giovedì 8 agosto 2013

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul cambiamento climatico

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

di Antonio Turiel

Cari lettori,

Luis Cosin ha preparato il seguente saggio, una sintesi eccellente sui gas ad effetto serra e il cambiamento climatico. Questo post è molto opportuno, perché apre la strada al terzo (ed al momento ultimo) racconto distopico che pubblicherò lunedì prossimo.

Leggete con attenzione il post di Luis, perché lo merita.

Saluti.
AMT

EFFETTO SERRA: CAUSE, SITUAZIONE ATTUALE E PROSPETTIVE
di Luis Cosin

1. Un po' di fisica

I corpi caldi emettono parte della loro energia sotto forma di radiazione elettromagnetica (la luce, per esempio, è una radiazione elettromagnetica).
La lunghezza d'onda dipende dalla temperatura. Maggiore è la temperatura, minore è la lunghezza d'onda (e maggiore l'energia).

A basse temperature, i corpi emettono onde radio (grande lunghezza d'onda) e nella misura in cui si riscaldano, la lunghezza d'onda diminuisce, passando a microonde, infrarossi e arrivando a quantità apprezzabili di luce visibile al di sopra dei 1.300°C  (circa 1.600°K o gradi Kelvin).
Per questo, diciamo che un corpo diventa “rosso vivo” quando raggiunge questa temperatura (comincia ad emettere quantità importanti di luce rossa).
Il Sole ha una temperatura superficiale di circa 5.000 °K e per questo lo vediamo giallo chiaro in un giorno limpido.


Nella gamma di temperature della superficie terrestre (da -50 a +50), la lunghezza d'onda associata va da 2 a 30 micron (nell'infrarosso vicino).

Casualmente, molte piccole molecole gassose presenti nell'atmosfera in quantità apprezzabili, come il vapore acqueo (H2O) e il biossido di carbonio (CO2) captano il calore proprio a queste frequenze e le trasformano in calore (vale a dire, in agitazione molecolare).
In questo modo, captano il calore che emette la superficie e impediscono che questo ritorni nello spazio. Siccome la radiazione solare si mantiene più o meno costante, l'equilibrio energetico risultante fa sì che la temperatura della superficie aumenti. Ciò è conosciuto come effetto serra.

Non tutte le molecole assorbono con la stessa efficacia né con la stessa frequenza. Per questo si parla di Potenziale di Riscaldamento Globale (PRG), che è una misura utilizzata per la capacità che hanno i diversi gas ad effetto serra nella ritenzione del calore nell'atmosfera. Il biossido di carbonio (CO2) si usa come base per tutti i calcoli e il suo potenziale di riscaldamento globale viene preso come 1.

I principali gas ad effetto serra, secondo questo calcolo, sono:


  • Il vapore acqueo (H2O)
  • Il biossido di carbonio (CO2)
  • Metano (CH4) con un PRG fra 23 e 60.
  • Ossidi di Azoto con un PRG attorno a 270.
  • I clorofluorocarburi, con un PRG fra 9.000 e 11.000.

Di questi, i primi tre si trovano naturalmente nell'atmosfera (anche se la loro concentrazione sale a causa dell'attività umana) e gli ultimi due sono essenzialmente il prodotto dell'attività umana. Gli ossidi di azoto provenienti dai combustibili fossili hanno un peso significativo caldo che c'è nelle città.

L'effetto serra è essenziale per la vita: senza la presenza dei gas ad effetto serra, la temperatura superficiale del nostro pianeta sarebbe di circa 33°C inferiore, attorno a -18°C, incompatibile con la vita.

All'estremo opposto il pianeta Venere, con un'atmosfera densa dal grande contenuto di metano e altri gas ad ES, ha una temperatura superficiale di circa 400°C.


2. I cambiamenti antropogenici

La CO2 e il metano sono i cavalli di battaglia perché immettono la maggior parte delle emissioni



La C02 attualmente è presente in quantità di 400 ppm (parti per milione) nell'atmosfera. Recentemente abbiamo raggiunto un picco. Nell'era pre-industriale, circa 250 anni fa, si stima che la sua concentrazione fosse di 250 ppm.

Da quando gli esseri umani hanno iniziato ad usare i combustibili fossili, la concentrazione di CO2 ed altri gas ad ES è raddoppiata.

In questo senso è preoccupante l'incremento nell'uso del carbone, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Il carbone (Carbonio puro) è il maggiore emettitore di CO2 per unità di energia generata, con una grande differenza rispetto al resto dei combustibili fossili (che contengono una maggior percentuale di Idrogeno e, pertanto, generano più acqua e meno CO2).

Il problema nello stimare le conseguenze di questo fenomeno su grande scala è che ci mancano dati sufficienti che permetterebbero di collegare la concentrazione di Gas ad Effetto Serra (GES) e la temperatura. Ci sono registrazioni meteorologiche affidabili solo da 100-150 anni, che è un periodo geologicamente insignificante.

Tuttavia, siamo sicuri che dietro l'incremento dei GES c'è l'attività umana e possiamo arrischiarci, con modelli più o meno precisi, le conseguenze che avrà questo aumento a medio termine.

3. Cosa ci aspetta

Una delle particolarità dell'effetto serra è che si autoalimenta, i modi principali sono quattro:

  • Diminuendo la superficie coperta di ghiaccio riflettente  (che provoca l'effetto contrario: “Effetto albedo”), la superficie della terra assorbirà più radiazioni e, pertanto, più calore dal Sole. 
  • All'aumentare la temperatura media dell'acqua degli oceani, aumenta proporzionalmente l'evaporazione. Sappiamo che il vapore acqueo è un gas a effetto serra e pertanto maggiore è la presenza di umidità nell'aria, più il riscaldamento accelera.
  • Inoltre, alcuni suoli coperti dal permafrost tengono immagazzinate, sotto una spesso strato di ghiaccio, quantità importanti di metano proveniente dalla decomposizione di materia organica. Se questo permafrost si fonde, il metano uscirà nell'atmosfera ed aumenterà la ritenzione del calore.  
  • In terzo luogo, esistono alcune formazioni geologiche chiamate “clatrati” o “idrati di metano” che sono “gabbie” di ghiaccio che contiene metano al suo interno. Si pensa che ne esistano in grandi quantità nel letto dell'oceano (si crede che ci sia 3.000 volte più metano in queste formazioni di quello presente in atmosfera). Queste formazioni sono stabili solo a grandi pressioni e basse temperature. Se la temperatura dell'acqua aumenta a sufficienza, possono destabilizzarsi e liberare grandi quantità di metano in un breve lasso di tempo (quella che si conosce come “ipotesi di fusione dei clatrati”). L'ultima volta che ciò è accaduto, si pensa si stato 251 milioni di anni fa, in un periodo denominato Permiano e che coincise con l'estinzione di massa di molte specie, che probabilmente non riuscirono ad adattarsi ad un cambiamento del clima troppo intenso e troppo rapido




Nella misura in cui diminuisce la disponibilità di combustibili fossili a bassa impronta di CO2 (gas naturale e petrolio leggero, principalmente), molti paesi in via di sviluppo, molto popolosi come Cina e India, stanno tornando al carbone e questi aumenta il proprio peso nella produzione di energia primaria.

La Cina apre una nuova centrale termica ogni settimana.

Entrambi i paesi dispongono di importanti riserve di carbone ancora da estrarre (le più grandi dopo Stati Uniti e Canada).

Riserve mondiali di carbone (nel 2002):

Produzione di carbone nel 2006:


Possiamo presumere che, con grande probabilità, molti paesi sviluppati seguiranno questa strada in futuro.

Oltre a questo c'è l'inquinamento diretto, che si traduce in una cappa di “smog” sulle grandi aree urbane, come Pechino e Dehli, con nubi dense visibili dal satellite e che ricordano il grande smog di Londra nel 1952 (uno dei fattori scatenanti della costruzione di centrali nucleari nel Regno Unito).

Ciò che fa questa cappa di carbonio è accelerare il processo di riscaldamento.

Che conseguenze avrà su di noi?


  • In primo luogo, e a breve termine, una maggiore temperatura media presupporrà cambiamenti nel regime e nella quantità di piogge: ci sarà più vapore acqueo atmosferico, il che provocherà più piogge e più intense in modo globale. Tuttavia, i cambiamenti nelle correnti marine ed atmosferiche faranno si che lo schema ed il regime di dette piogge siano diversi da quelli attuali. Forse troppo diversi perché le coltivazioni tradizionali si possano continuare a fare nelle zone che sono attualmente adatte ad esse. La prima conseguenza, pertanto, è un'interruzione importante dell'agricoltura e dell'allevamento. Quanto più rapido e brusco sarà il cambiamento, quanto più gravi saranno le conseguenze e minore il tempo di adattamento. 
  • A breve e medio termine, assisteremo ad una migrazione di ecosistemi verso zone climaticamente favorevoli. Di conseguenza, molte malattie endemiche potrebbero cambiare area di influenza per i cambiamenti migratori e di abitudine dei loro vettori di trasmissione (zanzare, topi, bestiame, ecc.). 
  • In terzo luogo, e a medio termine, nella misura in cui l'acqua dell'oceano si scalda, aumenterà di volume (per la dilatazione e per l'aggiunta di acqua proveniente dallo scioglimento). La stima attuale più accettata dà cifre fra i 40 e gli 80 cm di aumento verso il 2100. Si stima che l'Antartide, completamente fusa, porterebbe un aumento del livello del mare di 60 metri e la Groenlandia contribuirebbe per più di 7 metri. Nell'ipotesi che si fondesse tutto il ghiaccio delle calotte polari (compresa la Groenlandia, che ha uno strato di ghiaccio di quasi 3 chilometri di spessore) il livello medio dei mari potrebbe salire fra i 50 e i 70 m (in alcuni luoghi sarà di più, in altri meno, per effetto della gravità e dei movimenti di livellamento che la redistribuzione del peso dello strato di acqua oceanica causerà nella crosta terrestre). Ciò potrebbe far scomparire quasi 1/6 del territorio abitabile attuale. Le misurazioni satellitari confermano l'aumento medio del livello del mare: 

4. Cosa si può fare

A rischio di cadere nel pessimismo, è poco probabile che i processi che contribuiscono al cambiamento climatico si arrestino, e possiamo dare come praticamente per certo che tutte le riserve economicamente praticabili  di carbone ed altri combustibili fossili verranno bruciate nei prossimi anni

Pertanto, bisogna solo agire sulla velocità con la quale si produce il cambiamento

Nelle parole di Pollard (seconda legge della complessità):
“Le coso sono come sono per una ragion. Se vuoi cambiare qualcosa, conoscere la ragione aiuta. Se quella ragione è complessa, il successo del cambiamento è improbabile ed adattarsi a come sono le cose probabilmente è una strategia migliore”

Dovremmo essere capaci di diminuire la velocità fino ad arrivare ad un ritmo che ci permetta di adattarci ai cambiamenti nella misura in cui questi si cominciano a produrre. Cambiamenti nell'agricoltura e nell'allevamento (che non si improvvisano e necessitano anni per essere attuati), nella distribuzione delle risorse necessarie come l'acqua potabile, l'apparizione di nuove regioni con clima abitabile, ecc.  

Qui, ancora una volta, ci scontriamo con l'inerzia del nostro comportamento. Secondo la legge di Pollard del comportamento umano: 

"Facciamo ciò che dobbiamo (il nostro imperativo personale ed inevitabile del momento), poi facciamo ciò che è semplice e poi facciamo ciò che ci diverte. Non rimane mai tempo per cose che sono semplicemente importanti”

Saremo capaci di farlo?

Riferimenti:

mercoledì 7 agosto 2013

Prospettive sul cambiamento climatico: il Canada in fiamme




Di Alexander Ac
Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR

Col cambiamento climatico in atto, spesso ci sono entrambi gli estremi atmosferici allo stesso tempo. Mentre il Canada veniva martoriato da alluvioni da record a Calgary  e Toronto, enormi super incendi  stavano infuriando nel Quebec Settentrionale. Secondo le statistiche disponibili (vedete sotto), questo è il terzo incendio più grande almeno dal 1959 ed ha bruciato quasi altrettanta foresta (1,6 milioni di acri) di quanta ne hanno bruciato tutti gli incendi di quest'anno negli Stati Uniti.


Ecco il fuoco visto dallo spazio dallo spettroradiometro MODIS:
























Ed ecco gli incendi da terra:


Diamo un'occhiata alla dimensione storica degli incendi in Canada dal 1959, da quando sono disponibili i dati:


















L'incendio di Eastmain il il terso più grande nella storia del Canada, visto che non sono avvenuti incendi più grandi dal 2000. Fonte: Canadian Forest Service.

E se guardiamo in una prospettiva di più lungo termine l'area di foresta dal 1921, vediamo la tendenza in aumento dell'attività degli incendi:

Fonte: Flannigan e de Groot 2009 (presentazione in PDF).


A proposito della tragica morte dei 19 vigili del fuoco quest'anno in Arizona, vediamo i dati degli incendi forestali degli Stati Uniti:

Sei degli incendi record stagionali sono avvenuti tutti dopo il 2004. Fonte: National Interagency Fire Center.


L'aumento degli incendi è la combinazione di cambiamento climatico e dalla soppressione aggressiva degli incendi dopo la seconda guerra mondiale, che ha permesso una crescita molto più densa delle foreste. Una volta che cominciano a bruciare, gli incendi della corona sono praticamente impossibili da spegnere. Il cambiamento climatico e l'aumento relativo della siccità (meno umidità nel suolo), temperature più alte e le ondate di calore più intense si aggiungono alla combinazione mortale. Per questo, le foreste americane si trovano nel più grande deficit di incendi degli ultimi 3.000 anni.

Ma in confronto a quelle russe, le foreste statunitensi sembrano proprio in forma! Guardate il grafico seguente:

I puntini blu e rossi mostrano la dimensione annuale delle foreste bruciate in Russia secondo le due metodologie, i puntini verdi mostrano la dimensione delle foreste bruciate negli Stati Uniti sul periodo di tempo più lungo (come mostrato nel precedente grafico separatamente). 

In Russia, questa stagione degli incendi sembra essere silente (al contrario degli estremi del 2010 o del 2012), quindi non c'è da preoccuparsi. Perché allora, un paese ricco di petrolio e gas naturale deve prendere in prestito 40 milioni di dollari dalla Banca Mondiale per combattere gli incendi forestali?

Così, chiaramente, stiamo assistendo ad un assaggio di cosa accadrà alle nostre foreste se il cambiamento climatico continua inesorabile. 


venerdì 2 agosto 2013

Siamo tutti negazionisti climatici

Praticamente tutti noi minimizziamo o cerchiamo di far apparire normali gli enormi problemi climatici che abbiamo

Di Mary Pipher 15 luglio 2013

Da “Time Ideas”. Traduzione di MR


Vista aerea degli edifici che emergono dai fumi che ammantano Wuhan, nella provincia centrale cinese di Hubei, il 3 dicembre 2009. AFP / GETTY IMAGES


Una volta mentre ero in un aeroporto, un tale ha notato che stavo leggendo “Caldo: vivere nei prossimi cinquanta anni sulla Terra.” Si è affacciato per leggere e ha detto con tono cospiratorio: “lo sa che sono cazzate allarmiste?”. Gli ho chiesto: “Non pensa che il clima del mondo stia cambiando?” “I cambiamenti sono parte di un ciclo naturale. La CO2 non riscalda l'atmosfera, Il sole scalda la terra”, ha replicato. Quando gli ho chiesto cosa pensava che sarebbe successo nei prossimi secoli, ha risposto: “Penso che il sole tornerà a raffreddarsi e tutto andrà bene alla fine”. Ho rispettosamente dissentito e me ne sono andata velocemente a prendermi un panino. Ho imparato a non discutere troppo a lungo con persone che non “credono” nel cambiamento climatico antropogenico. Penso che sia impossibile far ragionare qualcuno al di fuori di una posizione sulla quale lui stesso non ha ragionato. Ma il fatto è che persino coloro fra noi che credono che il cambiamento climatico si generato dall'uomo sono parzialmente negazionisti per quanto riguarda gli enormi problemi globali e quasi ognuno di noi minimizza o cerca di far apparire normale la situazione.

(In aggiunta: Mi scusi, ma la copertina del TIME non ha previsto l'arrivo di un'era glaciale? - vedete anche qui)

Il nostro negazionismo è comprensibile. La nostra specie non è attrezzata per rispondere alle minacce poste dal riscaldamento globale. Gli esseri umani sono fatti per trovare cibo e riparo, per riprodursi e per godere gli uni degli altri. Siamo geneticamente programmati per reagire alle minacce scappando o combattendo e, inizialmente, la nostra crisi ambientale non sembra permetterci di fare né l'una né l'altra cosa. Siamo più bravi ad affrontare problemi concreti, a portata di mano, familiari e che richiedono capacità e strumenti di cui siamo già in possesso. La nostra tempesta globale è invisibile, senza precedenti, prolungata e causata da ognuno di noi. Noi abbiamo sistemi di eccitazione del Paleolitico, cervelli Neolitici, istituzioni medievali e una tecnologia del ventunesimo secolo – non un buon mix per risolvere i nostri problemi climatici. E così ci sentiamo paralizzati e il nostro credere di essere impotenti può diventare una profezia che si autoavvera. In una crisi che sembra impossibile da affrontare, ma troppo spaventosa da ignorare, molta gente vive in uno stato che lo psicologo Stanley Cohen chiama “ignoranza volontaria”. Sappiamo e non sappiamo cosa succede. Ma, per dichiarare l'ovvio, non possiamo risolvere un problema che non affronteremo. Gregory Bateson ha detto: “L'unità di sopravvivenza è composta dall'organismo e dal suo ambiente”. La nostra sopravvivenza dipende dalla nostra capacità di riconoscere, discutere ed affrontare la realtà. Una volta che affrontiamo la nostra situazione, possiamo fare progressi in un ciclo di guarigione che parte dalla consapevolezza verso l'azione. E l'azione, specialmente in collaborazione con altri, può essere l'antidoto alla disperazione.

(In aggiunta: I cambiamenti climatici possono rendere più forti gli uragani – e più frequenti)

Quando i problemi ci sembrano troppo grandi, la soluzione è di crescere di più. Naturalmente, ci saranno sempre alcuni negazionisti climatici, ma sempre più di noi si stanno rendendo conto che o sopravviveremo tutti o non sopravviverà nessuno. Lo scorso febbraio, in un giorno freddo e ventoso a Washington D.C., 40.000 persone si sono unite nella più grande azione ambientale nella storia della nostra nazione. Naturalmente, anche con l'azione collettiva, non sappiamo con sicurezza cosa accadrà al pianeta. Ma sappiamo cosa accadrà a noi quando agiremo. Ci sentiremo più vivi, forti e connessi. E saremo più fiduciosi, perché la speranza viene dall'agire in modi significativi verso gli obbiettivi che ci stanno più a cuore.


giovedì 1 agosto 2013

Un gigantesco iceberg si sta staccando dal ghiacciaio Pine Island nell'Antartico

Da “BBC news” del 10 Luglio 2013. Traduzione di MR

Di Jonathan Amos Corrispondente scientifico



Una spaccatura si è aperta lungo tutta l'ampiezza della calotta del Ghiacciaio di Pine Island, creando un nuovo iceberg 

Il Ghiacciaio di Pine Island (GPI), il ghiacciaio più lungo e che scorre più velocemente nell'Antartico, ha prodotto un enorme iceberg.
Il blocco misura circa 720 chilometri quadrati di area – approssimativamente otto volte l'area dell'isola di Manhattan a New York. Gli scienziati hanno atteso che il GPI si staccasse dall'ottobre del 2011, quando hanno notato per la prima volta uno spettacolare taglio lungo la sua superficie. La conferma che la fessura si sia estesa lungo tutta l'ampiezza del ghiacciaio si è avuta lunedì. E' stata osservata dal satellite tedesco TerraSAR-X. Questo incorpora uno strumento radar che può rilevare la superficie del flusso di ghiaccio anche se attualmente l'Antartico è nella morsa dell'oscurità invernale. L'iceberg che si è staccato era parte della calotta glaciale del GPI – il segmento frontale del ghiacciaio che si solleva e galleggia mentre si spinge verso l'oceano. La calotta glaciale arriverà a decine di chilometri oltre la linea di costa. I ricercatori tedeschi hanno ricevuto immagini da TerraSAR-X circa ogni 3 giorni, sperando di capire meglio il processo che preme il ghiacciaio in avanti e lo spinge a fratturarsi. Questo li aiuterà a migliorare i modelli computerizzati che vengono usati per prevedere i futuri cambiamenti nell'Antartico.


Il TerraSAR-X può vedere la superficie della Terra persino quando si trova nell'oscurità e coperta da nuvole.

“Siamo molto impazienti di vedere come si è propagata la frattura”, ha detto la professoressa Angelika Humbert, una glaciologa dell'Istituto Alfred Wegener. “Ci servono leggi adeguate di generazione, per essere in grado di descrivere l'evoluzione della calotta glaciale nei secoli”, ha detto alla BBC News. Gli iceberg piatti molto grandi si staccano dal margine della calotta glaciale ogni 6-10 anni. Gli eventi precedenti di rilievo sono avvenuti nel 2007 e nel 2001. E' un processo naturale e gli scienziati dicono che questo non dovrebbe essere collegato ai cambiamenti climatici reali che stanno colpendo anche quella parte della Calotta Glaciale dell'Antartico Occidentale. Le misurazioni satellitari ed aeree hanno registrato un marcato assottigliamento ed un impeto nella velocità del GIP nei decenni recenti. 


Ciò è stato in parte attribuito alle acque più calde che penetrano sotto, e fondono, la calotta glaciale. La linea di costa del GIP si è ritirata sempre di più verso la terraferma. Il comportamento del ghiacciaio significa che ora si trova sotto stretta osservazione, non da ultimo perché drena qualcosa come il 10%di tutto il flusso di ghiaccio fuori dall'occidente del continente. “Il GIP è il ghiacciaio che che si contrae più rapidamente sul pianeta”, ha spiegato il professor  David Vaughan del British Antarctic Survey (BAS). “Sta perdendo più ghiaccio di qualsiasi altro ghiacciaio del pianeta e contribuisce all'aumento del livello dei mari più rapidamente di ogni altro ghiacciaio sul pianeta. Questo lo rende degno di uno studio”. Il BAS ha recentemente schierato una serie di "giavellotti" attrezzati lungo il GIP per monitorare i suoi movimenti.


Un aereo della Nasa è stato il primo a rilevare la fessura in espansione nell'ottobre del 2011

Quando la grande fessura che si propaga lungo i 30 chilometri di ampiezza del GIP è stata fotografata per la prima volta nel 2011 da una spedizione aerea della NASA, molti hanno pensato che il momento del distacco finale sarebbe arrivato molto rapidamente. Il fatto che ci siano voluti quasi due anni all'iceberg piatto per staccarsi è stata un po' una sorpresa, ammette il professoressa Humbert. Ciò che non dovrebbe sorprendere, dice, è che sia avvenuto in pieno inverno quando l'oceano è coperto da ghiaccio marino. Questa copertura relativamente sottile verrebbe sempre sopraffatta degli stress interni della massiccia calotta glaciale. Ciò che ora sarà interessante, aggiunge, è vedere quanto tempo impiega l'iceberg ad uscir fuori dalla baia che ha di fronte. Potrebbero volerci diversi mesi. Il TerraSAR-X fornirà i dati-spia. L'iceberg più grande del mondo mai registrato è stato il blocco piatto che è diventato famoso come b-15. Quando si staccò dalla Calotta Glaciale di Ross nel 2001, aveva una superficie di circa 11.000 chilometri quadrati. Ci sono voluti anni perché si fondesse mentre si spostava nell'Oceano Meridionale.
Guardate come si è formato l'iceberg gigante












martedì 30 luglio 2013

Il crollo intermittente dell'Impero Romano

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Ho definito la tendenza di alcuni sistemi a collassare dopo aver raggiunto il picco il “Dirupo di Seneca”. Qui parto da alcune considerazioni sul fatto che il collasso possa essere un processo morbido o irregolare che potremmo definire come graduale o intermittente. Prendo l'Impero Romano come esempio, mostrando che esso, di fatto, è declinato molto più rapidamente di quanto non abbia impiegato per crescere. Ma il declino è stato sicuramente tutt'altro che morbido. 

di Ugo Bardi

L'idea di un collasso imminente della nostra civiltà è già abbastanza brutta di per sé, ma ha questo piccolo sviluppo imprevisto nel fatto che il collasso può essere accelerato da ciò che ho chiamato il “Dirupo di Seneca”, dalle parole del Filosofo Romano che per primo ha notato che, “La fortuna è lenta, ma la rovina è veloce”. Il concetto del Dirupo di Seneca sembra avere guadagnato un po' di forza nel Web e molte persone lo stanno discutendo. Di recente, ho trovato un interessante commento di Jason Heppenstall su questo punto sul suo blog “22 billion energy slaves” (22 miliardi di schiavi energetici) che riassume il dibattito come:

”Dalla parte del collasso rapido ci sono quelli come Dmitry Orlov (che basa le sue valutazioni sulla propria esperienza nel vedere l'URRS implodere) ed Ugo Bardi, che si aspetta un declino tipo 'Dirupo di Seneca'. James Kunstler, Michael Ruppert e un bel numero di altri può essere aggiunto allo schieramento del collasso rapido.

In confronto, quelli come John Michael Greer calcolano che ci troviamo di fronte a un'era estenuante di declino terminale punteggiata da gravi crisi che, al momento, sembreranno molto dure a tutti coloro che ne saranno coinvolti, ma che cederanno il passo ad un plateau di relativa stabilità, sebbene ad un livello inferiore di flusso di energia”. 

A dire la verità le due posizioni potrebbero non trovarsi in un così radicale disaccordo fra loro come vengono descritte. L'idea del collasso rapido (alla Seneca) non significa necessariamente che il collasso sarà continuo. Il modello che descrive l'Effetto Seneca da quel tipo di risultato, ma i modelli sono, come sempre, solo delle approssimazioni. Il mondo reale potrebbe seguire la curva in una serie di “asperità” che daranno l'impressione di un certo recupero alle persone che vivranno il doloroso periodo del declino. 

Così, il collasso potrebbe ben essere “punteggiato”: una serie di periodi di temporanea stabilità separati da collassi severi. Ma potrebbe comunque essere molto più rapido di quanto lo sia stata la crescita precedente. Ho discusso questo punto nel mio primo post sull'Effetto Seneca, ma lasciate che ritorni sul tema e che prenda in considerazione uno dei casi meglio conosciuti di collasso: quello dell'Impero Romano. 

Per prima cosa, alcune considerazioni qualitative. La fondazione di Roma risale al 753 AC, mentre la fine dell'Impero d'Occidente viene di solito indicata nel 476 DC, con la detronizzazione dell'ultimo Imperatore d'Occidente, Romolo Augustolo. Ora, fra queste due date, un arco temporale di oltre 1.200 anni, l'Impero ha raggiunto un picco. Quando è successo?

La risposta dipende da quale parametro consideriamo, ma sembra chiaro che, a prescindere dalla scelta che facciamo, il picco non è stato a metà strada – è stato molto più tardi. L'Impero era ancora forte e potente durante il secondo secolo DC e possiamo prendere l'era dell'Imperatore Traiano come quella del “picco dell'Impero” (morto nel 117 DC). Potremmo anche notare che fino ai tempi dell'Imperatore Marco Aurelio (che è morto nel 180 DC), l'impero non mostrava segni evidenti di debolezza, quindi possiamo considerare il picco come avvenuto a metà del secondo secolo DC. Alla fine, la data esatta non ha importanza: l'Impero ha impiegato circa 900 anni per giungere dalla fondazione di Roma al picco del secondo secolo DC. Quindi, ci sono voluti soltanto 400 anni – probabilmente di meno – perché l'Impero scomparisse. Un collasso asimmetrico in effetti, alla Seneca. 

Abbiamo anche alcuni dati quantitativi sul ciclo dell'Impero. Per esempio, guardate questa immagine da Wikipedia.

La figura fa vedere la dimensione dell'esercito Romano lungo l'arco di tempo di esistenza dell'Impero. Con tutte le incertezze del caso, anche questa immagine mostra una tipica forma “Seneca” sia per l'Impero d'Occidente si per quello d'Oriente. Il declino è più rapido della crescita, davvero. 

Ci sono altri indicatori che possiamo considerare sul collasso dell'Impero Romano. In molti casi, non abbiamo dati sufficienti per dire molto, ma in alcuni possiamo dire che il collasso fu, davvero, improvviso. Per esempio, potete dare un'occhiata ad una immagine famosa dal libro di Joseph Tainter “Il Collasso delle Società Complesse”.


La figura mostra il contenuto d'argento di un “denarius” Romano, che nel terzo secolo DC è diventato puro rame. Notate come il declino comincia lento ma poi continua sempre più rapido. Seneca stesso avrebbe capito questo fenomeno molto bene. 

Così, l'Impero Romano sembra che sia stato colpito da un “collasso di Seneca” e questo ci dice che il verificarsi di questo tipo di rapido declino possa essere un tratto comune delle entità che noi chiamiamo “civiltà” o “imperi”. 

E' anche vero, tuttavia, che il collasso Romano è stato lungi dall'essere morbido. Ha attraversato periodi di apparente stabilità, interrotti da periodi di declino estremamente rapido. I cronisti dell'epoca hanno descritto questi periodi di crisi, ma nessuno di loro sembra aver collegato i puntini: non hanno mai visto che ogni crisi era collegata con la precedente e che una portava alla successiva. Il collasso intermittente è stato invisibile per gli antichi Romani, proprio come lo è per noi oggi. 








domenica 28 luglio 2013

Più domande che risposte


Di Max Iacono
Da “The Frog that jumped out”. Traduzione di MR



Di Max Iacono

Riguardo al cambiamento climatico, al picco dell'energia (petrolio, gas e uranio) e ai limiti della crescita più in generale (o alternativamente riguardo alle “tre E” interconnesse di Energia, Economia e Ambiente - Energy, Economy and Environment -) ci sono chiaramente “più domande che risposte”. Ecco la top ten delle mia domande favorite che penso abbiano risposte inadeguate (anche se ce ne sono diverse altre): 


1. E' stato deciso – ma su quale base scientifica se non sul fatto che vari paesi hanno “concordato su questo” politicamente? - … che non dovremmo permettere alla temperatura media della Terra di salire oltre i 2°C rispetto al periodo preindustriale. Ma se 0,8°C stanno già scatenando un tale caos, osservabile e onnipresente, cosa porteranno i 2°C in più? Quando diciamo che i 2°C in più sono “accettabili”, sappiamo di cosa stiamo parlando? Ecco cosa succede dove vivo in questo momento. Ed altre storie simili abbondano in altre parti e luoghi nel mondo. 

2. Per evitare di salire oltre i 2°C non dovremmo emettere più di 600 miliardi di tonnellate di CO2 da ora al 2050 (dando per scontato che dopo il 2050 possiamo essere del tutto liberi dal carbonio). Riguardo a questo problema, vi prego di leggere il seguente e recente rapporto sul clima mondiale e i combustibili fossili fatto dal governo australiano. Al ritmo attuale di emissioni, siamo sulla strada buona per emettere tutte i 600 miliardi di tonnellate consentiti di carbonio nel 2028. Cosa succede dopo il 2050 o il 2028? Di quali tipi di energia si alimenterà il mondo? Quali attività umane saranno eliminate? O semplicemente GONFIEREMO quel limite e ci dirigeremo verso i 3, 4, 5 o 6°C in più?

3. L'energia rinnovabile è presumibilmente la risposta. Ma anche se l'energia rinnovabile potesse essere fatta decollare ad un ritmo per cui le credenze degli accattoni  l'energia fossile venissero rapidamente ritirate e la gran parte dell'attuale infrastruttura e delle installazioni (alcune delle quali costruite solo di recente) diventassero inutili e venissero stornate, che ne sarebbe degli usi energetici (e sono molto significativi) che non si appoggiano all'uso di elettricità? Per esempio, aerei o navi, camion o trattori, macchine per costruzioni pesanti o per l'estrazione mineraria e i molti altri usi che dipendono dal petrolio? Le navi, gli aerei e le macchine pesanti si fermeranno dopo il 2028? E tutti quei turisti che sfrecciano intorno al globo su flotte aeree sempre più grandi, se ne staranno tutti a casa? Per cortesia, leggete i post seguenti sul picco dell'energia e la non sostituibilità del petrolio con l'elettricità di Antonio Turiel qui, qui e qui. Potete invece trovare una sintesi relativa al recente libro “Il pianeta saccheggiato” di Ugo Bardi qui

4. La popolazione mondiale è previsto che raggiunga gli 8 o 9 (o 9,5) miliardi di persone nel 2050. I 2 miliardi di persone in più saranno estremamente povere o ci sarà più crescita economica alla quale potranno partecipare? E se sì, usando quale energia o quali altre risorse in esaurimento o a basso EROEI per alimentarla (per una spiegazione del EROEI, leggete per favore il post di Antonio Turiel sopra)? O forse ci sarà una massiccia redistribuzione della ricchezza? E come potrebbe mai essere accettata dato che ora la gente ricca e le multinazionali non sembrano nemmeno voler pagare la loro parte di tasse? La popolazione mondiale, secondo il recente rapporto dell'ONU potrà essere facilmente di 9,5 miliardi di persone. Ed ecco solo alcuni degli effetti probabili dell'aumento della popolazione umana.

5. E che ne sarà di tutti gli altri problemi ambientali come la deforestazione, lacidificazione degli oceani, la perdita di biodiversità ed ogni sorta di inquinamento tossico? Come verranno affrontati un po' più seriamente di adesso? E quando? Un recente sommario di come fare (quantomeno) una valutazione ambientale complessiva corretta si trova qui. Ma dopo aver fatto una valutazione corretta (forse esiste già), chi sarà poi a seguirla praticamente e come? 

6. Se la società mondiale, la sua economia e la sua politica, saranno completamente trasformate in qualcosa di più sostenibile (più sostenibile dell'attuale capitalismo di mercato neoliberale globalizzato), chi progetterà e realizzerà il programma di trasformazione o il processo e quando comincerà questo lavoro (o sarà come uno dei tanti “processi di pace” in corso adesso che tendono a durare per sempre e ad ottenere nulla ed i cui scopi sembrano essere principalmente foglie di fico, più che altro)? Esistono un sacco di buone idee ed analisi su come l'attuale economia globalizzata funziona in questo momento. Una si trova qui. Ed esistono anche un sacco di buone idee su come potrebbe essere trasformata l'attuale economia globalizzata e in cosa, che potrebbe essere più sostenibile. Una si trova qui. E un'altra, da una diversa prospettiva, si trova qui. Ed una terza qui. E ce ne sono anche molte altre. Ma la domanda chiave è chi deciderà quali di queste alternative dovrà essere perseguita e come verrà fatto? Fino ad ora, sembriamo piuttosto inchiodati al BAU (Business As Usual) o al massimo a cercare di convincere gli altri che per varie ragioni sono meno consapevoli che ci troviamo davvero in un bel casino, forse sperando che qualcosa che sia più all'altezza delle reali sfide pratiche comincerà ad accadere grazie a questo. 

7. E riguardo alle economie ed ai loro problemi, che ne dite del gigantesco e sconcertante debito che chi grandi paesi occidentali (e molte banche) hanno accumulato? Come ci confrontiamo con questo? Ci sarà una iper inflazione massiccia o, se no, cos'altro? Ci saranno più “salvataggi” in stile Cipro? Ecco un riassunto molto breve della situazione del debito italiano. C'è anche il timore che il “salvataggio” in stile Cipro in cui i depositi vengono confiscati possa diventare la normalità in futuro. Lo diventerà? E se sì, quali ne saranno gli effetti (vedete qui e qui)? Oppure, forse, uno o l'altro dei “Sogni Chimerici” (o incubi) descritti nell'articolo seguente (dicasi disastro ambientale) andrà avanti? 
8. Proveremo davvero ad attuare la decrescita e la contrazione economica e a spostarci verso economie più locali ed essenziali cosiddette “sostenibili”? Di nuovo, chi farà questo e quando comincerà il processo in tutto il mondo e sulla scala necessaria? Sarà un processo gestito o sarà il risultato di un collasso lento o massiccio ed improvviso? O forse di una serie di collassi minori? Ci sarà ancora “globalizzazione” e la spedizione di vari beni che potrebbero essere prodotti localmente da un lato all'altro del pianeta? E se la globalizzazione sarà eliminata o ridotta, come verrà presa una decisione tale e chi la attuerà? Alcuni pensano che la globalizzazione sia la risposta e qualcuno pensa invece che sia il problema. Per esempio, qui. Quale analisi è corretta e, in ogni caso, come verranno attuate le conclusioni? L'economia mondiale e la globalizzazione possono essere “gestite”?

9. Ci sarà anche uno sforzo per portare diminuire gradualmente il numero di esseri umani sul pianeta fino ad un numero ragionevole? Per esempio ai circa 2-2,5 miliardi di persone che c'erano 70 anni fa nel 1943, un terzo del numero odierno. In un articolo dal titolo “Riduzione Globale della Popolazione per Affrontare l'Inevitabile”, Il World Watch Institute dice che la popolazione non deve solo non crescere ulteriormente, ma deve essere ridotta drasticamente. E Paul Ehrlich dice cose analoghe qui. Chi deciderà di attuare un tale programma e come? E dove e quando sarà attuato e con quale sostegno politico e impegno?

10. Esiste già ogni sorta di buone analisi (e vengono costantemente migliorate, affinate e aggiornate) a proposito di: a) la natura e la realtà del/i problema/i di cambiamento climatico, picco dell'energia, limiti della crescita, capacità di carico del pianeta e dell'interazione delle tre E e... b) varie altre analisi specifiche delle diverse parti del problema e di CIO' CHE NON SI PUO' FARE, esistono a loro volta (Cioè che non possiamo continuare ad usare i combustibili fossili ed anche che non possiamo continuare a fare diverse altre cose che attualmente facciamo). Sfortunatamente esistono sempre meno analisi e descrizioni specifiche di COSA INVECE DOVREMMO FARE e – più importante – come e chi dovrebbe farlo a a partire da quando. Cioè: a) come dovrebbe essere una nuova società mondiale che sia sostenibile (realmente e non solo come finzione o qualche tipo di ossimoro) in termini specifici, piuttosto che generici - e, più importante, b) come e con quali misure, politiche e programmi, attuati da chi e a partire da quando (e completati quando) potremmo trasformare l'attuale società umana sul pianeta Terra in una nuova società “sostenibile”. Quando comincerà questo processo seriamente e in maniera complessiva?


Se avessi le risposte a tutte (o anche solo ad alcune) delle domande qui sopra, meriterei di sicuro il Premio Nobel per la Pace per aver Salvato il Pianeta o perlomeno la Biosfera o la Razza Umana. Essendo tutti chiaramente non solo obbiettivi Nobili, ma anche degni del Premio Nobel. Ma visto che io non ho le risposte, forse qualcun altro può farsi avanti e rivendicare l'ambito premio? O la risposta sta nell'eliminare anche i Premi Nobel (quando il raggiungimento di molti degli Obbiettivi di Sviluppo del Millennio - Millennium Developement Goals  MDG – è fallito, l'obbiettivo è stato semplicemente spostato in avanti)? Nel qual caso, una petizione veloce mandata sia a Oslo sia a Stoccolma potrebbe facilmente essere il trucco per il quale potremmo tornare tutti al BAU e aspettare e vedere  semplicemente cosa accade.