giovedì 22 settembre 2011

La domanda di Sovicille



Immagine di Martin

Il mio lavoro mi assegna spesso il ruolo di oratore e questo mi da la possibilità di visitare posti molto interessanti. Non molto tempo fa, ho tenuto una conferenza nel piccolo paese di Sovicille, vicino Siena, nella bellissima campagna della Toscana centrale. A questa presentazione ,una persona del pubblico mi ha posto una domanda che mi ha dato l'occasione di elaborare qualcosa che mi era già passato per la mente per un attimo; ovvero, sul perché c'è così tanto disaccordo su molti problemi, dall'esaurimento delle risorse al cambiamento climatico. In teoria, il metodo scientifico dovrebbe guidarci a trovare un accordo, in pratica sembriamo occupati in un ciclo continuo di argomentazioni che non va mai da nessuna parte. Perché è così? Ciò che segue è riportato a memoria, ma è molto vicino al reale dibattito di quella sera.

Traduzione da "Cassandra's Legacy" di Massimiliano Rupalti.

La domanda:

Professore, mi è piaciuta la sua conferenza, ma sono perplesso. Ci ha raccontato molte cose interessanti sui combustibili fossili, sull'energia e sul clima. Tendenzialmente sono d'accordo con lei e le sue conclusioni sembrano avere senso. Ma non posso fare a meno di notare che ho sentito altri scienziati arrivare a conclusioni differenti. Ho sentito qualcuno dire che la gente prediceva la fine dei combustibili fossili già 20 anni fa e si sbagliavano, naturalmente, e quindi non c'è nulla di cui preoccuparsi oggi. Ed è la stessa cosa per il clima; ho sentito qualcuno dire che gli scienziati si aspettavano un'era glaciale negli anni 70, e si sbagliarono, naturalmente. Quindi, sono sorpreso dal fatto che gli esperti abbiano posizioni così distanti mentre, teoricamente, hanno tutti gli stessi dati. Vede professore, insegnavo filosofia alle scuole superiori e so che ci sono scuole filosofiche differenti e differenti idee. E, naturalmente, quando discutiamo di religione o di politica, le persone hanno idee diverse e non c'è modo di dimostrare chi ha ragione e chi ha torto. E' normale. Ma mi sarei aspettato che nella scienza le cose fossero differenti. Quindi, perché è così?



La mia risposta:

Innanzitutto, grazie mille per questa domanda. E' un problema davvero interessante che va dritto al nocciolo della questione ed  è curioso che dovessi arrivare fino a Sociville per discutere di questo tema. Quindi, lei ha ragione nel notare che c'è qualcosa di sbagliato nel dibattito su molti temi importanti, dall'esaurimento delle risorse ai cambiamenti climatici. Discutiamo e discutiamo ma sembriamo non andare da nessuna parte; le persone rimangono semplicemente trincerate nelle proprie posizioni. Ciò è sorprendente sotto molti aspetti, perché non stiamo discutendo di religione – questi temi non sono basati su dogmi o su rivelazioni divine. Abbiamo i dati ed abbiamo il metodo scientifico che ci dice come interpretarli. Dovremmo giungere ad un accordo o, almeno, ad identificare le aree di incertezza. Ma, per qualche ragione, non funziona così. Quindi, è un fallimento degli scienziati, del metodo scientifico o di cosa?

Una cosa che le posso dire è che sono spesso sorpreso di vedere come il metodo scientifico funzioni bene. Potrei dire meravigliosamente bene. C'è intesa sui fatti come base del consenso. Poi, se nuovi dati sfidano la vecchia visione, bene, la vecchia visione viene abbandonata. Ci sono molti casi nella storia della scienza quando, in certi momenti, c'era un qualche consenso su idee sbagliate. Ma la scienza ha sempre trovato il suo giusto corso quando dati nuovi e migliori diventano disponibili. La discussione scientifica può essere dura, i temperamenti si possono accendere – gli scienziati sono esseri umani, dopotutto – ma, alla fine, la scienza trova la sua giusta strada. Una delle cose belle della scienza è che non c'è umiliazione nel cambiare idea. Hai nuovi dati, cambi la tua interpretazione e nessuno ti verrà a dire che sei un voltagabbana.

Vede, l'essenza del metodo scientifico riguarda la gestione dell'incertezza. Vuoi ridurla quanto più ti è possibile, ma mai esattamente a zero. Vuoi sempre lasciare aperta la possibilità di rivedere e cambiare anche le idee più fortemente radicate. Ciò è sottile – molta gente non lo capisce. Questo è particolarmente evidente in un tema come l'origine antropica del cambiamento climatico, AGW. Se dici che rimane un certo grado di incertezza sull'AGW, la gente ti dirà che, se è incerto, non c'è nessun bisogno di far niente. Ma se dici loro che sei sicuro che l'AGW è reale, ti diranno che non sei un bravo scienziato, perché un bravo scienziato dovrebbe sapere che nella scienza niente è mai assolutamente certo. Un bel trucco per assicurarsi che il dibattito non vada da nessuna parte.

Quindi, questa bellezza del metodo scientifico è, in un certo senso, un problema. A causa dell'incertezza che si suppone rimanga riguardo ogni tema, c'è sempre la possibilità di mettere in discussione qualsiasi cosa. Certo, sarebbe grottesco oggi argomentare seriamente che la Terra è piatta ma nonostante questo credo che ci sia, da qualche parte, una “setta della terra piatta”. Ma altri argomenti, menzionavo l'esaurimento delle risorse ed il cambiamento climatico, sono incerti abbastanza che c'è grandissimo spazio per argomentare. Il che è buono, come principio; il problema è che la discussione dovrebbe riguardare la riduzione di questa incertezza, mentre alcune persone sembrano interessate solo a mantenerla il più grande possibile; se è possibile, allargarla. Ed alcune delle persone occupate in questa impresa sono scienziati; e ciò non è bene perché essi hanno le risorse culturali per continuare ad argomentare ed argomentare e rimanere sempre lontano da una conclusione. Questo è, in un certo senso, umano, ma non ti aspetteresti questa attitudine da una persona esperta come uno scienziato. Quindi, credo che questo sia il nocciolo della sua domanda, vediamo se riusciamo a rispondere.

Una prima ipotesi è che la gente assume quest'attitudine a causa dei soldi. Forse conosce quel detto che fa: “non puoi aspettarti che qualcuno capisca qualcosa se il suo salario dipende dal non comprenderlo”. Questo sembrerebbe saggio e fa sorgere una domanda: possiamo spiegare il comportamento di alcuni scienziati con la corruzione? Il denaro corrompe, come sappiamo bene, e gli scienziati sono esseri umani. Probabilmente ha letto sui giornali, non molto tempo fa, che il voto di un senatore italiano può essere comprato per un paio di centinaia di migliaia di euro. Non so se questo è vero, ma ho paura che possa esserlo. E se un senatore può essere comprato per duecentomila euro, perché non uno scienziato, che guadagna molti meno soldi di un senatore?

Infatti, gli scienziati possono essere comprati e sono stati comprati, almeno occasionalmente. C'è un bel libro che può leggere su questo punto, si intitola “Mercanti di Dubbi”. E' scritto da Naomi Oreskes ed Eric Conway. Racconta, fra le altre cose, del dibattito sull'effetto del fumo sulla salute e come alcuni scienziati fossero a libro paga dell'industria del tabacco. Ciò significa che sono stati pagati per mentire alla gente dicendole che il fumo non è dannoso per la salute. E può leggere, nello stesso libro, come, in seguito, alcuni di questi scienziati si spostarono per lavorare per le compagnie di combustibili fossili e vennero pagati per spargere dubbi sulla scienza del cambiamento climatico. Possiamo chiamare quelle persone “scienziati” e, sfortunatamente, alcuni di loro hanno le giuste credenziali per dichiarare di esserlo. Scienziati, forse, ma anche criminali della peggiore specie. Uccidono la gente per soldi. I soldi corrompono, come dicevo.

Ma mi lasci dire che ci sono davvero pochi scienziati corrotti, nel senso di essere pagati per mentire. Lo può vedere perché, alla fine, l'industria del tabacco ha perso la battaglia sugli effetti del fumo sulla salute. Se fosse stato facile comprare gli scienziati, l'industria del tabacco avrebbe potuto comprare abbastanza scienziati da costruire un consenso totalmente diverso. Saremmo ormai tutti convinti che fumare faccia bene alla salute; in questo momento staremmo tutti fumando! Quindi, sembra davvero difficile comprare uno scienziato coi soldi, potrebbe essere molto più difficile che comprare un senatore italiano. E questo mi rende felice, perché sono uno scienziato e non un senatore. Ma, naturalmente, non è questo di cui stiamo parlando.

Quindi, gli scienziati non sono – normalmente - corrotti, nel senso che sono pagati per raccontare bugie. Ma c'è ancora un problema in relazione ai soldi: molti scienziati sono “incorporati” al sistema industriale. Ciò non significa che ricevano direttamente denaro nelle proprie tasche dall'industria. Ma per essere un buono scienziato uno dovrebbe fare ricerca, e fare ricerca è costoso. Supponga di essere uno scienziato che lavora nel settore petrolifero. Supponga di essere coinvolto nella stima delle risorse petrolifere e nel disegnare gli scenari futuri di produzione. Così scopre che il picco del petrolio è reale e sta arrivando in fretta - cioè che la produzione comincerà a declinare presto. Ma queste non sono belle notizie per l'industria. Vede, se il picco del petrolio veramente arriverà presto, la gente potrebbe decidere di smettere di investire in petrolio ed investire in energia rinnovabile al suo posto. Sarebbe un'orribile notizia per l'industria petrolifera e, sicuramente, è difficile pensare di ottenere un finanziamento da una compagnia petrolifera per pubblicare un risultato simile. Senza finanziamenti, niente ricerca. Senza ricerca, niente carriera. La vita di chi da l'allarme è difficile, come tutti sanno.

Così, vede, alla fine i soldi contano, come noi tutti sappiamo. Ma penso che questa non sia la storia completa, ci sono fattori che vanno oltre i soldi nel determinare il comportamento della gente. Mi lasci fare un altro esempio. Potrebbe aver sentito parlare di Freeman Dyson, è un fisico famoso. Ha scritto un libro interessante che racconta la sua esperienza lavorando con il British Bomber Command (Comando Britannico dei Bombardieri) durante la seconda guerra mondiale. L'incarico del Bomber Command era quello di effettuare i bombardamenti aerei contro la Germania e Dyson racconta di essersi ritrovato a lavorare per un'enorme organizzazione dedita all'uccisione di persone e facendo il lavoro neanche tanto bene. Ma non è riuscito a liberarsi: descrive come lentamente si sia ritirato da una posizione morale ad un'altra fino a non avere alcuna. Il problema era che lui sentiva che fosse moralmente giusto combattere la guerra, ma ha scoperto che, passo dopo passo, questa posizione morale lo ha portato in una posizione in cui lui era incorporato col Bomber Command e, a causa di ciò, si è ritrovato ad inventare giustificazioni per il fatto di bruciare vivi uomini, donne e bambini tedeschi. E, naturalmente, dall'altra parte c'erano sicuramente persone che cercavano di trovare giustificazioni morali per lo sterminio di uomini, donne e bambini ebrei. Se la gente fosse incapace di stravolgere la propria morale in questo modo, nessuno combatterebbe guerre.

Ai nostri tempi, questo meccanismo, chiamiamolo pure la “trappola dell'incorporamento” lavora proprio allo stesso modo. E' per questa ragione che raramente si vede uno scienziato lavorare o fare ricerca per l'industria del carbone che sia anche attivo nel promuovere il bisogno di ridurre le emissioni di gas serra. Questo non significa che gli scienziati che lavorano per l'industria del carbone siano maligni o corrotti, solo che sono esseri umani, proprio come noi. Il potere insidioso della trappola dell'incorporamento sta nel fatto che procede passo dopo passoverso una certa direzione e la persona incorporata potrebbe non rendersene conto. Ci sono molte persone che negano l'effetto umano sul riscaldamento globale, scienziati o meno, che non lavorano per l'industria del carbone e non sono pagati dall'industria dei combustibili fossili. Sono semplicemente incorporati ad un ambiente di persone affini che li hanno portati a prendere posizioni dalle quali non posso più recedere.

Questo è un problema grave. Finché la situazione rimarrà com'è, ci sarà sempre gente che che sfrutterà la naturale incertezza della scienza per rigirare o ignorare fatti e trovare argomenti “scientifici” contro le verità sconvenienti come il cambiamento climatico e l'esaurimento delle risorse. Così, come battiamo la trappola dell'incorporamento?

Questa è ancora una buona domanda. La mia impressione è che ci debbano essere modi per evitare la trappola. La principale è quella di non caderci proprio dall'inizio. Penso che si possa fare prima di tutto attenendosi al metodo scientifico. Ma, forse, è più importante usare quella qualità che potrei chiamare “empatia”. Per evitare la trappola dell'incorporamento dovremmo avere un certo “feeling” per il mondo, la gente, la natura, tutto. Se provi empatia verso gli esseri umani è più difficile pensare che ti ritroverai a giustificarti di ucciderne una gran quantità con bombardamenti a tappeto o con le emissioni di impianti a carbone. Ma devi evitare la trappola dall'inizio. Se si cade nella trappola dell'incorporamento, è estremamente difficile uscirne.

Penso che sia possibile evitare la trappola. Quando leggo che il 97% degli scienziati del clima supportano la vera scienza nonostante minacce, intimidazioni, molestie e azioni legali, beh, questo mi fa sentire orgoglioso di essere uno scienziato o, almeno, di fare quello che posso per esserlo. Così, penso che finché ci atteniamo al metodo scientifico, come scienziati avremo sempre qualcosa da dire di utile al mondo e credo che il mondo avrà delle buone ragioni per crederci. Così, c'è speranza di avanzare anche di fronte alle difficoltà che affrontiamo oggi.

Alla fine, ci sono molte cose che i soldi non possono comprare – una è il panorama Toscano intorno a noi ed il tipo di vita che si può vivere qui, anche senza molti soldi. E, forse, se guardiamo a quello, possiamo capire cosa intendessi per “empatia” verso la natura e verso gli esseri umani. E questo è un bel modo per evitare la trappola dell'incorporamento.

Vorrei ringraziare Marco Rustioni e Alfredo Camozzi per avermi invitato a parlare a Sociville nel Marzo 2011.


Tradotto da Massimiliano Rupalti

domenica 18 settembre 2011

Il Picco della Ricerca





Di Ugo Bardi

Traduzione da Cassandra's legacy a cura di Massimiliano Rupalti



La vita è stata davvero dura per gli scienziati durante gli ultimi anni. La vita di uno scienziato attivo era già una gara in cui dovevi correre in cerchio, cercando di intercettare contributi che ti potevano aiutare a pagare gli studenti e i dottorandi cosicché loro potessero aiutarti a scrivere più documenti che poi sarebbero stati usati per supportare proposte che avrebbero fornito contributi che ti avrebbero aiutato a pagare gli studenti....

E' sempre stato così, ma negli ultimi anni è diventato un inferno. Sempre più burocrazia, controlli stretti, linee guida da seguire, tempi da rispettare e sempre meno soldi. E, naturalmente, ogni tentativo di fare qualcosa di creativo e leggermente fuori dagli schemi conosciuti, sembra diventare impossibile da finanziare.

Penso che la situazione sia come quella che si riscontra ovunque in Europa e negli Usa, almeno da quello che sento dire dai miei colleghi: budget ridotti, più lavoro cartaceo e la sensazione di star correndo la corsa del topo che cerca di non affogare. Non sono riuscito a trovare dati sulla situazione mondiale, ma questi dati sugli Stati Uniti suggeriscono che potremmo aver raggiunto il culmine delle risorse disponibili per la ricerca scientifica o, almeno, siamo in una situazione di plateau. (Fonte: Task Force in American Innovation)


Ma il problema delle risorse potrebbe non essere il più importante. Ciò che percepisco è, piuttosto, una qualità in declino nella ricerca che viene fatta. Potrei sbagliarmi, poiché è difficile quantificare un'entità come la “qualità della ricerca”. Però, la mia impressione è che stia diventando sempre più difficile fare ricerca in modo originale ed innovativo all'interno di un sistema che fornisce risorse solo per i ricercatori che si sottomettono ad una serie severi vincoli. Non molto tempo fa, stavo ascoltando una conferenza di un relatore ben intenzionato che tentava di insegnare a giovani scienziati come impegnarsi ad ottenere contributi per la ricerca. Non so cosa ne pensassero i giovani scienziati. La mia impressione era che il relatore poteva star descrivendo i rituali di un culto esoterico dedicato all'adorazione del Dio Quetzalcoatl; i sacrifici umani non erano richiesti, ma quasi.

Non fraintendetemi: non sto dicendo che non mi piace più fare ricerca. Adoro fare ricerca e l'ho sognato dal tempo in cui ho letto il mio primo romanzo di fantascienza. Credo che avessi circa sei anni. E non sto dicendo che la scienza non stia progredendo più. Assolutamente no. Sono sorpreso dai progressi fatti in molti campi, per esempio nelle scienze climatiche. E questo viene fatto nonostante gli scienziati del clima vengano minacciati, molestati ed insultati per ciò che stanno facendo.

Quello che voglio dire è che lo stato delle ricerche scientifiche nel mondo sembra essere un bell'esempio dell'interpretazione di Tainter del diminuire della complessità di ritorno. Tainter aveva ideato il suo modello per spiegare il collasso delle civiltà (aveva in mente principalmente l'Impero Romano). La sua idea è che quando le civiltà fronteggiano una diminuzione di risorse, reagiscono costruendo strutture sempre più complesse per affrontare il problema. Ma c'è una diminuzione della complessità di ritorno e queste strutture divengono fardelli piuttosto che soluzioni ed aiutano a far crollare l'intero sistema (una mia analisi sul modello di Tainter si può trovare qui).


Il modello di Tainter ha una certa qualità “frattale”, ciò significa che si applica ai sottosistemi semplicemente allo stesso modo che ai sistemi generali. Se considerate l'Impero Romano, noterete come tutti i suoi sotto-settori erano in declino contemporaneamente. Siete in grado di citare un poeta Romano dopo Virgilio? Probabilmente no. Non che non ci fossero stati altri poeti dopo Virgilio, ma la letteratura Romana declinava col declinare dell'Impero e troviamo poco o nessun interesse nei poemi raffinati ma poco profondi, come quelli scritti da Claudiano durante il quinto secolo dopo Cristo.

Qualcosa di simile sembra stia accadendo nel nostro tempo con la ricerca scientifica (e probabilmente anche con la letteratura). Sembra che, per far fronte una ad una disponibilità di risorse in diminuzione, le strutture che gestiscono la ricerca scientifica cerchino di compensare costruendo un nuovo livello di burocrazia finalizzato ad “ottimizzare” la ricerca, proprio come stanno cercando di ottimizzare l'insegnamento. Ciò significa che, quando ottieni un contributo per la ricerca, devi dire ogni dettaglio su cosa fai, come, per quanto tempo e che ogni strappo alla regola dev'essere giustificato. Sembra che il reale concetto di “ricerca”, inteso come cercare qualcosa di nuovo, non sia più consentito in queste regole. Non puoi essere finanziato a meno che tu non sappia già ciò che troverai.

Questa è la ricetta perfetta per quella “eccellente mediocrità” che è la rovina della ricerca scientifica. Era già un problema con il fenomeno noto come “pubblica o muori”, ma con la burocratizzazione della ricerca è diventato molto peggio. Potrei darvi una serie di esempi divertenti (o tragici) presi dalla mia stessa esperienza, ma non ne vale la pena. Mi sembra solo che il sistema stia diventando allergico alle innovazioni; è come se “ricerca” sia diventato un ossimoro in se stessa. 

Il punto è, potremmo fare qualcosa a riguardo? Non fraintendetemi, non sto dicendo che gli scienziati debbano essere come il Dr. Zarkov nel primo episodio di “Flash Gordon”, dove costruisce una astronave interplanetaria in cantina. La scienza è un'impresa collettiva che richiede coordinamento, pianificazione ed un certo grado di controllo. Ma com'è possibile trasformare la ricerca in qualcosa che possa cambiare il mondo realmente? Qualcosa che ci possa aiutare ad ottenere la sostenibilità e fermare la distruzione dell'ecosistema?

Questo è difficile, naturalmente. La burocrazia è uno strumento per mantenere il mondo com'è, non per cambiarlo. Quindi, in perfetto stile Tainter, il sistema lavora sodo per evitare le innovazioni, non per promuoverle. E' quasi impossibile essere finanziati per studiare l'esaurimento delle risorse; ciò metterebbe in luce problemi che richiederebbero cambiamenti, e questo è un tabù. E' ancora possibile, invece, ottenere contributi per la ricerca nella misura in cui non ci siano rischi che metta in dubbio lo status quo. L'idrogeno come combustibile è un ottimo esempio. E' hi-tech, alla moda, sofisticato, popolare, ecologico e non funziona. Quest'ultima caratteristica assicura che il suo sviluppo non porterà cambiamenti di nessun genere. Assolutamente perfetto per i burocrati che gestiscono il sistema dei contributi alla ricerca.

Pensando a questo, mi sento come il centurione della storia di Kipling, quello che ha dedicato la sua intera vita a difendere il muro di Adriano nell'Inghilterra del nord. I Romani, non sono riusciti a riformare il loro Impero per sopravvivere al declino; sono caduti nella trappola della diminuzione della complessità di ritorno descritta da Tainter. E se i Romani hanno fallito nel riformare il loro Impero, chi siamo noi per pensare di riformare la ricerca? La legge di Tainter è crudele.

Ma se l'idea è di fare ricerca più creativamente, dovremmo pensare creativamente. Circa i problemi dell'Impero romano, ho detto che c'era una sola soluzione e si chiamava “Medioevo”. L'unico modo di salvare l'Impero, inteso come la sua cultura, arte, leggi e tutto ciò che va sotto il nome di “civiltà”, era di spezzarlo. In un certo senso, la soluzione per salvare l'Impero era quella di ucciderlo. Come dice il maestro Zen, “se incontri il Buddha per strada, uccidilo!”

Possiamo pensare a qualcosa di altrettanto drastico per la ricerca? Sì, ciò significherebbe lasciare il mondo angusto dei contributi alla ricerca e trovare nuovi modi per fare una ricerca migliore, più indipendente, più creativa. Andando, in un certo senso, verso un equivalente “Medioevo” inteso come una rottura della vecchia e avara struttura. E, pensateci un attimo, forse ci sono già esempi di questo approccio. Pensate a wikipedia. Non è stata creata da burocrati, è una libera condivisione di informazioni fatta da persone che lavorano gratis. Pensate al “software libero ed open source”, che ha generato il sistema operativo Ubuntu sul quale sto scrivendo questo post. Probabilmente ci sono altri esempi di buon lavoro che può essere fatto non a pagamento. Si dice, dopo tutto, che ”le cose fatte illegalmente sono fatte più efficientemente”.

Ciò non significa che sia illegale fare ricerca scientifica senza che te lo chieda un burocrate, almeno non ancora. Ma penso che alcuni dei migliori lavori scientifici che ho fatto nella mia vita (o forse i meno peggio) li ho fatti fuori dai confini del sistema dei contributi. Un paio di esempi sono i documenti sull'esaurimento delle risorse che io ed i miei colleghi abbiamo recentemente pubblicato (qui e qui). Tutto fatto strettamente a zero budget, ma che importa? La ricerca scientifica riguarda la condivisione, dopo tutto. Penso che dovremmo almeno provare questo approccio.

Col graduale collasso dell'Impero romano, i poeti Romani come Claudio potevano scrivere solo elaborate e vuote lodi a coloro che li pagavano. Ma non era la fine della poesia in Europa. Più o meno nello stesso periodo, le grandi saghe di re Artù o di Sigfrido venivano scritte al di fuori dei confini dell'Impero da poeti sconosciuti che non sapevano nulla delle elaborate regole della poesia latina. La loro energia creativa è stata talmente grande che le loro storie sono state raccontate per millenni dopo di loro e sono ancora conosciute oggi. Quindi, l'energia creativa può sopravvivere ai tempi di declino, e questo, forse, è vero anche per la ricerca scientifica nel nostro tempo.