giovedì 6 dicembre 2012

Il Tramonto del Petrolio

Da “The Oil Crash”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Di Antonio Turiel


Cari lettori,


inizio questo post come finisce quello precedente: con il grafico della previsione dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) contenuto nel suo ultimo rapporto annuale sulla produzione di petrolio riferito allo scenario centrale, quello delle Nuove Politiche. Questo grafico, come già detto, mostra che su scala globale la produzione di petrolio greggio comincerà presto il suo declino. Le previsioni della IEA contengono alcuni elementi diciamo ottimistici, per non qualificarli fantasiosi, in quello che si riferisce alla produzione futura dei giacimenti di petrolio ancora da scoprire e ancora da coltivare, oltre a gonfiare considerevolmente le prospettive dei petroli non convenzionali, coi quali ottiene che nel 2035 si arrivi a marcare i 100 milioni di barili al giorno (Mb/g) dai quasi 87 Mb/g del 2011. Tutto questo lo abbiamo già commentato nel mio ultimo post.

Carlos de Castro ha fatto un interessante commento a questo stesso post sulla corretta interpretazione delle cifre di questo scenario. Mi ha fatto venire in mente di fare un piccolo esercizio, con numeri semplici, per mostrare che, anche nello scenario meraviglioso della IEA per il futuro, le cifre non quadrano. Che, anche nella migliore delle ipotesi per il futuro, stiamo già entrando nella fase di declino del petrolio. Vediamolo.

Ho preso il grafico sopra, l'ho riportato ad alta definizione (600 dpi) ed ho misurato l'altezza relativa delle barre. Poi, mediante un semplice regola del 3, ho convertito le barre in un valore equivalente di produzione per ogni anno rappresentato, espresso in Mb/g. Ecco i miei risultati:



2000   65.9    65.9    65.9    73.8    74.9    74.9    76.7
2005   70.0    70.0    70.0    79.7    82.0   82.0    83.9
2011    68.2    68.2    68.2    80.2    83.2   84.4    86.2
2015    64.1    68.2    68.2    82.6    86.8   89.3    91.7
2020   56.3    65.3    66.5    82.1     88.0   91.1     94.0
2025   48.0    61.1     65.9    82.1     89.2   93.3    95.8
2030   36.7    56.4    65.3    82.1     90.9   94.6    97.6
2035    25.9   52.2    65.3    83.2     93.3   97.0   100.0


Logicamente, e dato il metodo, questi valori hanno un certo margine di errore, ma sicuramente è abbastanza piccolo (per esempio, per il 2035 la produzione totale di petrolio a me risulta di 100 Mb/g mentre il rapporto dice che è di 99,7 Mb/g, quindi probabilmente l'errore delle cifre che do rispetto a quelle reali della IEA dev'essere inferiore allo 0,5%).

A partire da qui ho elaborato un grafico continuo (semplice estrapolazione lineare per gli anni per i quali non abbiamo dati); i colori corrispondono approssimativamente a quelli del grafico della IEA:


























Ricordiamo le diverse categorie. La fascia nera più in basso rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio attualmente in produzione (2011) . La fascia di colore azzurro celeste rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio che sono già conosciuti ma che non vengono sfruttati o per mancanza di domanda o per eccesso del costo di produzione. La fascia di colore blu rappresenta la produzione di petrolio greggio che dovrà arrivare dai giacimenti ancora da scoprire  Tutte le altre fasce rappresentano petroli non convenzionali, succedanei imperfetti del petrolio. La fascia viola rappresenta la produzione dei liquidi del gas naturale  quella gialla viene dalla produzione di tutti i principali petroli non convenzionali eccetto il petrolio da scisti  la fascia rossa è quella del petrolio da scisti e la verde (a differenza del colore usato nel rapporto della IEA) rappresenta i miglioramenti di raffinazione.

Rappresentata in forma continua, anche se con un'estrapolazione lineare fra punti consecutivi, uno si fa un'idea più completa di quale sia lo scenario che la IEA considera come il più prossimo al futuro corso degli eventi. In particolare, il declino dolce della produzione di petrolio greggio si fa più palpabile.


Ma, tornando al commento di Carlos de Castro, questo grafico occulta un fatto fondamentale. Stiamo sommando diverse categorie di idrocarburi dando per scontato che siano equivalenti... ma non lo sono. I petroli non convenzionali, tutti, hanno densità energetiche per volume di circa il 70% di quella del petrolio greggio. Dall'altro lato, i miglioramenti nella raffinazione si riferiscono all'aumento di volume dei prodotti procedenti dalla raffinazione di petrolio, aumento di volume che ovviamente non presuppone un aumento dell'energia che si estrae dal petrolio. Ciò non significa che i prodotti raffinati a partire da un barile di petrolio contengano esattamente la stessa energia di un barile di petrolio, o anche meno, a causa alla perdita nel processo di trasformazione (il Secondo Principio della Termodinamica è sempre in agguato). In realtà questi prodotti contengono più energia di quella del barile originario, perché la loro elaborazione si usa gas naturale, per l'idrogenazione degli idrocarburi più insaturi. Ciò che ovviamente accade è che l'energia dei prodotti raffinati da un barile di petrolio è uguale all'energia del barile originale più quella del gas naturale impiegato per raffinarlo. In ogni caso, i guadagni di energia non vengono dal petrolio ma dal gas, cosicché se ciò che ci interessa sapere è quanta energia proviene dalla produzione di petrolio in sé stessa, dobbiamo semplicemente sopprimere la fascia corrispondente ai miglioramenti di raffinazione. Facendo questi aggiustamenti (i petroli non convenzionali hanno circa il 70% dell'energia in volume del petrolio greggio (*), i miglioramenti di raffinazione non aumentano l'energia del petrolio) otteniamo il seguente grafico, in milioni di barili equivalenti a petrolio greggio al giorno:


























Questo è il grafico che la IEA dovrebbe presentare, se facesse i conti come dovrebbe, cioè riportando i flussi di energia, non i volumi. Come si vede, le prospettive di aumento di produzione, quando espressi in termini di energia associata, sono molto più magre e meno allettanti: passeremmo da 79,5 Mb/g (intesi ora come equivalenti energetici) nel 2011 a 87,5 Mb/g nel 2035.

Nonostante tutto, questo grafico non racconta tutta la storia, visto che è un grafico di energia grezza o totale, ma ci dice quanta energia resta a disposizione della società una volta sottratta l'energia richiesta per la mera produzione energetica, per il mantenimento stesso di questi flussi. Per fare una stima dell'energia netta abbiamo bisogno di conoscere l'EROEI delle diverse fonti di idrocarburi assimilati al petrolio. Ricordiamo che l'EROEI è ricavata dalla formula seguente:

EROEI = Et/Ep

dove Et è l'energia totale prodotta da una fonte e Ep è l'energia necessaria per la sua produzione, entrambe prese lungo tutta la vita utile della fonte in questione. Assumerò che, dato l'elevato numero di giacimenti e sistemi di produzione, che il sistema stia in equilibrio dinamico, cioè che tanto Et come Ep si possano prendere come valori istantanei (semplificazione che in realtà addolcisce il declino). Con questa formulazione, l'energia netta En che ci consegna una fonte energetica durante la sua vita utile (e, se abbiamo molte fonti in momenti diversi della loro vita utile, vale ugualmente in modo istantaneo per tutto l'insieme) è:

En = Et-Ep = Et·(1-1/EROEI)

Ci manca soltanto di conoscere i valori di EROEI di tutte le diverse categorie del grafico della IEA. Conoscere quei valori è un compito difficile e non esente da controversie, a seconda della metologia impiegata. Non farò una discussione accurata di tutti questi valori. Ne proporrò semplicemente alcuni che mi paiono ragionevoli. Siccome i numeri sono sul tavolo, chiunque può giocare con essi e proporre i cambiamenti che gli parranno più opportuni ed ottenere così la propria versione. E' anche il caso di dire che questo esercizio dovrebbe farlo la stessa IEA, di modo da dare un'idea più chiara di quale sia il futuro della disponibilità di energia per la società (perché dare il dato lordo, che include la spesa per l'implementazione ed il mantenimento dei sistemi di produzione di petrolio, è abbastanza ingannevole). Ecco i miei valori; sono tutti costanti nel tempo, il che in realtà addolcisce il declino:

+ Per il petrolio greggio attualmente in produzione assumo un valore di EROEI di 20, in sintonia con le stime più consuete. Un valore tanto alto ha poco impatto, visto che sottrae solo un 5% di energia netta.

+ Per il petrolio greggio non sfruttato, più caro, assumo un EROEI di 5. Alcuni autori lo quantificano in 3 o persino 2, altri in 10. Il valore di 5 mi pare un compromesso ragionevole: sufficientemente piccolo da spiegare che alcuni di questi giacimenti non si siano potuti sfruttare economicamente finora, ma sufficientemente grande da permettere che ora, con prezzi alti, li si possa sfruttare. Ciò implica un ritorno di energia netta del 80% dell'energia lorda.

+ Per il petrolio ancora da scoprire, assumo un EROEI di 3. I giacimenti da scoprire sono prevalentemente in acqua profonde, dove tipicamente si devono perforare 4 o più pozzi secchi prima di arrivare ad uno che produca petrolio. Inoltre, ha dei ritmi di declino più rapidi del petrolio in piattaforma o sulla terraferma, il che implica dover perforare di più o fare perforazione orizzontale. Hanno maggiori problemi di mantenimento e molti si trovano in zone tropicali, dove il passaggio di uragani obbliga a chiuderli periodicamente e causano loro dei danni, aumentando il costo produttivo in termini di Ep. Fanno parte di questa categoria anche i petroli artici, con difficoltà analoghe. Il ritorno di energia netta qui sarebbe il 66% dell'energia lorda.

+ Per i liquidi del gas naturale, assumo un EROEI di 5. Se il gas naturale da cui provengono fosse solo convenzionale, un EROEI di 20 sarebbe più ragionevole, ma una parte molto grande di questi liquidi dovrà venire dal gas non convenzionale, che ha un EROEI molto basso. Di nuovo, un 80% di energia netta su quella lorda.

+ Per i petroli non convenzionali, compreso il petrolio da scisti, assumo un EROEI di 2. Questa categoria comprende prevalentemente i biocombustibili, con un EROEI di 1 o inferiore e gli scisti petroliferi, che ha un EROEI di 3 o inferiore. Ciò comporta che solo il 50% dell'energia lorda arriva ad essere sfruttata come energia netta.

Tenendo conto di tutti questi valori si ottiene il seguente grafico:

Anche questo grafico avrebbe dovuto produrlo la IEA se prendesse sul serio il proprio lavoro e, come vedete, spiega una storia ben differente da quella ufficiale. Secondo questo stesso grafico, l'energia netta di tutti i liquidi del petrolio, anche con la gonfiatissima previsione futura della IEA, giungerebbe al suo picco verso il 2015, con un valore massimo di 79,7 Mb/g nel 2035. Insomma, che ci troveremmo molto prossimi allo zenit dell'energia netta del petrolio, messaggio estremamente allarmante. 

Cosa succederebbe se, invece di proporre delle stime tanto gonfiate come quelle della IEA, facessimo un piccolo bagno di realismo? E' difficile fare una stima precisa di come andrà in realtà la produzione delle diverse categorie di liquidi assimilati al petrolio (per lo meno per me che non sono geologo; i membri di ASPO, tuttavia, hanno delle buone stime di tutte quante). Tuttavia, risulta facile fare un'approssimazione un poco più realistica circa il futuro reale della produzione di petrolio. Approssimazione discutibile, se volete. Qui lascio le ipotesi e i numeri di modo che chi volesse ripeta i calcoli a proprio piacere: 

+ Secondo l'edizione del 2010 del rapporto annuale della stessa IEA, e secondo L'amministratore Delegato della Shell, Peter Voser, il declino dei pozzi di petrolio greggio attualmente in produzione è del 5% all'anno e non del 3,3% , come si evince dal presente rapporto. Rettifico questa tendenza.

+ Di pozzi che attualmente non vengono sfruttati, sicuramente non tutti si potranno mettere in produzione, in parte perché il prezzo del barile perché risultino convenienti è eccessivo perché la società lo possa pagare (abbiamo già detto che, contrariamente a ciò che afferma l'ortodossia economica, l'energia non è una merce qualsiasi e non tutti i prezzi sono pagabili dal nostro sistema attuale), e in parte perché non c'è metodi efficaci per processare questa potenziale produzione (il caso più ovvio è quello che già tante volte abbiamo commentato del giacimento di Manifa, in Arabia Saudita, il cui petrolio ha un contenuto talmente alto in vanadio che non c'è raffineria al mondo che lo possa lavorare). Credo anche che la IEA pecchi di ottimismo in quanto al potenziale di queste fonti. Tenendo conto di tutto ciò, riduco questa quantità alla metà. 

+ In quanto ai giacimenti ancora da scoprire, è risaputo che le stime della IEA presuppongono un ritmo di scoperte che è di 4 volte superiore a quello degli ultimi 20 anni. Aggiungete a questo che in un contesto di instabilità economica la tendenza delle grandi compagnie non è di investire ulteriormente in esplorazione e sviluppo, ma di meno (da 2008 al 2009 l'investimento è crollato del 19%, recuperando solo di poco negli anni successivi quando avrebbe dovuto crescere enormemente per compensare le crescenti difficoltà della produzione). Di fatto, molte compagnie petrolifere hanno tirato i remi in barca ed hanno rinunciato alla ricerca continua di più petrolio. Pertanto, riduco questa quantità ad un quarto di quanto stimato dalla IEA.

+ In quanto ai liquidi del gas naturale, solo un terzo del loro contenuto in massa contiene catene di idrocarburi sufficientemente lunghe da poter essere sfruttate come combustibile per le attuali macchine, raffinato a benzina (ma non diesel, combustibile che pone molte sfide specifiche). Si dovrebbe fare una grande revisione degli attuali motori a benzina perché possano sfruttare direttamente i gas più leggeri (il nome “liquidi del gas naturale” è abbastanza ingannevole), cioè il propano e il metano (si può anche sintetizzare etanolo a partire dall'etano e sfruttarlo direttamente). I costi di adattamento non sono molto elevati, ma richiedono ugualmente un certo investimento al quale la società è poco propensa in tempi di crisi e, inoltre, la cosa vale solo per motori a benzina (quando in Europa la maggior parte del trasporto privato è a gasolio e tutte le macchine pesanti vanno a gasolio in tutto il mondo). Per essere generosi, accetto che un terzo di questi liquidi del gas naturale siano sfruttabili come sostituti del petrolio. 

+ In quanto al petrolio da scisti, abbiamo già detto che le stime sono molto gonfiate. Lo riduco alla metà.

+ Il resto dei petroli convenzionali lo lascio tale quale com'è.

Con queste premesse, il grafico dell'energia netta che otteniamo è il seguente:


Il risultato è visibile: l'anno dell'inizio del declino terminale dell'energia netta è già qui. In realtà, potrebbe essere un qualsiasi anno da qui al 2015, in quanto i dati che ho fornito vengono discretizzati ogni 5 anni e pertanto la datazione non può essere più precisa di quella mostrata. Dall'altro lato, va detto che il picco dell'energia netta del petrolio non significa il picco di tutta l'energia, posto che la maggior parte delle fonti hanno ancora un po' di margine per il loro declino e in parte compenseranno questa caduta. Tuttavia, nella misura in cui il declino del petrolio sia più forte, la caduta sarà più difficile da compensare e ad un certo momento non lontano, associata all'esaurimento della crescita della maggior parte delle fonti, la caduta sarà inesorabile. Per ultima cosa vorrei evidenziare che la caduta dell'energia netta del petrolio non sarà riconosciuta fino a che non sia evidente quella del volume (come era mostrato nel primo grafico), visto che il concetto di energia netta è più difficile da cogliere. Sappiamo già che l'educazione economica classica non può riconoscere il concetto di EROEI, per questo la spiegazione che si darà quando la produzione di petrolio declinerà è che non si sta investendo sufficientemente nell'esplorazione e nello sviluppo (come già sta succedendo in Argentina), senza comprendere che i conti economici non possono tornare se non tornano quelli energetici. Questo darà luogo a dibattiti infiammati che porteranno a politiche sbagliate che faranno più male che bene, a posizioni più radicalizzate e all'adozione finale, in molti casi, di misure draconiane di taglio populista che non risolveranno nulla, anzi, che aggraveranno il tutto. 

Il fatto finale è che l'era del petrolio è giunta alla sua fine. Continuerà ad esserci petrolio disponibile per molti decenni, ma sempre in quantità minori e alla fine sarà un bene di lusso. La nostra epoca di accelerato sviluppo economico, basato sul petrolio a buon mercato è già finita. E' il tramonto del petrolio. E se non lo sappiamo riconoscere, potrebbe essere anche il nostro.

Saluti.
AMT



(*) Nota di Ugo Bardi.

Riguardo al valore del 70% usato per correggere le densità dei combustibili non convenzionali, ho chiesto spiegazioni più dettagliate a Turiel, il quale mi risponde: 

"The bio-diesel used in Spanish blends have an energy density of about 75% that of normal diesel, as you know), according to the specifications by the Spanish Corporación de Reservas Estratégicas (CORES). So it implies a similar percentage with respect to oil, and even less for gasoline.

    Regarding Tar Sans, one should discount the energy contribution by the natural gas used in the upgrading as we are interested in the energy carried by the oil source itself (the same way we discard processing gains); otherwise we are adding up the energy by gas - and yes, this is really problematic for bio-fuels, as their energy mainly comes from gas (besides, you should utterly take this into account when evaluating the EROEI, not to discount this energy twice!!). Taking into account that each barrel of processed tar sands requires about 2.000 cf of gas, that is, 2 MBTU. A barrel of crude oil contains 5,6 MBTU, so even if tar sand-derived oil was like crude oil (it isn't) we would have 65% energy density (from the oil part).

    Natural gas liquids have an energy density of about 60-70% that of oil.

    And for tight oil, as you, I have no data.

    So, at the end I decided to apply a flat rate of 70% to all categories. 

The final result obtained using different assumptions should not deviate very much from this rough estimate."

















































mercoledì 5 dicembre 2012

Io e la Fusione Fredda

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


(Lo scienziato, Dott. Hans Zarkov, lavora giorno e notte per perfezionare un dispositivo col quale spera di salvare il mondo... Il suo grande cervello si sta indebolendo a causa del grande sforzo.)

Alcune persone sembrano pensare che la scienza sia così, ma la vita quotidiana del ricercatore non è per niente simile a quella del Dott. Zarkov che costruisce una nave spaziale in cantina. Nella scienza, come nella gran parte dei compiti della vita, sussiste la regola “1% ispirazione e 99% sudorazione”


Quando dico di aver fatto alcuni esperimenti sulla fusione fredda, nel 1989, vedo che molta gente sembra essere molto interessata a quel mio vecchio lavoro. Non credo che quello che ho fatto sia particolarmente rilevante, ma ho pensato che avrei potuto raccontare quella storia - se non altro per mostrare quanto sia facile essere presi dall'entusiasmo. Ma potrebbe anche essere un modo per mostrare come funziona il metodo scientifico.

Lasciatemi tornare al 1989, quando Fleishmann e Pons hanno dichiarato che potevano ottenere la fusione dei nuclei di deuterio in una provetta. Ricordo distintamente il clima di euforia di quei mesi. Era una scoperta straordinaria: stava per cambiare tutto nella scienza. E non solo nella scienza. Pensavo che anche molte storie di fantascienza avrebbero dovuto essere riscritte.

In luglio di quell'anno, ho fatto un viaggio a Berkeley, per lavorare al Lawrence Berkeley Laboratory durante l'estate. Laggiù avevano uno dei migliori laboratori di elettrochimica del mondo e se c'era qualcuno che era in grado di replicare gli esperimenti di Fleischmann e Pons, questi erano proprio loro. Così, quando arrivai a Berkeley una delle prime cose di cui ho parlato con i miei colleghi è stata la fusione fredda. Sono stato sorpreso di scoprire che erano delusi. Avevano provato a replicare l'esperimento di fusione fredda elettrochimica quasi immediatamente dopo il primo annuncio. Ma non avevano ottenuto niente e avevano concluso che tutta la storia era una truffa o uno sbaglio. Ricordo distintamente di aver sentito il mio capo al laboratorio discutere di fusione fredda al telefono con qualcuno e dire, scandendo bene le parole, “guarda, era solo un errore di misurazione”.

Ho passato quell'estate a Berkeley lavorando su un soggetto non correlato alla fusione fredda, ma non mi ero arreso del tutto. Vedete, l'annuncio di Fleischmann e Pons aveva scatenato tutta una serie di annunci simili. Alcuni dicevano di poter osservare la fusione fredda nei gas emessi dai vulcani ed altri di osservarla in metalli diversi dal palladio, semplicemente esponendoli al deuterio gassoso. L'atmosfera generale ricordava vagamente gli “avvistamenti di Elvis”. Qualcuno vede qualcosa ed immediatamente altra gente riferisce di aver visto qualcosa di simile. Forse l'elettrochimica non era il solo modo per ottenere la fusione fredda. Forse c'erano altri modi, persino migliori! Quindi, appena rientrato in Italia, in Settembre, ho pensato di poter fare qualcosa io stesso. Avevo un laboratorio attrezzato con varia strumentazione per cui, perché non fare un tentativo? In quel periodo non dovevo insegnare ed ero libero dai compiti amministrativi che ho oggi, quindi potevo lavorare relativamente in pace per almeno un paio di mesi.

Non vi tedierò coi dettagli di quello che ho fatto (*). Lasciate solo che vi dica che le mie impostazioni erano ispirate al lavoro di Scaramuzzi ed altri a Frascati e che si basava sul confronto di test fatti sul deuterio e con idrogeno su campioni di palladio. Ma non sono riuscito ad ottenere nulla: nessuna traccia di fusione fredda a prescindere da quello che facevo. Alla fine mi sono arreso. Non sono stato l'unico a rimanere deluso. L'entusiasmo era passato e l'intera faccenda della fusione fredda si stava spegnando. Nessuno riusciva ad ottenere risultati convincenti e diversi ricercatori cominciavano a vergognarsi per essere stati troppo frettolosi nel pubblicare ciò che avevano pensato fosse una prova della fusione fredda. Era diventato ovvio quasi a tutti che il concetto di “fusione fredda” era stato tutto un errore.

Quindi, ecco la storia, più o meno. Ora, possiamo trarne un insegnamento? Forse. Per prima cosa, nella scienza non ci sono cose come esperimenti falliti finché documenti quello che stai facendo e fai una corretta analisi dei dati che ottieni. Naturalmente, i miei esperimenti non potevano provare che la fusione fredda non esiste (**), così come nessun esperimento può provare, oltre ogni concepibile dubbio, che non esistono gli unicorni. Quello che i miei esperimenti hanno potuto provare è che la fusione fredda era lontana dall'essere così facile da ottenere come sembrava allora (non ero il solo ad essere arrivato a questa conclusione). Se mai ci fosse stata una qualche fusione fredda nel mio esperimento, sicuramente avveniva su una scala estremamente piccola e doveva essere molto, ma molto difficile da individuare.

Ma credo ci sia altro che possiamo imparare da questa esperienza. Una cosa è quanto facilmente si possa essere travolti dal clima “ho visto Elvis”. All'inizio, la gente mi diceva che ero un cattivo sperimentatore se non riuscivo ad osservare la fusione fredda. “Su,” dicevano, “tutti vedono la fusione fredda. Perché tu non riesci a vedere nulla?” E, sapete, l'effetto “ho visto Elvis” è forte: alcune volte ho pensato di aver realmente osservato un segnale che mostrava che sì, era in corso una fusione fredda! Ma poi rifacevo l'esperimento ed il segnale era scomparso. Una delle caratteristiche della “scienza patologica”, infatti, è che i risultati sono sempre al limite della sensibilità dello strumento.

Non ero l'unico ad aver visto fantasmi di fusione fredda. Ricordo di aver discusso con un collega che mi ha raccontato che aveva lo stesso problema con il suo esperimento. Usava un rivelatore di neutroni e vedeva lo stesso segnale di emissioni col deuterio e con l'idrogeno. La sua conclusione? Be' non era che il suo rilevatore di neutroni era alquanto inaffidabile, ma che si può ottenere la fusione fredda anche con atomi di idrogeno! Non dirò il nome del collega, ma, fortunatamente per la sua reputazione, sembra che non abbia mai pubblicato questa sua idea.

Alla fine, tuttavia, penso che il punto principale è che il metodo scientifico funziona. E' vero, gli scienziati sono esseri umani, possono essere vittima delle proprie aspettative, dell'effetto “ho visto Elvis” e possono fare errori, naturalmente. Ma, in generale, il sistema esclude i cattivi risultati. E' la scienza, ragazzo mio!



(*) Nel caso siate interessati a questo tipo di cose, vi do qualche dettaglio sull'esperimento. Ho usato un sistema che era stato costruito per studi sulla catalisi. Era costituito da una camera di reazione collegata con una camera in ultra-alto vuoto equipaggiata con uno spettrometro di massa. Nella camera di reazione esponevo il campione di palladio al deuterio a diverse pressioni e temperature. La mia idea era che se la fusione fredda avveniva, sarebbe avvenuta all'interno del reticolo del palladio ed avrebbe generato nuclei di elio che sarebbero rimasti intrappolati lì. Così, dopo la reazione, pompavo via il deuterio, aprivo la camera di reazione e riscaldavo il campione ad alta temperatura in modo da liberare l'elio nello spettrometro di massa. Qui, il problema è che la molecola di deuterio (D2) ha la stessa massa dell'elio atomico, per cui le due masse non si distinguono in un normale spettrometro di massa. Per questa ragione facevo passare il gas emesso dal campione attraverso una trappola costituita da titanio appena evaporato che avrebbe assorbito il deuterio, lasciando il solo elio. Non sarebbe stato possibile eliminare il deuterio al 100% ma, se l'effetto di fusione fredda era significativo, pensavo che sarebbe stato possibile vedere una differenza ripetendo l'esperimento usando del normale idrogeno. Tuttavia, come racconto nel testo principale, non ho mai potuto vedere niente di significativo.

(**) Si potrebbe dire che non ho visto la fusione fredda perché non sono mai potuto arrivare a pressioni veramente alte nel mio sistema. Vero; però, più tardi, altri ricercatori hanno fatto qualcosa di simile usando pressioni probabilmente centomila volte più alte di quelle che usavo io. Non hanno trovato niente nemmeno loro (Silvera and Moshary, Physical Review B, 42, 14, 1990, p. 9143)

lunedì 3 dicembre 2012

La previsione della IEA è fuori da ogni limite ragionevole

Da “Our Finite World di Gail Tverberg.  Traduzione di Massimiliano Rupalti

La International Energy Agency (IEA) fornisce previsioni petrolifere inverosimilmente elevate nel suo nuovo 2012 World Energy Outlook (WEO). L'agenzia dichiara, fra le altre cose, che gli Stati Uniti diventeranno il più grande produttore di petrolio al mondo intorno al 2020 e il Nord America diventerà un esportatore di petrolio dal 2030.

Figura 1. Interpretazione dell'autrice delle previsioni della IEA sulla futura produzione di petrolio nello scenario “Nuove Politiche”, basato sulle informazioni fornite dal World Energy Outlook della IEA del 2012.


La figura 1 mostra che questo aumento deriva soltanto dall'aspettativa di crescita della produzione del tight oil (petrolio da scisti) e dai liquidi del gas naturale. L'idea che diventeremo esportatori nei prossimi anni c'è nonostante la caduta della produzione, perché la “domanda” diminuirà molto.

Le previsioni sul prezzo del petrolio che stanno dietro a queste a ad altre previsioni nel rapporto sono approssimativamente le seguenti: 

Figura 2. Interpretazione dell'autrice dei prezzi medi futuri del petrolio mondiale così come forniti dal WEO 2012 della IEA. (la previsione fornita dalla IEA è più “concava verso il basso” ). Le quantità storiche sono basate sulla Revisione Statistica della BP delle quantità di Energia Mondiale del 2012.

Una ragione per la quale le stime del WEO 2012 sono irragionevoli è perché i prezzi del petrolio sono irragionevolmente bassi in relazione alle quantità di produzione previste nel rapporto. Sembra che questo avvenga perché la IEA dimentica il problema dei ritorni decrescenti. Mentre il petrolio facile da produrre comincia a scarseggiare, e dobbiamo spostarci verso giacimenti più difficili, i costi di estrazione aumentano. Infatti, ci sono prove che il petrolio “intrappolato” a cui si fa riferimento nell'Allegato 1 ha già cominciato a raggiungere i limiti di produzione, agli attuali prezzi. Il solo modo in cui questi limiti di produzione potrebbero essere ragionevolmente superati è con prezzi del petrolio più alti – molto più alti di quanto la IEA presume nelle sue previsioni. 

Prezzi del petrolio più alti causano enormi problemi a causa del loro impatto sull'economia mondiale. La IEA infatti dice, nella sua prima slide per la stampa, che gli attuali prezzi del petrolio agiscono già da freno sull'economia globale. Prezzi del petrolio più alti significano anche che il costo degli investimenti richiesto per raggiungere gli obbiettivi di produzione saranno anche più alti di quanto previsto dalla IEA, aggiungendo un altro impedimento al raggiungimento dei sui livelli di produzione previsti. 

Se i prezzi più alti portano le economie delle nazioni importatrici di petrolio in recessione i prezzi del petrolio crolleranno, riducendo l'incentivo a investire in nuove infrastrutture per la produzione di petrolio. Di fatto, potremmo ritrovarci a raggiungere il “picco del petrolio” a causa di una difficile situazione economica: Mentre sembra esserci un sacco di petrolio a disposizione, il costo della sua estrazione potrebbe arrivare a un punto in cui è più costoso di quanto si possano permettere i consumatori. Di conseguenza, un po' del petrolio che conoscevamo, e che abbiamo contato come riserva, dovrà essere lasciato nel sottosuolo. 

Il FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha recentemente fatto un modello rilevante per questo problema in una saggio dal nome “Petrolio ed Economia Mondiale: Alcuni Futuri Possibili.” (Qui un articolo del Washington Post). Questa analisi potrebbe fornire alcune intuizioni su quale sia la reale situazione.

Il problema dei ritorni decrescenti

Un problema che la IEA non ha adeguatamente modellato è quello del declino qualitativo della risorsa, che porta alla diminuzione dei ritorni e ad un aumento del “reale” (al netto dell'inflazione) costo di produzione. Questa situazione viene spesso descritta come un riflesso del Ritorno sull'Investimento Energetico (EROEI). 

La ragione per cui i ritorni decrescenti sono un problema è perché quando un produttore decide di estrarre petrolio, o gas o carbone, esso cerca la risorsa più economica, la più facile da estrarre, per prima. E solo quando questa risorsa è in gran parte esaurita che il produttore cercherà luoghi dove è presente la risorsa più costosa, più difficile da estrarre. Così, nel tempo, i costi adeguati all'inflazione dell'estrazione di una risorsa tendono ad aumentare. 

Figura 3. Illustrazione dell'autrice degli impatti del declino della qualità della risorsa.

Nei termini del triangolo sopra, i produttori tendono a partire dal vertice, con il “meglio” delle risorse e continuano verso il basso. Un risultato di questo approccio è che il costo per unità di produzione tende a salire, anche laddove ci siano miglioramenti tecnologici e guadagni di efficienza, perché la qualità della risorsa declina.
Le riserve tendono ad aumentare nel tempo con questo approccio, perché mentre i produttori scendono nel triangolo del diagramma, essi vedono sempre un aumento della quantità di risorse di minore qualità. Le nuove riserve sono sempre più costose da estrarre,  al netto dell'inflazione. Benché non ci sia una luce lampeggiante che dice “al di sopra di questo prezzo i clienti non saranno in grado di permettersi di comprare più questa risorsa”. Di conseguenza, la qualità delle riserve sempre più bassa viene aggiunta alle quantità riportate, anche se in certi casi il costo dei prodotti fatti con quelle riserve (diciamo benzina o gasolio) spediranno le economie in recessione.

Andrebbe detto che il problema dei ritorni decrescenti esiste per quasi ogni tipo di risorsa. Sussiste per l'estrazione di uranio poiché ce n'è sempre ancora a disposizione, solo più difficile da raggiungere o in minore concentrazione. I ritorni decrescenti sussistono per oro, rame e per quasi ogni altro tipo di metallo. Ciò significa che spesso ci serve più petrolio per l'estrazione e la lavorazione dei metalli, poiché scaviamo più in profondità e troviamo il minerale misto a più alte percentuali di prodotto di scarto.

Il problema dei ritorni decrescenti sembra sussistere anche per le rinnovabili. Il primo biocombustibile sviluppato è stato l'etanolo dal mais, visto che il processo di estrazione di alcol dal mais è conosciuto da molto tempo. Approcci più nuovi, come l'etanolo da biomassa e biocombustibile da alghe, tendono ad essere molto più costosi. Di conseguenza, quando aggiungiamo nuova produzione di biocombustibile, è probabile che sia più costoso e così più difficile che il cliente se lo possa permettere. Se lo vogliamo, avremo bisogno di sovvenzioni sempre maggiori. 

Anche l'energia eolica è soggetta ai ritorni decrescenti. L'eolico a terra è stato sviluppato per primo ed è di gran lunga meno costoso di quello in mare. Le prime unità eoliche allacciate alla rete elettrica non disturbano la rete stessa in modo molto significativo. Le ultime unità di pale eoliche aggiungono costi sempre maggiori: linee di trasmissione di lunga distanza, immagazzinamento elettrico ed altri bilanciamenti – cose che vengono generalmente trascurate nel fare le prime analisi dei costi. 

I ritorni decrescenti sembrano esserci anche per quanto riguarda l'efficienza energetica. Abbiamo lavorato a lungo sull'efficienza energetica. Abbiamo la tendenza a raccogliere prima i frutti più a portata di mano. Le spese che arrivano in un secondo momento per l'efficienza potrebbero essere meno convenienti.

Perché il petrolio da scisti non aumenterà come nella Figura 1

Il Tight Oil, altrimenti detto “petrolio da scisti” è ritenuto essere il salvatore del petrolio statunitense, se crediamo alla IEA. I movimenti a Bakken e a Eagle Ford ne sono i migliori esempi conosciuti. Le aree migliori sembrano essere state perforate prima e le aree che sono state perforate ora hanno rendimenti bassi. Egli ha anche mostrato che il pozzo medio a Bakken ora richiede un prezzo da 80 a 90 dollari al barile, che è molto vicino al prezzo di vendita recente. Se si desidera un aumento di produzione, il prezzo dovrà cominciare a crescere (e continuare a crescere) per fornire l'incentivo necessario a perforare pozzi in aree meno vantaggiose.

Ci sono anche altri problemi. Se c'è necessità di perforare un numero sempre maggiore di pozzi solo per stare in pari o addirittura un numero ancora maggiore per aumentare la quantità di petrolio prodotta, cominciamo a raggiungere limiti di diversa natura: numero di impianti disponibili, numero di lavoratori disponibili, miglia percorse da parte dell'acqua da usare nel fracking. Forse il problema che limiterà per primo la produzione, comunque, sono i limiti del debito disponibile ai produttori. Rune Likvern ha anche mostrato che i flussi di contante dall'estrazione di petrolio da scisti tendono ad andare “in rosso”, quindi serve una quantità sempre maggiore di finanziamento del debito quando le operazioni aumentano. Ad un certo punto, le imprese giungeranno al limite del loro credito e dovranno smettere di fare nuovi pozzi finché il flusso di contante non recuperi. 

Prove riguardo al tasso di crescita dei costi di estrazione del petrolio

La Bernstein Research ha recentemente pubblicato informazioni che mostrano che il costo marginale della produzione di petrolio era di 92 dollari nel 2011, per quanto riguarda i produttori non OPEC  e non ex Sovietici, al 90% della produzione. Questo costo sta aumentando del 14% all'anno (o circa il 12% all'anno al netto dell'inflazione). Anche a un livello di costo marginale medio, i costi sembrano crescere ad un tasso di crescita composta annua del 9% (o circa il 7% al netto dell'inflazione). Guardate anche questo post su FTAlphaville. Se prendiamo il costo di 92 dollari al barile del 2011 al 90% della produzione e lo aumentiamo del 7% all'anno (probabilmente dovremmo usare un 12% all'anno), il costo reale sarà di 169 dollari al barile nel 2020 e 467 nel 2035. Sono di gran lung amaggiori delle stime dei prezzi fatte dalla IEA e mostrate nella Figura 2. Non c'è ragione di credere che Bakken ed altri costi di produzione di petrolio da scisti sarebbero sostanzialmente più a buon mercato. 

Altri problemi che non sembrano essere stati trattati dal WEO 2012 della IEA

Ci sono altri tre problemi che la IEA non ha ben considerato, secondo me.

1. Aumento reale del fabbisogno di combustibili di alcuni tipi 

Il WEO 2012 mostra un crollo della “domanda” di combustibile. La domanda, per come la definiscono gli economisti, ha a che fare con quanto i clienti possono permettersi. E' ben possibile che la domanda crollerà perché la gente non si potrà permettere i combustibili.

Mi sembra che sarebbe meglio cominciare ad analizzare come il reale bisogno di combustibili stia cambiando. Una volta determinato questo, possono essere fatti degli adattamenti per riflettere su altri modi in cui possano essere forniti gli stessi benefici, sempre che sia possibile.
A proposito del reale bisogno di combustibili, se guardiamo le specie che sono in qualche modo simili agli umani come scimpanzé e gorilla, scopriamo che questi animali non hanno alcun bisogno di combustibili, perché vivono nel modo in cui si sono biologicamente adattati: c'è solo un numero relativamente piccolo di essi (meno di 1.000.000 milione per specie) che vivono in territori che sono limitati per i loro adattamenti biologici. Essi non hanno bisogno di cucinare il cibo o di lance e altri strumenti per tenere lontani i predatori, o di rifugi per ripararsi dagli elementi.

Gli esseri umani non vivono in modo da essere biologicamente adattati. Perché siamo tanti, dobbiamo coltivarci il cibo e raccogliere l'acqua da risorse naturali. Siccome non abbiamo grosse e robuste mascelle e siccome c'è poco cibo facilmente masticabile a disposizione, abbiamo la necessità di cuocere gran parte del nostro cibo. Siccome viviamo in aree diverse del mondo, ci serve un rifugio e dei vestiti adatti. Quando gli esseri umani si spostano nelle città, abbiamo esigenze ancora più grandi. Ci servono antibiotici e vaccini per prevenire epidemie. Ci serve combustibile per il pendolarismo, a meno che non dormiamo sul pavimento della fabbrica dove lavoriamo. Ci servono combustibili fossili per cucinare, perché i combustibili tradizionali come letame o ramoscelli non li abbiamo a disposizione in quantità sufficienti nelle aree urbane. 
Un altro bisogno di combustibile, oltre a rispondere direttamente ai bisogni umani, è per compensare il continuo degrado (entropia) delle infrastrutture costruite. Tutte queste infrastrutture si logorano. Le strade hanno bisogno di manutenzione almeno ogni anno, specialmente nei climi freddi. Le linee elettriche di trasmissione hanno bisogno di essere re-installate dopo ogni grande tempesta. 

Anche la popolazione, naturalmente, sta crescendo. Quando mettiamo questi problemi insieme (aumento del bisogno di combustibili con l'urbanizzazione ed aumento dell'entropia), è chiaro che i servizi agli esseri umani da parte dei combustibili continueranno ad aumentare, che la “domanda”, così come la misurano gli economisti, sembri aumentare o meno. 

Gran parte di questi servizi dei combustibili dovranno venire da combustibili fossili, piuttosto che da rinnovabili, per due ragioni: 1) questo è il modo in cui ora è costruita la nostra infrastruttura ed è costoso e serve molto tempo per cambiarla. 2) Le risorse biologiche sono molto limitate in confronto ai bisogni di 7 miliardi di esseri umani. Secondo Chew, ne Le Ere Oscure Ricorrenti, la deforestazione è cominciata in diverse aree 6.000 anni fa, quando la popolazione mondiale era di circa 20 milioni di persone.

2. Sostituzione del petrolio

La IEA sembra errare nella direzione di assumere che la sostituzione possa essere fatta più rapidamente di quanto non si possa realmente fare. In generale, ogni qualvolta si faccia una sostituzione, devono essere creati nuovi dispositivi che usino il nuovo combustibili o devono essere sviluppate nuove centrali che trasformino un tipo di combustibile in un altro. Fare entrambe queste cose andrà ad aggiungersi temporaneamente alla domanda di combustibili fossili. C'è anche un costo in questo. 

Solo la porzione più pesante dei liquidi del gas naturale possono essere aggiunti direttamente nella fornitura di benzina. Gran parte dei Gas di Petrolio Liquefatti sono usati per altri scopi, come fare plastiche, o propano per il riscaldamento di casa o GPL. Il GPL viene usato per cucinare in alcune parti del mondo e per alimentare veicoli che sono stati progettati appositamente.

3. Aumento di efficienza
La IEA sembra assumere che l'aumento di efficienza può avere un grande impatto sulla necessità di petrolio. La questione sembra perdere di vista è che gli aumenti di efficienza sono una lama a doppio taglio. Quando un dispositivo viene reso più efficiente, l'effetto abituale è che può essere alimentato a minor costo. Questo significa che più gente se lo può permettere e la domanda potrebbe aumentare. All'inizio, l'elettricità era molto costosa. Quando il suo costo è crollato con l'aumento dell'efficienza, il suo uso è aumentato drammaticamente.

Mettere insieme tutti questi problemi

E' molto chiaro per me che la IEA stima il petrolio in modo esagerato, a mano che i prezzi non siano molto più alti. Naturalmente, i prezzi non possono realmente essere molto più alti, altrimenti l'economia entrerà in recessione. Di conseguenza, e probabile che la produzione sia degli Stati Uniti sia del resto del mondomsiano inferiori alle previsioni della IEA.

Sarebbe utile avere una stima migliore di dove è diretto esattamente il mondo. Un modo in cui possiamo farlo è adattando le indicazioni di un nuovo saggio del FMI dal titolo Petrolio ed Economia Mondiale: Alcuni Futuri Possibili. Il lavoro considera che in un qualche momento sconosciuto, da adesso al 2020, il momento in cui il tasso di aumento nella fornitura di petrolio si presume che diminuisca del 1%. Mentre non viene dichiarato nel rapporto, esso mi sembra che ciò sia simila a ciò che è realmente accaduto nel 2005, quando il tasso di aumento della produzione del petrolio è sceso al 1.3% di aumento annuo a 0,1, una diminuzione del 1,2%. (Figura 4, sotto).

Figura 4. Produzione mondiale di greggio (compreso il condensato) basati principalmente sui dati della statunitense EIA, con linee di tendenza misurate dall'autrice.

Ho alcune osservazioni da fare riguardo a un tale adattamento:
(a) Il modello potrebbe essere adeguato per considerare il fatto che un calo nell'andamento del tasso del 1,2% ha effettivamente avuto luogo nel 2005, piuttosto che semplicemente assumere che avverrà una diminuzione del 1% ad un certo e non specificato punto in futuro. Mi par che lo spostamento nell'andamento della linea dell'estrazione di petrolio sia alla base di molti dei problemi nel mondo degli ultimi anni.

(b) Il trattamento nel modello dei ritorni decrescenti dovrebbe essere adeguato. Da quanto ho capito questo viene attualmente considerato assumendo un aumento annuale del 2% dei reali costi di produzione. Il modello potrebbe essere adattato per riflettere un costo annuale più realistico (più alto)  per la produzione di petrolio e, indirettamente, de prezzi alla vendita necessari.

(c) Gli autori del rapporto del FMI suggeriscono di costruire un modello più basato sulle risorse, e sono d'accordo che ciò sarebbe d'aiuto. Ci sono molte interconnessioni che l'attuale modello non è in grado di cogliere adeguatamente. Un modello più basato sulle risorse, specialmente uno che consideri i bilanci dei governi mondiali, sembrerebbe essere migliore.

Cosa penso che stia accadendo adesso



Come indicato sopra, la produzione mondiale di greggio sembra aver raggiunto il plateau, a partire circa dal 2005. Questo sta avendo le sue conseguenze sull'economia con effetti diversi nel tempo. L'effetto maggiore in questo momento sembra essere sulle finanze dei governi che importano petrolio, anche se è cominciato prima, con alcuni aspetti più evidenti.

In generale, ciò che accade quando giungiamo ad una situazione di ritorni decrescenti, e quindi un aumento dei prezzi del petrolio reali, sembra essere quanto segue:

Quando i prezzi del petrolio salgono, il prezzo del cibo e del pendolarismo tendono ad aumentare. Entrambi sono considerati essenziali da gran parte dei consumatori, quindi i consumatori riducono le spese superflue per avere denaro sufficiente per quelle essenziali. Questo porta a licenziamenti nelle industrie superflue, come agenzie viaggi e ristoranti. L'aumento di lavoratori licenziati porta un aumento dei fallimenti e problemi per le banche. L'edilizia e il prezzo di vendita de beni immobili tendono a crollare a causa della domanda in contrazione, aggiungendosi ulteriormente ai problemi di fallimento.

I governi dei paesi importatori di petrolio vengono trascinati in questo in molti modi: (1) Le loro entrate vengono ridotte, perché ne hanno di meno dalle tasse pagate dalla gente che viene licenziata dal lavoro e da aziende con minori vendite. (2) Viene loro richiesto di sostenere le banche che stanno fallendo e di stimolare l'economia. (3) Viene anche chiesto loro di pagare i lavoratori che sono stati licenziati dal lavoro. Il risultato di tutto ciò è che molti governi di paesi importatori di petrolio si ritrovano con enormi buchi di bilancio e la loro capacità di chiudere quei buchi declina. Questo schema è esattamente quello che vediamo oggi in molti paesi dell'Eurozona, degli Stati Uniti e del Giappone.

Le dichiarazioni sull'aumento della produzione di petrolio negli Stati Uniti sono solo una distrazione. I ritorni decrescenti significano che gli Stati Uniti non aumenteranno mai molto la produzione. I costi del petrolio rimarranno alti e questo sarà il reale problema che turberà le economie del mondo. 











domenica 2 dicembre 2012

Il gemello cattivo della Scienza

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Hugo, il gemello cattivo di Bart Simpson

Ogni volta che mi ritrovo a discutere di “fusione fredda”, ho necessità di spiegare perché penso che esista una scienza “buona” ed una scienza “cattiva”; la seconda viene a volte definita anche “pseudo-scienza” o “scienza patologica”. E' un punto perfettamente ovvio per gli scienziati ma molto difficile da spiegare ai non scienziati. Lasciate quindi che vi racconti una discussione che ho avuto con Steven Featherstone, un giornalista e scrittore  americano che mi ha fatto visita per la sua indagine sulla fusione fredda in Italia, che ha recentemente pubblicato sul numero di novembre di “Popular Science”. Riporterò la nostra conversazione in una forma romanzata che, credo, conserva l'essenza di ciò che ci siamo detti l'un l'altro in più di quattro ore di chiacchierata. Queste, ovviamente, non sono le parole esatte pronunciate in quell'occasione, ma Steve è stato così gentile da approvare questa versione. Quindi eccola.


“Cos'è questo arnese?” ha chiesto Steven un po' sorpreso dopo che lo avevo portato nel laboratorio, quando si è trovato di fronte all'enorme macchinario metallico al centro. Era un'enorme ammasso di tubi, flange, connettori ed altro. Due studenti ed un tecnico erano occupati ad armeggiare intorno alla macchina con chiavi inglesi e cacciavit, tenendo d'occhio gli schermi di diversi computer collocati intorno alla macchina. 

“Fondamentalmente è un super-microscopio,” gli ho risposto. “Può vedere gli atomi, uno per uno. Si chiama microscopio a scansione (STM).” 

Steve sembrava impressionato dalla scena e mi ha chiesto: “ma questi studenti cosa stanno imparando esattamente”? La mia prima risposta è stata: “stanno imparando ad usare un microscopio a risoluzione atomica...” Poi me ne sono uscito con qualcosa di differente. “Ma, in realtà, stanno imparando come essere scienziati. Ci vogliono anni.” 

Mentre gli schermi dei computer continuavano a lampeggiare, ho provato a spiegare. “Vedi, Steven, quei due ragazzi, i due dottorandi, stanno facendo una specie di training. Li renderà leggermente diversi dalla media degli esseri umani. Stanno per imparare che, nella scienza, 'l'ordine gerarchico' viene spesso stabilito provando che i tuoi colleghi sbagliano. Nessuno fa il bravo ragazzo in questa faccenda. Qualsiasi cosa tu faccia viene verificata dai tuoi colleghi con lo scopo specifico di provare che ti sbagli. E tu farai la stessa cosa coi tuoi colleghi. E' il modo in cui funziona la scienza.”

Una volta tornati nel mio ufficio, abbiamo continuato la discussione. “Gli scienziati sono esseri umani, naturalmente,” ho detto, “ed errare è umano. Ma il sistema lavora in modo tale che, come scienziato, ti ci trovi 'integrato' e, normalmente, è molto difficile perderne il ritmo. Nella scienza c'è questo stretto sistema di controllo. Scienziati mediocri possono ugualmente fare il loro onesto lavoro, quelli brillanti trovano che i loro voli creativi di fantasia vengono distrutti spietatamente dai loro colleghi.”

“Ma,” ha detto Steve, “se il sistema mantiene sotto controllo il comportamento delle persone, come può esserci una 'scienza cattiva' o una 'pseudo scienza'?”

Mi sono brevemente grattato la testa. “Be'...” ho detto, “sai, Steve, la pseudo scienza è come 'Hugo Simpson', ti ricordi, è un personaggio della serie dei Simpson. Hugo è il gemello cattivo di Bart. Somiglia a Bart, ma non è Bart. Vive in soffitta e mangia teste di pesce crude... Per cui, la pseudo scienza sembra la scienza, ma non è scienza. Gli pseudo-scienziati fanno misurazioni, o almeno ciò che chiamano misurazioni, scrivono saggi, sostengono di aver ottenuto dei risultati. E la pseudo scienza ha accademie, riviste, conferenze, premi, tutto. Ma è tutto diverso, è come Hugo Simpson – non è Bart!”

A questo punto, credo di essere sembrato completamente paranoico agli occhi di Steve, che ha cominciato a guardarmi in modo piuttosto perplesso. Mentre provavo a dire di più, mi ha fermato. “Ok, Ugo,” ha detto, “passiamo alle cose reali. Da quello che mi stai dicendo, è chiaro che ritieni la che la 'fusione fredda' sia pseudo-scienza.”

Non ho avuto nemmeno bisogno di annuire che Steve ha proseguito. “Così, dimmi perché la fusione fredda è pseudo scienza.”

“Steve,” ho detto, “ho letto che hai visitato la centrale nucleare di Cernobyl, giusto”?

“Sì, ci sono stato.”

“Un'esperienza interessante, immagino.”

“Puoi scommetterci.”

“Come classificheresti la centrale di Cernobyl, scienza o pseudo-scienza?”

“Be'... era tutto un casino ma... hmm... mi sembrava proprio scienza. Voglio dire, una cosa seria.”

“Giusto, Cernobyl è stato un disastro, naturalmente. Ma era scienza. Gli impianti nucleari erano stati costruiti da scienziati sulla base di risultati scientifici. E le centrali funzionavano. Hanno prodotto energia per molti anni, finché qualcuno non ha avuto l'idea di fare un test per vedere cosa sarebbe accaduto nel caso ci fosse una perdita improvvisa di alimentazione esterna.”

“E' stato un approccio scientifico”?

"Lo è stato. Gli scienziati hanno questa tendenza ad essere inguaiati dai propri esperimenti. E' successo così tante volte nella storia della scienza! Ma questo è il metodo scientifico: hai un'idea ed hai bisogno di provarla. Vedi, Steve, non sono proprio contento di doverlo dire, ma da quanto ho letto sul disastro di Cernobyl, era un esperimento legittimo. Un esperimento mal progettato, certo, ma legittimo. In un certo senso ha persino funzionato. Hanno imparato ciò che non avrebbero dovuto fare. Un po' troppo tardi, sfortunatamente...”

Steve ha sorriso, “questo mi ricorda lo scienziato che si è iniettato un batterio per provare la sua teoria sulle cause dell'ulcera,” ha detto. “Ha potuto provare che aveva ragione.”

“Sì, conosco la storia. Non dovrebbero permettere a quel tipo neanche di avvicinarsi ad una centrale nucleare! Un mio amico una volta ha detto che per gli esseri umani scoprire l'energia nucleare è stato come se le formiche scoprissero il fuoco... ma questa è un'altra storia.”

“D'accordo,” ha continuato Steve, “quindi Cernobyl era scienza vera e...”

“Sì, fammi arrivare al punto, Steve. Gran parte delle vittime di Cernobyl sono state uccise dalle radiazioni. Se hai una reazione nucleare hai radiazioni: questo è un punto fondamentale. E le radiazioni uccidono le persone, lo sappiamo. Non è avvenuto solo a Cernobyl. Ci sono molti casi di persone che sono state colpite dalle radiazioni – a volte anche uccise. Devi fare molta attenzione quando hai a che fare con le reazioni nucleari. Ho lavorato un po' coi raggi X e con gli isotopi nucleari e posso dirtelo: è una cosa che fa paura.”

“Capisco quello che dici”, ha detto Steve, “intendi che nella fusione fredda non ci sono radiazioni...”

“Sì, le persone sostengono di poter ottenere la 'fusione fredda' non mostra alcun segno di danni da radiazioni, a quanto ne so. Non che mi farebbe piacere che ne avessero dei danni, naturalmente, ma se avessero davvero una fusione nucleare, le energie coinvolte sarebbero immense e...”

“Ma” ha detto Steve “sostengono questo 'eccesso di calore'...”

“Be', vedi Steve, ci sono delle regole. Uno sostiene di avere questo 'eccesso di calore'?, bene, lo puo' fare, ma deve essere verificato. Nella scienza, gli esperimenti devono essere spiegati chiaramente, devono essere revisionati da gente competente, devono essere ripetibili e non solo ripetibili, devono essere realmente ripetuti. E se gente competente non può riprodurre il tuo esperimento, allora non ti metti a dichiarare che c'è una cospirazione contro di te. Ti stai sbagliando e devi ammetterlo. Sai, questo non è arbitrario. Queste regole vengono applicate perché funzionano. Non applichi le regole? Non stai facendo scienza, stai facendo pseudo-scienza. Sei come Hugo Simpson, non il vero Bart.”

Steve sembrava essere un po' pensieroso. “Ma, sai, c'è una cosa riguardo a Hugo Simpson...”

“Sì”

“Ricordi come finisce la storia?”

“Hmm... penso di aver capito cosa intendi.”

“Sì, alla fine si scopre che Hugo è il gemello 'buono', mentre Bart è quello cattivo. Questo potrebbe accadere anche alla pseudo-scienza?”

“Intendi dire scoprire che la pseudo-scienza è la scienza vera?”

“Sì.”

Ho riso . “Certo! In quel caso alcuni scienziati saranno confinati in una soffitta umida e forzati a mangiare teste di pesce crude!”

Anche Steve ha riso. “Pensi che questo possa accadere?”

“Be', è la bellezza della scienza: se puoi provare che la teoria accettata è sbagliata, allora è provato che sia sbagliata, tutti lo accettano. Ma devi fornire buone prove e seguire le regole della scienza.”

“E non pensi che quelli della fusione fredda...”

“Assolutamente no!”

“Ma potrebbero.”

“In principio... sì. Ma, sai Steve, non ho veramente paura di dovermi mettere a mangiare teste di pesce crude tanto presto!”

“Il che mi ricorda qualcosa...”

“Sì! Sai, in Italia possiamo mangiare qualcosa di molto meglio di teste di pesce crude per pranzo!”

“Ne ero sicuro. Andiamo!”








venerdì 30 novembre 2012

World Energy Outlook 2012: fare di necessità virtù

Da “The Oil Crash”. Traduzione di Massimiliano Rupalti




Cari lettori,

lo scorso lunedì 13 novembre l'Agenzia Internazionale per l'Energia (da qui in poi IEA), ha pubblicato l'edizione del rapporto annuale sullo stato dell'energia mondiale, il World Energy Outlook (WEO). Questo rapporto (690 pagine, 70 euro se per fini di ricerca) era molto atteso, visto che i migliori economisti delle IEA ci mostrano in esso i loro modelli di previsione della domanda futura ed è la base delle raccomandazioni che fa la IEA in quanto alla politica energetica per i governi ed è lo strumento col quale si prendono molte decisioni per il futuro. 

Il rapporto è stato ricevuto con la consueta fanfara mediatica, da questa spicca un'affermazione fatta dallo stesso capo economista Fatih Birol, durante la sua presentazione alla stampa: gli Stati Uniti diventeranno il primo paese produttore di petrolio del mondo verso il 2020, superando l'Arabia Saudita verso la metà degli anni 20 e verso il 2030 il paese sarà autosufficiente energeticamente e potrà cominciare ad esportare. Diversi lettori mi hanno contattato via email ed hanno lasciato commenti nel blog, chiedendomi se il miracolo che stavamo aspettando non fosse arrivato alla fine e che il mondo non si dirige verso il caos economico ed energetico. E sia, che alla fine si siano compiuti i desideri di Jaume Barberà (ed anche i miei) espressi alla fine dell'intervista della scorsa settimana?

Dopo aver seguito i rapporti della IEA per alcuni anni ci si abitua alla sensazione agrodolce che lasciano, a grattare oltre le affermazioni di taglio trionfalistico e a guardare ciò che i dati dicono realmente, si vede che sì ci sono notizie positive, ma i dati mostrano anche delle tendenze abbastanza negative e che non ci consentono di guardare al futuro con fiducioso ottimismo. Quest'anno, tuttavia, la sensazione è più amara degli anni scorsi. Perché le notizie reali, quelle che ci mostrano i dati della IEA, non possono essere davvero peggiori. L'unica notizia di taglio nettamente positivo viene dalle aspettative di crescita della produzione in Iraq, le quali potrebbero essere ampiamente sfumate come abbiamo detto in un post recente.

Come è prassi, il rapporto è strutturato in diversi scenari futuri. La stessa IEA si premura come sempre di chiarire che sono scenari, non previsioni ma più propriamente tendenze in funzione di decisioni politiche ed altri sviluppi. Lo scenario centrale o più probabile è quello dell'implementazione di Nuove Politiche (implementazione di politiche proattive da parte dei governi per migliorare l'efficienza e diminuire i costi energetici) e sarà quello che prenderemo a riferimento in questa discussione. Gli altri due scenari che erano già presenti nel WEO 2011 sono quello di Politiche Attuali (fondamentalmente, un Business as Usual, continuazione delle tendenze pre-2010, anche se il reale corso degli eventi rende questo scenario sempre più sfasato) e quello dell'obbiettivo 450 ppm, così denominato perché ciò che si perseguirebbe in esso è la stabilizzazione del contenuto di gas serra nell'atmosfera alla soglia simbolica di 450 parti per milione di CO2 equivalente. A questi tre scenari, gli stessi del WEO del 2011, la IEA aggiunge un quarto scenario stavolta, Mondo Efficiente, nel quale le misure di efficienza vengono adottate in modo radicale. Questo quarto scenario pretende di valutare gli effetti economici del puntare a un mondo molto più efficiente nell'uso di energia di quello attuale, con una dose di ottimismo piuttosto importante, soprattutto per ciò che riguarda le sue implicazioni economiche (sappiamo già che lo spreco è la base del nostro sistema economico). Come d'abitudine, gli scenari si costruiscono in base a delle ipotesi di crescita economica per tutto il globo di un sorprendente 3,5% all'anno in termini reali, anche se “solo” di un 2,1% all'anno per l'insieme dei paesi OCSE e del 1,7% all'anno per l'Unione Europea (pagina 37). Significativamente, la IEA prevede che il prezzo medio del barile di petrolio (in dollari costanti, cioè a parte l'inflazione) si mantenga relativamente alto, a valori che, come sappiamo, sono incompatibili con la ripresa economica secondo i suoi stessi parametri (abbiamo già detto diverse volte che la IEA prende per buono il limite di James Hamilton, che in dollari di oggi rappresenta circa 90 dollari al barile). Notate il contrasto fra l'evoluzione prevista dalla IEA per i prezzi di quest'anno e quella che prevedeva lo scorso anno.

Previsioni dell'evoluzione del prezzo medio del barile di petrolio secondo il  WEO del 2012





Previsioni dell'evoluzione del prezzo medio del barile di petrolio secondo il  WEO del 2011

C'è da rilevare che in solo un anno siamo riusciti a superare il prezzo medio record del barile del 2008 (la serie rappresenta le medie annuali con finestra mobile). Se vi concentrate (attenzione: la scala verticale dell'una e dell'altra figura non coincidono), vedrete che lo scorso anno, miracolosamente, lo scenario 450 rendeva possibile mantenere i prezzi entro il limite della sostenibilità economica. Quest'anno, nessuno scenario riesce a mantenersi a tale livello, a causa della forte ascesa dei prezzi del petrolio (ad essere giusti, la curva dello scorso anno dovrebbe essere corretta dall'inflazione di quest'anno per poterle paragonare, poiché i prezzi dello scorso anno erano in dollari del 2010 e quelli di quest'anno in dollari del 2011; in ogni caso, la differenza osservata è molto maggiore del differenziale dell'inflazione). Pertanto c'è una contrazione implicita nei dati della IEA, visto che i prezzi di tutti gli scenari implicano recessione economica secondo i criteri stessi della IEA. 

Analizziamo quindi in dettaglio i quattro capitoli che sono, ritengo, cruciali nel WEO 2012: la rinascita energetica degli Stati Uniti che ha generato i titoli della stampa generalista, le buone prospettive per la produzione di petrolio in Iraq, la crociata per l'efficienza energetica e il problema dell'uso dell'acqua nella generazione di energia. 

Cominciamo con l'affermazione che gli Stati uniti saranno la nuova Arabia Saudita del petrolio. E' realmente una affermazione scioccante, sapendo, come sappiamo, come si è evoluto il panorama energetico nel mondo e in questo paese durante gli ultimi anni. E' certo che da circa tre anni si sta pubblicizzando molto che negli Stati Uniti sia avvenuta una rivoluzione energetica grazie all'introduzione di nuove tecniche di sfruttamento di formazioni di rocce compatte e di scisti bituminosi (argille). E' il caso di dire che né le tecniche di sfruttamento né le risorse che ora si sfruttano sono veramente nuove; ciò che è nuovo è che risulti vantaggioso sfruttarle economicamente in questo modo, a causa degli alti prezzi del petrolio. Tre anni fa, un tale dispiegamento estrattivo era stato denominato “la febbre del gas”, visto che in quel momento le prospettive meravigliose erano per il gas naturale. La realtà ha mostrato che tali prospettive per il gas naturale erano sovradimensionate (come abbiamo già detto qui due anni fa) e come conseguenza il rendimento degli impianti di gas non convenzionale sono caduti a picco (e questo senza parlare dei problemi ambientali generati dalla tecnica di estrazione usata, conosciuta come fratturazione idraulica o fracking, per abbreviare). Tuttavia, le quantità residue di petrolio e sostanze similari che escono col gas hanno consentito che alcuni impianti abbiano un certo rendimento, propriamente perché il prezzo dell'oro nero è alle stelle; mutatis mutandi, il focus di questi impianti ora si è concentrato sull'estrazione di petrolio e si parla delle meravigliose prospettive di sfruttamento dei giacimenti di petrolio non convenzionale negli Stati Uniti, grazie alle sue formazioni di ardesie bituminose e di roccia compatta. Ma, è questa tanto decantata rivoluzione del gas e del petrolio non convenzionale che sta portando gli Stati uniti ad essere la nuova Arabia Saudita? La questione è già stata analizzata in profondità in altri forum precedentemente, ma vale la pena soffermarsi ora su cosa dice realmente il WEO 2012. 

L'espressione letterale del WEO 2012 rispetto agli Stati Uniti è che gli stessi supereranno l'Arabia Saudita e diventeranno il primo produttore di petrolio del mondo intorno al 2020 e che verso il 2035 saranno, in modo netto, energeticamente autosufficienti. Tutto questo, vedendo i dati del rapporto, è certo, ma non rappresenta affatto una buona notizia. Osservate la figura seguente estratta dalla presentazione alla stampa (documento pubblico).


Osservate che il rapporto accumula produzione di petrolio e di gas (espresse in termini di energia equivalente a quella di eguale quantità di petrolio) con l'intento di mostrare che in realtà gli Stati Uniti sono, in modo netto, autosufficienti energeticamente. Il problema è che gas e petrolio non sono perfettamente fungibili (intercambiabili) ed è dubitabile che in un arco di tempo relativamente breve come è questo si produca una sostituzione rapida dei macchinari che lavorano coi derivati del petrolio perché lo facciano coi derivati del gas naturale. Nemmeno lo si vuol dimostrare, ciò che si vuol dimostrare è che, in modo netto, gli Stati Uniti sarebbero energeticamente autosufficienti. Cioè, l'energia di un tipo sarà in surplus nel 2035 e che pertanto esporteranno (gas) in quantità equivalente all'energia che allora dovranno importare (petrolio). Tale affermazione è già di per sé elusiva, perché nasconde il fatto che il prezzo per unità di energia di petrolio e di gas è molto diverso, frutto della maggior versatilità (e pertanto di maggior valore aggiunto) del primo rispetto al secondo. Pensate che un barile di petrolio, oggigiorno, non va sotto i 100 dollari ed equivale ad un'energia di 5,8 MBTU (millions of British thermal units, milioni di unità termiche britanniche), cioè, ogni MBTU di petrolio vale 17,25 dollari come minimo. Per contro, i prezzi del gas naturale in Europa vanno intorno ai 7 dollari per MBTU (negli Stati Uniti non arrivano ai 4 dollari per MBTU). Pertanto, per una quantità relativa di energia gli Stati Uniti dovrebbero pagare, ai prezzi odierni, più del doppio per il petrolio che importerebbero in relazione al gas che esporterebbero (e questo senza contare i costi aggiunti di impianti sufficientemente capaci di liquefare e ri-gassificare e per il trasporto del gas in navi metaniere). Nel WEO possiamo trovare un grafico più dettagliato della produzione specifica del petrolio: 


Se ci concentriamo sull'evoluzione della produzione di petrolio mostrato dal grafico qui sopra si vede che attorno al 2020 questa tocca il suo massimo con circa 11 milioni di barili al giorno (Mb/g). Secondo la IEA, in quella data gli Stati Uniti saranno i primi produttori di petrolio al mondo. Ma tanto l'Arabia Saudita (primo produttore oggigiorno) quanto la Russia (secondo produttore) in passato hanno superato i 10,4 Mb/g ed attualmente si aggirano su queste cifre. Pertanto, il fatto che gli Stati Uniti arrivino ad essere il primo produttore con 11 Mb/g implica che sia la Russia sia l'Arabia Saudita produrranno al massimo quanto producono ora. Cioè, questi due paesi, i principali produttori di petrolio oggigiorno, avranno probabilmente superato il proprio picco del petrolio nel 2020 e la loro produzione sarà in declino (col grave impatto che ciò avrà sulle esportazioni). Insomma, ciò che si vorrebbe presentare come una buona notizia in realtà è una notizia pessima. Alcuni lettori mi contesteranno forse che in realtà l'Arabia Saudita starà, come sempre, mettendo via parte della sua produzione e che in realtà si può mantenere su questo plateau produttivo per un tempo ancora indefinitamente lungo. 

La questione dell'Arabia Saudita l'abbiamo già discussa in modo esteso e, rispetto alla politica delle quote dell'OPEC farò un post prossimamente, nel quale mostrerò che in realtà l'OPEC già non è in grado di regolare a proprio piacimento la produzione di petrolio. Per i più, è il caso di rilevare che l'innegabile declino produttivo del petrolio convenzionale (striscia azzurra più in basso e i due cunei verso la fine del periodo) viene compensato grazie ai liquidi del gas naturale (striscia violacea che raggiunge il picco a sua volta nel 2020 e che, come sappiamo, non servono per la raffinazione del diesel) e all'aumento spettacolare della produzione di petrolio leggero da formazioni di roccia compatta (striscia rossa). Quest'ultimo aumento è molto impressionante perché la produzione di questo tipo di petrolio aumenterebbe brutalmente dopo una storia produttiva piuttosto ridicola, con un certo incremento negli ultimi due anni. La grande speranza degli Stati Uniti è riposta nella formazione di Bakken, fra gli stati del Nord Dakota e del Montana. Tuttavia, la capacità produttiva di questa formazione è enormemente esagerata, come mostra Matthieu Auzanneau nel suo ultimo post (dato l'interesse di questo post in particolare, sarà ripubblicato tra breve tradotto in italiano). Pensate che il miracolo americano si appoggia principalmente in ciò che accade nella formazione di Bakken e come vedete la storia passata non avvalla l'ottimismo della IEA. Cosicché la storia principale di questo WEO deve essere presa con le pinze. In un paio d'anni dovrebbe divenire chiaro se gli Stati Uniti stia riuscendo ad aumentare la loro produzione a Bakken ai livelli sognati oppure no. 

Ma c'è dell'altro. Secondo l'ultimo Oil Market Report, gli Stati Uniti hanno avuto un consumo medio di petrolio di 19,01 milioni di barili al giorno nel 2011, molto al di sotto dei 21 Mb/g che sono arrivati a consumare nel 2007. Tuttavia, la seconda parte del miracolo statunitense (essere esportatori di energia dal 2035) si basa su una inquietante supposizione: una diminuzione sostenuta del consumo di petrolio internamente al paese. Questo è rilevabile nel grafico che mostra come le importazioni di petrolio degli Stati Uniti andranno riducendosi nei prossimi 25 anni, da 9,5 Mb/g di adesso ai poco meno di 3 Mb/g. Vale a dire, gli Stati Uniti importeranno 6,5 Mb/g in meno di adesso. 


La parte del leone di questa riduzione la fa non l'aumento (un po' favolesco) della produzione interna di petrolio, ma il miglioramento di efficienza nella domanda, la quale giungerà a rappresentare quasi 4 Mb/g dei 6,5 di riduzione dell'importazione. E' un miglioramento nell'efficienza del consumo di petrolio straordinaria. Di fatto, è talmente straordinaria che non si è mai visto nulla di simile sul pianeta Terra. Dopo gli shock petroliferi degli anni 70 i paesi dell'OCSE, specialmente quelli europei e il Giappone, hanno migliorato molto la propria efficienza energetica, il che ha comportato una crescita di domanda petrolifera più lenta in quei paesi, ma non che la domanda fosse diminuita. Di fatto, la domanda è diminuita solo in occasione di crisi economiche intense (cosa che in realtà già sappiamo, data la retroazione fra crisi energetica e crisi economica). In questo modo la IEA fa le sue previsioni a partire da un fenomeno mai osservato, non nei termini in cui lo descrivono. Secondo me, l'unico modo di conciliare le previsioni della IEA con la realtà è dicendo che gli Stati Uniti sono condannati ad una intensa discesa energetica, con conseguente crisi economica tipo depressione o peggiore. 

Le cose, quindi, sono abbastanza chiare: si sta parlando di una decrescita energetica rapida e profonda e non solo per gli Stati Uniti, ma anche per l'insieme dell'OCSE. In questo senso le prospettive per l'Unione Europea sono piuttosto cattive. Secondo i dati della tavola allegata al rapporto, la UE passerebbe da una domanda (di nuovo si gioca con le parole, come se la domanda non si fosse adeguata all'offerta, come se la domanda rispondesse realmente ai desideri dei consumatori) totale di energia primaria di 1.713 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtoe, acronimo inglese) a soli 1670 nel 2035, secondo lo scenario centrale con una decrescita media dello 0,1% annua. Ripartito per categorie, il consumo di petrolio scenderebbe da 596 Mtoe a 417 Mtoe (una caduta del 27% in 25 anni, un 1,2% annuo) e ciò che sale di più è la bioenergia (da 130 Mtoe a 231 Mtoe) e le altre rinnovabili (da 22 Mtoe a 119 Mtoe); da rilevare che l'energia nucleare permarrebbe praticamente costante. Nel caso degli Stati Uniti e nonostante la sua presunta resurrezione energetica, anche la sua domanda si vedrebbe ridotta al passaggio dai 2.214 Mtoe nel 2010 ai 2.187 nel 2035. Come abbiamo già detto, il consumo di petrolio passerebbe, nel caso degli Stati Uniti, da 805 Mtoe nel 2010 a 558 Mtoe nel 2035, una diminuzione del 31% che si traduce in una caduta del 1,5% all'anno. E di nuovo sono la bioenergia (che passa da 90 Mtoe a 209 Mtoe) e le altre rinnovabili (da 18 Mtoe a 101 Mtoe) quelle che hanno più rilievo. Tuttavia, nell'insieme del mondo, la domanda di energia crescerebbe di uno spettacolare 35% dal 2010 al 2035 (da 12.730 Mtoe a 17.197 Mtoe), principalmente a causa dell'enorme crescita della Cina (il cui consumo aumenta del 60% passando da 2.416 Mtoe a 3.872 Mtoe), l'India (del 145% passando da 619 Mtoe a 1.516 Mtoe) e medio oriente (dal 62% da 624 Mtoe a 1.012 Mtoe). America Latina, Africa e il resto dell'Asia vedono anch'essi incrementi spettacolari in termini percentuali, anche se più modesti in termini assoluti. La Russia cresce in modo apprezzabile (23%) e il Giappone perde abbastanza (10%). Insomma, lo scenario che ipotizza la IEA è di decolonizzazione energetica, nel quale l'energia sarebbe distribuita in modo più egualitario di adesso fra le nazioni del mondo e nel quale i paesi occidentali si adeguerebbero ad adottare misure di austerità e razionamento, mentre le loro economie ristagnerebbero e languirebbero e allo stesso tempo farebbero un investimento senza precedenti, contraddetta dagli eventi attuali, in energia rinnovabile. Credo che a tutti i lettori risulterà evidente che tale scenario è una chimera, a giudicare dalla politica estera conosciuta dei paesi che dovrebbero cedere la propria parte di torta.

Riguardo al secondo capitolo del WEO, le meravigliose prospettive della produzione petrolifera in Iraq, abbiamo già fatto un post spiegando i limiti della sua proposta e mi rimetto a quello.

Per capire il contesto del terzo capitolo che vorrei evidenziare, quello dell'efficienza energetica, il pezzo chiave del puzzle che costruisce la IEA è l'aumento spettacolare di produzione di energia di origine rinnovabile atteso dall'Agenzia. La IEA rivendica, come ha già fatto l'anno scorso, un forte incremento delle sovvenzioni a questo settore strategico per favorirne l'implementazione. Tuttavia, l'attuale tendenza è di una diminuzione dei contributi tanto pubblici quanto privati, probabilmente per il fatto non preso in considerazione dalla IEA che i sistemi di captazione di energia rinnovabile che si sta tentanto di implementare sono, molto probabilmente, mere estensioni dei combustibili fossili. Il WEO da molta importanza alla cosiddetta bioenergia (biomassa e biocombustibili). Abbiamo già detto altre volte che la biomassa ha dei limiti. Così, non si può prendere legna da un bosco a un ritmo che comprometta la sua fattibilità, inoltre c'è il problema a lungo termine della perdita di fosforo se i residui dalla combustione non tornano alla Terra (alcuni storici credono che se l'antica e fertile Mesopotamia oggi è il desertico Iraq è stato a causa, in parte, della progressiva perdita di fosforo per le colture durante migliaia di anni). E in relazione ai biocombustibili, i loro EROEI sono molto bassi e ci sono poche possibilità che migliorino a breve termine: uno studio del 2010 (parte 1 e parte 2) mostrava che ad esempio l'etanolo di mais negli Stati Uniti ha un EROEI di 1,06 ± 0,2; un altro studio sulla soia argentina indica un EROEI inferiore a 2 per tutti i tipi di coltura considerati, migliorabili solo includendo il rendimento dei sottoprodotti (usati, fondamentalmente, per l'alimentazione animale) ma senza giungere in nessun caso al  valore limite di 10. Il fattore EROEI è perfettamente sconosciuto per gli economisti della IEA (e sappiamo già il perché), che pensano solo in termini monetari e non si rendono conto che in realtà l'aumento di produzione dei biocombustibili non presuppone un amento dell'energia che arriva alla società. Pertanto, appoggiare la diffusione della bioenergia è un errore suicida. 

Il WEO di quest'anno è fortemente centrato, quasi un grido disperato, sull'efficienza energetica. L'affermazione che si devono fare le cose in modo più efficiente, che è una cosa di buonsenso, sbatte contro la realtà del nostro sistema economico e produttivo. In una economia di libero mercato lo spreco è una necessità economica, come abbiamo spiegato a suo tempo. Le misure di risparmio energetico non hanno mai successo se l'economia è in espansione (ed abbiamo già decenni di esperienza in questo senso), perché c'è sempre un incentivo economico a consumare più energia e se tu decidi volontariamente di rinunciare a consumare tanta energia, altri ne avranno di più per aumentare la propria produzione ed il proprio tornaconto economico. E al contrario, misure di risparmio imposte in modo ferreo attraverso leggi assicurano il regresso economico di una nazione. Da intendersi sempre all'interno del nostro paradigma economico, nessuno dice che con un altro sistema economico e produttivo non si potrebbe implementare effettivamente un risparmio energetico. La stessa cosa accade per l'efficienza, in accordo col famoso Paradosso di Jevons del quale abbiamo parlato tanto su questo blog. Pertanto, se gli economisti della IEA stanno scommettendo sull'efficienza e sul risparmio per poter far fronte al consumo energetico mondiale, stanno dicendo che o una parte del mondo cambierà sistema economico o si tufferà in una crisi economica senza fine. Richiama l'attenzione l'enfasi che la IEA mette sulle cinque misure di carattere politico che si devono prendere per ottenere questa Itaca dell'efficienza energetica:
  • Incrementare la visibilità dell'efficienza energetica, sulla base di una sua migliore misurazione e rivelando i suoi benefici economici
  • Renderla più abbordabile con nuovi modelli di gestione e con finanziamento adeguato
  • Rendere l'efficienza energetica un tema comune (mainstream), incentivando le tecnologie più efficienti e penalizzando quelle meno efficienti. 
  • Rendendola base reale del monitoraggio, della verifica e delle attività di sostegno
  • Rendendola effettiva mediante misure di governance e di capacità amministrativa a tutti i livelli
Riassumendo: facendole una grande propaganda per poi obbligarla attraverso misure legislative e perseguendo le infrazioni. In definitiva, queste misure sono un'imposizione blanda delle misure di razionamento, poco compatibili col sistema del libero mercato. Se queste misure vengono adottate (come probabilmente sarà), il nostro sistema si evolverà dall'attuale economia di (quasi) libero mercato (in realtà gli oligopoli la falsano parecchio) ad un'economia gestita e praticamente pianificata. Da lì ad una dittatura manca solo un passo (che magari si intraprenderà lungo il cammino).

Per ultimo, vorrei evidenziare che il WEO di quest'anno dedica un capitolo speciale alla connessione fra consumo di acqua e di energia. Il capitolo discute in modo esteso la necessità di usare acqua nella produzione di energia, soprattutto negli impianti di produzione di elettricità, e di come il cerchio si chiuda, in molti paesi, in una situazione di stress idrico e portando all'uso di energia per ottenere acqua dolce. C'è una mappa che risulta essere abbastanza rivelatrice di quali paesi avranno i problemi più gravi (e, purtroppo, la Spagna ne fa parte, ma anche il Regno Unito e la Germania):


La IEA stima che il 15% di tutta l'acqua dolce consumata nel mondo nel 2010 si stata usata nella produzione di energia di tutti i tipi e, nello scenario centrale si attendono che salga al 18% del totale (o una percentuale maggiore, se la disponibilità globale di acqua diminuisce come conseguenza dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale in generale). Il WEO fa un'analisi dettagliata di quattro paesi che possono avere problemi importanti con la disponibilità d'acqua. Cina, India, Stati Uniti (su scala locale, soprattutto in associazione alla produzione, nello specifico, di petrolio da scisti e scisti petroliferi) e Canada (per effetto dell'inquinamento).

Lascio molti temi nel calamaio, ma questa prima analisi affronta la gran parte degli aspetti fondamentali. Dopo tutta questa spiegazione, lascio che il lettore valuti quali delle notizie positive del WEO di quest'anno si possano considerare realmente positive, semplicemente leggendo i dati. Sono quattro anni che osservo in dettaglio questi rapporti annuali e certamente questa è quella che mi trasmette le impressioni più nere. 

Saluti.
AMT