domenica 12 agosto 2012
Ignoranza rinnovabile
Di Herman Daly
Da The Daly News. Traduzione di Massimiliano Rupalti
Siamo nati tutti ignoranti come capre. Dopo aver accumulato una vita di conoscenza, tutti moriamo tempestivamente. Bambini ignoranti prendono il posto di vecchi 'imparati'. La conoscenza è una risorsa esauribile. Sì, librerie e banche dati sono in aumento, ma la conoscenza, alla fine, deve stare nella testa delle persone vive per essere efficacie ed evolvere. Libri non letti, video non visti e hard drive spenti sono inerti.
Come Sisifo, spingiamo la pietra sulla collina solo perché rotoli giù di nuovo. Il progresso non è completamente illusorio. Tuttavia, fa 3 passi in avanti seguiti da 2 e mezzo indietro. Le generazioni successive ripetono gli errori precedenti. E ne inventano anche di nuovi. Ogni soluzione ad un dato errore viene normalmente dimenticata entro 2 o 3 generazioni e le dobbiamo imparare di nuovo. Ma non è tutto male, dopotutto i bambini sono deliziosi e i vecchi sono scontrosi, quindi l'ignoranza è una benedizione. La vita è di più della sola conoscenza. L'aspettativa di vita è aumentata, quindi i vecchi sanno di più quando muoino, lasciando ai bambini ancora di più da imparare.
Un massiccio trasferimento di conoscenza ad ogni generazione è un'inevitabile necessità e questo trasferimento non è automatico. Richiede due decisioni: i vecchi devono decidere quale conoscenza vale la pena di insegnare e i giovani devono decidere quale vale la pena di imparare. Alcune conoscenze passano entrambi i filtri e diventano la base per condurre il futuro e per nuove scoperte. Altre conoscenze non riescono a passare uno o entrambi i filtri e vanno perdute. Proprio come il mondo sta sempre a un raccolto mancato dalla fame di massa, allo stesso modo sta ad un trasferimento generazionale dall'ignoranza di massa.
Cosa sappiamo di questi due filtri generazionali della conoscenza? Cosa lasciano passare e cosa trattengono?Non conosco davvero la risposta, ma ho un'ipotesi, presa dalle riflessioni di E.F. Schumacher su Tommaso D'Aquino e René Descartes. D'Aquino diceva che anche la conoscenza incerta delle cose più alte merita più della conoscenza certa delle cose infime. Al contrario, Descartes credeva che solo la conoscenza che ha le certezza delle geometria meritasse di essere conservata e che la conoscenza incerta dovesse essere abbandonata anche se riguardava le cose più alte. Questi due filtri hanno dei pregiudizi di selezione molto diversi. Nelle loro forme estreme, essi rappresentano opposti errori di giudizio su quale conoscenza conservare e su quale gettare a mare.
Quale errore stiamo commettendo più probabilmente oggi? Io credo che noi stiamo dando eccessiva enfasi a Descartes e diamo troppo poca attenzione a D'Aquino. Io intendo le “cose alte” di D'Aquino con gli scopi, la conoscenza sui giusti scopi. Mi riferisco alle cose infime come alle tecniche – come fare qualcosa in modo efficiente, presumendo che debba essere fatto, in primo luogo. Abbiamo sviluppato troppo la nostra conoscenza relativamente certa della tecnica e lasciato sottosviluppata la nostra meno certa ma più importante conoscenza del giusto scopo. I vecchi sembrano più interessati ad insegnare la tecnica che lo scopo e i giovani con compiacenza sembrano più interessati ad apprendere la tecnica che lo scopo. Così sviluppiamo sempre più potere, soggetto sempre meno ad uno scopo. Come dice il fisico Steven Weinberg, più la scienza rende l'universo comprensibile e soggetto al nostro controllo, più sembra renderlo inutile e meno il nostro controllo è guidato da uno scopo.
Questi pensieri mi fanno ripensare a un dibattito pubblico al quale ho partecipato al LSU negli anni 70, riguardo la costruzione dell'Impianto Nucleare di River Bend, vicino a Baton Rouge. Ho presentato ragioni economiche e di sicurezza per credere che l'impianto non si dovesse costruire, che c'erano fonti di elettricità più economiche e sicure, ecc. Dopo la mia presentazione, un consulente nucleare del MIT ha fatto la sua replica per conto della Gulf States Utilities. Consisteva per intero nella presentazione di un modello in scala del nucleo del reattore e della spiegazione del suo funzionamento. Non ha mai replicato a nessuna delle mie argomentazioni o detto una parola sul perché il reattore dovesse essere costruito. Ma questo sfoggio di tecnica ha vinto facilmente nel dibattito. Alla fine, tutti si accalcavano intorno al suo modello indicando qui e là e chiedendo come funzionasse. Le domande tecniche “come...” avevano fatto completamente piazza pulita delle domande di scopo “per cosa”. Forse avevo bisogno di un modello in scala della fusione di un nucleo! Forse mi serviva un corso di pubbliche relazioni. Avrei anche dovuto fischiettare Dixie.
Mi sono anche ricordato di una conversazione con un amico che era il curatore del film sulla Biblioteca del Congresso. Mi ha raccontato che le tecniche di registrazione digitale ora erano così avanzate ed economiche che la libreria avrebbe presto registrato e conservato tutto ciò che appariva in TV, o su youtube, o alla radio, su Twitter, ecc. Così storici e studiosi potevano in seguito decidere cosa fosse importante e di valore. I bibliotecari avrebbero evitato questa difficile decisione qualitativa ed allo stesso tempo si sentirebbero a loro agio per il fatto di non imporre i loro giudizi di merito agli storici futuri. Mentre capisco questo punto di vista, non posso condividerlo, perché mi sembra ancora un esempio di una domanda di “come” che scalza domande sul “per cosa” - uno spostamento che probabilmente continuerà coi futuri studiosi “senza valori” a cui beneficio deve essere salvato questo attico quasi infinito di spazzatura.
La conoscenza viene offerta come panacea in questo momento. I giovani vengono spinti a fare grossi debiti per “prendere una laurea” e vengono rassicurati che la crescita economica permetterà loro di ripagarli con gli interessi e ad uscirne in anticipo. Molti sono stati delusi. In quanto persona che ha passato oltre 40 anni della propria vita nelle università, dubito di questa esaltazione della conoscenza, anche se nell'argomentare l'economia di stato stazionario mi sono rifatto ai limiti fisici non ai limiti di conoscenza, lasciando aperta la questione di quanto sviluppo qualitativo potrebbe essere sostenuto entro un stato stazionario biofisico senza crescita quantitativa. Anche i “limiti della conoscenza” ai quali ho fatto riferimento sono di per sé conoscenza, conoscenza dei limiti fisici, principalmente le leggi della termodinamica piuttosto che qualsiasi altro limite intrinseco alla conoscenza in sé.
Sebbene io sia avido di conoscenza da sostituire la crescita fisica per quanto possibile, la rinnovabilità di fondo dell'ignoranza mi fa dubitare che la conoscenza possa salvare la crescita economica. Inoltre la conoscenza, anche quando aumenta, non cresce esponenzialmente come i soldi in banca. Qualche antica conoscenza viene confutata o cancellata da nuova conoscenza e qualche nuova conoscenza è la scoperta di nuovi limiti biofisici o sociali alla crescita. La nuova conoscenza deve sempre essere una sorpresa - se potessimo prevedere il suo contenuto la conosceremmo già, quindi non sarebbe davvero nuova. Contrariamente alle comuni aspettative, la nuova conoscenza non è sempre una piacevole sorpresa per l'economia della crescita – molto spesso sono cattive notizie. Per esempio, il cambiamento climatico da gas serra è stata un recente nuova conoscenza, così come la scoperta del buco nell'ozono.
Una cosa che ho imparato sulle università è che molto di quello che vi viene insegnato oggi è basato sulla teoria del valore del lavoro. “E' stata dura per me imparare questo, quindi deve avere valore il fatto che ve lo insegni”. Questo è un filtro generazionale povero e si trova anche in economia, che fra tutte le discipline è quella dovrebbe saperlo meglio! Inoltre, molta conoscenza abbandonata avrebbe dovuto fare la selezione ma non lo ha fatto. Infatti l'intero campo della storia del pensiero economico è stato tagliato dal piano di studi per far posto a più econometria – l'arte di fingere di misurare correlazioni effimere e tenui fra variabili mal definite in un mondo dove le relazioni da misurare cambiano più rapidamente di quanto si accumulino i dati per stimarle. La concezione degli economisti classici di economia di stato stazionario non è totalmente scomparsa, ma quasi.
Sta solo cercando una soluzione per salvare tutto? No. Io ho una soluzione? No. Quindi mi fermerò qui chiedendo semplicemente che noi tutti, giovani e vecchi, ci prendiamo un pausa e con calma consideriamo il giusto equilibrio fra le domande “per cosa” ed il “come” come filtri per il passaggio di conoscenza generazionale. Aiutiamo i bambini ad affrontare meglio il perenne problema dell'ignoranza rinnovabile.