mercoledì 5 dicembre 2012

Io e la Fusione Fredda

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


(Lo scienziato, Dott. Hans Zarkov, lavora giorno e notte per perfezionare un dispositivo col quale spera di salvare il mondo... Il suo grande cervello si sta indebolendo a causa del grande sforzo.)

Alcune persone sembrano pensare che la scienza sia così, ma la vita quotidiana del ricercatore non è per niente simile a quella del Dott. Zarkov che costruisce una nave spaziale in cantina. Nella scienza, come nella gran parte dei compiti della vita, sussiste la regola “1% ispirazione e 99% sudorazione”


Quando dico di aver fatto alcuni esperimenti sulla fusione fredda, nel 1989, vedo che molta gente sembra essere molto interessata a quel mio vecchio lavoro. Non credo che quello che ho fatto sia particolarmente rilevante, ma ho pensato che avrei potuto raccontare quella storia - se non altro per mostrare quanto sia facile essere presi dall'entusiasmo. Ma potrebbe anche essere un modo per mostrare come funziona il metodo scientifico.

Lasciatemi tornare al 1989, quando Fleishmann e Pons hanno dichiarato che potevano ottenere la fusione dei nuclei di deuterio in una provetta. Ricordo distintamente il clima di euforia di quei mesi. Era una scoperta straordinaria: stava per cambiare tutto nella scienza. E non solo nella scienza. Pensavo che anche molte storie di fantascienza avrebbero dovuto essere riscritte.

In luglio di quell'anno, ho fatto un viaggio a Berkeley, per lavorare al Lawrence Berkeley Laboratory durante l'estate. Laggiù avevano uno dei migliori laboratori di elettrochimica del mondo e se c'era qualcuno che era in grado di replicare gli esperimenti di Fleischmann e Pons, questi erano proprio loro. Così, quando arrivai a Berkeley una delle prime cose di cui ho parlato con i miei colleghi è stata la fusione fredda. Sono stato sorpreso di scoprire che erano delusi. Avevano provato a replicare l'esperimento di fusione fredda elettrochimica quasi immediatamente dopo il primo annuncio. Ma non avevano ottenuto niente e avevano concluso che tutta la storia era una truffa o uno sbaglio. Ricordo distintamente di aver sentito il mio capo al laboratorio discutere di fusione fredda al telefono con qualcuno e dire, scandendo bene le parole, “guarda, era solo un errore di misurazione”.

Ho passato quell'estate a Berkeley lavorando su un soggetto non correlato alla fusione fredda, ma non mi ero arreso del tutto. Vedete, l'annuncio di Fleischmann e Pons aveva scatenato tutta una serie di annunci simili. Alcuni dicevano di poter osservare la fusione fredda nei gas emessi dai vulcani ed altri di osservarla in metalli diversi dal palladio, semplicemente esponendoli al deuterio gassoso. L'atmosfera generale ricordava vagamente gli “avvistamenti di Elvis”. Qualcuno vede qualcosa ed immediatamente altra gente riferisce di aver visto qualcosa di simile. Forse l'elettrochimica non era il solo modo per ottenere la fusione fredda. Forse c'erano altri modi, persino migliori! Quindi, appena rientrato in Italia, in Settembre, ho pensato di poter fare qualcosa io stesso. Avevo un laboratorio attrezzato con varia strumentazione per cui, perché non fare un tentativo? In quel periodo non dovevo insegnare ed ero libero dai compiti amministrativi che ho oggi, quindi potevo lavorare relativamente in pace per almeno un paio di mesi.

Non vi tedierò coi dettagli di quello che ho fatto (*). Lasciate solo che vi dica che le mie impostazioni erano ispirate al lavoro di Scaramuzzi ed altri a Frascati e che si basava sul confronto di test fatti sul deuterio e con idrogeno su campioni di palladio. Ma non sono riuscito ad ottenere nulla: nessuna traccia di fusione fredda a prescindere da quello che facevo. Alla fine mi sono arreso. Non sono stato l'unico a rimanere deluso. L'entusiasmo era passato e l'intera faccenda della fusione fredda si stava spegnando. Nessuno riusciva ad ottenere risultati convincenti e diversi ricercatori cominciavano a vergognarsi per essere stati troppo frettolosi nel pubblicare ciò che avevano pensato fosse una prova della fusione fredda. Era diventato ovvio quasi a tutti che il concetto di “fusione fredda” era stato tutto un errore.

Quindi, ecco la storia, più o meno. Ora, possiamo trarne un insegnamento? Forse. Per prima cosa, nella scienza non ci sono cose come esperimenti falliti finché documenti quello che stai facendo e fai una corretta analisi dei dati che ottieni. Naturalmente, i miei esperimenti non potevano provare che la fusione fredda non esiste (**), così come nessun esperimento può provare, oltre ogni concepibile dubbio, che non esistono gli unicorni. Quello che i miei esperimenti hanno potuto provare è che la fusione fredda era lontana dall'essere così facile da ottenere come sembrava allora (non ero il solo ad essere arrivato a questa conclusione). Se mai ci fosse stata una qualche fusione fredda nel mio esperimento, sicuramente avveniva su una scala estremamente piccola e doveva essere molto, ma molto difficile da individuare.

Ma credo ci sia altro che possiamo imparare da questa esperienza. Una cosa è quanto facilmente si possa essere travolti dal clima “ho visto Elvis”. All'inizio, la gente mi diceva che ero un cattivo sperimentatore se non riuscivo ad osservare la fusione fredda. “Su,” dicevano, “tutti vedono la fusione fredda. Perché tu non riesci a vedere nulla?” E, sapete, l'effetto “ho visto Elvis” è forte: alcune volte ho pensato di aver realmente osservato un segnale che mostrava che sì, era in corso una fusione fredda! Ma poi rifacevo l'esperimento ed il segnale era scomparso. Una delle caratteristiche della “scienza patologica”, infatti, è che i risultati sono sempre al limite della sensibilità dello strumento.

Non ero l'unico ad aver visto fantasmi di fusione fredda. Ricordo di aver discusso con un collega che mi ha raccontato che aveva lo stesso problema con il suo esperimento. Usava un rivelatore di neutroni e vedeva lo stesso segnale di emissioni col deuterio e con l'idrogeno. La sua conclusione? Be' non era che il suo rilevatore di neutroni era alquanto inaffidabile, ma che si può ottenere la fusione fredda anche con atomi di idrogeno! Non dirò il nome del collega, ma, fortunatamente per la sua reputazione, sembra che non abbia mai pubblicato questa sua idea.

Alla fine, tuttavia, penso che il punto principale è che il metodo scientifico funziona. E' vero, gli scienziati sono esseri umani, possono essere vittima delle proprie aspettative, dell'effetto “ho visto Elvis” e possono fare errori, naturalmente. Ma, in generale, il sistema esclude i cattivi risultati. E' la scienza, ragazzo mio!



(*) Nel caso siate interessati a questo tipo di cose, vi do qualche dettaglio sull'esperimento. Ho usato un sistema che era stato costruito per studi sulla catalisi. Era costituito da una camera di reazione collegata con una camera in ultra-alto vuoto equipaggiata con uno spettrometro di massa. Nella camera di reazione esponevo il campione di palladio al deuterio a diverse pressioni e temperature. La mia idea era che se la fusione fredda avveniva, sarebbe avvenuta all'interno del reticolo del palladio ed avrebbe generato nuclei di elio che sarebbero rimasti intrappolati lì. Così, dopo la reazione, pompavo via il deuterio, aprivo la camera di reazione e riscaldavo il campione ad alta temperatura in modo da liberare l'elio nello spettrometro di massa. Qui, il problema è che la molecola di deuterio (D2) ha la stessa massa dell'elio atomico, per cui le due masse non si distinguono in un normale spettrometro di massa. Per questa ragione facevo passare il gas emesso dal campione attraverso una trappola costituita da titanio appena evaporato che avrebbe assorbito il deuterio, lasciando il solo elio. Non sarebbe stato possibile eliminare il deuterio al 100% ma, se l'effetto di fusione fredda era significativo, pensavo che sarebbe stato possibile vedere una differenza ripetendo l'esperimento usando del normale idrogeno. Tuttavia, come racconto nel testo principale, non ho mai potuto vedere niente di significativo.

(**) Si potrebbe dire che non ho visto la fusione fredda perché non sono mai potuto arrivare a pressioni veramente alte nel mio sistema. Vero; però, più tardi, altri ricercatori hanno fatto qualcosa di simile usando pressioni probabilmente centomila volte più alte di quelle che usavo io. Non hanno trovato niente nemmeno loro (Silvera and Moshary, Physical Review B, 42, 14, 1990, p. 9143)

lunedì 3 dicembre 2012

La previsione della IEA è fuori da ogni limite ragionevole

Da “Our Finite World di Gail Tverberg.  Traduzione di Massimiliano Rupalti

La International Energy Agency (IEA) fornisce previsioni petrolifere inverosimilmente elevate nel suo nuovo 2012 World Energy Outlook (WEO). L'agenzia dichiara, fra le altre cose, che gli Stati Uniti diventeranno il più grande produttore di petrolio al mondo intorno al 2020 e il Nord America diventerà un esportatore di petrolio dal 2030.

Figura 1. Interpretazione dell'autrice delle previsioni della IEA sulla futura produzione di petrolio nello scenario “Nuove Politiche”, basato sulle informazioni fornite dal World Energy Outlook della IEA del 2012.


La figura 1 mostra che questo aumento deriva soltanto dall'aspettativa di crescita della produzione del tight oil (petrolio da scisti) e dai liquidi del gas naturale. L'idea che diventeremo esportatori nei prossimi anni c'è nonostante la caduta della produzione, perché la “domanda” diminuirà molto.

Le previsioni sul prezzo del petrolio che stanno dietro a queste a ad altre previsioni nel rapporto sono approssimativamente le seguenti: 

Figura 2. Interpretazione dell'autrice dei prezzi medi futuri del petrolio mondiale così come forniti dal WEO 2012 della IEA. (la previsione fornita dalla IEA è più “concava verso il basso” ). Le quantità storiche sono basate sulla Revisione Statistica della BP delle quantità di Energia Mondiale del 2012.

Una ragione per la quale le stime del WEO 2012 sono irragionevoli è perché i prezzi del petrolio sono irragionevolmente bassi in relazione alle quantità di produzione previste nel rapporto. Sembra che questo avvenga perché la IEA dimentica il problema dei ritorni decrescenti. Mentre il petrolio facile da produrre comincia a scarseggiare, e dobbiamo spostarci verso giacimenti più difficili, i costi di estrazione aumentano. Infatti, ci sono prove che il petrolio “intrappolato” a cui si fa riferimento nell'Allegato 1 ha già cominciato a raggiungere i limiti di produzione, agli attuali prezzi. Il solo modo in cui questi limiti di produzione potrebbero essere ragionevolmente superati è con prezzi del petrolio più alti – molto più alti di quanto la IEA presume nelle sue previsioni. 

Prezzi del petrolio più alti causano enormi problemi a causa del loro impatto sull'economia mondiale. La IEA infatti dice, nella sua prima slide per la stampa, che gli attuali prezzi del petrolio agiscono già da freno sull'economia globale. Prezzi del petrolio più alti significano anche che il costo degli investimenti richiesto per raggiungere gli obbiettivi di produzione saranno anche più alti di quanto previsto dalla IEA, aggiungendo un altro impedimento al raggiungimento dei sui livelli di produzione previsti. 

Se i prezzi più alti portano le economie delle nazioni importatrici di petrolio in recessione i prezzi del petrolio crolleranno, riducendo l'incentivo a investire in nuove infrastrutture per la produzione di petrolio. Di fatto, potremmo ritrovarci a raggiungere il “picco del petrolio” a causa di una difficile situazione economica: Mentre sembra esserci un sacco di petrolio a disposizione, il costo della sua estrazione potrebbe arrivare a un punto in cui è più costoso di quanto si possano permettere i consumatori. Di conseguenza, un po' del petrolio che conoscevamo, e che abbiamo contato come riserva, dovrà essere lasciato nel sottosuolo. 

Il FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha recentemente fatto un modello rilevante per questo problema in una saggio dal nome “Petrolio ed Economia Mondiale: Alcuni Futuri Possibili.” (Qui un articolo del Washington Post). Questa analisi potrebbe fornire alcune intuizioni su quale sia la reale situazione.

Il problema dei ritorni decrescenti

Un problema che la IEA non ha adeguatamente modellato è quello del declino qualitativo della risorsa, che porta alla diminuzione dei ritorni e ad un aumento del “reale” (al netto dell'inflazione) costo di produzione. Questa situazione viene spesso descritta come un riflesso del Ritorno sull'Investimento Energetico (EROEI). 

La ragione per cui i ritorni decrescenti sono un problema è perché quando un produttore decide di estrarre petrolio, o gas o carbone, esso cerca la risorsa più economica, la più facile da estrarre, per prima. E solo quando questa risorsa è in gran parte esaurita che il produttore cercherà luoghi dove è presente la risorsa più costosa, più difficile da estrarre. Così, nel tempo, i costi adeguati all'inflazione dell'estrazione di una risorsa tendono ad aumentare. 

Figura 3. Illustrazione dell'autrice degli impatti del declino della qualità della risorsa.

Nei termini del triangolo sopra, i produttori tendono a partire dal vertice, con il “meglio” delle risorse e continuano verso il basso. Un risultato di questo approccio è che il costo per unità di produzione tende a salire, anche laddove ci siano miglioramenti tecnologici e guadagni di efficienza, perché la qualità della risorsa declina.
Le riserve tendono ad aumentare nel tempo con questo approccio, perché mentre i produttori scendono nel triangolo del diagramma, essi vedono sempre un aumento della quantità di risorse di minore qualità. Le nuove riserve sono sempre più costose da estrarre,  al netto dell'inflazione. Benché non ci sia una luce lampeggiante che dice “al di sopra di questo prezzo i clienti non saranno in grado di permettersi di comprare più questa risorsa”. Di conseguenza, la qualità delle riserve sempre più bassa viene aggiunta alle quantità riportate, anche se in certi casi il costo dei prodotti fatti con quelle riserve (diciamo benzina o gasolio) spediranno le economie in recessione.

Andrebbe detto che il problema dei ritorni decrescenti esiste per quasi ogni tipo di risorsa. Sussiste per l'estrazione di uranio poiché ce n'è sempre ancora a disposizione, solo più difficile da raggiungere o in minore concentrazione. I ritorni decrescenti sussistono per oro, rame e per quasi ogni altro tipo di metallo. Ciò significa che spesso ci serve più petrolio per l'estrazione e la lavorazione dei metalli, poiché scaviamo più in profondità e troviamo il minerale misto a più alte percentuali di prodotto di scarto.

Il problema dei ritorni decrescenti sembra sussistere anche per le rinnovabili. Il primo biocombustibile sviluppato è stato l'etanolo dal mais, visto che il processo di estrazione di alcol dal mais è conosciuto da molto tempo. Approcci più nuovi, come l'etanolo da biomassa e biocombustibile da alghe, tendono ad essere molto più costosi. Di conseguenza, quando aggiungiamo nuova produzione di biocombustibile, è probabile che sia più costoso e così più difficile che il cliente se lo possa permettere. Se lo vogliamo, avremo bisogno di sovvenzioni sempre maggiori. 

Anche l'energia eolica è soggetta ai ritorni decrescenti. L'eolico a terra è stato sviluppato per primo ed è di gran lunga meno costoso di quello in mare. Le prime unità eoliche allacciate alla rete elettrica non disturbano la rete stessa in modo molto significativo. Le ultime unità di pale eoliche aggiungono costi sempre maggiori: linee di trasmissione di lunga distanza, immagazzinamento elettrico ed altri bilanciamenti – cose che vengono generalmente trascurate nel fare le prime analisi dei costi. 

I ritorni decrescenti sembrano esserci anche per quanto riguarda l'efficienza energetica. Abbiamo lavorato a lungo sull'efficienza energetica. Abbiamo la tendenza a raccogliere prima i frutti più a portata di mano. Le spese che arrivano in un secondo momento per l'efficienza potrebbero essere meno convenienti.

Perché il petrolio da scisti non aumenterà come nella Figura 1

Il Tight Oil, altrimenti detto “petrolio da scisti” è ritenuto essere il salvatore del petrolio statunitense, se crediamo alla IEA. I movimenti a Bakken e a Eagle Ford ne sono i migliori esempi conosciuti. Le aree migliori sembrano essere state perforate prima e le aree che sono state perforate ora hanno rendimenti bassi. Egli ha anche mostrato che il pozzo medio a Bakken ora richiede un prezzo da 80 a 90 dollari al barile, che è molto vicino al prezzo di vendita recente. Se si desidera un aumento di produzione, il prezzo dovrà cominciare a crescere (e continuare a crescere) per fornire l'incentivo necessario a perforare pozzi in aree meno vantaggiose.

Ci sono anche altri problemi. Se c'è necessità di perforare un numero sempre maggiore di pozzi solo per stare in pari o addirittura un numero ancora maggiore per aumentare la quantità di petrolio prodotta, cominciamo a raggiungere limiti di diversa natura: numero di impianti disponibili, numero di lavoratori disponibili, miglia percorse da parte dell'acqua da usare nel fracking. Forse il problema che limiterà per primo la produzione, comunque, sono i limiti del debito disponibile ai produttori. Rune Likvern ha anche mostrato che i flussi di contante dall'estrazione di petrolio da scisti tendono ad andare “in rosso”, quindi serve una quantità sempre maggiore di finanziamento del debito quando le operazioni aumentano. Ad un certo punto, le imprese giungeranno al limite del loro credito e dovranno smettere di fare nuovi pozzi finché il flusso di contante non recuperi. 

Prove riguardo al tasso di crescita dei costi di estrazione del petrolio

La Bernstein Research ha recentemente pubblicato informazioni che mostrano che il costo marginale della produzione di petrolio era di 92 dollari nel 2011, per quanto riguarda i produttori non OPEC  e non ex Sovietici, al 90% della produzione. Questo costo sta aumentando del 14% all'anno (o circa il 12% all'anno al netto dell'inflazione). Anche a un livello di costo marginale medio, i costi sembrano crescere ad un tasso di crescita composta annua del 9% (o circa il 7% al netto dell'inflazione). Guardate anche questo post su FTAlphaville. Se prendiamo il costo di 92 dollari al barile del 2011 al 90% della produzione e lo aumentiamo del 7% all'anno (probabilmente dovremmo usare un 12% all'anno), il costo reale sarà di 169 dollari al barile nel 2020 e 467 nel 2035. Sono di gran lung amaggiori delle stime dei prezzi fatte dalla IEA e mostrate nella Figura 2. Non c'è ragione di credere che Bakken ed altri costi di produzione di petrolio da scisti sarebbero sostanzialmente più a buon mercato. 

Altri problemi che non sembrano essere stati trattati dal WEO 2012 della IEA

Ci sono altri tre problemi che la IEA non ha ben considerato, secondo me.

1. Aumento reale del fabbisogno di combustibili di alcuni tipi 

Il WEO 2012 mostra un crollo della “domanda” di combustibile. La domanda, per come la definiscono gli economisti, ha a che fare con quanto i clienti possono permettersi. E' ben possibile che la domanda crollerà perché la gente non si potrà permettere i combustibili.

Mi sembra che sarebbe meglio cominciare ad analizzare come il reale bisogno di combustibili stia cambiando. Una volta determinato questo, possono essere fatti degli adattamenti per riflettere su altri modi in cui possano essere forniti gli stessi benefici, sempre che sia possibile.
A proposito del reale bisogno di combustibili, se guardiamo le specie che sono in qualche modo simili agli umani come scimpanzé e gorilla, scopriamo che questi animali non hanno alcun bisogno di combustibili, perché vivono nel modo in cui si sono biologicamente adattati: c'è solo un numero relativamente piccolo di essi (meno di 1.000.000 milione per specie) che vivono in territori che sono limitati per i loro adattamenti biologici. Essi non hanno bisogno di cucinare il cibo o di lance e altri strumenti per tenere lontani i predatori, o di rifugi per ripararsi dagli elementi.

Gli esseri umani non vivono in modo da essere biologicamente adattati. Perché siamo tanti, dobbiamo coltivarci il cibo e raccogliere l'acqua da risorse naturali. Siccome non abbiamo grosse e robuste mascelle e siccome c'è poco cibo facilmente masticabile a disposizione, abbiamo la necessità di cuocere gran parte del nostro cibo. Siccome viviamo in aree diverse del mondo, ci serve un rifugio e dei vestiti adatti. Quando gli esseri umani si spostano nelle città, abbiamo esigenze ancora più grandi. Ci servono antibiotici e vaccini per prevenire epidemie. Ci serve combustibile per il pendolarismo, a meno che non dormiamo sul pavimento della fabbrica dove lavoriamo. Ci servono combustibili fossili per cucinare, perché i combustibili tradizionali come letame o ramoscelli non li abbiamo a disposizione in quantità sufficienti nelle aree urbane. 
Un altro bisogno di combustibile, oltre a rispondere direttamente ai bisogni umani, è per compensare il continuo degrado (entropia) delle infrastrutture costruite. Tutte queste infrastrutture si logorano. Le strade hanno bisogno di manutenzione almeno ogni anno, specialmente nei climi freddi. Le linee elettriche di trasmissione hanno bisogno di essere re-installate dopo ogni grande tempesta. 

Anche la popolazione, naturalmente, sta crescendo. Quando mettiamo questi problemi insieme (aumento del bisogno di combustibili con l'urbanizzazione ed aumento dell'entropia), è chiaro che i servizi agli esseri umani da parte dei combustibili continueranno ad aumentare, che la “domanda”, così come la misurano gli economisti, sembri aumentare o meno. 

Gran parte di questi servizi dei combustibili dovranno venire da combustibili fossili, piuttosto che da rinnovabili, per due ragioni: 1) questo è il modo in cui ora è costruita la nostra infrastruttura ed è costoso e serve molto tempo per cambiarla. 2) Le risorse biologiche sono molto limitate in confronto ai bisogni di 7 miliardi di esseri umani. Secondo Chew, ne Le Ere Oscure Ricorrenti, la deforestazione è cominciata in diverse aree 6.000 anni fa, quando la popolazione mondiale era di circa 20 milioni di persone.

2. Sostituzione del petrolio

La IEA sembra errare nella direzione di assumere che la sostituzione possa essere fatta più rapidamente di quanto non si possa realmente fare. In generale, ogni qualvolta si faccia una sostituzione, devono essere creati nuovi dispositivi che usino il nuovo combustibili o devono essere sviluppate nuove centrali che trasformino un tipo di combustibile in un altro. Fare entrambe queste cose andrà ad aggiungersi temporaneamente alla domanda di combustibili fossili. C'è anche un costo in questo. 

Solo la porzione più pesante dei liquidi del gas naturale possono essere aggiunti direttamente nella fornitura di benzina. Gran parte dei Gas di Petrolio Liquefatti sono usati per altri scopi, come fare plastiche, o propano per il riscaldamento di casa o GPL. Il GPL viene usato per cucinare in alcune parti del mondo e per alimentare veicoli che sono stati progettati appositamente.

3. Aumento di efficienza
La IEA sembra assumere che l'aumento di efficienza può avere un grande impatto sulla necessità di petrolio. La questione sembra perdere di vista è che gli aumenti di efficienza sono una lama a doppio taglio. Quando un dispositivo viene reso più efficiente, l'effetto abituale è che può essere alimentato a minor costo. Questo significa che più gente se lo può permettere e la domanda potrebbe aumentare. All'inizio, l'elettricità era molto costosa. Quando il suo costo è crollato con l'aumento dell'efficienza, il suo uso è aumentato drammaticamente.

Mettere insieme tutti questi problemi

E' molto chiaro per me che la IEA stima il petrolio in modo esagerato, a mano che i prezzi non siano molto più alti. Naturalmente, i prezzi non possono realmente essere molto più alti, altrimenti l'economia entrerà in recessione. Di conseguenza, e probabile che la produzione sia degli Stati Uniti sia del resto del mondomsiano inferiori alle previsioni della IEA.

Sarebbe utile avere una stima migliore di dove è diretto esattamente il mondo. Un modo in cui possiamo farlo è adattando le indicazioni di un nuovo saggio del FMI dal titolo Petrolio ed Economia Mondiale: Alcuni Futuri Possibili. Il lavoro considera che in un qualche momento sconosciuto, da adesso al 2020, il momento in cui il tasso di aumento nella fornitura di petrolio si presume che diminuisca del 1%. Mentre non viene dichiarato nel rapporto, esso mi sembra che ciò sia simila a ciò che è realmente accaduto nel 2005, quando il tasso di aumento della produzione del petrolio è sceso al 1.3% di aumento annuo a 0,1, una diminuzione del 1,2%. (Figura 4, sotto).

Figura 4. Produzione mondiale di greggio (compreso il condensato) basati principalmente sui dati della statunitense EIA, con linee di tendenza misurate dall'autrice.

Ho alcune osservazioni da fare riguardo a un tale adattamento:
(a) Il modello potrebbe essere adeguato per considerare il fatto che un calo nell'andamento del tasso del 1,2% ha effettivamente avuto luogo nel 2005, piuttosto che semplicemente assumere che avverrà una diminuzione del 1% ad un certo e non specificato punto in futuro. Mi par che lo spostamento nell'andamento della linea dell'estrazione di petrolio sia alla base di molti dei problemi nel mondo degli ultimi anni.

(b) Il trattamento nel modello dei ritorni decrescenti dovrebbe essere adeguato. Da quanto ho capito questo viene attualmente considerato assumendo un aumento annuale del 2% dei reali costi di produzione. Il modello potrebbe essere adattato per riflettere un costo annuale più realistico (più alto)  per la produzione di petrolio e, indirettamente, de prezzi alla vendita necessari.

(c) Gli autori del rapporto del FMI suggeriscono di costruire un modello più basato sulle risorse, e sono d'accordo che ciò sarebbe d'aiuto. Ci sono molte interconnessioni che l'attuale modello non è in grado di cogliere adeguatamente. Un modello più basato sulle risorse, specialmente uno che consideri i bilanci dei governi mondiali, sembrerebbe essere migliore.

Cosa penso che stia accadendo adesso



Come indicato sopra, la produzione mondiale di greggio sembra aver raggiunto il plateau, a partire circa dal 2005. Questo sta avendo le sue conseguenze sull'economia con effetti diversi nel tempo. L'effetto maggiore in questo momento sembra essere sulle finanze dei governi che importano petrolio, anche se è cominciato prima, con alcuni aspetti più evidenti.

In generale, ciò che accade quando giungiamo ad una situazione di ritorni decrescenti, e quindi un aumento dei prezzi del petrolio reali, sembra essere quanto segue:

Quando i prezzi del petrolio salgono, il prezzo del cibo e del pendolarismo tendono ad aumentare. Entrambi sono considerati essenziali da gran parte dei consumatori, quindi i consumatori riducono le spese superflue per avere denaro sufficiente per quelle essenziali. Questo porta a licenziamenti nelle industrie superflue, come agenzie viaggi e ristoranti. L'aumento di lavoratori licenziati porta un aumento dei fallimenti e problemi per le banche. L'edilizia e il prezzo di vendita de beni immobili tendono a crollare a causa della domanda in contrazione, aggiungendosi ulteriormente ai problemi di fallimento.

I governi dei paesi importatori di petrolio vengono trascinati in questo in molti modi: (1) Le loro entrate vengono ridotte, perché ne hanno di meno dalle tasse pagate dalla gente che viene licenziata dal lavoro e da aziende con minori vendite. (2) Viene loro richiesto di sostenere le banche che stanno fallendo e di stimolare l'economia. (3) Viene anche chiesto loro di pagare i lavoratori che sono stati licenziati dal lavoro. Il risultato di tutto ciò è che molti governi di paesi importatori di petrolio si ritrovano con enormi buchi di bilancio e la loro capacità di chiudere quei buchi declina. Questo schema è esattamente quello che vediamo oggi in molti paesi dell'Eurozona, degli Stati Uniti e del Giappone.

Le dichiarazioni sull'aumento della produzione di petrolio negli Stati Uniti sono solo una distrazione. I ritorni decrescenti significano che gli Stati Uniti non aumenteranno mai molto la produzione. I costi del petrolio rimarranno alti e questo sarà il reale problema che turberà le economie del mondo. 











domenica 2 dicembre 2012

Il gemello cattivo della Scienza

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Hugo, il gemello cattivo di Bart Simpson

Ogni volta che mi ritrovo a discutere di “fusione fredda”, ho necessità di spiegare perché penso che esista una scienza “buona” ed una scienza “cattiva”; la seconda viene a volte definita anche “pseudo-scienza” o “scienza patologica”. E' un punto perfettamente ovvio per gli scienziati ma molto difficile da spiegare ai non scienziati. Lasciate quindi che vi racconti una discussione che ho avuto con Steven Featherstone, un giornalista e scrittore  americano che mi ha fatto visita per la sua indagine sulla fusione fredda in Italia, che ha recentemente pubblicato sul numero di novembre di “Popular Science”. Riporterò la nostra conversazione in una forma romanzata che, credo, conserva l'essenza di ciò che ci siamo detti l'un l'altro in più di quattro ore di chiacchierata. Queste, ovviamente, non sono le parole esatte pronunciate in quell'occasione, ma Steve è stato così gentile da approvare questa versione. Quindi eccola.


“Cos'è questo arnese?” ha chiesto Steven un po' sorpreso dopo che lo avevo portato nel laboratorio, quando si è trovato di fronte all'enorme macchinario metallico al centro. Era un'enorme ammasso di tubi, flange, connettori ed altro. Due studenti ed un tecnico erano occupati ad armeggiare intorno alla macchina con chiavi inglesi e cacciavit, tenendo d'occhio gli schermi di diversi computer collocati intorno alla macchina. 

“Fondamentalmente è un super-microscopio,” gli ho risposto. “Può vedere gli atomi, uno per uno. Si chiama microscopio a scansione (STM).” 

Steve sembrava impressionato dalla scena e mi ha chiesto: “ma questi studenti cosa stanno imparando esattamente”? La mia prima risposta è stata: “stanno imparando ad usare un microscopio a risoluzione atomica...” Poi me ne sono uscito con qualcosa di differente. “Ma, in realtà, stanno imparando come essere scienziati. Ci vogliono anni.” 

Mentre gli schermi dei computer continuavano a lampeggiare, ho provato a spiegare. “Vedi, Steven, quei due ragazzi, i due dottorandi, stanno facendo una specie di training. Li renderà leggermente diversi dalla media degli esseri umani. Stanno per imparare che, nella scienza, 'l'ordine gerarchico' viene spesso stabilito provando che i tuoi colleghi sbagliano. Nessuno fa il bravo ragazzo in questa faccenda. Qualsiasi cosa tu faccia viene verificata dai tuoi colleghi con lo scopo specifico di provare che ti sbagli. E tu farai la stessa cosa coi tuoi colleghi. E' il modo in cui funziona la scienza.”

Una volta tornati nel mio ufficio, abbiamo continuato la discussione. “Gli scienziati sono esseri umani, naturalmente,” ho detto, “ed errare è umano. Ma il sistema lavora in modo tale che, come scienziato, ti ci trovi 'integrato' e, normalmente, è molto difficile perderne il ritmo. Nella scienza c'è questo stretto sistema di controllo. Scienziati mediocri possono ugualmente fare il loro onesto lavoro, quelli brillanti trovano che i loro voli creativi di fantasia vengono distrutti spietatamente dai loro colleghi.”

“Ma,” ha detto Steve, “se il sistema mantiene sotto controllo il comportamento delle persone, come può esserci una 'scienza cattiva' o una 'pseudo scienza'?”

Mi sono brevemente grattato la testa. “Be'...” ho detto, “sai, Steve, la pseudo scienza è come 'Hugo Simpson', ti ricordi, è un personaggio della serie dei Simpson. Hugo è il gemello cattivo di Bart. Somiglia a Bart, ma non è Bart. Vive in soffitta e mangia teste di pesce crude... Per cui, la pseudo scienza sembra la scienza, ma non è scienza. Gli pseudo-scienziati fanno misurazioni, o almeno ciò che chiamano misurazioni, scrivono saggi, sostengono di aver ottenuto dei risultati. E la pseudo scienza ha accademie, riviste, conferenze, premi, tutto. Ma è tutto diverso, è come Hugo Simpson – non è Bart!”

A questo punto, credo di essere sembrato completamente paranoico agli occhi di Steve, che ha cominciato a guardarmi in modo piuttosto perplesso. Mentre provavo a dire di più, mi ha fermato. “Ok, Ugo,” ha detto, “passiamo alle cose reali. Da quello che mi stai dicendo, è chiaro che ritieni la che la 'fusione fredda' sia pseudo-scienza.”

Non ho avuto nemmeno bisogno di annuire che Steve ha proseguito. “Così, dimmi perché la fusione fredda è pseudo scienza.”

“Steve,” ho detto, “ho letto che hai visitato la centrale nucleare di Cernobyl, giusto”?

“Sì, ci sono stato.”

“Un'esperienza interessante, immagino.”

“Puoi scommetterci.”

“Come classificheresti la centrale di Cernobyl, scienza o pseudo-scienza?”

“Be'... era tutto un casino ma... hmm... mi sembrava proprio scienza. Voglio dire, una cosa seria.”

“Giusto, Cernobyl è stato un disastro, naturalmente. Ma era scienza. Gli impianti nucleari erano stati costruiti da scienziati sulla base di risultati scientifici. E le centrali funzionavano. Hanno prodotto energia per molti anni, finché qualcuno non ha avuto l'idea di fare un test per vedere cosa sarebbe accaduto nel caso ci fosse una perdita improvvisa di alimentazione esterna.”

“E' stato un approccio scientifico”?

"Lo è stato. Gli scienziati hanno questa tendenza ad essere inguaiati dai propri esperimenti. E' successo così tante volte nella storia della scienza! Ma questo è il metodo scientifico: hai un'idea ed hai bisogno di provarla. Vedi, Steve, non sono proprio contento di doverlo dire, ma da quanto ho letto sul disastro di Cernobyl, era un esperimento legittimo. Un esperimento mal progettato, certo, ma legittimo. In un certo senso ha persino funzionato. Hanno imparato ciò che non avrebbero dovuto fare. Un po' troppo tardi, sfortunatamente...”

Steve ha sorriso, “questo mi ricorda lo scienziato che si è iniettato un batterio per provare la sua teoria sulle cause dell'ulcera,” ha detto. “Ha potuto provare che aveva ragione.”

“Sì, conosco la storia. Non dovrebbero permettere a quel tipo neanche di avvicinarsi ad una centrale nucleare! Un mio amico una volta ha detto che per gli esseri umani scoprire l'energia nucleare è stato come se le formiche scoprissero il fuoco... ma questa è un'altra storia.”

“D'accordo,” ha continuato Steve, “quindi Cernobyl era scienza vera e...”

“Sì, fammi arrivare al punto, Steve. Gran parte delle vittime di Cernobyl sono state uccise dalle radiazioni. Se hai una reazione nucleare hai radiazioni: questo è un punto fondamentale. E le radiazioni uccidono le persone, lo sappiamo. Non è avvenuto solo a Cernobyl. Ci sono molti casi di persone che sono state colpite dalle radiazioni – a volte anche uccise. Devi fare molta attenzione quando hai a che fare con le reazioni nucleari. Ho lavorato un po' coi raggi X e con gli isotopi nucleari e posso dirtelo: è una cosa che fa paura.”

“Capisco quello che dici”, ha detto Steve, “intendi che nella fusione fredda non ci sono radiazioni...”

“Sì, le persone sostengono di poter ottenere la 'fusione fredda' non mostra alcun segno di danni da radiazioni, a quanto ne so. Non che mi farebbe piacere che ne avessero dei danni, naturalmente, ma se avessero davvero una fusione nucleare, le energie coinvolte sarebbero immense e...”

“Ma” ha detto Steve “sostengono questo 'eccesso di calore'...”

“Be', vedi Steve, ci sono delle regole. Uno sostiene di avere questo 'eccesso di calore'?, bene, lo puo' fare, ma deve essere verificato. Nella scienza, gli esperimenti devono essere spiegati chiaramente, devono essere revisionati da gente competente, devono essere ripetibili e non solo ripetibili, devono essere realmente ripetuti. E se gente competente non può riprodurre il tuo esperimento, allora non ti metti a dichiarare che c'è una cospirazione contro di te. Ti stai sbagliando e devi ammetterlo. Sai, questo non è arbitrario. Queste regole vengono applicate perché funzionano. Non applichi le regole? Non stai facendo scienza, stai facendo pseudo-scienza. Sei come Hugo Simpson, non il vero Bart.”

Steve sembrava essere un po' pensieroso. “Ma, sai, c'è una cosa riguardo a Hugo Simpson...”

“Sì”

“Ricordi come finisce la storia?”

“Hmm... penso di aver capito cosa intendi.”

“Sì, alla fine si scopre che Hugo è il gemello 'buono', mentre Bart è quello cattivo. Questo potrebbe accadere anche alla pseudo-scienza?”

“Intendi dire scoprire che la pseudo-scienza è la scienza vera?”

“Sì.”

Ho riso . “Certo! In quel caso alcuni scienziati saranno confinati in una soffitta umida e forzati a mangiare teste di pesce crude!”

Anche Steve ha riso. “Pensi che questo possa accadere?”

“Be', è la bellezza della scienza: se puoi provare che la teoria accettata è sbagliata, allora è provato che sia sbagliata, tutti lo accettano. Ma devi fornire buone prove e seguire le regole della scienza.”

“E non pensi che quelli della fusione fredda...”

“Assolutamente no!”

“Ma potrebbero.”

“In principio... sì. Ma, sai Steve, non ho veramente paura di dovermi mettere a mangiare teste di pesce crude tanto presto!”

“Il che mi ricorda qualcosa...”

“Sì! Sai, in Italia possiamo mangiare qualcosa di molto meglio di teste di pesce crude per pranzo!”

“Ne ero sicuro. Andiamo!”








venerdì 30 novembre 2012

World Energy Outlook 2012: fare di necessità virtù

Da “The Oil Crash”. Traduzione di Massimiliano Rupalti




Cari lettori,

lo scorso lunedì 13 novembre l'Agenzia Internazionale per l'Energia (da qui in poi IEA), ha pubblicato l'edizione del rapporto annuale sullo stato dell'energia mondiale, il World Energy Outlook (WEO). Questo rapporto (690 pagine, 70 euro se per fini di ricerca) era molto atteso, visto che i migliori economisti delle IEA ci mostrano in esso i loro modelli di previsione della domanda futura ed è la base delle raccomandazioni che fa la IEA in quanto alla politica energetica per i governi ed è lo strumento col quale si prendono molte decisioni per il futuro. 

Il rapporto è stato ricevuto con la consueta fanfara mediatica, da questa spicca un'affermazione fatta dallo stesso capo economista Fatih Birol, durante la sua presentazione alla stampa: gli Stati Uniti diventeranno il primo paese produttore di petrolio del mondo verso il 2020, superando l'Arabia Saudita verso la metà degli anni 20 e verso il 2030 il paese sarà autosufficiente energeticamente e potrà cominciare ad esportare. Diversi lettori mi hanno contattato via email ed hanno lasciato commenti nel blog, chiedendomi se il miracolo che stavamo aspettando non fosse arrivato alla fine e che il mondo non si dirige verso il caos economico ed energetico. E sia, che alla fine si siano compiuti i desideri di Jaume Barberà (ed anche i miei) espressi alla fine dell'intervista della scorsa settimana?

Dopo aver seguito i rapporti della IEA per alcuni anni ci si abitua alla sensazione agrodolce che lasciano, a grattare oltre le affermazioni di taglio trionfalistico e a guardare ciò che i dati dicono realmente, si vede che sì ci sono notizie positive, ma i dati mostrano anche delle tendenze abbastanza negative e che non ci consentono di guardare al futuro con fiducioso ottimismo. Quest'anno, tuttavia, la sensazione è più amara degli anni scorsi. Perché le notizie reali, quelle che ci mostrano i dati della IEA, non possono essere davvero peggiori. L'unica notizia di taglio nettamente positivo viene dalle aspettative di crescita della produzione in Iraq, le quali potrebbero essere ampiamente sfumate come abbiamo detto in un post recente.

Come è prassi, il rapporto è strutturato in diversi scenari futuri. La stessa IEA si premura come sempre di chiarire che sono scenari, non previsioni ma più propriamente tendenze in funzione di decisioni politiche ed altri sviluppi. Lo scenario centrale o più probabile è quello dell'implementazione di Nuove Politiche (implementazione di politiche proattive da parte dei governi per migliorare l'efficienza e diminuire i costi energetici) e sarà quello che prenderemo a riferimento in questa discussione. Gli altri due scenari che erano già presenti nel WEO 2011 sono quello di Politiche Attuali (fondamentalmente, un Business as Usual, continuazione delle tendenze pre-2010, anche se il reale corso degli eventi rende questo scenario sempre più sfasato) e quello dell'obbiettivo 450 ppm, così denominato perché ciò che si perseguirebbe in esso è la stabilizzazione del contenuto di gas serra nell'atmosfera alla soglia simbolica di 450 parti per milione di CO2 equivalente. A questi tre scenari, gli stessi del WEO del 2011, la IEA aggiunge un quarto scenario stavolta, Mondo Efficiente, nel quale le misure di efficienza vengono adottate in modo radicale. Questo quarto scenario pretende di valutare gli effetti economici del puntare a un mondo molto più efficiente nell'uso di energia di quello attuale, con una dose di ottimismo piuttosto importante, soprattutto per ciò che riguarda le sue implicazioni economiche (sappiamo già che lo spreco è la base del nostro sistema economico). Come d'abitudine, gli scenari si costruiscono in base a delle ipotesi di crescita economica per tutto il globo di un sorprendente 3,5% all'anno in termini reali, anche se “solo” di un 2,1% all'anno per l'insieme dei paesi OCSE e del 1,7% all'anno per l'Unione Europea (pagina 37). Significativamente, la IEA prevede che il prezzo medio del barile di petrolio (in dollari costanti, cioè a parte l'inflazione) si mantenga relativamente alto, a valori che, come sappiamo, sono incompatibili con la ripresa economica secondo i suoi stessi parametri (abbiamo già detto diverse volte che la IEA prende per buono il limite di James Hamilton, che in dollari di oggi rappresenta circa 90 dollari al barile). Notate il contrasto fra l'evoluzione prevista dalla IEA per i prezzi di quest'anno e quella che prevedeva lo scorso anno.

Previsioni dell'evoluzione del prezzo medio del barile di petrolio secondo il  WEO del 2012





Previsioni dell'evoluzione del prezzo medio del barile di petrolio secondo il  WEO del 2011

C'è da rilevare che in solo un anno siamo riusciti a superare il prezzo medio record del barile del 2008 (la serie rappresenta le medie annuali con finestra mobile). Se vi concentrate (attenzione: la scala verticale dell'una e dell'altra figura non coincidono), vedrete che lo scorso anno, miracolosamente, lo scenario 450 rendeva possibile mantenere i prezzi entro il limite della sostenibilità economica. Quest'anno, nessuno scenario riesce a mantenersi a tale livello, a causa della forte ascesa dei prezzi del petrolio (ad essere giusti, la curva dello scorso anno dovrebbe essere corretta dall'inflazione di quest'anno per poterle paragonare, poiché i prezzi dello scorso anno erano in dollari del 2010 e quelli di quest'anno in dollari del 2011; in ogni caso, la differenza osservata è molto maggiore del differenziale dell'inflazione). Pertanto c'è una contrazione implicita nei dati della IEA, visto che i prezzi di tutti gli scenari implicano recessione economica secondo i criteri stessi della IEA. 

Analizziamo quindi in dettaglio i quattro capitoli che sono, ritengo, cruciali nel WEO 2012: la rinascita energetica degli Stati Uniti che ha generato i titoli della stampa generalista, le buone prospettive per la produzione di petrolio in Iraq, la crociata per l'efficienza energetica e il problema dell'uso dell'acqua nella generazione di energia. 

Cominciamo con l'affermazione che gli Stati uniti saranno la nuova Arabia Saudita del petrolio. E' realmente una affermazione scioccante, sapendo, come sappiamo, come si è evoluto il panorama energetico nel mondo e in questo paese durante gli ultimi anni. E' certo che da circa tre anni si sta pubblicizzando molto che negli Stati Uniti sia avvenuta una rivoluzione energetica grazie all'introduzione di nuove tecniche di sfruttamento di formazioni di rocce compatte e di scisti bituminosi (argille). E' il caso di dire che né le tecniche di sfruttamento né le risorse che ora si sfruttano sono veramente nuove; ciò che è nuovo è che risulti vantaggioso sfruttarle economicamente in questo modo, a causa degli alti prezzi del petrolio. Tre anni fa, un tale dispiegamento estrattivo era stato denominato “la febbre del gas”, visto che in quel momento le prospettive meravigliose erano per il gas naturale. La realtà ha mostrato che tali prospettive per il gas naturale erano sovradimensionate (come abbiamo già detto qui due anni fa) e come conseguenza il rendimento degli impianti di gas non convenzionale sono caduti a picco (e questo senza parlare dei problemi ambientali generati dalla tecnica di estrazione usata, conosciuta come fratturazione idraulica o fracking, per abbreviare). Tuttavia, le quantità residue di petrolio e sostanze similari che escono col gas hanno consentito che alcuni impianti abbiano un certo rendimento, propriamente perché il prezzo dell'oro nero è alle stelle; mutatis mutandi, il focus di questi impianti ora si è concentrato sull'estrazione di petrolio e si parla delle meravigliose prospettive di sfruttamento dei giacimenti di petrolio non convenzionale negli Stati Uniti, grazie alle sue formazioni di ardesie bituminose e di roccia compatta. Ma, è questa tanto decantata rivoluzione del gas e del petrolio non convenzionale che sta portando gli Stati uniti ad essere la nuova Arabia Saudita? La questione è già stata analizzata in profondità in altri forum precedentemente, ma vale la pena soffermarsi ora su cosa dice realmente il WEO 2012. 

L'espressione letterale del WEO 2012 rispetto agli Stati Uniti è che gli stessi supereranno l'Arabia Saudita e diventeranno il primo produttore di petrolio del mondo intorno al 2020 e che verso il 2035 saranno, in modo netto, energeticamente autosufficienti. Tutto questo, vedendo i dati del rapporto, è certo, ma non rappresenta affatto una buona notizia. Osservate la figura seguente estratta dalla presentazione alla stampa (documento pubblico).


Osservate che il rapporto accumula produzione di petrolio e di gas (espresse in termini di energia equivalente a quella di eguale quantità di petrolio) con l'intento di mostrare che in realtà gli Stati Uniti sono, in modo netto, autosufficienti energeticamente. Il problema è che gas e petrolio non sono perfettamente fungibili (intercambiabili) ed è dubitabile che in un arco di tempo relativamente breve come è questo si produca una sostituzione rapida dei macchinari che lavorano coi derivati del petrolio perché lo facciano coi derivati del gas naturale. Nemmeno lo si vuol dimostrare, ciò che si vuol dimostrare è che, in modo netto, gli Stati Uniti sarebbero energeticamente autosufficienti. Cioè, l'energia di un tipo sarà in surplus nel 2035 e che pertanto esporteranno (gas) in quantità equivalente all'energia che allora dovranno importare (petrolio). Tale affermazione è già di per sé elusiva, perché nasconde il fatto che il prezzo per unità di energia di petrolio e di gas è molto diverso, frutto della maggior versatilità (e pertanto di maggior valore aggiunto) del primo rispetto al secondo. Pensate che un barile di petrolio, oggigiorno, non va sotto i 100 dollari ed equivale ad un'energia di 5,8 MBTU (millions of British thermal units, milioni di unità termiche britanniche), cioè, ogni MBTU di petrolio vale 17,25 dollari come minimo. Per contro, i prezzi del gas naturale in Europa vanno intorno ai 7 dollari per MBTU (negli Stati Uniti non arrivano ai 4 dollari per MBTU). Pertanto, per una quantità relativa di energia gli Stati Uniti dovrebbero pagare, ai prezzi odierni, più del doppio per il petrolio che importerebbero in relazione al gas che esporterebbero (e questo senza contare i costi aggiunti di impianti sufficientemente capaci di liquefare e ri-gassificare e per il trasporto del gas in navi metaniere). Nel WEO possiamo trovare un grafico più dettagliato della produzione specifica del petrolio: 


Se ci concentriamo sull'evoluzione della produzione di petrolio mostrato dal grafico qui sopra si vede che attorno al 2020 questa tocca il suo massimo con circa 11 milioni di barili al giorno (Mb/g). Secondo la IEA, in quella data gli Stati Uniti saranno i primi produttori di petrolio al mondo. Ma tanto l'Arabia Saudita (primo produttore oggigiorno) quanto la Russia (secondo produttore) in passato hanno superato i 10,4 Mb/g ed attualmente si aggirano su queste cifre. Pertanto, il fatto che gli Stati Uniti arrivino ad essere il primo produttore con 11 Mb/g implica che sia la Russia sia l'Arabia Saudita produrranno al massimo quanto producono ora. Cioè, questi due paesi, i principali produttori di petrolio oggigiorno, avranno probabilmente superato il proprio picco del petrolio nel 2020 e la loro produzione sarà in declino (col grave impatto che ciò avrà sulle esportazioni). Insomma, ciò che si vorrebbe presentare come una buona notizia in realtà è una notizia pessima. Alcuni lettori mi contesteranno forse che in realtà l'Arabia Saudita starà, come sempre, mettendo via parte della sua produzione e che in realtà si può mantenere su questo plateau produttivo per un tempo ancora indefinitamente lungo. 

La questione dell'Arabia Saudita l'abbiamo già discussa in modo esteso e, rispetto alla politica delle quote dell'OPEC farò un post prossimamente, nel quale mostrerò che in realtà l'OPEC già non è in grado di regolare a proprio piacimento la produzione di petrolio. Per i più, è il caso di rilevare che l'innegabile declino produttivo del petrolio convenzionale (striscia azzurra più in basso e i due cunei verso la fine del periodo) viene compensato grazie ai liquidi del gas naturale (striscia violacea che raggiunge il picco a sua volta nel 2020 e che, come sappiamo, non servono per la raffinazione del diesel) e all'aumento spettacolare della produzione di petrolio leggero da formazioni di roccia compatta (striscia rossa). Quest'ultimo aumento è molto impressionante perché la produzione di questo tipo di petrolio aumenterebbe brutalmente dopo una storia produttiva piuttosto ridicola, con un certo incremento negli ultimi due anni. La grande speranza degli Stati Uniti è riposta nella formazione di Bakken, fra gli stati del Nord Dakota e del Montana. Tuttavia, la capacità produttiva di questa formazione è enormemente esagerata, come mostra Matthieu Auzanneau nel suo ultimo post (dato l'interesse di questo post in particolare, sarà ripubblicato tra breve tradotto in italiano). Pensate che il miracolo americano si appoggia principalmente in ciò che accade nella formazione di Bakken e come vedete la storia passata non avvalla l'ottimismo della IEA. Cosicché la storia principale di questo WEO deve essere presa con le pinze. In un paio d'anni dovrebbe divenire chiaro se gli Stati Uniti stia riuscendo ad aumentare la loro produzione a Bakken ai livelli sognati oppure no. 

Ma c'è dell'altro. Secondo l'ultimo Oil Market Report, gli Stati Uniti hanno avuto un consumo medio di petrolio di 19,01 milioni di barili al giorno nel 2011, molto al di sotto dei 21 Mb/g che sono arrivati a consumare nel 2007. Tuttavia, la seconda parte del miracolo statunitense (essere esportatori di energia dal 2035) si basa su una inquietante supposizione: una diminuzione sostenuta del consumo di petrolio internamente al paese. Questo è rilevabile nel grafico che mostra come le importazioni di petrolio degli Stati Uniti andranno riducendosi nei prossimi 25 anni, da 9,5 Mb/g di adesso ai poco meno di 3 Mb/g. Vale a dire, gli Stati Uniti importeranno 6,5 Mb/g in meno di adesso. 


La parte del leone di questa riduzione la fa non l'aumento (un po' favolesco) della produzione interna di petrolio, ma il miglioramento di efficienza nella domanda, la quale giungerà a rappresentare quasi 4 Mb/g dei 6,5 di riduzione dell'importazione. E' un miglioramento nell'efficienza del consumo di petrolio straordinaria. Di fatto, è talmente straordinaria che non si è mai visto nulla di simile sul pianeta Terra. Dopo gli shock petroliferi degli anni 70 i paesi dell'OCSE, specialmente quelli europei e il Giappone, hanno migliorato molto la propria efficienza energetica, il che ha comportato una crescita di domanda petrolifera più lenta in quei paesi, ma non che la domanda fosse diminuita. Di fatto, la domanda è diminuita solo in occasione di crisi economiche intense (cosa che in realtà già sappiamo, data la retroazione fra crisi energetica e crisi economica). In questo modo la IEA fa le sue previsioni a partire da un fenomeno mai osservato, non nei termini in cui lo descrivono. Secondo me, l'unico modo di conciliare le previsioni della IEA con la realtà è dicendo che gli Stati Uniti sono condannati ad una intensa discesa energetica, con conseguente crisi economica tipo depressione o peggiore. 

Le cose, quindi, sono abbastanza chiare: si sta parlando di una decrescita energetica rapida e profonda e non solo per gli Stati Uniti, ma anche per l'insieme dell'OCSE. In questo senso le prospettive per l'Unione Europea sono piuttosto cattive. Secondo i dati della tavola allegata al rapporto, la UE passerebbe da una domanda (di nuovo si gioca con le parole, come se la domanda non si fosse adeguata all'offerta, come se la domanda rispondesse realmente ai desideri dei consumatori) totale di energia primaria di 1.713 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtoe, acronimo inglese) a soli 1670 nel 2035, secondo lo scenario centrale con una decrescita media dello 0,1% annua. Ripartito per categorie, il consumo di petrolio scenderebbe da 596 Mtoe a 417 Mtoe (una caduta del 27% in 25 anni, un 1,2% annuo) e ciò che sale di più è la bioenergia (da 130 Mtoe a 231 Mtoe) e le altre rinnovabili (da 22 Mtoe a 119 Mtoe); da rilevare che l'energia nucleare permarrebbe praticamente costante. Nel caso degli Stati Uniti e nonostante la sua presunta resurrezione energetica, anche la sua domanda si vedrebbe ridotta al passaggio dai 2.214 Mtoe nel 2010 ai 2.187 nel 2035. Come abbiamo già detto, il consumo di petrolio passerebbe, nel caso degli Stati Uniti, da 805 Mtoe nel 2010 a 558 Mtoe nel 2035, una diminuzione del 31% che si traduce in una caduta del 1,5% all'anno. E di nuovo sono la bioenergia (che passa da 90 Mtoe a 209 Mtoe) e le altre rinnovabili (da 18 Mtoe a 101 Mtoe) quelle che hanno più rilievo. Tuttavia, nell'insieme del mondo, la domanda di energia crescerebbe di uno spettacolare 35% dal 2010 al 2035 (da 12.730 Mtoe a 17.197 Mtoe), principalmente a causa dell'enorme crescita della Cina (il cui consumo aumenta del 60% passando da 2.416 Mtoe a 3.872 Mtoe), l'India (del 145% passando da 619 Mtoe a 1.516 Mtoe) e medio oriente (dal 62% da 624 Mtoe a 1.012 Mtoe). America Latina, Africa e il resto dell'Asia vedono anch'essi incrementi spettacolari in termini percentuali, anche se più modesti in termini assoluti. La Russia cresce in modo apprezzabile (23%) e il Giappone perde abbastanza (10%). Insomma, lo scenario che ipotizza la IEA è di decolonizzazione energetica, nel quale l'energia sarebbe distribuita in modo più egualitario di adesso fra le nazioni del mondo e nel quale i paesi occidentali si adeguerebbero ad adottare misure di austerità e razionamento, mentre le loro economie ristagnerebbero e languirebbero e allo stesso tempo farebbero un investimento senza precedenti, contraddetta dagli eventi attuali, in energia rinnovabile. Credo che a tutti i lettori risulterà evidente che tale scenario è una chimera, a giudicare dalla politica estera conosciuta dei paesi che dovrebbero cedere la propria parte di torta.

Riguardo al secondo capitolo del WEO, le meravigliose prospettive della produzione petrolifera in Iraq, abbiamo già fatto un post spiegando i limiti della sua proposta e mi rimetto a quello.

Per capire il contesto del terzo capitolo che vorrei evidenziare, quello dell'efficienza energetica, il pezzo chiave del puzzle che costruisce la IEA è l'aumento spettacolare di produzione di energia di origine rinnovabile atteso dall'Agenzia. La IEA rivendica, come ha già fatto l'anno scorso, un forte incremento delle sovvenzioni a questo settore strategico per favorirne l'implementazione. Tuttavia, l'attuale tendenza è di una diminuzione dei contributi tanto pubblici quanto privati, probabilmente per il fatto non preso in considerazione dalla IEA che i sistemi di captazione di energia rinnovabile che si sta tentanto di implementare sono, molto probabilmente, mere estensioni dei combustibili fossili. Il WEO da molta importanza alla cosiddetta bioenergia (biomassa e biocombustibili). Abbiamo già detto altre volte che la biomassa ha dei limiti. Così, non si può prendere legna da un bosco a un ritmo che comprometta la sua fattibilità, inoltre c'è il problema a lungo termine della perdita di fosforo se i residui dalla combustione non tornano alla Terra (alcuni storici credono che se l'antica e fertile Mesopotamia oggi è il desertico Iraq è stato a causa, in parte, della progressiva perdita di fosforo per le colture durante migliaia di anni). E in relazione ai biocombustibili, i loro EROEI sono molto bassi e ci sono poche possibilità che migliorino a breve termine: uno studio del 2010 (parte 1 e parte 2) mostrava che ad esempio l'etanolo di mais negli Stati Uniti ha un EROEI di 1,06 ± 0,2; un altro studio sulla soia argentina indica un EROEI inferiore a 2 per tutti i tipi di coltura considerati, migliorabili solo includendo il rendimento dei sottoprodotti (usati, fondamentalmente, per l'alimentazione animale) ma senza giungere in nessun caso al  valore limite di 10. Il fattore EROEI è perfettamente sconosciuto per gli economisti della IEA (e sappiamo già il perché), che pensano solo in termini monetari e non si rendono conto che in realtà l'aumento di produzione dei biocombustibili non presuppone un amento dell'energia che arriva alla società. Pertanto, appoggiare la diffusione della bioenergia è un errore suicida. 

Il WEO di quest'anno è fortemente centrato, quasi un grido disperato, sull'efficienza energetica. L'affermazione che si devono fare le cose in modo più efficiente, che è una cosa di buonsenso, sbatte contro la realtà del nostro sistema economico e produttivo. In una economia di libero mercato lo spreco è una necessità economica, come abbiamo spiegato a suo tempo. Le misure di risparmio energetico non hanno mai successo se l'economia è in espansione (ed abbiamo già decenni di esperienza in questo senso), perché c'è sempre un incentivo economico a consumare più energia e se tu decidi volontariamente di rinunciare a consumare tanta energia, altri ne avranno di più per aumentare la propria produzione ed il proprio tornaconto economico. E al contrario, misure di risparmio imposte in modo ferreo attraverso leggi assicurano il regresso economico di una nazione. Da intendersi sempre all'interno del nostro paradigma economico, nessuno dice che con un altro sistema economico e produttivo non si potrebbe implementare effettivamente un risparmio energetico. La stessa cosa accade per l'efficienza, in accordo col famoso Paradosso di Jevons del quale abbiamo parlato tanto su questo blog. Pertanto, se gli economisti della IEA stanno scommettendo sull'efficienza e sul risparmio per poter far fronte al consumo energetico mondiale, stanno dicendo che o una parte del mondo cambierà sistema economico o si tufferà in una crisi economica senza fine. Richiama l'attenzione l'enfasi che la IEA mette sulle cinque misure di carattere politico che si devono prendere per ottenere questa Itaca dell'efficienza energetica:
  • Incrementare la visibilità dell'efficienza energetica, sulla base di una sua migliore misurazione e rivelando i suoi benefici economici
  • Renderla più abbordabile con nuovi modelli di gestione e con finanziamento adeguato
  • Rendere l'efficienza energetica un tema comune (mainstream), incentivando le tecnologie più efficienti e penalizzando quelle meno efficienti. 
  • Rendendola base reale del monitoraggio, della verifica e delle attività di sostegno
  • Rendendola effettiva mediante misure di governance e di capacità amministrativa a tutti i livelli
Riassumendo: facendole una grande propaganda per poi obbligarla attraverso misure legislative e perseguendo le infrazioni. In definitiva, queste misure sono un'imposizione blanda delle misure di razionamento, poco compatibili col sistema del libero mercato. Se queste misure vengono adottate (come probabilmente sarà), il nostro sistema si evolverà dall'attuale economia di (quasi) libero mercato (in realtà gli oligopoli la falsano parecchio) ad un'economia gestita e praticamente pianificata. Da lì ad una dittatura manca solo un passo (che magari si intraprenderà lungo il cammino).

Per ultimo, vorrei evidenziare che il WEO di quest'anno dedica un capitolo speciale alla connessione fra consumo di acqua e di energia. Il capitolo discute in modo esteso la necessità di usare acqua nella produzione di energia, soprattutto negli impianti di produzione di elettricità, e di come il cerchio si chiuda, in molti paesi, in una situazione di stress idrico e portando all'uso di energia per ottenere acqua dolce. C'è una mappa che risulta essere abbastanza rivelatrice di quali paesi avranno i problemi più gravi (e, purtroppo, la Spagna ne fa parte, ma anche il Regno Unito e la Germania):


La IEA stima che il 15% di tutta l'acqua dolce consumata nel mondo nel 2010 si stata usata nella produzione di energia di tutti i tipi e, nello scenario centrale si attendono che salga al 18% del totale (o una percentuale maggiore, se la disponibilità globale di acqua diminuisce come conseguenza dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale in generale). Il WEO fa un'analisi dettagliata di quattro paesi che possono avere problemi importanti con la disponibilità d'acqua. Cina, India, Stati Uniti (su scala locale, soprattutto in associazione alla produzione, nello specifico, di petrolio da scisti e scisti petroliferi) e Canada (per effetto dell'inquinamento).

Lascio molti temi nel calamaio, ma questa prima analisi affronta la gran parte degli aspetti fondamentali. Dopo tutta questa spiegazione, lascio che il lettore valuti quali delle notizie positive del WEO di quest'anno si possano considerare realmente positive, semplicemente leggendo i dati. Sono quattro anni che osservo in dettaglio questi rapporti annuali e certamente questa è quella che mi trasmette le impressioni più nere. 

Saluti.
AMT




























giovedì 29 novembre 2012

Il ritorno degli scaldabagni solari

Guest post di Giorgio Nebbia

A differenza degli "scaldabagni atomici" gli scaldabagni solari funzionano.


La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 13 novembre 2012

di Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

 Chi si rivede ? gli scaldacqua solari, resuscitati da un lungo oblio grazie ad un decreto che promette soldi pubblici a chi li compra e li installa nelle proprie abitazioni o officine. Gli scaldacqua solari sono costituiti da sottili lastre di metallo annerito su cui sono stesi o in cui sono incorporati dei tubi, il tutto coperto con una lastra di vetro e appoggiato su uno strato isolante di resina espansa o di altro materiale. I pannelli sono inclinati con la faccia che guarda a sud in modo da raccogliere la massima quantità di calore solare. Nei tubi circola dell'acqua che entra dal basso fredda, si scalda per esposizione al calore solare, raggiungendo anche 80 gradi Celsius, e sale in un serbatoio isolato termicamente, posto ad un livello superiore a quello del pannello. A mano a mano che l'acqua calda viene prelevata per l'uso di cucina, bagni, eccetera, nella parte bassa del pannello entra altra acqua fredda che a sua volta si riscalda.

Gli scaldacqua solari sono stati inventati innumerevoli volte. La prima descrizione di un collettore solare di calore fu fatta nel 1767 dallo svizzero Horace de Saussure (1740-1799), geologo, botanico, alpinista, che capì che "da questo dispositivo un giorno può venire qualcosa di buono perché è piccolo, poco costoso e facile da costruire". Un simile collettore solare fu costruito e utilizzato nel 1830 dall'inglese John Herschel (1792-1871), chimico, astronomo, viaggiatore. Nel 1891 l'americano Clarence Kemp di Baltimore brevettò un collettore solare adatto a scaldare l'acqua per uso domestico. Kemp vendette il brevetto a vari imprenditori e agli inizi del Novecento gli scaldacqua solari erano diffusi negli Stati Uniti. Dall'America l'invenzione passò in Europa: alcune notizie si trovano nel libro: "L'energia solare e le sue applicazioni" del 1966, ristampato di recente.

Una nuova età dell'oro degli scaldacqua solari si ebbe negli anni settanta del Novecento, dopo il primo aumento del prezzo del petrolio. Su alcune scuole ci sono ancora i ruderi dei pannelli di quegli anni, abbandonati quando diminuì il prezzo dei più comodi prodotti petroliferi. Dopo un lungo sonno i riscaldatori solari di acqua sembrano destinati ad una nuova diffusione. Finora solo i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche (che producono soltanto elettricità) hanno goduto di finanziamenti statali che consentono un certo guadagno a chi li costruisce, li vende e li acquista. Molti altri costruttori di impianti solari, soprattutto adatti a produrre calore, anziché elettricità, il cosiddetto "solare termico", da tempo chiedevano anche loro incentivi pubblici per poter vendere i propri prodotti.

Il "solare termico" comprende, oltre agli scaldacqua solari, anche dispositivi con i quali è possibile scaldare l'aria nelle abitazioni mediante il calore solare raccolto in pareti o pannelli. Anche di queste applicazioni di riscaldamento solare nell'edilizia ci sono molti esempi che risalgono per lo più agli anni cinquanta del Novecento; la storia dell'energia solare, a cui si dedica un gruppo presso la Fondazione Micheletti di Brescia, dove esiste anche un vasto archivio di pubblicazioni solari del passato, offre molti esempi di dispositivi di solare termico che potrebbero ispirare nuove applicazioni, perfezionate grazie a nuovi materiali e tecniche.

Sfortunatamente la radiazione solare è intensa d'estate quando non c'è richiesta di riscaldamento, ma piuttosto richiesta di raffreddamento che può essere ottenuto con le pompe di calore, macchine descritte nel 1852 dal grande fisico Lord Kelvin (1824-1907). Le pompe di calore permettono, grazie all'energia elettrica, di estrarre calore da una fonte a bassa temperatura e portarlo a temperatura maggiore per scaldare una stanza o, viceversa, di estrarre calore da una stanza, raffreddandola; un frigorifero è sostanzialmente una pompa di calore. Anche per le pompe di calore sono previsti incentivi dal nuovo decreto sulle fonti rinnovabili.

Col calore solare, portato ad alta temperatura mediante dispositivi a specchi, è possibile azionare dei motori; altra idea sperimentata già nell'Ottocento in Francia, in Egitto, anche in Italia. Oggi esistono nel mondo alcuni impianti solari che concentrano mediante specchi il calore in caldaie che generano poi vapore e energia meccanica; i risultati sono controversi mentre sarebbe auspicabile che fossero progettati e costruiti impianti di piccole dimensioni adatti ad azionare pompe per sollevare l'acqua; pompe solari di semplice funzionamento potrebbero anche essere esportate nei paesi poveri dove è intensa la radiazione solare ma mancano altre fonti di energia.

Gli incentivi del nuovo decreto sono previsti anche per le stufe alimentate con "biomassa", come residui legnosi o pellets (cubetti di segatura compressa), una resurrezione delle stufe a legna usate per decenni nell'Ottocento e nel Novecento, e per un migliore isolamento termico degli edifici. L'erogazione di questi nuovi soldi ha il fine di dar vita a imprese, di creare occupazione, di diminuire la richiesta di combustibili fossili e soprattutto di diminuire l'inquinamento con un miglioramento delle condizioni ambientali. Speriamo vengano spesi bene.