Dal blog "il Climologo" per gentile concessione dell'autore
Scritto il 6 December 2017 da VMARLETTO
A cura del gruppo Energia per l’Italia
Secondo un recente (e molto lungo) pezzo pubblicato in rete da V. Romanello e F. Andreoli nel sito filonucleare Atomi per la Pace l’energia fotovoltaica sarebbe in un vicolo cieco. In particolare secondo gli autori l’energia necessaria per costruire i pannelli sarebbe talmente elevata in rapporto alla produzione elettrica degli stessi che il loro uso non darebbe alcun vantaggio (in sostanza l’indicatore ERoEI – energia prodotta rispetto all’energia investita – risulterebbe inferiore all’unità).
L’articolo risulta pieno di forzature, tutte dalla stessa parte. Ad esempio si parla di un prezzo di €2.300 per kWp dell’impianto che forse è realistico per impianti piccolissimi (2 kWp). Al crescere della taglia però il prezzo tende a € 1.000/kWp (1,2).
L’articolo risulta pieno di forzature, tutte dalla stessa parte. Ad esempio si parla di un prezzo di €2.300 per kWp dell’impianto che forse è realistico per impianti piccolissimi (2 kWp). Al crescere della taglia però il prezzo tende a € 1.000/kWp (1,2).
La figura 10 di Romanello/Andreoli sul consumo di energia (massimo alle ore 18) si riferisce al 5 dicembre, giorno nel quale il fotovoltaico fa in effetti un po’ fatica alle 18. In verità, con le estati sempre più torride che inducono a forti picchi diurni di consumo elettrico per i condizionatori, avere in Italia un parco fotovoltaico da 20mila megawatt in piena attività nelle stesse ore è una vera benedizione per le nostre emissioni di gas serra.
Gli autori parlano inoltre di costi di pulizia e manutenzione pari a 15% all’anno che sono largamente esagerati, così come i rischi di incendio.
Nel pezzo si legge inoltre: “Bisogna considerare come la natura dei pannelli possa influenzare lo scenario incidentale in caso di incendio: quelli in silicio non danno particolari problemi, ma quelli all’arseniuro di gallio o al tellururo di cadmio possono rilasciare fumi tossici.” Peccato che in Italia i pannelli utilizzati siano praticamente solo quelli in silicio e che il tellururo di cadmio sia sostanzialmente assente dal contesto europeo anche per problemi regolatori.
Per sostenere le loro tesi gli autori fanno riferimento anche a un articolo di Ferroni e Hopkink apparso nel 2016 sulla rivista tecnica Energy Policy, il quale sosteneva conclusioni analoghe presentando una stima del citato parametro ERoEI (Energy Return on Energy Invested) inferiore a 1 (0,82). I conti però sono fatti per la Germania (per l’Italia bisogna scalare tutto in alto del 30-40%) e la lunghezza di vita del pannello (17 anni) sembra largamente sottostimata. In letteratura si citano invece valori di ERoEI pari ad almeno 5 e tipicamente 10 e oltre, assumendo tra l’altro una durata di vita dei pannelli di 30 anni. La durata dei pannelli dipende chiaramente anche dall’incentivo a mantenerli in funzione, e a continuare nelle normali operazioni di manutenzione dell’impianto.
L’articolo di Ferroni e Hopkirk tra l’altro generò una reazione molto pronta e critica da parte di un nutrito gruppo di scienziati tra i quali Ugo Bardi, professore di chimica all’università di Firenze, che in merito a questa vicenda ha risposto ad alcune domande.
D. Prof Bardi è vero che i pannelli fotovoltaici “non valgono la pena”?
R. Dipende da cosa si intende per “valerne la pena”. Se l’idea è di creare un futuro pulito e sostenibile per noi e per i nostri discendenti, direi proprio di si.
D. Quali sono i limiti dell’analisi di Romanello e Andreoli?
R. Romanello e Andreoli citano in pochi paragrafi i risultati di una ricerca in corso in tutto il mondo per valutare le prestazioni dei pannelli fotovoltaici in funzione dei vari parametri energetici. Come per tutte le cose, i risultati di queste valutazioni variano col tempo. Via via che i pannelli diventano più efficienti per via dei miglioramenti tecnologici la loro resa migliora. Migliorano anche le tecniche di analisi, per cui si arriva a valutazioni sempre più affidabili basandosi sull’uso rigoroso di standard internazionali condivisi. Purtroppo, non sempre questi standard vengono applicati, per cui alcuni risultati pubblicati si trovano a essere “fuori dal coro.”
Questo è il caso del lavoro di Ferroni e Hopkirk citato da Romanelli e Andreoli. Usando valori non-standard per i parametri e selezionando condizioni sfavorevoli, questi autori sostengono che il fotovoltaico ha una resa particolarmente bassa. Questo, semplicemente, non è vero. Il fotovoltaico ha oggi una resa molto vicina a quella dei combustibili fossili. Con l’andare del tempo, via via che la resa dei fossili diminuisce a causa della necessità di usare risorse non convenzionali, il fotovoltaico va a porsi come una sorgente pulita e conveniente di energia.
Gli autori parlano inoltre di costi di pulizia e manutenzione pari a 15% all’anno che sono largamente esagerati, così come i rischi di incendio.
Nel pezzo si legge inoltre: “Bisogna considerare come la natura dei pannelli possa influenzare lo scenario incidentale in caso di incendio: quelli in silicio non danno particolari problemi, ma quelli all’arseniuro di gallio o al tellururo di cadmio possono rilasciare fumi tossici.” Peccato che in Italia i pannelli utilizzati siano praticamente solo quelli in silicio e che il tellururo di cadmio sia sostanzialmente assente dal contesto europeo anche per problemi regolatori.
Per sostenere le loro tesi gli autori fanno riferimento anche a un articolo di Ferroni e Hopkink apparso nel 2016 sulla rivista tecnica Energy Policy, il quale sosteneva conclusioni analoghe presentando una stima del citato parametro ERoEI (Energy Return on Energy Invested) inferiore a 1 (0,82). I conti però sono fatti per la Germania (per l’Italia bisogna scalare tutto in alto del 30-40%) e la lunghezza di vita del pannello (17 anni) sembra largamente sottostimata. In letteratura si citano invece valori di ERoEI pari ad almeno 5 e tipicamente 10 e oltre, assumendo tra l’altro una durata di vita dei pannelli di 30 anni. La durata dei pannelli dipende chiaramente anche dall’incentivo a mantenerli in funzione, e a continuare nelle normali operazioni di manutenzione dell’impianto.
L’articolo di Ferroni e Hopkirk tra l’altro generò una reazione molto pronta e critica da parte di un nutrito gruppo di scienziati tra i quali Ugo Bardi, professore di chimica all’università di Firenze, che in merito a questa vicenda ha risposto ad alcune domande.
D. Prof Bardi è vero che i pannelli fotovoltaici “non valgono la pena”?
R. Dipende da cosa si intende per “valerne la pena”. Se l’idea è di creare un futuro pulito e sostenibile per noi e per i nostri discendenti, direi proprio di si.
D. Quali sono i limiti dell’analisi di Romanello e Andreoli?
R. Romanello e Andreoli citano in pochi paragrafi i risultati di una ricerca in corso in tutto il mondo per valutare le prestazioni dei pannelli fotovoltaici in funzione dei vari parametri energetici. Come per tutte le cose, i risultati di queste valutazioni variano col tempo. Via via che i pannelli diventano più efficienti per via dei miglioramenti tecnologici la loro resa migliora. Migliorano anche le tecniche di analisi, per cui si arriva a valutazioni sempre più affidabili basandosi sull’uso rigoroso di standard internazionali condivisi. Purtroppo, non sempre questi standard vengono applicati, per cui alcuni risultati pubblicati si trovano a essere “fuori dal coro.”
Questo è il caso del lavoro di Ferroni e Hopkirk citato da Romanelli e Andreoli. Usando valori non-standard per i parametri e selezionando condizioni sfavorevoli, questi autori sostengono che il fotovoltaico ha una resa particolarmente bassa. Questo, semplicemente, non è vero. Il fotovoltaico ha oggi una resa molto vicina a quella dei combustibili fossili. Con l’andare del tempo, via via che la resa dei fossili diminuisce a causa della necessità di usare risorse non convenzionali, il fotovoltaico va a porsi come una sorgente pulita e conveniente di energia.
D. Quali sono le più recenti valutazioni in merito all’efficacia del fotovoltaico come sorgente di elettricità pulita ed alternativa a quelle tradizionali (fossili e nucleare)?
R. C’è un lavoro del gruppo di Christian Breyer e altri che riassume la situazione. In sostanza, il fotovoltaico funziona e funziona bene. Tutta la fuffa in proposito è politica, non scienza.
Il lavoro citato da Bardi è recentissimo e si intitola “Global Energy System based on 100% Renewable Energy – Power Sector” ed è un corposo rapporto presentato durante la conferenza sul clima COP23 di Bonn. Nel riassunto del rapporto si legge che “La transizione globale al 100% di elettricità rinnovabile è fattibile in ogni ora di tutto l’anno ed è meno costosa del sistema attuale, largamente basato su fonti fossili ed energia nucleare. La transizione energetica non è più questione di fattibilità tecnica o economica, bensì di volontà politica.”
Il messaggio è quindi molto chiaro, chi dà ascolto a ragionamenti costruiti ad arte per gettare cattiva luce (è il caso di dirlo) sull’energia solare, commette un errore gravissimo, specie se è in grado di condizionare le scelte politiche, o addirittura in posizioni di comando.
Ancor prima di Breyer, il lavoro certosino del prof. Mark Jacobson di Stanford e colleghi da anni indica chiaramente che la strada verso il 100% rinnovabili al 2050 è non solo praticabile ma foriera di grandi vantaggi in termini di occupazione, salute umana e, ovviamente, protezione del clima.
Le politiche energetiche italiane da qualche tempo appaiono invece influenzate da cattivi maestri (o da cattiva volontà). I cittadini però devono sapere cosa sta succedendo per davvero in questo settore, che è cruciale e strategico non solo per il benessere e l’economia ma anche per la protezione della salute, della natura e del clima planetario.
(1) https://www.greentechmedia.com/articles/read/report-how-much-does-a-solar-pv-system-cost-in-2016#gs.GPlbUi4
(2) Fraunhofer ISE (2015): Current and Future Cost of Photovoltaics. Long-term Scenarios for Market Development, System Prices and LCOE of Utility-Scale PV Systems. Study on behalf of Agora Energiewende.
A cura del gruppo Energia per l’Italia
R. C’è un lavoro del gruppo di Christian Breyer e altri che riassume la situazione. In sostanza, il fotovoltaico funziona e funziona bene. Tutta la fuffa in proposito è politica, non scienza.
Il lavoro citato da Bardi è recentissimo e si intitola “Global Energy System based on 100% Renewable Energy – Power Sector” ed è un corposo rapporto presentato durante la conferenza sul clima COP23 di Bonn. Nel riassunto del rapporto si legge che “La transizione globale al 100% di elettricità rinnovabile è fattibile in ogni ora di tutto l’anno ed è meno costosa del sistema attuale, largamente basato su fonti fossili ed energia nucleare. La transizione energetica non è più questione di fattibilità tecnica o economica, bensì di volontà politica.”
Il messaggio è quindi molto chiaro, chi dà ascolto a ragionamenti costruiti ad arte per gettare cattiva luce (è il caso di dirlo) sull’energia solare, commette un errore gravissimo, specie se è in grado di condizionare le scelte politiche, o addirittura in posizioni di comando.
Ancor prima di Breyer, il lavoro certosino del prof. Mark Jacobson di Stanford e colleghi da anni indica chiaramente che la strada verso il 100% rinnovabili al 2050 è non solo praticabile ma foriera di grandi vantaggi in termini di occupazione, salute umana e, ovviamente, protezione del clima.
Le politiche energetiche italiane da qualche tempo appaiono invece influenzate da cattivi maestri (o da cattiva volontà). I cittadini però devono sapere cosa sta succedendo per davvero in questo settore, che è cruciale e strategico non solo per il benessere e l’economia ma anche per la protezione della salute, della natura e del clima planetario.
(1) https://www.greentechmedia.com/articles/read/report-how-much-does-a-solar-pv-system-cost-in-2016#gs.GPlbUi4
(2) Fraunhofer ISE (2015): Current and Future Cost of Photovoltaics. Long-term Scenarios for Market Development, System Prices and LCOE of Utility-Scale PV Systems. Study on behalf of Agora Energiewende.
A cura del gruppo Energia per l’Italia