sabato 26 novembre 2011

Prima dell’onda

Guest Post di Antonio Turiel da " The Oil Crash"
Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti



Pubblichiamo su "Cassandra" questo testo di Antonio Turiel che descrive la situazione spagnola, vista qualche giorno fa, prima delle elezioni che hanno visto la vittoria del Partito Popolare, una formazione di destra. Sono impressionanti le somiglianze fra la situazione italiana e quella spagnola, che qui Turiel descrive con una impressionante lucidità comparando il momento attuale all'attesa della "grande onda," lo tsunami che distrugge tutto.

"Coloro che sono disposti a sacrificare la propria libertà per la propria sicurezza non si meritano né l’una né l’altra. ". Benjamín Franklin.

Cari lettori,

uno dei fenomeni più intriganti che si verificano a cavallo fra l’oceanografia e la geologia è quello degli tsunami, principalmente quelli di origine sismica. Uno spostamento di una falda nel fondo del mare, con l’enorme energia che libera, può spostare tutta la massa d’acqua che gli sta sopra di una misura non grandissima, forse 50 centimetri, forse un metro. Il problema è che lo spostamento interessa tutta la colonna d’acqua, che può anche essere di 4 km ed oltre di altezza. L’onda generata dalla semplice gravità si propaga a velocità di centinaia di km orari, in alcune occasioni – se il terremoto ha luogo in acque molto profonde – arrivando quasi a velocità supersoniche. Quando questa onda si avvicina alla costa, la pendenza del fondo del mare provoca un effetto noto come shoaling: l'onda solitonica si spacca e si scompone in diverse onde, le quali si propagano a velocità molto più ridotte (alcuni chilometri all’ora), ma a causa dello schiacciamento dell’acqua la loro altezza aumenta e aumenta. Per questo è molto più sicuro attendere uno tsunami in alto mare, dove l’onda, di soli alcuni centimetri, arriverà senza fare grandi danni, mentre sulla costa la sua altezza arriverà ad essere di diversi metri, in alcuni casi anche 15 metri (ci sono casi storici documentati di tsunami mostruosi di quasi 50 metri di altezza) e capaci di penetrare nella terra ferma anche per vari chilometri, cancellando tutto con la sua enorme potenza e pressione. Poco prima che la prima onda di tsunami arrivi sulla costa, l’acqua del mare si ritira velocemente per diversi chilometri, rivelando un fondo roccioso dall’aspetto irreale. Alcune persone rimangono affascinate dal fenomeno e si soffermano incantate ad ammirarlo senza comprendere che se in quel momento si affrettassero a correre verso l’interno, forse riuscirebbero ad allontanarsi sufficientemente o a raggiungere un terreno abbastanza alto da sopravvivere; sono quei pochi minuti vitali prima dell’arrivo della prima onda. Un’altra cosa che la gente è solita ignorare è che la prima onda raramente è la più grande e a volte capita – come nel caso dello tsunami delle Hawai del 1° Aprile del 1946 (giorno anglosassone degli innocenti) – che la gente scenda in spiaggia a vedere cos’è successo durante la mezz’ora che passa fra la prima e la seconda onda, aumentando orribilmente la perdita di vite umane quando la seconda onda – questa sì che è solita essere la più grande – scarica tutta la sua violenza sui poveri malcapitati.

Ieri lo spread dei buoni del tesoro spagnoli rispetto a quelli tedeschi è arrivato, stando a quello che ci dicono, a 500 punti. Ciò significa che la redditività di queste emissioni di debito spagnole è di un 5% maggiore di quella dei titoli equivalenti germanici. Siccome l’informazione che i media danno è sempre brutalmente incompleta e oscurantista, non ho ancora chiaro a cosa si riferisca esattamente: non so se stiamo parlando dei buoni del tesoro a un anno, a cinque, a dieci o a tutti quanti insieme. Voglio inoltre dire che questo spread rispetto ai titoli tedeschi si sta osservando nel mercato secondario – cioè, i privati che detengono il debito spagnolo lo stanno vendendo ad altri privati con lo sconto (perché evidentemente non possono rinegoziare le condizioni espresse nel titolo di debito). Questo, se ci pensate un attimo, è ancora più grave del fatto che venisse richiesto alla Spagna di collocare il proprio debito con un tasso di interesse più elevato (cosa che già accade, visto che l’emissione di debito è solita seguire l’evoluzione del mercato secondario: la Spagna non può ottenere denaro ad un prezzo inferiore al sentire del mercato). E’ più grave perché, in sintesi, i possessori di debito spagnolo che lo stanno vendendo stanno accettando una certa percentuale di perdite (forse non perdite reali, ma di sicuro sulle proprie aspettative di guadagno) e questo in definitiva significa che la credibilità della Spagna come stato solvente è in caduta.

Ma, alla fine, questo non è un blog che riguardi propriamente l’economia e non abbiamo motivo di perderci in queste questioni. La cosa interessante del movimento che abbiamo osservato ieri è che il debito spagnolo arriva ai livelli che hanno motivato il “salvataggio” della Grecia o che hanno forzato un “cambio di Governo” in Italia la settimana passata. Qui in Spagna ci troviamo a soli due giorni dalle elezioni politiche che, tutti i sondaggi ipotizzano, saranno vinte, con maggioranza assoluta, dal Partito Popolare conservatore; il suo leader, Mariano Rajoy, ha già anticipato che si dovranno prendere misure adeguate per cercare di sanare i conti spagnoli, dando ad intendere che arriveranno più tagli sullo stato sociale e sui salari di quelli che si sono già fatti nell’ultimo anno. Né potrebbe dire, per coerenza, altrimenti, perché come un dilettante in applicazione di tali misure, il primo ministro italiano Silvio Berlusconi è stato colpito e superato dalla, cosiddetta dai media, troika europea - pensavo che le troike fossero di tre persone, apprendo ora che si può fare con due; di fatto anche con una sola – (tutti i sensi di quest’ultima frase, in particolare i più arcigni, sono cercati deliberatamente: viva le lingue latine) (Riferito ad un gioco di parole in spagnolo purtroppo intraducibile).

Abbiamo quindi delle consultazioni politiche che cambieranno radicalmente il segno del partito di governo, da socialista a conservatore, in un paese in cui si percepisce la destra come miglior amministratrice e che quindi potrà guidare meglio la difficile situazione economica. In realtà non importa il risultato, perché dopo aver visto quello che è successo nella fatua democrazia dell'Unione Europea durante le ultime settimane, con la Grecia e l’Italia, resta chiaro che le decisioni non le prendono i singoli Stati nè tanto meno il popolo sovrano: i nostri nuovi governanti faranno quello che gli si chiede, punto e basta. Una tale situazione porterà una delusione crescente che può trasformarsi in rabbia quando la nuova recessione nella quale stiamo entrando aumenterà i livelli di disoccupazione dal 21,5% attuale al 25 o 26% in un paio di anni. E, tuttavia, l’unica cosa che facciamo è seguire il cammino conosciuto: quello del collasso. Di sicuro, a proposito di collasso, Dimitri Orlov ha rivisto recentemente il suo modello delle cinque fasi del collasso  (finanziario, commerciale, dello Stato, della comunità e della famiglia) e le sue conclusioni non possono essere più deludenti: secondo lui, sembra che il grande impegno degli stati per evitare il collasso finanziario – che avrebbe dovuto esprimersi nella sua grandezza già due o tre anni fa – causerà il fatto che il collasso finanziario sopravvenga contemporaneamente a quello commerciale ed eventualmente a quello dello Stato, quest’ultimo trascinato dal peso enorme del debito contratto nel salvataggio finanziario. In ultima analisi, il suo modello ancora era troppo graduale e morbido a confronto del brutale corso degli eventi nel quale ci trascina il BAU (Business As Usual). Una nuova evidenza del fatto che la discesa dal lato destro della curva di Hubbert sarà dominato da effetti non lineari. E gli attuali eventi in Grecia suggeriscono che, effettivamente, il collasso finanziario si verificherà contemporaneamente a quello commerciale: la Grecia è dovuta ricorrere all’Iran come suo principale fornitore di petrolio (grazie, Ángel, per il riferimento), visto che altri paesi non si fidano della solvenza greca. La discesa che noi spagnoli stiamo iniziando, seguendo la strada di greci, irlandesi, portoghesi ed italiani, ci porterà dal nostro preteso “Primo Mondo”, a cui arrogantemente credevamo di appartenere per nostri meriti e nel quale siamo immersi senza che ci importi un fico secco del resto del pianeta, verso il Secondo o Terzo: E ci servirà a poco il fatto che due anni fa sgomitavamo con i ricchi e potenti: loro adesso hanno i loro grattacapi ed in questo momento siamo loro di ostacolo.

Questi giorni che mancano alle elezioni sono come il mare che si ritira prima dell’arrivo della prima onda di tsunami: c’è una calma strana ed irreale, mentre un’ombra vaga ed inquietante si forma all’orizzonte. In realtà, se conosciamo un po’ di Storia e di come si è praticata l’economia nel XX secolo, sappiamo cosa succederà in Spagna. A partire da lunedì si comincerà a dire quello che ora si tace: che è urgente prendere misure per contenere la spesa, che è intollerabile che il debito spagnolo si discosti dall’obbiettivo (fissato per quest’anno al 6% e che potrebbe arrivare all’8%), ecc. E’ possibile che il Governo socialista, in carica fino a gennaio, quando si insedierà il nuovo Governo, si veda obbligato a prendere in anticipo alcune misure drastiche, misure che in ogni caso adotterà il PP quando arriverà: diminuire immediatamente gli stipendi pubblici – un’altra volta, forse un 10% in questa occasione -, tagliare ancora di più la Sanità, l’Educazione e, ahia, le Opere Pubbliche – perché Germania e Francia sono molto sensibili a questi aeroporti multimilionari senza passeggeri ed altre stupide infrastrutture sottoutilizzate fatte durante l’epoca d’oro del mattone. Ci sarà, probabilmente, un aumento dell’IVA e sicuramente un riduzione generalizzata delle sovvenzioni e degli aiuti (questo tocca anche me, assegni di ricerca e progetti). Tutto questo porterà ad una maggiore contrazione economica e a più disoccupazione, di conseguenza entreranno meno soldi nelle casse dello Stato sotto forma di imposte e si dovranno pagare più sussidi – ad un certo punto si proporrà di ridurre il sussidio di disoccupazione ed il salario minimo. E questo in un contesto dove i beni primari saliranno di prezzo e quelli non primari si abbasseranno mentre si liquidano gli stock, per poi tornare a salire. Insomma, saremo sempre più poveri, più poveri…

Il Sole si oscura: l’onda già lo copre, è già qui. Da qualche parte si dovevano pur scrivere alcune verità fra tante menzogne che si dicono. Non sono “salvataggi” quelli che si applicano agli Stati, sono liquidazioni; non sono “cambi di Governo per Governi Tecnocratici” sono colpi di Stato che conferiscono le redini ai nostri prepotenti creditori, che assicureranno che i loro padroni ricevano il loro denaro anche se noi ci roviniamo; non è austerità, è rovina crescente; non sarà ordine pubblico, ma repressione; non sarà interesse comune, ma privato; non sarà il recupero della strada della crescita, ma addentrarsi in quella dell’impoverimento; non c’è crescita, ma la fine della crescita. Ci resta solo la misera consolazione del fatto che queste onde finiranno per arrivare anche a Berlino e New York.

E l’acqua arriva già.

Saluti
Antonio Turiel

Post-scriptum: Effettivamente, questo post non parla di energia, ma dovevo comunque scriverlo.

Climategate 2: la vendetta di Godzilla





Godzilla, mitico mostro del cinema giapponese, qui in un'intepretazione del "Nido del Cuculo"


Da mitici film come "Totò contro Maciste", fino a Godzilla e ben oltre, la tendenza a riutilizzare vecchi personaggi per nuove storie  da parte di gente incapace di inventarsi qualcosa di nuovo e di originale ha creato mostruosità di ogni genere.

La più recente di queste mostruosità è "Climategate2"; un nuovo stracotto di messaggi di posta rubati, vecchi di decenni e sparati sul web - vedi caso - la settimana prima del convegno sul clima di Durban, proprio come il primo minestrone di messaggi era stato sparato una settimana prima del convegno di Copenhagen. Di peggio, in peggio; a ulteriore dimostrazione che i negazionisti climatici non hanno argomenti migliori dell'insulto e del pettegolezzo.

Come intelligenza, sono peggio di Godzilla; si meriterebbero un doppiaggio da parte del "Nido del Cuculo".

giovedì 24 novembre 2011

Monti, la finanza e la fisica

Guest post di Antonio Zecca


di Antonio Zecca - 24 Novembre 2011


Nessuno sa come funzionano le borse, cosa muove da un giorno all’ altro le quotazioni – nemmeno gli economisti. Del tutto oscuri sono i comportamenti dei mercati finanziari: ogni giorno sentiamo le spiegazioni più fantasiose e più improbabili sul perché le borse europeee sono in calo o in salita, sul perché lo spread con i bund tedeschi è aumentato o diminuito.  Coloro che spiegano - o dovrebbero spiegarci – sembrano brancolare nel buio.

Il mercato finanziario è un sistema composto da un numero altissimo di operatori – di solito indipendenti. Sono legati da un unico obiettivo comune: massimizzare ogni giorno i loro propri guadagni.  Sono “di solito indipendenti” ma talvolta si influenzano a vicenda: se il branco comincia ad andare concorde in una certa direzione, altri si accodano (perché pensano che in quella direzione sia il “foraggio”).  Questo comportamento è descritto nelle scienze fisiche e ingegneristiche come un ciclo di retroazione positiva (positive feedback loop). Un tale ciclo è nella maggioranza dei casi un sistema infausto: produce solo danni. Nel caso della finanza, il ciclo non è per sempre – per fortuna degli stessi mercanti finanziari. Viene rotto per esempio quando nel branco qualcuno si accorge che non c’ è foraggio. Una quotazione in borsa, dopo essere schizzata verso l’ alto, discende altrettanto rapidamente. E’ questo meccanismo di feedback positivo che spiega le fluttuazioni selvagge (alto, basso, alto) che vediamo spesso: sono semplicemente la conseguenza dell’ obiettivo unico e del comportamento a branco degli speculatori.  Le fluttuazioni vengono rese ancora più selvagge dal fatto che il numero di operatori è enorme e molto grande è anche il numero dei segnali che sullo scacchiere mondiale vengono considerati ogni giorno come indicatori di foraggio.

Cosa impariamo da questa analisi?  Impariamo (dovremmo imparare) che se un giorno lo spread diminuisce questo è solo marginalmente attribuibile al fatto che Napolitano ha dato l’ incarico a Monti; e se la borsa di Milano va male il giorno dopo, questo ha poco a che fare con l’ ultimo discorso di Napolitano o di Monti. Bisognerebbe guardare a queste fluttuazioni con un pò più di scaltrezza e con nervi saldi. Domani sarà certamente diverso da oggi.  Ricordiamoci che risultati scientifici affidabili hanno mostrato come buona parte degli operatori che decidono del futuro dei vostri risparmi, sono persone schizzate (per evitare termini più forti);  quando addirittura non lavorano sotto l’ effetto di droghe. E’ esperienza confermata il fatto che non si può ragionare con i pazzi: non possiamo cadere nella trappola di seguire gli schizzati nei loro giochini, giorno per giorno.

E allora, non si può prevedere proprio nulla su quello che succederà alle borse e allo spread? In verità qualcosa si può prevedere basandosi su “principi primi”:  cioè su fondamenti ineludibili dagli speculatori. Una considerazione importante deve essere data alle cosiddette “costanti di tempo del sistema”. Sembrano parole turche, ma invece il concetto è basilare: ogni cosa cambia con tempi suoi propri. La febbre non può salire e né scendere in trenta secondi: ci vuole il tempo per “riscaldare o raffreddare” tutto il corpo;  diciamo un’ ora o due. Non vi potete aspettare che la febbre scenda trenta secondi dopo aver preso una aspirina. La vostra auto non può andare da zero a cento in un mezzo secondo: ci vorranno quei 30 secondi – più o meno. Gli effetti del nuovo governo Monti non si potranno vedere in un giorno o due: bisogna aspettare che le fluttazioni dei mercati finanziari si spengano.  Loro ora ci provano: la Nazione la potete visualizzare come un animale ferito (l’ immagine è molto vicino alla realtà) e gli avvoltoi cominciano a beccare quà e là. Nel caso dell’ animale ci vorrà un giorno per rimettersi in piedi e allontanare gli avvoltoi. Per il caso Monti la mia stima è che non ci dovremmo preoccupare di fare un bilancio sulle altalene dei mercati finanziari prima di una o due settimane. Prima di allora qualsiasi alto/basso sarà solo una fluttuazione e andarci dietro sarebbe preoccupazione inutile: scommetto che in capo a 15 giorni molti avvoltoi saranno andati a beccare altre prede. Lo spread, come gli interessi sui nostri titoli di stato, scenderà a livelli ragionevoli – man mano che l’ Italia risalirà dal discredito mondiale in cui era caduta. Il criterio delle “costanti di tempo” dice qualcosa anche sulla situazione pre-Monti. Nei ultimi due o tre mesi sono passate molte “costanti di tempo” di 15 giorni. Quindi in quei mesi abbiamo assistito alle fluttuazioni (non preoccupanti);  ma abbiamo anche visto la nostra credibilità internazionale cadere in continuazione. Gli avvoltoi hanno visto segnali duraturi di assenza del Governo, di assenza di provvedimenti verso il risanamento dei conti pubblici, assenza di misure strutturali e non – nelle direzioni indicate già dall’ estate da Mario Draghi prima e dalla Comunità Europea.  Sanno bene gli avvoltoi che l’ Italia (l’ animale ferito) fuori dall’ Europa è senza protezione. Si sono scatenati all’ assalto. 

Ora nervi saldi e pazienza: oltre alla consapevolezza che nessuno può pensare di uscire da questa buca senza pagare qualcosa.

martedì 22 novembre 2011

Narrativa e scienza nel dibattito sul cambiamento climatico




La notevole diffusione di posizioni anti-scientifiche intorno al cambiamento climatico è dovuta in gran parte al successo di una certa storia complottistica, che dipinge gli scienziati come dei cospiratori del male contro il popolo. I tentativi degli scienziati di rispondere con prove scientifiche agli attacchi non hanno avuto un analogo successo. Recentemente, il lavoro del gruppo Berkeley Earth Surface Temperature  (BEST) ci ha fornito qualche altro elemento di comprensione dei meccanismi di questo scontro. (Post da "Cassandra's Legacy", traduzione di Girolamo Dinninno)


Nell’”Eneide” il poeta Virgilio ci racconta in dettaglio gli infruttuosi tentativi di Cassandra di svelare il trucco ideato da Ulisse per introdurre un cavallo di legno, pieno di guerrieri greci, all’interno delle mura di Troia. I Troiani non erano stupidi: furono raggirati con un inganno. Sulla spiaggia davanti alla città non trovarono solo un cavallo di legno, ma anche un soldato greco, nudo, legato e disperato. I Troiani gli credono quando questi dice di essere vittima di Ulisse e di essere stato lasciato lì in sacrificio agli dèi. Il soldato racconta loro che i Greci hanno ammesso la sconfitta, abbandonando il cavallo di legno sulla spiaggia come offerta per gli dèi, prima di salpare verso casa. I Troiani portano il cavallo dentro la città, e ciò sarà la loro rovina.

Naturalmente questa storia è un’invenzione, ma non è totalmente un racconto di fantasia. Virgilio era un genio della letteratura e l’Eneide è un capolavoro di tutti i tempi. L’episodio del cavallo di legno ci mostra tutti gli elementi della maniera umana di preferire fantasie, rispetto ai fatti. Il traditore greco riesce appieno nel suo intento perché racconta ai Troiani una bella storia che contiene quel che vogliono sentirsi dire: che hanno sconfitto i Greci, e che i Greci sono malvagi. Virgilio si spinge ancora oltre, mostrandoci come il metodo scientifico non sia affatto sufficiente di fronte ad una “bella storia”. Ci racconta che un troiano, Laocoonte, scaglia un giavellotto contro il cavallo dimostrando, con il suono generato, come esso sia cavo all’interno; ma è inutile. Le storie sono semplicemente troppo potenti per essere vinte dai fatti. 

Non è certo una novità, che nella nostra percezione della realtà siamo profondamente dipendenti da elementi non reali. Lo notiamo ogni giorno nel dibattito politico: basato completamente su storie. Il politico di successo è quello che riesce a dipingere la realtà come un bel raccontino: individuando i cattivi, e proponendo la loro punizione (al momento, sembra che i cattivi siano gli scienziati). Più o meno, è la trama di qualunque opera di narrativa: i cattivi attaccano i buoni ed i buoni vincono, semplice-semplice. E la narrativa sembra stia davvero diventando realtà, nel senso che viene recitata proprio come se lo fosse (leggete questo articolo se non siete ancora convinti).

Il caso dello studio del BEST (Berkeley Earth Surface Temperatures) ci mostra qualcosa su come il dibattito sul riscaldamento globale sia condotto in termini di narrativa piuttosto che di scienza. Questo lavoro ha avuto una significativa eco sui media, soprattutto a causa delle precedenti dichiarazioni di scetticismo dello scienziato a capo del team, Richard Muller. Inoltre era sponsorizzato da alcuni enti che in precedenza avevano sostenuto la negazione dell’interpretazione standard dei dati sul clima. Ma, una volta usciti, i risultati del BEST hanno confermato i risultati precedenti: è proprio così, la Terra si sta scaldando.

Gli scettici del riscaldamento globale sono stati chiaramente colti di sorpresa dai risultati del BEST e la loro reazione ci dice parecchio sul loro modo di approcciarsi alla questione. Io mi sarei aspettato che ripiegassero, senza troppo scomporsi, sulla loro seconda linea difensiva, cioè dicendo “sì, la Terra si sta scaldando, ma non è l’attività dell’uomo a causarlo”. Invece hanno reagito con un violento contrattacco verso lo studio BEST e i suoi autori; lo stesso Richard Muller è passato all’improvviso dall’essere un eroe all’essere un traditore, ed ha subìto diffamazioni di ogni tipo (guardate ad esempio questa vignetta). Anthony Watts, del blog Watts up with that, inizialmente aveva dichiarato circa il BEST: “Sono pronto ad accettare qualunque risultato uscirà, anche nel caso che venga dimostrato che le mie posizioni sono errate”. Però, quando i risultati sono usciti, ha cambiato idea, ed il suo sito quasi ogni giorno pubblica attacchi contro Muller e lo studio BEST (guardate, ad esempio, questo).

Era chiaro già prima che quello sul riscaldamento globale non era un dibattito scientifico; ma sta cominciando ad esser chiaro adesso quanto lontana dalla scienza sia la posizione degli scettici. La loro interpretazione della scienza del clima ruota interamente attorno ad un racconto complottistico che dice che un gruppo di scienziati malvagi hanno manipolato i dati storici della temperatura per dimostrare un riscaldamento che non esiste e che sono stati presi con le mani nel sacco quando la loro posta elettronica privata è stata resa pubblica, nello scandalo detto “Climategate”.

Vedete bene come questa storia abbia tutti gli elementi per vincere sui fatti. Racconta alla gente quel che la gente vuol sentire: che i cattivi (gli scienziati) sono stati sconfitti, e che il riscaldamento globale non è nulla di cui preoccuparsi. Non c’è da meravigliarsi del fatto che i negazionisti non vogliano abbandonarla. Non sarebbe per loro la stessa cosa, se fossero costretti a combattere la scienza del clima sulla questione della responsabilità o meno dell’attività umana sul riscaldamento. Diventerebbe una guerra dei fatti contro dei fatti, dato che su questo argomento non esiste un’equivalente affascinante storiella che racconti quanto siano malvagi gli scienziati (a dire il vero una c’è: dice che gli scienziati hanno ignorato i dati secondo i quali nel “periodo caldo medievale” faceva più caldo di oggi. Ma è una storia molto meno efficace di quella del Climategate).

Sono talmente tanti gli elementi che dimostrano come la Terra si stia scaldando, che si fa fatica a credere che gli scettici riescano ad avere così successo con il loro atteggiamento negazionista. Non è che siano loro particolarmente bravi; più che altro, è che gli scienziati sono dei cattivi comunicatori ed hanno trascurato l’importanza del contenuto emozionale dei propri messaggi. Finora, hanno sempre ritenuto di doversi preoccupare solo dei fatti e della loro interpretazione scientifica (è così che son fatti i report dell’IPCC); poi, qualcun altro avrebbe costruito qualche racconto sul loro lavoro. Be’, stiamo scoprendo che il mondo non funziona così – almeno, non più.

Il racconto è un mezzo potentissimo per convogliare i messaggi. Sfrutta dei canali già aperti nella mente umana. E’ tramite i racconti che si può richiamare il buono che esiste negli esseri umani, la loro attitudine a darsi da fare per una giusta causa, a cooperare, ad aiutare i bisognosi. Pensate solo al “Gettysburg Address” (il discorso che A. Lincoln tenne al cimitero militare di Gettysburg in Pennsylvania il 19 nov 1863, ndt) e vedrete come può un vero leader utilizzare un potente approccio narrativo per una buona causa. Abbiamo moltissimi modi per sviluppare “storie” che non siano in contrasto con la scienza. E abbiamo da raccontare la storia più meravigliosa di tutte: quella di un intero pianeta, che comprende miliardi di anni e che stiamo solo iniziando ora a capire.


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Il caso dello studio del BEST può fare per noi ancora di più: può fornirci una contro-storia specifica, da usare nei confronti di quella del Climategate. Se vi siete mai trovati coinvolti in un dibattito sul riscaldamento globale, di sicuro prima o poi avete avuto di fronte qualcuno che diceva “però ho sentito che gli scienziati del clima hanno confessato di aver manipolato i dati”. Fino ad oggi, tutto ciò che potevate fare era controbattere usando fatti reali; potevate rispondere solo “non è provato che gli scienziati abbiano manipolato i dati”. Ma questo significa snocciolare fatti di fronte ad una storiella e, come abbiamo visto, la storiella vince. Adesso, dopo i risultati del BEST, potreste invece rispondere qualcosa come: “sai, le stesse persone che sostenevano che gli scienziati avessero manipolato i dati hanno commissionato uno studio che avrebbe dovuto dimostrarlo. Buffo, il risultato di questo studio è che i dati erano buoni! La Terra si sta riscaldando davvero”. Non è una bella storia da raccontare?


Pubblicato su Cassandra’s Legacy e su Planet 3.0 il 2 novembre 2011. Traduzione di Girolamo Dininno

domenica 20 novembre 2011

La Terra Svuotata

Esce in questi giorni il mio nuovo libro "La Terra Svuotata". Un bel po' di sangue, sudore e lacrime che il libro mi è costato in questa torrida estate. Ora, per fortuna, è finito

Come vi potete immaginare dal titolo, è una storia delle miniere e dei minatori che parte dalle prime miniere di selce di oltre 10.000 anni fa e arriva alla situazione attuale dove la corsa all'estrazione sta svuotando la terra dei tesori minerali che si erano accumulati nel corso di miliardi di anni di attività geologica. Il libro riprende ed espande anche alcuni dei temi del mio primo libro, "La Fine del Petrolio" del 2003. Si parla anche di energia rinnovabile, delle prospettive della sostenibilità in un mondo svuotato delle sue risorse minerali, dell'immancabile "Limiti dello Sviluppo". Insomma, è un po' un compendio dell' "UgoBardiPensiero".


Per questo libro, devo ringraziare moltissime persone per il loro contributo. In particolare, il titolo mi era costato lunghe elucubrazioni che non mi avevano portato a niente, finché Toufic El Asmar non è venuto fuori con il suggerimento giusto. Ringrazio anche Luca Mercalli per la prefazione come pure tutti i membri di ASPO-Italia.

Di seguito qui, la descrizione sul sito di Editori Riuniti.




[...] Le preoccupazioni sull'esaurimento del petrolio sono all'ordine del giorno, ma sono solo una parte di un problema molto più grande. Quando si esauriranno i minerali? Partendo da questa domanda, Ugo Bardi costruisce un racconto di tutta la storia dell'attività mineraria umana, dall'età della pietra fino al petrolio ai nostri giorni. Abbiamo ancora tante cose da scavare e tanto petrolio da estrarre ma, in tempi non lunghissimi, ci troveremo di fronte al limite della capacità umana di sfruttare il nostro pianeta per le sue risorse minerali. Sarà la “fine del popolo dei minatori” che ci porterà a percorrere strade nuove e sconosciute per tenere in piedi la nostra civiltà. [...]

[...] I cambiamenti causati dall'attività estrattiva umana sono qualcosa che non si era mai verificata con la rapidità attuale in centinaia di milioni di anni di storia planetaria. Questi cambiamenti stanno trasformando la Terra in un pianeta completamente diverso. Non è detto che questo nuovo pianeta che noi stessi stiamo creando non si riveli ostile alla vita umana. Che ci piaccia o no, l'ambiente non è un giocattolo per gli ambientalisti. L'ambiente è quella cosa che ci fa vivere. E noi stiamo giocando con questa cosa che ci fa vivere come se non avesse nessuna importanza. In questo libro troverete una descrizione della situazione petrolifera e di tutte le risorse naturali, minerali e rinnovabili. Ci troverete le ragioni che ci spingono a dipendere così totalmente da risorse insostituibili e non rinnovabili. Ci troverete come la nostra fissazione con il petrolio ci stia conducendo a uno scontro con l'ecosistema causato dall'esaurimento e dall'inquinamento; uno scontro che non possiamo vincere, comunque vada. E, infine, ci troverete qualche nota sul futuro che forse vi potrà essere utile. Come si sa, il futuro non si può prevedere, ma riguardo al futuro si può essere preparati. [...]

(Dall’introduzione dell’autore)


Ugo Bardi, è docente dal 1990 presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze. La sua carriera precedente include periodi di studio e insegnamento presso le università di New York, Marsiglia, Berkeley e Tokyo. Attualmente si occupa di nuove tecnologie energetiche e di politica dell’energia È membro dell’associazione ASPO, un gruppo di scienziati indipendenti che studiano le riserve di petrolio mondiali e il loro esaurimento. Ha pubblicato: La fine del petrolio, Editori Riuniti, 2003; Il libro della Chimera, Edizioni Polistampa Firenze, 2008; con Giovanni Pancani, Storia petrolifera del bel paese, Edizioni Le Balze, 2006; The Limits to Growth Revisited, Springer Briefs in Energy, 2011.

INDICE

9 Prefazione di Luca Mercalli


11 Introduzione

Parte prima. Minerali

19 Il popolo dei minatori
59 Il regalo di Gaia: l'origine dei minerali
83 La macchina mineraria universale: energia ed estrazione

Parte seconda. Energia

113 L'ankus del re: la storia dei combustibili fossili
143 Il genio dell'energia: uranio e l'ultima speranza per la crescita
173 L'oca nella bottiglia: le energie rinnovabili

Parte terza. Sostenibilità

217 Balene e barili: come si esauriscono le risorse
242 L'isola degli angeli: modelli del mondo
267 Il cuculo che non voleva cantare; oltre il collasso

287 Conclusione