lunedì 6 marzo 2023

La fine delle auto come le conosciamo?

Da "The Seneca Effect", Domenica 19 febbraio 2023

Le auto private sono  inefficienti e costose, e probabilmente saranno i primi componenti del sistema industriale a risentire dell'imminente crisi delle risorse. I dati recenti indicano una crisi del mercato dell'auto che si sta sviluppando in questo momento: i prezzi sono in crescita, mentre sempre meno persone possono permettersi l'auto. Vedremo la fine delle auto così come le conosciamo


Non molto tempo fa, durante una discussione sui veicoli elettrici, una persona si è alzata dalla sedia e ha detto ad alta voce: "Il mio turbodiesel me lo tengo!" Il tono e l'atteggiamento implicavano qualcosa del tipo: "e se qualcuno di quegli stupidi verdi cerca di vendermi un'auto elettrica, lo faccio a pezzi". Era un buon esempio della regola fondamentale della politica che dice: "nessuno vuole cambiamenti di nessun genere". 

Sfortunatamente per questo amante del diesel (uno dei tanti), i cambiamenti stanno arrivando, che piacciano o meno. Guardate questi dati recenti di Bloomberg . 


Questo è un grafico sorprendente, uno di una serie che illustra i numerosi rapidi cambiamenti che stiamo vivendo al giorno d'oggi. Mostra l'inversione di una tendenza che ha visto le auto diventare sempre più convenienti negli ultimi 50 anni circa. Ma ora, il mercato sta cambiando rapidamente. I prezzi sono alle stelle e anche le auto usate stanno diventando più costose e difficili da trovare. Aumentano non solo i prezzi delle auto, ma anche quelli dei carburanti (soprattutto il gasolio), della manutenzione e delle assicurazioni. Aggiungete il modo in cui i governi continuano a maltrattare i proprietari di auto, visti come mucche da mungere da tasse e sanzioni. I risultati sono evidenti: molte persone non possono più permettersi le auto, le vendite di auto sono in calo da diversi anni, ma la tendenza sta accelerando e probabilmente lo farà ancora di più in futuro (dati da Statista ). 

Non possiamo dire che quanto sta accadendo sia inaspettato. Già 50 anni fa, il rapporto "Limits to Growth" al Club di Roma osservava che l'interazione tra l'esaurimento delle risorse, l'inquinamento e l'aumento della popolazione avrebbe portato a un declino economico durante i primi decenni del 21° secolo. È quello che stiamo vedendo: le persone stanno diventando sempre più povere. Guardate questi dati (da "American Compass")



L'intero "stile di vita americano", quello che il presidente Bush per primo ha definito "non negoziabile", è stato negoziato già negli anni '90. Forse i "dink" (doppio reddito, niente figli) possono ancora permettersi due auto in garage, ma per la maggior parte delle persone il sogno americano è diventato davvero un sogno. Con tutto che diventa più costoso e gli stipendi non corrispondono alla crescita dei prezzi, gli occidentali della classe media - e in particolare quelli della classe medio-bassa - devono tagliare qualcosa. Non acquistare una nuova auto è spesso la scelta più semplice. 

Entro certi limiti, avere meno auto e tenerle più a lungo non è un male. Riduce i costi e l'inquinamento e libera risorse per altri compiti più necessari. Sfortunatamente, le vecchie auto non possono durare per sempre, anche supponendo che ci sarà una scorta di carburante sufficiente per farle funzionare. E il problema è che, nella maggior parte delle periferie, specialmente negli Stati Uniti, la vita senza auto è quasi impossibile. Senza auto la gente non può andare al lavoro, non può fare la spesa al supermercato, non può portare i figli a scuola e così via. Servire una tipica area suburbana americana con un efficace sistema di trasporto pubblico è un incubo: questi luoghi non sono mai stati progettati con questa idea. Allora, cosa succederà? Abbozziamo un paio di scenari; ricordando che, come sempre, il mondo reale ci sorprenderà.

-- Lo scenario brutto. Non viene apportata alcuna modifica sostanziale. I consumatori rimangono attaccati alle loro attuali preferenze, l'industria si concentra su modelli di fascia alta, dove può ancora realizzare un profitto, e il pubblico si rifiuta di pagare per l'infrastruttura necessaria per il trasporto pubblico. A poco a poco, gli abitanti delle periferie iniziano a rimanere senza carburante, auto riparabili e pezzi di ricambio. Alla fine, una grande parte di loro diventa incapace di muoversi. Alcuni potrebbero essere in grado di lavorare da casa, mentre altri si trasformano in orticoltori locali. Ma nella maggior parte dei casi, nessuna mobilità significa niente lavoro, e niente lavoro significa niente soldi. Ciò porta al completo crollo del sistema economico di vaste aree suburbane. Gli abitanti cercano di trasferirsi nei centri urbani che possono ancora essere riforniti di cibo e altri beni, ma solo pochi ci riescono. Per gli altri, è lo scenario zombi

-- Lo scenario buonoIl sistema di trasporto viene riorganizzato attorno a veicoli meno costosi. L'industria si muove per produrre una nuova generazione di auto leggere ed efficienti ispirate al vecchio "Maggiolino" VW, ma in una versione elettrica che può essere ricaricata dagli impianti fotovoltaici locali. Queste auto possono essere rese ancora più leggere implementando limiti di velocità notevolmente inferiori rispetto a quelli attuali in modo che non necessitino degli attuali ingombranti dispositivi di sicurezza. Col tempo, questi veicoli potrebbero evolversi nel sistema noto come TAAS (trasporto come servizio) basato su proprietà condivisa e veicoli autonomi, ma questo non è strettamente necessario. I nuovi veicoli dovrebbero fornire agli abitanti delle periferie una mobilità sufficiente per poter sopravvivere mentre ci adattiamo gradualmente a un mondo in cui le risorse naturali sono diventate rare e costose. 

Il primo scenario (quello "cattivo") sembra in corso proprio ora. L'azione di propaganda contro i veicoli elettrici e le energie rinnovabili è in pieno svolgimento e ci stiamo muovendo allegramente e con sicurezza verso il disperato tentativo di mantenere in vita cose che non dovremmo cercare di mantenere in vita.

L'altro scenario, quello "buono", richiederebbe una leadership forte e la capacità dei governi di costringere l'industria a produrre veicoli economici, cosa che l'industria non vuole fare. È uno scenario improbabile considerando un altro principio politico fondamentale, " nessuno può pianificare nulla ". Ma non è impossibile. 

Quindi, come al solito, il futuro è incerto. Ci sono scenari intermedi, ma le attuali auto pesanti e costose non hanno certo possibilità di sopravvivenza. Nel lungo periodo (forse anche medio), la fine delle auto come le conosciamo è inevitabile.



Avevo già esaminato questo punto in un precedente post su " L'eredità di Cassandra", cinque anni fa. L'attualità sembra confermare la mia precedente interpretazione. 



venerdì 3 marzo 2023

Nazionalismo e Ambientalismo: una contraddizione insolubile?




Il Nazionalismo sta andando di moda, anche se con il nome un tantino più nobilitato di "sovranismo," ma è sempre la stessa cosa. Di per sè, non c'è niente di male nell'amare il proprio paese. Il problema è che la crescita del sovranismo è andata di pari passo con il declino della capacità delle istituzioni internazionali di fare qualcosa per evitare il degrado degli ecosistemi planetari, che non conoscono confini, non hanno identità culturali, e non seguono bandiere. Fra i primi a tirar fuori esplicitamente il problema è stato Daniele Conversi con il suo recente libro "Cambiamenti Climatici, Antropocene e Politica," dove suggerisce alcune possibili strategie per evitare la contraddizione. Qui, una recensione di Elena Camino.




Verso un nazionalismo «cosmopolita» Venerdì 3 Marzo 2023 

Elena Camino


La copertina del libro di Conversi

Alcuni giorni fa, presso la Casa dell’Ambiente di Torino (Corso Moncalieri 18) è stato presentato un libro dal titolo Cambiamenti climatici. Antropocene e politica (Mondadori Università, 2022). Era presente l’autore, Daniele Conversi – professore presso l’Università dei Paesi Baschi a Bilbao, Spagna – che ha conseguito un dottorato di ricerca presso la London School of Economics, e ha collaborato con varie istituzioni negli Stati Uniti e in Europa. Esperto di nazionalismi, Conversi in questi ultimi anni ha indirizzato le sue ricerche sulle relazioni, complesse e conflittuali, tra le varie espressioni di nazionalismo e gli emergenti problemi globali provocati dai cambiamenti climatici.

L’Antropocene e i nazionalismi

«Il nazionalismo è la modalità dominante di legittimazione politica e soggettività collettiva dell’era moderna» (Malesevic, 2019). «Lo Stato-nazione è la realtà politica dominante del nostro tempo» (Brubaker, 2015).

Nonostante questa realtà, che in un suo recente articolo Daniele Conversi ci ricorda, fino al 2020 nessuno studio accademico ha affrontato il tema del cambiamento climatico dalla prospettiva delle teorie sul nazionalismo. Questa considerazione mette drammaticamente in luce l’esistenza, ancora oggi, di barriere tra discipline specialistiche diverse. Da decenni ormai il problema dei cambiamenti climatici è analizzato da scienziati che si occupano di scienze fisiche, chimiche e naturali (ma anche filosofi…), tanto da aver indotto la comunità scientifica mondiale ad assegnare il nome di «Antropocene» a questo periodo della storia della Terra, così drammaticamente perturbato dalla presenza umana.

Eppure questo insieme, ormai consolidato, di conoscenze e di previsioni sul futuro dell’umanità (e del pianeta) non ha mai incrociato un aspetto cruciale delle scienze sociali, quello delle storie e delle dinamiche degli «stati» e delle «nazioni», e dei modi con cui ne vengono condizionate le vite e le relazioni tra i popoli.

Quali nazionalismi per il futuro globale?

Daniele Conversi è stato il primo studioso a esplorare questo campo di ricerca, con un articolo pubblicato nel 2020 dal titolo: The ultimate challenge: nationalism and climate change (L’ultima sfida: nazionalismo e cambiamento climatico). Dopo questo primo saggio ha approfondito la ricerca sul tema, cercando di capire se sono in atto forme di nazionalismo che siano più adeguate di altre nell’accogliere la sfida del cambiamento climatico. Insieme al collega Lorenzo Posocco ha preso in esame alcuni Stati-Nazione che di recente sono stati ufficialmente segnalati come particolarmente virtuosi nel campo della protezione ambientale.

Si tratta di Paesi scandinavi che hanno ricevuto punteggi elevati in valutazioni internazionali, come l’Environmental Performance Index (EPI), elaborato dalle università di Yale e della Columbia e pubblicato per la prima volta nel 2002. Progettato per integrare gli obiettivi ambientali delle Nazioni Unite, l’EPI prende in esame 32 indici di performance di salute ambientale calcolati per 180 Paesi.

La domanda che si sono posti Conversi e Posocco era: «Which nationalism for the Anthropocene?» (Quale nazionalismo per l’Antropocene?) ed è articolata in due questioni tra loro correlate:Il nazionalismo, che è l’ideologia dominante del nostro mondo di «stati-nazione», è compatibile con gli sforzi volti a fermare o ridurre i cambiamenti climatici e le conseguenti catastrofi ambientali?
Quali forme di governo, ispirate o meno all’ideologia nazionalista, potrebbero risultate più adatte ad affrontare la minaccia climatica che si è profilata all’orizzonte?
Tra emergenze geofisiche globali e divisioni geopolitiche

Mentre continua con le sue ricerche a cercare risposte a quelle domande, Daniele Conversi ha voluto compiere un servizio alla società, mettendo a disposizione del pubblico non specialistico (e a studiosi molto concentrati sulle proprie discipline!) una riflessione ampia e approfondita delle basi concettuali e delle ricerche finora svolte sui due temi che ritiene essenziale mettere in relazione, e di cui considera necessario lo sviluppo di un dialogo costruttivo: gli studi sulle cause e sulle previsioni dei cambiamenti climatici globali in atto, e gli studi sulla storia, sulla molteplicità e sull’evoluzione dei nazionalismi, che in varia misura influenzano le scelte politiche delle collettività umane in questo frangente storico.

Nel presentare il suo libro, pubblicato pochi mesi fa, l’autore ha sottolineato con forza l’importanza della divulgazione degli studi sui cambiamenti climatici, e sulla natura dinamica dei cambiamenti in atto sul nostro pianeta. Illustrando la struttura concettuale del suo lavoro, Conversi ha ripetutamente segnalato la necessità di un continuo aggiornamento dei dati scientifici, che pur essendo recentissimi sono già superati dal succedersi di nuovi e drammatici cambiamenti.

Nonostante la consapevolezza di una rapida obsolescenza dei dati scientifici, l’autore ha voluto dedicare la prima metà del suo libro ai risultati delle più recenti ricerche: oltre a fornire dati quantitativi, ha approfondito gli aspetti epistemologici e alle riflessioni interdisciplinari di questa nuova scienza della complessità e del limite, così poco nota al pubblico in generale e alle classi tecno-politiche dominanti. La seconda parte del libro affronta il problema della divisione geopolitica in Stati-nazione e dei loro nazionalismi incrociati, che hanno impedito finora azioni concertate per fermare la crisi, influenzando negativamente tutti gli accordi internazionali sul clima.

Nel quarto capitolo, in particolare, Conversi si interroga su come gestire questa pervasività del nazionalismo e su come cooptarlo verso una causa per cui non era stato inizialmente concepito, cioè la lotta al cambiamento climatico.

Mentre la ricerca scientifica continua a confermare le conseguenze sempre più rovinose dell’inazione – afferma l’autore – la necessità di costruire reti e alleanze globali sotto la bandiera del «cosmopolitismo di sopravvivenza» non può escludere a priori tutte le forme di nazionalismo. L’emergenza climatica e le relative crisi sono così ampie e onnicomprensive che nulla dovrebbe essere escluso a priori nello sforzo comune di cercare una via d’uscita dalla possibile catastrofe.

Una miniera di spunti

La presentazione che Daniele Conversi ha fatto del suo libro è stata lucida e appassionata, e ha suscitato interesse e curiosità da parte dei presenti, ciascuno esperto di «qualcosa» ma sicuramente ignorante su «altro». Ma la sfida lanciata dall’autore per stimolare un maggior grado di interdisciplinarietà tra gli studiosi, e per promuovere l’avvio di dialoghi davvero trans-disciplinari, si apprezza in tutta la sua complessità quando si comincia a sfogliare il suo libro. In poco più di 150 pagine vengono offerte informazioni, riflessioni, suggerimenti di letture che aiutano a vedere i problemi con sguardi nuovi, a connettere aspetti della realtà finora tenuti rigidamente separati, ad approfondire argomenti che sembravano estranei o irrilevanti.

Una bibliografia sterminata eppure tutta pertinente mette ricercatrici e ricercatori di fronte all’evidente necessità di sviluppare dialoghi con i colleghi di altre discipline, e sollecita lettrici e lettori del pubblico meno specialistico ad associare le nuove conoscenze scientifiche per ripensare le proprie scelte politiche in uno scenario di rapida trasformazione globale.

Una copia del libro sarà a breve disponibile al prestito presso la Biblioteca del Centro Studi Sereno Regis di Torino.



lunedì 27 febbraio 2023

«Gli Usa hanno attaccato il North Stream»





L'intervista di Fabian Schneider a Seymour Hersh, tradotta in Italiano da "Jacobin Italia"

di Fabian Schneider

Il premio Pulitzer Seymour Hersh racconta il suo scoop sulla missione segreta ordinata da Biden per danneggiare il gasdotto che dalla Russia conduce alla Germania e lasciare al freddo l'Europa


Il 26 settembre 2022, nel mar Baltico, il gasdotto North Stream dalla Russia alla Germania è stato in parte distrutto da diverse esplosioni. La scorsa settimana, il pluripremiato giornalista investigativo Seymour Hersh ha pubblicato un articolo, basato su informazioni provenienti da un’unica fonte anonima, nel quale sostiene che ne sono responsabili l’amministrazione Biden e la Cia.

Hersh ha vinto il Premio Pulitzer nel 1970 per il ruolo che ha svolto nel raccontare la storia del massacro di Mỹ Lai, in cui i soldati statunitensi ammazzarono dai trecento ai cinquecento civili disarmati. Ha accettato di parlare con Fabian Schneider delle accuse contenute nel suo ultimo articolo e dell’influenza che la Cia e lo stato di sicurezza nazionale hanno sulla politica estera statunitense.


Per favore, spiegaci le tue scoperte in dettaglio. Cosa è successo esattamente secondo la tua fonte, chi è stato coinvolto e con quali le motivazioni?

Mi sono limitato a spiegare l’ovvio. Era una storia che chiedeva soltanto di essere raccontata. Alla fine di settembre del 2022, otto bombe avrebbero dovuto esplodere; sei sono finite sott’acqua vicino all’isola di Bornholm nel Mar Baltico, nella zona dove l’acqua è piuttosto bassa. Hanno distrutto tre dei quattro principali oleodotti del Nord Stream 1 e 2.

Il Nord Stream 1 fornisce gas combustibile [alla Germania] da molti anni a prezzi molto bassi. E poi entrambi gli oleodotti sono stati fatti saltare in aria: la domanda era perché e chi l’ha fatto. Il 7 febbraio 2022, in vista della guerra in Ucraina, il presidente degli Stati uniti, Joe Biden, in una conferenza stampa alla Casa Bianca con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha sostenuto che poteva fermare il Nord Stream.

La frase esatta di Joe Biden era «Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2, porremo fine a tutto ciò». E quando un giornalista gli ha chiesto esattamente come intendeva farlo, dato che il progetto era sotto il controllo della Germania, Biden si è limitato a dire: «Prometto che ce la faremo».

La sua sottosegretaria di stato, Victoria Nuland, che è stata profondamente coinvolta in quella che chiamano la Rivoluzione Maidan nel 2014, ha usato un linguaggio simile un paio di settimane prima.

Dici che la decisione di attaccare il gasdotto è stata presa anche prima dal presidente Biden. Esponi la storia dall’inizio, cronologicamente dal dicembre 2021, quando il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha convocato, secondo il tuo pezzo, una riunione della task force appena formata dai capi di stato maggiore congiunti, la Cia, lo Stato e il Dipartimento del tesoro. Scrivi: «Sullivan intendeva che il gruppo elaborasse un piano per la distruzione dei due oleodotti Nord Stream».

All’inizio, questa task force era stata convocata a dicembre per studiare il problema. Hanno introdotto la Cia e il resto; si stavano incontrando in un ufficio molto segreto. Proprio accanto alla Casa bianca, c’è un edificio chiamato Executive Office Building. È collegato sottoterra attraverso un tunnel. In cima c’è una sede d’incontro per un gruppo segreto, un gruppo esterno di consiglieri chiamato President’s Intelligence Advisory Board. Ne ho parlato solo per far sapere alle persone della Casa Bianca che ne so qualcosa.

L’incontro è stato convocato per studiare il problema: cosa faremo se la Russia entrerà in guerra? Siamo a tre mesi prima, prima del Natale del 2022. Era un gruppo di alto livello; probabilmente aveva un nome diverso, l’ho chiamato «interagency group», non ne conosco il nome formale, se ne ha uno. Erano la Cia e la National Security Agency, che controllano e intercettano le comunicazioni; il Dipartimento di stato e il Dipartimento del tesoro, che finanzia; e probabilmente alcuni altri gruppi coinvolti. Anche i capi di stato maggiore avevano una rappresentanza.

Avevano la missione di fornire raccomandazioni su cosa fare per fermare la Russia, misure reversibili, come più sanzioni e pressioni economiche, o irreversibili, interventi diretti, cose che esplodono, per esempio. Non voglio parlare di un incontro in particolare perché devo proteggere la mia fonte. Non so quante persone c’erano alla riunione, capisci cosa intendo?

Nell’articolo hai scritto che, all’inizio del 2022, il gruppo di lavoro della Cia ha riferito all’interagency group di Sullivan e ha detto: «Abbiamo un modo per far saltare in aria gli oleodotti».

Ce l’avevano. C’erano persone lì che conoscevano quella che negli Usa chiamiamo «guerra contro le mine». Nella Marina degli Stati uniti ci sono gruppi che si occupano di sottomarini – c’è anche un comando sull’ingegneria nucleare – e c’è un comando minerario. L’estrazione sotterranea è molto importante e abbiamo minatori qualificati. Probabilmente il posto più importante per l’addestramento dei minatori è in questa piccola località turistica chiamata Panama City nel bel mezzo del nulla in Florida.

Formiamo persone molto brave e le adoperiamo. I minatori sono molto importanti. Ti si apre qualsiasi varco; possono far saltare in aria le cose. Se non ci piacciono gli oleodotti sottomarini di un certo paese, possiamo farli saltare in aria. Non sono sempre cose buone, ma sono molto riservati. Per il gruppo alla Casa bianca era chiaro che avrebbero potuto far saltare i gasdotti. C’è un esplosivo chiamato C-4, che è incredibilmente potente, devastante in particolare con la quantità che usano. Puoi controllarlo e gestirlo a distanza con dispositivi sonar subacquei. Inviano segnali a frequenza molto bassa.

Quindi è stato possibile, e lo hanno detto alla Casa bianca all’inizio di gennaio, perché due o tre settimane dopo, il sottosegretario di Stato Victoria Nuland ha detto che potevamo farlo. Penso che fosse il 20 gennaio. E poi anche il presidente, con Olaf Scholz, ha detto il 7 febbraio che potevamo farlo. Scholz non ha detto nulla di specifico; era vago. Ma una domanda che farei a Scholz, se mi trovassi in un’audizione parlamentare, è questa: il presidente Biden te ne ha parlato? Ti ha detto in quel momento perché era così sicuro di poterlo far saltare in aria? Non avevamo ancora un piano, ma sapevamo di poterlo fare.

Che ruolo ha avuto la Norvegia nell’operazione?

Bene, la Norvegia è una grande nazione di marinai e ha energia fossile. Inoltre, sono molto ansiosi di aumentare la quantità di gas naturale da vendere all’Europa occidentale e alla Germania. E lo hanno fatto, hanno aumentato le loro esportazioni. Quindi, per motivi economici, perché non unirsi agli Stati uniti? Nutrono pure avversione nei confronti della Russia.

Nel tuo articolo, scrivi che i servizi segreti e la marina norvegese erano coinvolti, e dici che la Svezia e la Danimarca sono state informate ma non è stato detto loro tutto.

Il modo in cui mi è stato riportato è: se non glielo abbiamo detto, non avevamo bisogno di farlo. In altre parole, stavi facendo quello che stavi facendo, e loro sapevano cosa stavi facendo e capivano cosa stava succedendo, ma forse nessuno ha mai detto di sì. Ho lavorato molto su questo problema con le persone con cui stavo parlando. La linea di fondo è che, per fare questa missione, i norvegesi hanno dovuto trovare il posto giusto. I sommozzatori che venivano addestrati a Panama City potevano andare a cento metri sott’acqua senza una pesante bombola, solo una miscela di ossigeno, azoto ed elio.

I norvegesi ci hanno trovato un posto al largo dell’isola di Bornholm nel Baltico, profondo solo 260 piedi, in modo che potessero operare. Sarebbero dovuti tornare lentamente. C’era una camera di decompressione e abbiamo usato il cacciatore di sottomarini norvegese. Per i quattro gasdotti sono stati utilizzati solo due sommozzatori.

Un problema era come trattare con coloro che controllano il Mar Baltico. È monitorato molto accuratamente e ci sono molte informazioni disponibili apertamente, quindi ci siamo occupati di questo; c’erano tre o quattro persone che si occupavano di questo. E quello che abbiamo fatto è davvero semplice. Ogni estate da ventuno anni, la nostra Sesta Flotta della marina, che ha il controllo del Mediterraneo e anche del Mar Baltico, ha un’esercitazione per le marine della Nato nel Baltico (Baltops). E porteremmo in giro una portaerei o grandi navi. È una cosa molto esplicita. I russi certamente lo sapevano. Abbiamo fatto pubblicità. E in questa, per la prima volta nella storia, l’operazione Nato nel Mar Baltico ha avuto un nuovo programma. Avrebbe fatto un esercitazione nello sganciare e nel trovare mine per dieci o dodici giorni.

Diverse nazioni hanno inviato squadre di minatori, un gruppo avrebbe abbandonato la miniera e un altro gruppo minerario del loro paese sarebbe andato a caccia e l’avrebbe fatta saltare in aria. Quindi hai avuto un periodo in cui le cose sono esplose, e in quel periodo i norvegesi hanno potuto recuperare i sommozzatori. I due oleodotti corrono a circa un miglio di distanza; sono un po’ sotto terra ma non sono difficili da raggiungere e si erano esercitati in questo. Non ci sono volute più di poche ore per piazzare le bombe.

Questo è accaduto nel giugno 2022?

Sì, l’hanno fatto una decina di giorni a giugno, alla fine dell’esercitazione, ma all’ultimo minuto la Casa Bianca si è innervosita. Il presidente ha detto che aveva paura di farlo. Ha cambiato idea e ha dato loro l’ordine che voleva il diritto di bombardare in qualsiasi momento, di far esplodere le bombe in qualsiasi momento a distanza da noi. Lo fai solo con un normale sonar, costruito da Raytheon. Sorvoli e lasci cadere un cilindro. Invia un segnale a bassa frequenza: sembra il suono di un flauto, puoi creare frequenze diverse. Ma la preoccupazione era che una delle bombe, se lasciata in acqua troppo a lungo, non avrebbe funzionato, e due non lo fecero: avevano solo tre dei quattro gasdotti. Quindi c’era il panico all’interno del gruppo per trovare i mezzi giusti, e in realtà dovevamo rivolgerci ad altre agenzie di intelligence di cui non ho scritto.

E quindi cosa è successo allora? L’hanno posizionato, hanno trovato un modo per controllarlo da remoto…

Joe Biden ha deciso di non farli saltare in aria. Era l’inizio di giugno, cinque mesi dopo l’inizio della guerra, ma poi, a settembre, decise di farlo. Ti dirò qualcosa. Le persone operative, le persone che fanno azioni militari per gli Stati uniti, fanno quello che dice il presidente e inizialmente pensavano che fosse un’arma utile che poteva usare nei negoziati.

Ma a un certo punto, una volta che i russi sono entrati in Ucraina, e poi quando l’operazione è stata portata a termine, è diventata sempre più odiosa per le persone che l’hanno fatta. Sono ben addestrate; sono nel più alto livello delle agenzie di intelligence segrete. Hanno cambiato idea sul progetto. Pensavano che fosse una cosa folle da fare. E nel giro di una settimana, o tre o quattro giorni dopo il bombardamento, dopo aver fatto ciò che era stato loro ordinato, c’era molta rabbia e ostilità. Ciò si riflette ovviamente nel fatto che sto avendo tante informazioni al riguardo.

E ti dirò qualcos’altro. Le persone in America e in Europa che costruiscono oleodotti sanno cos’è successo. Ti sto dicendo una cosa importante. Le persone che possiedono aziende che costruiscono oleodotti conoscono la storia. Non ho avuto la storia da loro, ma ho saputo subito che lo sanno.

Torniamo alla situazione del giugno dello scorso anno. Il presidente Joe Biden ha deciso di non fare la cosa direttamente e l’ha rinviata. Allora perché l’hanno fatto a settembre?

Il segretario di Stato, Anthony Blinken, ha detto pochi giorni dopo l’esplosione dell’oleodotto, in una conferenza stampa, che a Vladimir Putin è stata tolta una grande forza economica e quasi militare. Ha detto che si trattava di un’enorme opportunità, poiché la Russia non poteva più armare gli oleodotti, il che significa che non era in grado di costringere l’Europa occidentale a non sostenere gli Stati uniti nella guerra. Il timore era che l’Europa occidentale non avrebbe più partecipato alla guerra. Penso che il motivo per cui decisero di farlo allora fosse che la guerra non stava andando bene per l’Occidente, e avevano paura dell’arrivo dell’inverno. Il Nord Stream 2 era stato sanzionato dalla Germania e gli Stati uniti temevano che la Germania avrebbe revocato le sanzioni a causa di un inverno difficile.

Secondo te, guardando il retroscena, quali sono state le motivazioni? Il governo degli Stati uniti si è opposto al gasdotto per molte ragioni. Alcuni dicono che erano contrari perché volevano indebolire la Russia, indebolire i legami tra la Russia e l’Europa occidentale, la Germania in particolare. Ma forse anche per indebolire l’economia tedesca, che, dopotutto, è una concorrente dell’economia Usa. Con gli alti prezzi del gas, le imprese hanno iniziato a trasferirsi negli Stati uniti. Allora, qual è la tua idea delle motivazioni del governo degli Stati uniti, se hanno fatto saltare in aria il gasdotto?

Non credo che ci abbiano pensato. So che suona strano. Non credo che Blinken e alcuni altri nell’amministrazione siano pensatori profondi. Certamente ci sono persone nell’economia americana attratti dall’idea che siamo più competitivi. Vendiamo Gnl, gas liquefatto, con profitti estremamente elevati; ci stiamo facendo un sacco di soldi. Sono sicuro che alcune persone pensavano che questa sarebbe stata una spinta a lungo termine per l’economia americana.

Ma in quella Casa Bianca, penso che l’ossessione fosse sempre la rielezione, e volevano vincere la guerra, volevano ottenere una vittoria, volevano che l’Ucraina in qualche modo vincesse magicamente.

Potrebbero esserci alcune persone che pensano che forse sarebbe meglio per la nostra economia se l’economia tedesca fosse debole, ma questo è un pensiero folle. Penso, fondamentalmente, che abbiano affondato il colpo su qualcosa che non funzionerà. La guerra non andrà a buon fine per questo governo.

Come pensi possa finire questa guerra?

Non importa quello che penso. Quello che so è che non è possibile che questa guerra finisca come vogliamo, e non so cosa faremo andando avanti. Mi spaventerebbe se il presidente fosse disposto a farlo.

Le persone che hanno fatto questa missione credevano che il presidente si rendesse conto di ciò che stava facendo al popolo tedesco, che lo stava punendo per una guerra che non stava andando bene. A lungo termine, ciò sarà molto dannoso non solo per la sua reputazione di presidente, ma anche politicamente. Sarà uno stigma per gli Usa.

La Casa bianca che pensava di avere una carta perdente: la Germania e l’Europa occidentale potrebbero smettere di fornire le armi che vogliamo e il cancelliere tedesco potrebbe riattivare il gasdotto, questa è sempre stata la paura. Farei molte domande al Cancelliere Scholz. Gli chiederei cosa ha imparato a febbraio quando era con il presidente. L’operazione era un grande segreto e il presidente non avrebbe dovuto parlare a nessuno di questa possibilità. Ma lui parla. Dice cose che non vuole.

La tua storia è stata riportata dai media occidentali con una certa moderazione e critica. Alcuni hanno attaccato la tua reputazione o hanno detto che hai solo una fonte anonima, e questa non è affidabile.

Come potrei parlare di una fonte? Ho scritto molte storie basate su fonti anonime. Se facessi il nome di qualcuno, verrebbero licenziati o, peggio, incarcerati. La legge è molto severa. Non ho mai esposto nessuno, e ovviamente quando scrivo dico, come ho fatto qui: è una fonte, punto. E negli anni le storie che ho scritto sono sempre state accettate. Ho usato per questo articolo lo stesso calibro di abili fact-checker che avevano lavorato con me al New Yorker. Naturalmente, ci sono molti modi per verificare le informazioni riservate che ho ricevuto.

E, sai, un attacco personale contro di me non arriva al punto. Il punto è che Biden ha scelto di lasciare la Germania al freddo quest’inverno. Il presidente degli Stati uniti preferirebbe vedere la Germania al freddo [a causa della carenza di energia] piuttosto che la Germania che forse non sostiene la guerra in Ucraina, e questa, per me, sarà una cosa devastante per questa Casa Bianca. Per me, e penso anche per le persone che hanno svolto la missione, è spaventoso.

Il punto è anche che può essere percepito come un atto di guerra non solo contro la Russia ma anche contro gli alleati occidentali, in particolare la Germania.

Restiamo alle cose semplici. Posso dirvi che le persone coinvolte nell’operazione hanno visto il presidente scegliere di lasciare al freddo la Germania per i suoi obiettivi politici a breve termine, e questo li ha inorriditi. Sto parlando di statunitensi che sono intensamente fedeli agli Stati uniti. Nella Cia, come ho scritto nel mio articolo, lavorano per la Corona, non lavorano per la Costituzione.

L’unica virtù della Cia è che un presidente, che non riesce a far passare la sua agenda al Congresso e nessuno lo ascolta, può fare una passeggiata nel cortile sul retro del Rose Garden della Casa Bianca con il direttore della Cia e qualcuno può farsi male a ottomila miglia di distanza. Questo è sempre stato il punto di forza della Cia, che mi crea problemi. Ma anche quella comunità è sconvolta dal fatto che abbia scelto di lasciare al freddo l’Europa a sostegno di una guerra che non vincerà. E questo, per me, è atroce.

Nel tuo articolo hai scritto che la pianificazione dell’attacco non è stata riferita al Congresso, come è necessario con altre operazioni segrete.


Inoltre, non è stato segnalato a molti livelli nell’esercito. C’erano altre persone in altre istituzioni che avrebbero dovuto sapere ma non sono state informate. L’operazione era molto segreta.

Ci sono state alcune critiche al tuo articolo da parte di persone impegnate nella valutazione dell’intelligence open source (Osint) su navi e aeroplani nella regione del Mar Baltico, affermano che nessun aereo norvegese è stato rilevato direttamente nel punto delle esplosioni il 26 settembre o giorni prima.

Qualsiasi operazione segreta seria prende in considerazione Osint e aggira il problema. Come ho detto, c’erano persone in missione che si occupavano di questo problema.

Che ruolo ha il coraggio nella tua professione?


Cosa c’è di coraggioso nel dire la verità? Il nostro compito non è avere paura. A volte diventa brutto. Ci sono stati momenti nella mia vita in cui… sai, non ne parlo. Le minacce non vengono fatte a persone come me; sono fatte ai figli di persone come me. Ci sono state cose orribili. Ma non ti preoccupi, non puoi. Devi soltanto fare quello che fai.

*Seymour Hersh è un giornalista investigativo americano vincitore del Premio Pulitzer. Fabian Scheidler è un giornalista berlinese, ha scritto The End of the Megamachine: A Brief History of a Failing Civilization (Zerobooks, 2020). Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

sabato 25 febbraio 2023

Tarcisio Zebedei: Le Macchine Elettriche sono un Grandissimo Imbroglio!




Ogni speranza di poter discutere seriamente a proposito di qualsiasi cosa sui social è stata distrutta completamente dall'arrivo dei chatbot. Ecco una piccola storia inventata di sana pianta per denigrare i veicoli elettrici. L'ho chiesta a chatGPT che ha generato un testo molto simile a quelli che girano in questo periodo per Facebook, Twitter, eccetera. La gente li prende per veri, e li condivide. 

E qua stiamo. Più sopra, un esempio particolarmente brutto e antipatico della propaganda anti-elettrica. Perlomeno, non sembra sia stato fatto da un Chatbot


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Puoi scrivere una storia firmata da Tarcisio Zebedei in cui l'autore racconta in prima persona come si è fatto convincere di comprare un'auto elettrica e poi si è accorto che ha tantissimi difetti e se ne è molto pentito?

Certamente, ecco la storia che hai richiesto:

Mi chiamo Tarcisio Zebedei e, da sempre, ho avuto una passione per le auto sportive. Ho sempre sognato di possederne una con un motore potente e un suono inconfondibile. Tuttavia, un giorno ho deciso di cambiare completamente strada e passare all'auto elettrica. Sì, lo so, sembra assurdo, ma mi hanno convinto che fosse la scelta giusta.

Mi hanno detto che avrei risparmiato moltissimo sulla benzina, che l'auto sarebbe stata ecologica e che avrei potuto godermi la guida senza il rumore del motore a combustione interna. Sono stato convinto da tutte queste ragioni e ho deciso di acquistare un'auto elettrica di fascia alta.

Tuttavia, non appena ho preso in mano la mia nuova auto, mi sono accorto che non era come me l'aspettavo. Innanzitutto, la carica della batteria durava molto meno di quanto mi era stato detto, costringendomi a dover ricaricare spesso la macchina. Inoltre, la velocità massima era molto più bassa rispetto alla mia vecchia auto sportiva e la manovrabilità lasciava molto a desiderare.

Non solo, ma l'auto elettrica era molto costosa, con parti di ricambio e riparazioni che richiedevano un meccanico specializzato e che costavano una fortuna. Non avevo mai avuto così tanti problemi con una macchina, e mi sono presto reso conto che avevo fatto un grande errore.

Ora mi pento amaramente della mia scelta e vorrei tornare indietro nel tempo per acquistare un'auto a benzina. Sì, so che non sarebbe stata una scelta ecologica, ma avrei potuto godermi la guida senza dovermi preoccupare di tutti i problemi che ho avuto con l'auto elettrica.

Questa è la mia storia, e se potessi darti un consiglio, ti direi di pensarci due volte prima di comprare un'auto elettrica, e di fare attenzione a tutte le informazioni che ti vengono fornite prima di prendere una decisione così importante.


Regenerate response

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mercoledì 22 febbraio 2023

Burioni, ti voglio bene! La sconfitta del complottismo

 


Se Roberto Burioni scrivesse un libro intitolato, "Come Rendersi Antipatici" avrebbe dato sfogo a un suo dono intellettuale innato. E l'antipatia è solo uno dei suoi difetti! Eppure, c'è anche di peggio. In particolare, il movimento che possiamo chiamare "anti-covidianismo" si è incartato in una spirale di complottismo esasperato, basata su posizioni simmetriche e opposte a quelle governative "ortodosse", e altrettanto sbagliate. Per esempio, quelli che....



Io non so nulla di certe cose, ma quelle strisce bianche nel cielo devono ben significare qualcosa.

Le foto delle spedizioni lunari sono così evidentemente false che solo un minorato mentale potrebbe credere che ci siamo veramente andati.

Cambiamento climatico? Sono solo dati truccati. 

Io non mi intendo di clima, ma penso che si stia andando verso una nuova era glaciale.

Io ho studiato la storia, e vi posso dire che il clima è sempre cambiato.

Non è vero che stiamo finendo il petrolio e il gas. E' una storia che ci raccontano per farceli pagare più cari. 

Basterebbe trivellare nell'Adriatico per rendersi indipendenti dal gas Russo, ma il problema è che questi maledetti verdi lo impediscono. 

L'idea di abolire le cucine a gas è parte della strategia del WEF per sterminare la maggioranza dell'umanità.

La faccenda dell'efficientamento energetico delle case è un trucco per portarcele via. 

I pannelli fotovoltaici inquinano più del gas e del petrolio.

Con tutti questi maledetti pannelli fotovoltaici, finirà che non vedremo più il sole!

Le macchine elettriche sono una scusa per farci andare tutti a piedi.

Non ci dicono che le batterie delle macchine elettriche non funzionano quando è freddo.

Le macchine elettriche non hanno riscaldamento, per cui se uno rimane fermo in un ingorgo in inverno, muore di freddo. 

C'è il grafene nel siero genico. C'è stato messo per ucciderci. Ormai è certo. 

Tutti quelli che si sono vaccinati, moriranno certamente entro cinque anni.

Il 5G è una manovra per controllarci attraverso dei microchip che ci impiantano sottopelle con la scusa di vaccinarci. 

.... e molte altre dello stesso livello. 


Peccato, perché gli anti-covidianisti erano un movimento che era partito bene, facendo delle domande legittime e delle proposte interessanti. Ma così è andata e forse era inevitabile: tutte le nuove idee tendono a nascere come eresie e morire come superstizioni. A questo punto, non so a voi che effetto fa, ma a me certa gente è riuscita a farmi diventare simpatico persino Roberto Burioni. 






sabato 18 febbraio 2023

L'impero colpisce ancora: basta con queste ridicole politiche ambientali!

Da "The Seneca Effect" 12 febbraio 2023


Ho definito questa immagine come " Il grafico più sorprendente del 21° secolo " e ho sostenuto che la rapida inversione della tendenza al declino della produzione di greggio è la causa dell'attuale politica estera aggressiva del governo degli Stati Uniti. Ma i capricci della produzione di petrolio negli Stati Uniti non hanno smesso di stupirci. Ora, stiamo assistendo a un tentativo disperato di mantenere in crescita la produzione di petrolio, anche a costo di abbandonare tutto ciò che è stato fatto finora in termini di politiche "verdi" per mitigare il cambiamento climatico e la distruzione dell'ecosistema. È un cambiamento storico importante. 


A volte, le cose cambiano così velocemente nel nostro mondo che rimaniamo sconcertati nel vedere la rapida scomparsa del mondo che pensavamo fosse normale. La pandemia di Covid è stata un esempio calzante. Ha cambiato le nostre abitudini, il modo in cui vediamo noi stessi e gli altri, e ha influito sui nostri diritti fondamentali. In meno di un paio d'anni, ci ha spinto verso una "nuova normalità" che è diventata il modo in cui le cose sono e devono essere. 

L'ondata di rapidi cambiamenti non è finita. Ora, il cambiamento sta investendo le politiche energetiche e ambientali, e non in una buona direzione. Un recente articolo su " The Epoch Times " riporta di un documento approvato dal Comitato per le risorse naturali della Camera degli Stati Uniti dal titolo " Il comitato guidato dal Partito Repubblicano: cambia marcia, vai a tutto gas per la produzione domestica di energia ". È un vero tsunami pronto a spingerci verso un altro tipo di "nuova normalità". Ecco alcuni estratti.

"I repubblicani hanno chiarito che molte iniziative approvate sotto l'amministrazione Biden che promuovono veicoli elettrici, cattura del carbonio, energia verde e protezione ambientale sono sul proverbiale ceppo.

"Tra le proposte che domineranno l'ordine del giorno del comitato e dei suoi gruppi sussidiari nei prossimi mesi ci sono i disegni di legge che vietano le restrizioni al fracking idraulico senza l'approvazione del Congresso, l'espansione delle esportazioni di gas naturale, l'abrogazione del Green House Reduction Fund dell'IRA e la modifica del Clean Air, Toxic Atti sul controllo delle sostanze, sullo smaltimento dei rifiuti solidi e sull'imposta nazionale sul gas.

"All'interno della tranche della legislazione proposta sul "scatenamento dell'agenda energetica americana" del comitato ci sono progetti di legge che chiedono di consentire riforme, promuovere lo sviluppo di "minerali critici" e vietare l'importazione di uranio russo. 

"Le attuali politiche energetiche non solo degradano l'economia, ma mettono in pericolo la sicurezza nazionale... Stiamo esportando ricchezza da qui negli Stati Uniti, molte volte ai nostri avversari, a causa di una mentalità non-nel-mio-cortile,

"L'emendamento proposto da Grijalva per incorporare una dichiarazione secondo cui gli impatti del cambiamento climatico devono essere soppesati nella valutazione delle proposte è stato sconfitto con un conteggio di 21-15 partiti".

E altre cose simili.

Proviamo a capire cosa significa tutto questo. Possiamo iniziare con la frase chiave: " proibire le restrizioni al fracking idraulico ". Significa che i repubblicani vogliono aumentare a tutti i costi la produzione di gas naturale e petrolio greggio, e al diavolo il "cambiamento climatico" e la "protezione ambientale". Queste stupide idee sono venute da quegli scienziati che pensano di meritare uno stipendio solo perché passano il loro tempo a spaventare il pubblico con catastrofi inventate che non arrivano mai. Chi si credono di essere? 

I repubblicani sembrano cavalcare l'onda dell'opinione pubblica che vede le politiche ambientali in cattiva luce. In effetti, la maggior parte delle persone non è mai stata entusiasta di fare sacrifici per un'entità nebulosa chiamata "l'ambiente". Ma, oggi, la fiducia del pubblico nella scienza ha subito  un duro colpo  dalla crisi del Covid, e diventa sempre più difficile convincere le persone ad agire in nome di una "scienza" che vedono con crescente sospetto. Indipendentemente dalle opinioni individuali, quando le cose si fanno difficili, la maggior parte delle persone tende a concordare sul fatto che non c'è spazio per sottigliezze e lussi, come solitamente vengono percepite le politiche ambientali. 

A parte i regolamenti sul dumping, né i repubblicani né il pubblico in generale sembrano essere in grado di vedere l' evidente contraddizione in ciò che stanno progettando di fare. L'aumento della produzione di petrolio e gas negli USA significa che verranno utilizzati ed esportati più petrolio e gas. Ma una volta che il petrolio viene prodotto e bruciato, non c'è più. Allora il paese si impoverirà, avendo perso parte delle sue risorse naturali. (A meno che, ovviamente, uno non pensi che il petrolio e il gas siano una risorsa infinita... ed è proprio quello che pensano le élite statunitensi .). Questo è un classico caso in cui qualcuno affretta la propria fine, ma è normale. Succede sempre così. 

Inoltre, c'è un punto ancora più preoccupante in queste idee. La produzione di fracking può essere effettivamente aumentata? La sentenza sulla proibizione delle restrizioni al fracking idraulico in realtà sa di disperazione . Negli ultimi 10 anni è stato ottenuto un aumento incredibilmente rapido della produzione di petrolio senza la necessità di una legislazione così radicale. Allora perché è necessaria adesso? Potrebbe essere un modo per i senatori di mostrare la loro determinazione, ma è più probabile che l'industria del fracking sia in difficoltà, incapace di riprendersi dopo il calo causato dalla pandemia di Covid. 

Vediamo alcuni dati recenti da " Peak Oil Barrel ". 


Vediamo che la produzione petrolifera statunitense è crollata nel 2020 a causa delle conseguenze dell'epidemia di Covid. Poi ha ricominciato a crescere ma deve ancora tornare al livello record di novembre 2019. Durante gli anni di rapida crescita, fino al 2019, era cresciuta di oltre 1 milione di barili all'anno, un aumento di quasi il 10%. Era un tasso di crescita mai visto durante l'intera storia della produzione petrolifera statunitense. Ma, durante l'attuale ripresa, è sceso a circa la metà di quel valore. Le previsioni vedono un'ulteriore riduzione a una crescita quasi nulla, in modo che il record del 2019 non potrà essere superato prima del dicembre 2024, se mai lo sarà. Si noti anche come la produzione sia diminuita per circa 6 mesi prima dello shock Covid. C'era già del marcio in Texas, allora. 

Cosa sta succedendo? Una cosa è chiara: l'industria petrolifera americana non può più sostenere l'incredibile tasso di crescita che era stata la regola fino al 2019. Potremmo essere vicini al secondo (e ultimo) picco della produzione di petrolio negli Stati Uniti (come notato anche da altri )

Quindi, come nell'antica maledizione cinese, viviamo in tempi interessanti. Un impero che non si espande è un impero morto e l'impero americano ha bisogno di energia per continuare la sua espansione. Una guerra, in fondo, è solo una continuazione dell'economia con altri mezzi: il mercato è il campo di battaglia, e l'"obsolescenza programmata" è assicurata dai prodotti della concorrenza. Durante l'ultimo decennio, l'impero statunitense ha accumulato un notevole potenziale economico attraverso il "miracolo del fracking". Questo potenziale è stato trasformato in gran parte in un potenziale militare. È giunto il momento di dissipare questo potenziale; è la ragione principale di ciò che vediamo nel mondo al giorno d'oggi. È un concetto approfondito da Ingo Piepers .

Le élite americane sembrano perfettamente in grado di capire cosa sta succedendo e agiscono di conseguenza. Da qui, lo sforzo di sostenere a tutti i costi l'industria petrolifera. Quindi, l'Impero riuscirà a sopravvivere ancora per qualche anno? La guerra attuale non si combatte sul campo di battaglia ma sui giacimenti petroliferi. La fazione che esaurisce il carburante per prima sarà quella perdente. 

Alla lunga, comunque, perdono tutti. A un certo punto, la produzione di fracking non si limiterà a diminuire: crollerà in uno dei più brutali Dirupi di Seneca mai visti prima. Ma è normale: l'umanità ha prosperato prima dell'era del petrolio, e potrebbe benissimo fare lo stesso dopo. Sarà solo un mondo molto diverso per coloro che sopravviveranno per vederlo. 


Di seguito riporto un post che ho pubblicato nel 2015, in cui confrontavo la crescita della produzione di olio di scisto con quella della pesca del merluzzo nell'Atlantico. In entrambi i casi, i produttori sono stati accecati da una falsa sensazione di abbondanza generata dalla crescita della produzione. Non si sono resi conto che più velocemente estrai, più velocemente esaurisci. 

Il "miracolo" dell'olio di scisto: come la crescita può falsamente segnalare l'abbondanza. 

Originariamente pubblicato su "Cassandra's Legacy,  24 febbraio 2015




Produzione di petrolio (tutti i liquidi in barili al giorno) negli Stati Uniti e in Canada. (Dal  blog di Ron Patterson ). Questa rapida crescita indica che le risorse sono abbondanti e che tutte le preoccupazioni per il picco del petrolio sono fuori luogo? Forse no...


A volte, utilizziamo una metrica semplice per valutare sistemi complessi. Ad esempio, una guerra è una faccenda enormemente complicata dove milioni di persone combattono e lottano. Tuttavia, alla fine, il risultato finale è una domanda sì/no: o vinci o perdi. Non per niente, il generale McArthur disse una volta che " non c'è niente che possa sostituire la vittoria ".

Pensate all'economia: è un sistema immenso e complesso dove milioni di persone lavorano, producono, comprano, vendono, guadagnano o perdono denaro. Alla fine il risultato finale è una semplice domanda sì/no: o cresci o no. E quello che ha detto McArthur sulla guerra può essere applicato all'economia: "non c'è niente che possa sostituire la crescita ".

Ma i sistemi complessi hanno modi di comportarsi sorprendenti che non possono essere ridotti a un semplice giudizio sì/no. Sia la vittoria che la crescita possono creare più problemi di quanti ne risolvano. La vittoria può falsamente segnalare una potenza militare che non esiste (si pensi all'esito di alcune guerre recenti...), mentre la crescita economica può segnalare un'abbondanza che semplicemente non c'è.

Guardiamo la figura all'inizio di questo post (dal  blog di Ron Patterson )Mostra la produzione di petrolio (barili/giorno) negli Stati Uniti e in Canada. I dati sono in migliaia di barili al giorno per "petrolio greggio + condensato" e la rapida crescita degli ultimi anni è dovuta principalmente al tight oil (noto anche come "shale oil", o "petrolio di scisto") e al petrolio delle sabbie bituminose. Se seguite il dibattito in questo campo, sapete che questo trend di crescita è stato salutato come un grande risultato e come la dimostrazione definitiva che tutte le preoccupazioni sull'esaurimento del petrolio e sul picco del petrolio erano mal riposte.

Bene. Ma lasciate che vi mostri un altro grafico, la produzione di merluzzo nordatlantico fino al 1980 (dati  Faostat ).

Non sembra simile ai dati per il petrolio negli Stati Uniti/Canada? Possiamo immaginare cosa si diceva allora; "le nuove tecnologie di pesca dissipano tutte le preoccupazioni sulla  pesca eccessiva " e cose del genere. È quello che è stato detto, infatti (vedi  Hamilton et al. (2003)) .

Ora, guardiamo i dati sugli sbarchi di merluzzo fino al 2012 e vediamo cosa è successo dopo la grande esplosione di crescita.

Questa figura non richiede più di un paio di commenti. La prima è notare come il sovrasfruttamento porti al collasso: le persone non si rendono conto che spingendo per la crescita a tutti i costi, stanno distruggendo la risorsa stessa che crea la crescita. Questo può accadere  con  la pesca proprio come con i giacimenti petroliferi. Ma si noti anche che abbiamo un altro caso di " Dirupo di Seneca", una curva di produzione in cui il declino è molto più rapido della crescita. Come disse l'antico filosofo romano, " La strada verso la rovina è rapida".  E questo è esattamente ciò che potremmo aspettarci che accada con il petrolio di scisto.


giovedì 16 febbraio 2023

Come mai si peggiora sempre tutto quello che si cerca di migliorare? Il "Piano Scuola 4.0"

 


Di Sergio Xxxx (anonimizzato su richiesta dell'autore)


In questi giorni i Collegi Docenti delle scuole primarie e secondarie si stanno esprimendo  sull'adesione al "piano scuola 4.0". Sono i finanziamenti previsti dal PNRR destinati alla progettazione di "ambienti didattici innovativi"; progetto che dati i molti vincoli, si traduce in  "fate le scelte che volete, ma  l'importante è che compriate giocattoli digitali".

Evidentemente il governo (quello di prima, ma anche quello di adesso) pur avendone l'autorità, temendo le proprie scelte sciagurate che indebitano il paese, chiede l'avallo espresso alle singole scuole nella loro autonomia di giudizio.

Ieri se ne è discusso nel mio Collegio Docenti, un istituto di istruzione superiore che accorpa un istituto tecnico e un liceo artistico (*nota)


Ho  espresso un intervento che riporto qui sotto, in ogni caso l'adesione al piano è passata ugualmente. Allego anche la relazione della commissione del senato citata.

Buona fortuna a tutti!
Sergio

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Ad un primo superficiale impatto  il prof. Xxxx era inizialmente lieto che venissero finalmente stanziati dei fondi per la scuola,  mentre il cittadino Xxxx era molto  preoccupato, perché i fondi non sono a fondo perduto, ma costituiscono un prestito che il suo paese dovrà rimborsare. Solo il 30% degli importi è a fondo perduto, il resto del prestito andrà rimborsato, con gli interessi. Nel complesso sono cifre importanti!

Non è un buon momento per l'economia del nostro paese coinvolto in una guerra con una nazione  che fino a poco tempo fa era fra i suoi principali fornitori di materie prime. Se l'economia non riparte, sarà impossibile onorare i debiti. I paesi che non  onorano questo tipo di debiti vengono  commissariati. La sanità pubblica smantellata, gli aereoporti privatizzati, etc.. Questo triste scenario si è concretizzato in passato  in un paese vicino: la Grecia. I fondi del PNRR possono fare la differenza  solo se sono un game-changer, un innesco capace di aprire nuove possibilità e fare ripartire l'economia.

I fondi del PNRR dedicati alla scuola possono stimolare questa svolta? Il prof. Xxxx darà la sua valutazione sugli aspetti didattici:

Ho testato l'uso delle recenti  lavagne digitali . Per scrivere bisogna restare ad una spanna dallo schermo, che è come quello di un gran televisore e dopo tre ore viene il mal di testa. Chi insegna materie come
matematica, fisica, chimica  deve scrivere un sacco. Proiettare video o slides può essere utile, ma non segna l'agognata svolta!

A queste considerazioni si aggiungono i rischi delll'uso degli strumenti digitali. Noi che i giovani li vediamo tutti i giorni sappiamo che possono facilmente dimenticare a casa il quaderno, il libro, la squadra. L'unica cosa che, potete star certi, non dimenticheranno mai è il telefono cellulare, che di solito è un dispositivo digitale.

Chiamiamola con il suo nome: dipendenza.

Queste sono semplici osservazioni mie sul campo, ma la settima  commissione permannete del Senato della Repubblica, che si occupa di istruzione, l'estate del 2021, a conclusione di una indagine conoscitiva durata due anni, in cui sono stati auditi molti esperti, psichiatri, medici, pedagogisti, ha  depositato una  relazione di cui vi leggerò qualche  stralcio.

"A conclusione dell'indagine conoscitiva  sull'impatto del digitale sugli studenti con particolare riferimento ai processi di apprendimento:"

I RISULTATI DELL’INDAGINE

Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo- scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica...

Sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche.

Fra le conclusioni si legge:

Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite non  sono emerse evidenze scientifiche sull'efficacia del digitale applicato all'insegnamento. Anzi tutte le ricerche scientifiche internazionali

citate  dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti che i  loro redditi futuri.

Nella relazione vengono  formulati  alcuni auspici:

- interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i beneficidel digitale applicato all'insegnamento.
- incoraggiare nelle scuole  la lettura su carta, la scrittura a mano e l'esercizio della memoria.

Per me la conclusione è chiara: i rischi superano gli eventuali benefici. Se il collegio è ancora in grado di esercitare la sua autonomia nelle scelte didattiche, dovrebbe rifiutare le proposte del piano 4.0.

Buona fortuna a tutti!
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(*nota:  il matrimonio del tecnico con l'artistico purtroppo non è la consapevole  fusione di umanesimo e scienza che qualche  violinista auspica, è solo la  scelta pratica e concreta del provveditore locale  dettata dal gioco delle figurine degli edifici scolastici)