'ultima resistenza opposta dal negazionismo del cambiamento climatico. Ora stiamo passando oltre a questo, ma non senza un costo. Il costo di quei 5, o 6, o 7 anni di inazione che sono stati comprati con una cinica campagna di disinformazione si traduce potenzialmente in miliardi, se non trilioni, di dollari di perdite nei settori del cibo e delle risorse idriche, danni all'economia a cause di pesanti impatti meteorologici come l'uragano Sandy, gli 11 disastri collegati al meteo e al clima da più di un miliardo di dollari che abbiamo visto nel 2011 ed i danni ancora più grandi del 2012. Quindi c'è stato un enorme costo per la società nell'aver ritardato il controllo delle nostre emissioni di combustibili fossili. Gli anni di inazione significano che sarà molto più costoso avere a che fare col problema, adesso. E' una manutenzione ritardata. Ci costerà molto di più adesso, a causa della transizione più rapida che dovremo subire nell'allontanarci dai combustibili fossili. E' per tutte queste ragioni che la campagna di disinformazione da parte di interessi particolari per ritardare l'azione non è stata solo un crimine contro l'umanità, ma un crimine contro il pianeta. Penso che in futuro la guarderemo in questo modo.
Nel libro la inquadro come “La Battaglia delle Ardenne”. E' stata un'ultima resistenza. Credo che ci guarderemo indietro e diremo che questa è stata l'ultima resistenza opposta dal negazionismo del cambiamento climatico. Ora stiamo passando oltre a questo, ma non senza un costo. Il costo di quei 5, o 6, o 7 anni di inazione che sono stati comprati con una cinica campagna di disinformazione si traduce potenzialmente in miliardi, se non trilioni, di dollari di perdite nei settori del cibo e delle risorse idriche, danni all'economia a cause di pesanti impatti meteorologici come l'uragano Sandy, gli 11 disastri collegati al meteo e al clima da più di un miliardo di dollari che abbiamo visto nel 2011 ed i danni ancora più grandi del 2012. Quindi c'è stato un enorme costo per la società nell'aver ritardato il controllo delle nostre emissioni di combustibili fossili. Gli anni di inazione significano che sarà molto più costoso avere a che fare col problema, adesso. E' una manutenzione ritardata. Ci costerà molto di più adesso, a causa della transizione più rapida che dovremo subire nell'allontanarci dai combustibili fossili. E' per tutte queste ragioni che la campagna di disinformazione da parte di interessi particolari per ritardare l'azione non è stata solo un crimine contro l'umanità, ma un crimine contro il pianeta. Penso che in futuro la guarderemo in questo modo.
Hai iniziato la tua carriera con le spalle larghe o da dove vengono le tue spalle larghe? Quando è cominciata tutta la storia del Climategate, ti sentivi di avere le spalle larghe a quel punto? Se no, com'è stato il processo per farsele?Hai dovuto svilupparle in tutta fretta , com'è stato?
Penso che sia una strada a doppio senso. E' un'esperienza di apprendimento per molti dei miei colleghi – direi anche per la comunità scientifica nel suo insieme – riconoscere che questa strategia si stava rivoltando contro gli scienziati. Essi lo hanno già visto prima, con scienziati del clima come Steve Schneider e Ben Santer. Ma nessuno lo aveva realmente inquadrato in questo modo. Ho cercato di farlo nel mio libro quando mi sono espresso su questo. Suppongo che, in una certa misura, parte di quello che ho cercato di fare nei miei tentativi di sensibilizzazione, nel mio libro, ecc. è di educare i miei colleghi scienziati al fatto che, come ha detto la rivista Nature, ci troviamo in una battaglia di strada con coloro che cercano di discreditare noi e la nostra scienza, che cercano di prendere in giro la gente. E noi dobbiamo riconoscere che queste sono le tattiche che vengono usate contro di noi. Ciò non significa che dovremmo usare noi stessi le tattiche di lotta da strada, ma dobbiamo avere strategie efficaci per combattere questi attacchi. Di nuovo, la miglior difesa è un buon attacco, quindi se possiamo usare queste opportunità di fare divulgazione positiva, di far passare il messaggio positivo di quanto la scienza ha da dire, su quanto abbiamo bisogno di fare per affrontare la sfida. Se possiamo trasformare queste situazioni in opportunità di promuovere quel messaggio positivo, allora non solo difendiamo noi stessi dagli attacchi, sconfiggiamo i nostri detrattori perché gli stiamo ribaltando il tavolo addosso. Mi piace pensare che abbiamo visto un po' di questo negli ultimi anni. Per esempio, con l'Heartland Institute ed il tracollo che hanno avuto l'anno scorso, quando le loro tattiche sono state smascherate pubblicamente, quando hanno avuto parecchie critiche dalla stampa. Similmente, coi fratelli Koch, che finanziano così tanto la negazione organizzata del cambiamento climatico qui negli Stati Uniti. Ovviamente, qui negli Stati Uniti, il network dei media di Murdoch è un attore importante nella campagna di negazione del cambiamento climatico. Ma anche gente come i fratelli Koch. Per il lungo tempo nel quale hanno operato sotto il radar, si stavano allontanando dal finanziamento i gruppi impegnati in attacchi alla scienza e agli scienziati in cattiva fede, dagli sforzi propagandistici. Per lungo tempo sono stati in grado di fare questo senza ripercussioni. Durante gli ultimi anni, abbiamo visto uscite mediatiche che vogliono mostrare la campagna di negazione sul cambiamento climatico. Potresti aver visto una serie di articoli sul Independent da parte di Steve Connor. Ha vinto un premio lo scorso anno all'Unione Geofisica Americana per il suo servizio su cambiamento climatico e politica del cambiamento climatico. Ha scritto una serie di due o tre articoli recenti su come quasti interessi privati abbiamo finanziato una campagna invisibile per screditare la scienza del clima e per screditare l'energia rinnovabile. C'è una altro articolo recente che descrive come gli interessi particolari dei combustibili fossili hanno pagato persone per protestare contro l'energia rinnovabile per 20 dollari all'ora. E' quasi certamente solo la punta dell'iceberg. Sappiamo che ciò è avvenuto su scala anche più vasta, ma sui media stanno appena cominciando a prendere piede. Su internet, nei newsgroup e nei blog, sappiamo che ci sono individui che vengono pagati da interessi particolari per postare commenti contrari, per aiutare a creare l'illusione una opposizione con base ampia all'energia pulita. E il classico prato finto e sta per iniziare ad essere smascherato come non gli è mai successo prima.
C'è un termine usato nel libro alcune volte, quella che chiami la “Strategia del Serengeti” su come la persone vengono mirate e prese una ad una. Prima che accadesse questo, sentivi di avere quel tipo di sostegno o sentivi di aver bisogno di costruire un sostegno più forte fra tutti, e come lo hai fatto?
A quel punto mi sono stato indurito dalle battaglie. Sono stato duramente attaccato dai soliti sospetti – gruppi di copertura, gruppi di copertura finanziati dall'industria ed i loro sostenitori pagati. Più di un decennio fa, quando la Mazza da Hockey è diventata un'icona del dibattito sul cambiamento climatico, sono diventato oggetto di attacchi duri e in malafede, non solo sulla mia scienza, ma sulla mia persona. In quella situazione o affondi o nuoti e, fortunatamente, avevo amici e colleghi che erano passati in qualcosa di simile in precedenza, gente come Steve Schneider e Ben Santer, che sono stati presenti per darmi sostegno e darmi consiglio su come affrontare quegli attacchi. Quindi c'era una rete di sostegno lì per me. Parte di quello che ho cercato di fare adesso, adesso che gente come Steve Schneider purtroppo non è più con noi, è di sostenere e consigliare un'intera nuova generazione di scienziati più giovani che sono oggetto degli stessi tipi di calunnia e attacco. Mi piace pensare di essere parte di una nuova rete di sostegno per scienziati più giovani.
Se dovessi consigliare qualcuno che per la prima volta si sedesse ed aprisse una email da parte di qualcuno molto aggressivo e spiacevole, di punto in bianco, quale sarebbe il tuo consiglio?
Sarebbe di non rispondere a quella email. Questa è la prima cosa. Infatti, una delle cose più importanti è quella di non fare errori iniziali. Una delle tattiche usate dai nostri detrattori è quella di esporre gli scienziati che non hanno mai avuto a che fare con cose simili ad un improvviso attacco furioso al vetriolo nella speranza he rispondano irrazionalmente, che faranno degli errori, che diranno cose che non avrebbero dovuto dire nella foga del momento. Quindi, è estremamente importante non reagire. Di non fare nulla di precipitoso. Parlate ai vostri colleghi anziani che potrebbero essere passati attraverso questo tipo di cose in precedenza e che possono fornire consiglio su come difendersi da attacchi e calunnie. Usate la rete degli scienziati e delle organizzazioni che sono lì per aiutare gli scienziati ad affrontare quegli attacchi. Mi viene in mente l'Unione degli Scienziati Preoccupati (Union of Concerned Scientists). Essi sono stati la fuori durante gli ultimi anni a fare workshop alle conferenze scientifiche, scrivendo documenti su come fare, facendo tutto ciò che possono per assistere gli scienziati – specialmente i giovani scienziati – nell'affrontare circostanze ostili, circostanze in cui sfortunatamente gli scienziati si trovano sempre più spesso, perché ci sono interesse forti ai quali non piace il messaggio della loro scienza.