sabato 3 aprile 2021

Agricoltura Idroponica: La Passione del Verde

 

Chissà se il nuovo Medio Evo potrà basarsi sulla coltura idroponica, invece che sui servi della gleba? Un post di "PG"

 

Agricoltore o ingegnere? 

di Pierluigi Germano

Comincio con una precisazione: non ho nulla contro gli agricoltori, né tantomeno mia moglie li considera una categoria men che consona. Anzi, a dire il vero, una delle tendenze moderne è che l'agricoltura, prima meccanizzata, diventi progressivamente sempre più automatizzata. Il passaggio dalla meccanizzazione all’automazione, di conseguenza, rende l’associazione contadino - uomo di zappa e vanga non più di un trito stereotipo.

Eppure mia moglie, vedendomi tornare da scuola in modo dimesso e con le mani segnate da lavorazioni in piena terra, mi faceva notare un piccolo inganno alla base del nostro matrimonio: era convinta di aver sposato un ingegnere e non capiva perché si ritrovasse compagna di vita di un agricoltore (ripeto con tutto il rispetto per gli agricoltori: mio nonno lo era e lo sono ancora buona parte dei miei zii).

Dal momento che la passione del verde e della cura dell’ambiente è cosa che continua ad affascinarmi, mi sono ingegnato di rispondere a questo appunto in modo creativo, ovvero diffondendo metodi di coltivazione a scuola tra i miei ragazzi senza l'uso di terra e concime ma con la sola acqua. Per non farmi mancare nulla intreccio tali temi con la progettazione e la stampa 3D e l'automatizzazione informatica (integrazione BBC micro:bit e in prospettiva Arduino e Raspberry). Una nuance anglofila mi ha spinto a chiamare il progetto Hydroponics @school e spero di coinvolgere i miei ragazzi in una traduzione aggiornata dei testi nella sezione inglese del sito. Con l’acqua non ci si sporca e questo rende mia moglie più soddisfatta del sottoscritto: una prospettiva win win.

I risultati. Semplicemente sorprendenti! sia in termini di entusiasmo dei ragazzi sia in termini di crescita rigogliosa delle piante. Come sempre le mogli vanno ringraziate!

In primo piano apprezziamo i primi, acerbi frutti di una pianta di pomodoro





L'insieme si presenta così:





Si apprezza la pianta di pomodoro e sedano in evidenza, entrambe cresciute con il metodo Kratky (ne parleremo diffusamente), attorniate da piante di menta. Il pomodoro ha raggiunto un’altezza di circa 90cm in un mesetto.

Perché un simile progetto?

È una domanda che mi pongo sempre, avendo maturato, in questi (pochi) anni di insegnamento un atteggiamento scettico, almeno in prima battuta, verso progettualità stiracchiate o tirate per i capelli: nella mia vita professionale precedente ero project manager, certe domande ti entrano nel DNA. E poi credo sia questo il quesito più importante e rivoluzionario in una scuola che va sempre più sostituendo le lezioni con i progetti, in un gattopardesco processo di mimesi spesso creativa.

Lo confesso. Ho sviluppato un'allergia viscerale, nel mio proprio periodo scolastico, verso i cartelloni e simili vettori di "progettazione". Ritengo, opinione personalissima, che il progetto dovrebbe rendere uno il corpo classe (alunni e docente) nella realizzazione di un oggetto reale. Ho la fortuna di avere ragazzi nel pieno della vitalità: quale miglior modo di imparare insieme se non il misurarsi con un problema reale che conduce a un prodotto anch'esso reale, in un turbinare di competenze e (perché no?) conoscenze il cui solo elenco incute timore?

Nella fattispecie il progetto abbraccia anche tematiche molto calde e strettamente interconnesse tra di loro: ad esempio lo sfruttamento responsabile delle risorse (collegato al riciclo) e dell'acqua. Potremmo partecipare a una cinquantina di marce contro il surriscaldamento globale ma se anche uno solo dei miei o non miei (considero Internet un vettore potente di buone pratiche) ragazzi si sentirà ispirato da un simile progetto e impianterà una serra idroponica o (perché non sognare?) aeroponica a queste latitudini... mi sentirò immensamente ripagato da tutti gli sforzi legati al progetto e sentirò di aver avuto, dopotutto, uno scopo nella mia attività didattica.

Contribuire in modo fattivo e responsabile ai problemi del pianeta si può solo a partire dalla scala del piccolo che ci circonda: ridurre o eliminare le proteine animali, sprecare meno acqua e risorse, coltivare con il minimo di queste ultime non sono slogan ma atti concreti che dobbiamo cominciare a fare da subito.

Tutti.

Cosè l'idroponica?

Per coltivazione idroponica (dal greco antico ὕδωρ hýdor, acqua + πόνος pónos, lavoro) s'intende una delle tecniche di coltivazione fuori suolo: la terra è sostituita da un substrato inerte (argilla espansa, perlite, vermiculite, fibra di cocco, lana di roccia, zeolite, ecc.). La pianta viene irrigata con una soluzione nutritiva composta dall'acqua e dai composti (per lo più inorganici) necessari ad apportare tutti gli elementi indispensabili alla normale nutrizione minerale. La tecnica è altrimenti conosciuta con il termine di idrocoltura. La coltura idroponica consente produzioni controllate sia dal punto di vista qualitativo sia da quello igienico-sanitario durante tutto l'anno: per una descrizione formale prosegui su Wikipedia


Principali aspetti didattici

Nel suo svolgersi il progetto sarà istruttivo nei seguenti (principali) aspetti didattici:

- Concettualizzazione spaziale alias Geometria: dal progetto esecutivo alla realizzazione

- Manualità: realizzazione di un manufatto con i mezzi e le tecniche a disposizione

- Scienza dei materiali: realizzazione di un manufatto col miglior mix di materiali a disposizione e privilegiando i materiali riciclati e assemblati (es. via colla a caldo o ricostruiti con penna 3D)

- Fisica: studio delle leggi idrauliche (portata, prevalenza etc), elettriche (circuiti, utilizzatori, relay, sorgenti) e gravitazionali (piano inclinato ad esempio) sul campo

- Matematica: studio di un sistema chiuso e dei fabbisogni di un circuito, basi della logica della programmazione

- Informatica/Coding: programmazione di un interruttore crepuscolare e di un timer acceso spento per la pompa idraulica

- Inglese: contiamo di fare una versione in inglese del sito tematico di documentazione dell’esperienza, le traduzioni saranno a cura dei ragazzi stessi

Sono sicuro che i ragazzi stessi individueranno altri filoni a mano a mano che procederanno nel progetto.

Per dare la giusta eco a queste iniziative (svolte a una latitudine ingrata, siamo nel cuore della Capitanata, San Severo, un territorio che non brilla di certo per eccesso di legalità o imprenditorialità) ho iscritto le mie tre classi prime al progetto le serre idroponiche del MIUR. Il progetto consiste nel seguire e documentare le attività, attenendosi a metodologia e contenuti ufficiali. Vedremo come attagliare le nostre attività a quanto proposto: come al solito cercheremo di andare oltre…


Prime esperienze con Kratky


Il problema da risolvere è evitare che le radici marciscano e, al contempo, dare alla pianta il massimo di ossigeno, azoto e altri nutrienti, in una parola nutrirla e difenderla dai nemici esterni.

Il metodo Kratky, che fa parte del ramo dell'idroponica passiva, predica che, allo scendere del livello dell'acqua a causa dell'assorbimento della pianta, una parte delle radici si riconverta all'assorbimento aereo di ossigeno e idrogeno.







Il metodo è sicuramente semplice: l'abbiamo adottato in una growbox, coibentata in polistirolo con i ragazzi e illuminata da due pannelli led a luce rosa, specifici per la crescita. L'insieme è gradevole, nel suo essere spartano.








Nella nostra growbox abbiamo messo a dimora su letto di lana di roccia del basilico, in un altro contenitore abbiamo ricavato due occhi per quattro piantine di pomodoro e nell'ultimo contenitore (per ora) abbiamo cercato di clonare del basilico genovese (clonato da qualche piantina bio acquistato al supermercato, con aggiunta di ormone radicante nella parte terminale del gambo)

Non avendo avuto l'autorizzazione all'utilizzo 24/24 della growbox con illuminazione forzata, ho scelto l'angolo più soleggiato e presidiato della scuola (Nazario, il collaboratore, è un ottimo e fidato alleato: sorveglia ma, soprattutto, dà sempre una mano, un consiglio, un'idea). I risultati sono sorprendentemente strabilianti...soprattutto se si pensa che sono ottenuti riciclando molti materiali e oggetti, come mostrato da due mie alunne.





Trovate qualche le considerazione sulla crescita sul mio blog didattico teckne21.blogspot.com.

Il metodo DWC (Deep Water Colture) prende le mosse da Kratky ma utilizza una pompa ad aria per insufflare aria nell’acqua e, arricchendola di ossigeno, rivitalizzare le radici delle piante.

Nella mia esperienza ciò non ha prodotto un enorme risultato, appesantendo progettazione e gestione dell’impianto.


Il metodo NFT

Vogliamo farci del male, lo so. Abbiamo delle tendenze sadiche che ci spingono a cercare sempre nuovi metodi alla ricerca dell’optimum della coltivazione. Non che il metodo Kratky non vada bene, tutt’altro.

Siamo fatti così.

Il metodo NFT (Nutrient Film Technique) predica lo scorrimento continuo, grazie a un impianto di ricircolo della soluzione nutriente sotto le radici della pianta.



Sad to say... dopo un certo successo iniziale le piante non hanno mostrato alcun segno di crescita. Dopo qualche tempo ho sospeso l'esperimento.
 

Lesson learned: mai iniziare una cultura idroponica in un locale senza luce e senza avere la possibilità di avere la luce forzata. Al momento il progetto è in standby. Ripartirà con una nuova struttura a luce forzata che abbiamo realizzato da zero, a partire da bancali donatici da aziende del posto: potete vedere le fasi della realizzazione qui.


 

C'è anche un'installazione aereoponica / fogponica DYI







Ma, la soluzione più interessante è probabilmente questa:






è una colonna idroponica che, mediante un sistema a ricircolo (pompa immersa in fondo che rifornisce un serbatoio posto in alto) permette la creazione di pioggia continua nella sezione interna, in modo da nutrire direttamente le radici delle piante.

È un metodo particolarmente adatto alle piante che tendono a marcire in presenza di acqua ferma, come le bulbose.

La struttura è stata stampata in 3D e dipinta a nero dai ragazzi al fine di minimizzare la quantità di luce che penetra all’interno e rendere meno infestante la presenza di alghe. Questa struttura, se ci si pensa bene, sta a cavallo tra l’idroponica e l’aeroponica.

Se possibile in una puntata ulteriore parleremo delle modalità aeroponiche…

Se, come noi, si punta al riciclo spinto, possiamo riutilizzare delle bottiglie di plastica (dipinte in colore scuro) in modo creativo. Oppure riutilizzare semplici flaconi di detersivo





Alcune semplici lezioni (quasi un decalogo)


  • L’idroponica è per tutti, non ci sono particolari fattori limitanti
  • È scalabile a piacere
  • Occorre porre particolare attenzione ai nutrienti, che devono essere specifici
  • Puntando all’ottimo assoluto occorre fare attenzione al pH dell’acqua (noi puntiamo all’ottimo paretiano, almeno in prima battuta) con un correttore
  • La luce è un fattore fondamentale, se non è abbondante è meglio desistere o passare sin da subito all’illuminazione forzata
  • Non c’è necessità di grandi capitali né occorre farsi abbagliare dai kit “stilosi” in vendita (a grande prezzo) online: il riciclo può aiutarci
  • Sperimentare è l’imperativo fondamentale
  • Il riciclo dei materiali può darci una grande mano (bottiglie di plastica)
  • Il riciclo si applica anche agli scarti alimentari: abbiamo riutilizzato con successo scarti di sedano, insalata, finocchio, basilico
  • Partire semplici, ma con l’obiettivo di scalare prima possibile (sono Ingegnere, KISS è sempre stato un acronimo importante per me)
  • Per chi fosse arrivato in fondo a questa maratona... vi aspetto sul mio blog didattico o sul sito dedicato a Hydroponics @school

PG





giovedì 1 aprile 2021

Il Tunnel dei Neutrini si farà: L' Annuncio di oggi del Ministro Mariastella Gelmini

 

Il tunnel dei neutrini dall'Italia centrale alla Svizzera sarà basato su assunzioni che rispetteranno il principio di parità di genere. Nella foto a sinistra, quattro giovani minatori in attesa di cominciare a lavorare sul tunnel che sarà lungo circa 750 km (immagine a destra). (fonte)

  
Il Ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie, Mariastella Gelmini, ha annunciato oggi inuna conferenza stampa che il tunnel dei neutrini che collegherà il CERN in Svizzera con il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, Italia è stato approvato dal governo italiano come uno dei target di spesa dei recovery fund europei. 

Il ministro Gelmini aveva già menzionato questo tunnel in un comunicato stampa del 2011, quando era ministro della Pubblica Istruzione e della Ricerca Scientifica. Per questo annuncio era stata pesantemente criticata, ma ora, 10 anni dopo, è chiaro che non è stato un errore, ma un'affermazione profetica.

La costruzione del tunnel dovrebbe iniziare a breve. Comporterà un notevole impegno economico poiché la distanza tra i due laboratori è di circa 750 km. Ma la sfida, ha dichiarato Gelmini, vale la pena di essere raccolta perché apre la strada per raggiungere velocità superiori a quelle della luce. La cosa, sempre secondo Gelmini, potrebbe essere utilissima per i membri del governo nel caso si trovassero nella necessità di lasciare Roma molto in fretta.

Mario Draghi, Presidente del Consiglio, ha elogiato la dichiarazione della Sig.ra Gelmini e ha accennato al fatto che il nuovo tunnel potrebbe essere battezzato "Tunnel Gelmini" quando sarà completato. Il tunnel, inoltre, potrebbe essere utilizzato per operazioni bancarie a velocità superluminale che rafforzerebbero i legami dell'Italia con i centri finanziari europei.

Roberto Speranza, ministro della Salute, ha elogiato anche lui il nuovo tunnel, ma ha detto che anche in neutrini superluminali in arrivo in Italia dovranno sottostare a un regime di quarantena in quanto potrebbero essere portatori di nuove varianti del virus SARS-Cov-2

 
Nella foto, i ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini alla conferenza stampa dove la costruzione del nuovo tunnel è stata annunciata




 

 

 

venerdì 26 marzo 2021

Il problema della visuale ristretta. In che modo l'esaurimento dei minerali è diventato completamente incomprensibile

 

Fonte dell'immagine

Qualche giorno fa ho inviato un commento a un blog dove l'autore aveva citato l'ipotesi del "petrolio olio abiotico" di Thomas Gold. Aveva letto il libro di Thomas Gold " The Deep, Hot Biosphere " e, non essendo un esperto in materia, aveva creduto che le idee di Gold fossero corrette e che l'autore fosse stato ingiustamente ignorato dalla comunità scientifica e dall'industria petrolifera. 

Nel mio commento, ho discusso brevemente l'argomento e ho citato un articolo che avevo scritto insieme ad altri autori in cui abbiamo discusso le idee di Gold, dimostrando che sono incompatibili con ciò che sappiamo sulla geosfera e sui processi di formazione degli idrocarburi fossili. 

Alcuni dei commentatori sembravano essere completamente all'oscuro della questione, e questo era già preoccupante. Ma la cosa sorprendente è che una delle risposte che ho ricevuto è stata che avrei dovuto evitare di discutere questioni politiche come il "picco del petrolio" in una discussione scientifica. 

Così, dopo 20 anni di studi scientifici sul concetto di esaurimento del petrolio - di per sé una conseguenza necessaria del fatto che le risorse petrolifere sono limitate - l'idea di "picco del petrolio" è stata trasformata in uno slogan politico che non trova posto in una discussione seria. 

E non è solo il caso del picco del petrolio. Provate a menzionare "l'esaurimento dei minerali" in qualsiasi discussione sull'attuale situazione economica e verrete trattati come dei rintronati che sono completamente fuori dal contatto con la realtà. Vi risponderanno che i nostri problemi, in questo momento, sono completamente diversi come sanno tutti coloro che sono sani di mente.

Sembra che noi esseri umani non possiamo pensare a molti problemi contemporaneamente. Tendiamo a concentrarci su uno, al massimo due, ma poi gli altri problemi vengono dimenticati o ignorati. Un esempio spesso citato è l'incidente del volo 173 della United Airlines nel 1978 , quando l'equipaggio si concentrò così tanto su un problema con il carrello di atterraggio che nessuno si ricordò di controllare il livello del carburante. Succede più spesso in politica, dove è tipico che slogan e campagne mediatiche portino il pubblico a concentrarsi su un singolo problema e dimenticare tutti gli altri. Un buon esempio è quando l'amministrazione Bush si è concentrata sull'invasione dell'Iraq, nel 2003.

Potremmo chiamare questo fenomeno il "problema della visuale ristretta". Forse possiamo trovarne la migliore descrizione in un romanzo di Kurt Vonnegut, " Slaughterhouse Five " (1969) dove uno degli alieni tralfamadoriani descrive come i terrestri percepiscono il mondo

La guida ha invitato la folla a immaginare di guardare attraverso un deserto una catena montuosa in una giornata che brillava luminosa e limpida. Potevano guardare un picco, un uccello o una nuvola, una pietra proprio di fronte a loro o persino giù in un canyon dietro di loro. Ma tra loro c'era questo povero terrestre, e la sua testa era racchiusa in una sfera d'acciaio che non avrebbe mai potuto togliere. C'era solo un buco attraverso il quale poteva guardare, e saldati a quel buco c'erano sei piedi di tubo.

"Questo era solo l'inizio delle sofferenze di Billy nella metafora. Era anche legato a un reticolo d'acciaio che era imbullonato a un pianale su binari, e non c'era modo che potesse girare la testa o toccare il tubo. Il tubo poggiava su un carrello che era anche imbullonato al pianale. Tutto ciò che Billy poteva vedere era il puntino all'estremità del tubo. Non sapeva di essere su un pianale, non sapeva nemmeno che ci fosse qualcosa di strano sulla sua situazione.
E così vanno le cose (un'altra citazione da Slaughterhouse Five). Siamo condannati a guardare il mondo attraverso uno stretto tubo mentre veniamo lanciati su un pianale su rotaie e non sappiamo dove stiamo andando. 


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Per quanto riguarda l'esaurimento, tuttavia, non tutti sono legati a quel pianale. Ecco un messaggio che ho ricevuto dal  Dr. MLCM Henckens,  Senior Research Fellow presso l'Università di Utrecht, che ha correttamente identificato il problema dell'esaurimento. Peccato che il problema sia ormai del tutto incomprensibile al pubblico e ai decisori allo stesso modo

Gentile Signora, Signore, con la presente le invio, in qualità di scienziato senior nel campo dell'uso sostenibile delle materie prime, una recente pubblicazione con i miei principali risultati sulla scarsità di materie prime. L'articolo è stato pubblicato su Resources, Conservation & Recycling nel febbraio 2021 e si intitola “Scarse risorse minerarie: estrazione, consumo e limiti di sostenibilità”.

Le conclusioni principali sono:

- L'implementazione immediata delle misure di risparmio delle risorse più rigorose potrebbe estendere i periodi di esaurimento stimati delle materie prime di un fattore quattro, anche aumentando contemporaneamente il livello di servizio globale di queste risorse di un fattore quattro.

- Che, senza sufficienti misure di risparmio delle risorse, sarà difficile o impossibile per una parte sostanziale della futura popolazione mondiale raggiungere il livello di servizio delle risorse minerarie prevalente nei paesi sviluppati in questo momento.

- Che il periodo di tempo in cui i futuri cittadini dei paesi ricchi possono continuare a godere dell'attuale livello di servizio di alcune delle risorse minerarie più scarse nei loro paesi, sarà gravemente limitato, se non verranno adottate misure di risparmio rigorose.

Sono anche l'autore di un libro dal titolo “Governance of the world mining resources. Oltre il prevedibile futuro ”. Questo libro sarà pubblicato più tardi nel 2021 da Elsevier (ISBN 9780128238868). Nel libro, verrà prestata particolare attenzione alle seguenti 13 risorse relativamente scarse: antimonio, bismuto, boro, cromo, rame, oro, indio, molibdeno, nichel, argento, stagno, tungsteno, zinco.

Se avete domande, commenti o suggerimenti, fatemelo sapere

Cordiali saluti,

Dr. MLCM Henckens (Theo)

Senior Research Fellow presso il Copernicus Institute of Sustainable Development dell'Università di Utrecht, Paesi Bassi

sabato 20 marzo 2021

Il problema del marinaio naufragato: quando il denaro diventa inutile

 

La crisi del Covid ha messo in luce un problema già esistente: che i soldi sono inutili se non si può comprare nulla. È il problema del marinaio naufragato su un'isola deserta. ( immagine da Wikimedia ): i soldi non lo aiuteranno a sopravvivere. Quindi, blocchi e restrizioni ci hanno dato un assaggio di un futuro in cui il denaro potrebbe non valere nulla semplicemente perché non c'è nulla che puoi comprare. È un problema legato in ultima analisi all'inevitabile esaurimento dei combustibili fossili che sono alla base della nostra economia: con meno energia non possiamo continuare con i consumi cospicui. Quindi, dopo il Covid, la società non sarà più la stessa. Tenendo conto che la storia non si ripete mai, ma fa rima, qui esamino la situazione partendo da un parallelo con la storia dell'Impero Romano.


Da "The Seneca Effect"

di Ugo Bardi

La crisi romana : quando i soldi non potevano comprare nulla

Immaginiamoci di vivere a Roma nel I secolo d.C. (al tempo di Lucius Annaeus Seneca). A quel tempo, Roma, con forse un milione di abitanti, era la città più grande del mondo e probabilmente il più grande emporio mai visto nella storia. Attraverso la Via della Seta che andava da una parte all'altra dell'Eurasia, una carovana dopo l'altra portava a Roma ogni sorta di merce: pepe, cardamomo, chiodi di garofano, cannella, legno di sandalo, perle, rubini, diamanti e smeraldi. E poi avorio, seta, cristalleria, profumi, gioielli, unguenti e molto altro ancora: uccelli esotici, cibo speciale, schiavi da usare come lavoratori e come oggetti sessuali. E c'era l'intrattenimento: a Roma c'erano teatri, corse di carri, giochi di gladiatori, lotte tra animali esotici e tutti i tipi di artisti con i loro trucchi magici, le loro canzoni e i loro spettacoli. 

Chi aveva soldi, poteva godersi tutto questo. E i romani avevano soldi: li coniavano. Avevano il controllo delle più ricche miniere di metalli preziosi del mondo antico, nella regione settentrionale della Hispania. Lì, decine di migliaia di schiavi, forse centinaia di migliaia, erano impegnati in un'opera che Plinio il Vecchio descrisse come "la rovina delle montagne" ( ruina montium ), il processo di frantumazione della roccia in sabbia per estrarre i minuscoli granelli d'oro e argento che conteneva. 

Con l'oro e l'argento che estraevano, i romani pagavano le loro legioni. Poi, le legioni invadevano le regioni al di fuori dell'Impero e catturavano schiavi che avrebbero estratto più oro per pagare più legioni. E, finché le miniere producevano, i romani avevano oro in abbondanza, anche se molto veniva inviato in Cina e in altre regioni dell'Asia per pagare i beni di lusso che importavano e che facevano funzionare la macchina economica dell'impero. Perché esista un impero, il denaro è tutto.

Naturalmente, allora come adesso, non tutti avevano la stessa ricchezza. A Roma, i ricchi si prendevano la maggior parte del bottino, ma un po 'di denaro scorreva agli artigiani, agli artisti, agli impiegati; tutti, dai cuochi alle prostitute, potevano avere la loro parte, forse piccola, ma comunque qualcosa. Anche gli schiavi, indigenti per definizione, potevano possedere un po 'di soldi. È possibile che, occasionalmente, i loro padroni gli regalassero qualche moneta di rame per comprare una coppa di Falerno o un biglietto per le corse delle bighe.

Ma i ricchi romani erano veramente ricchi -- schifosamente ricchi, diremmo oggi. E il loro stile di vita era tutto basato sul mettere in mostra la loro ricchezza. Leggiamo questo estratto da Cassio Dione su un ricco patrizio romano, Vedius Pollio.

. . . teneva nei serbatoi enormi lamprede che erano state addestrate a mangiare gli uomini, ed era abituato a gettare loro quei suoi schiavi che desiderava mettere a morte. Una volta, mentre stava intrattenendo Augusto, il suo coppiere ruppe un calice di cristallo e, senza riguardo per il suo ospite, Pollione ordinò che il poveraccio fosse gettato alle lamprede. Allora lo schiavo cadde in ginocchio davanti ad Augusto e lo supplicò, e Augusto in un primo momento cercò di persuadere Pollione a non commettere un atto così mostruoso. Poi, quando Pollione non gli prestò attenzione, l'imperatore disse: "Porta tutti gli altri vasi per bere che sono dello stesso tipo o qualsiasi altro di valore che possiedi, in modo che io possa usarli", e quando furono portati, ordinò che fossero tutti rotti. ( Storia romana (LIV.23))

Questa storia doveva essere ben nota poiché è stata riportata anche da Seneca, Plinio e Tertulliano. Questo mi fa sospettare che fosse falsa, o almeno esagerata. A parte le "lamprede" che erano probabilmente "murene", potrebbe essere stata un'invenzione di Ottaviano, alias Augusto, che era veramente un esperto di autopromozione . Ma non importa se la storia è vera o no. Gli antichi romani la trovavano credibile, quindi ci dà un'idea del loro modo di pensare. 

Probabilmente, i romani non vedevano la morale della storia nello stesso modo in cui la vediamo oggi. Per loro era perfettamente normale che gli schiavi potessero essere messi a morte dai loro proprietari in qualsiasi momento, per qualsiasi motivo. Quello che hanno visto nella storia era, piuttosto, qualcuno che aveva oltrepassato i limiti del suo status. Pollione aveva cercato di impressionare l'imperatore, prima con la sua ricchezza, i suoi preziosi vetri, e poi con il suo potere, ordinando la morte di uno schiavo per una sciocchezza. Quindi, fu giustamente umiliato dall'imperatore Augusto che così ripristinava il corretto ordine gerarchico. 

Il punto di questa storia è che mostra che i romani praticavano quello che oggi chiamiamo "consumo cospicuo". Pollione era schifosamente ricco e amava mettere in mostra la sua ricchezza. Sicuramente, non era l'unico: ci sono altri esempi di ricchi romani che mettono in mostra la loro ricchezza con ville sontuose, divertimenti stravaganti, vestiti alla moda, gioielli e entourage di schiavi e tirapiedi. A quel tempo, l'Imperatore era la persona più ricca di Roma. Era tradizione che mostrasse la sua ricchezza e il suo potere distribuendo cibo per i poveri e intrattenendo i cittadini con giochi e spettacoli. 

In breve, la Roma imperiale non era diversa dalla nostra epoca: i ricchi erano enormemente ricchi, ma qualcosa della loro ricchezza scorreva fino al resto della gente. Sicuramente, su tutti i gradini della scala sociale, le persone giocavano al gioco del consumo per stare al passo con i loro vicini. Era sempre la stessa storia. Il denaro è uno strumento per il commercio, ovviamente, ma anche un modo per stabilire la gerarchia sociale. 

Poi, le cose hanno iniziato ad andare storte, come sempre succede. Per l'Impero Romano, il controllo di un territorio che si estendeva dalla Britannia alla Cappadocia richiedeva un apparato militare enormemente costoso e stava diventando sempre più difficile trovare abbastanza soldi per il compito. Non abbiamo notizie quantitative sulla produzione delle miniere di metalli preziosi in epoca romana, ma, dai dati archeologici,  sembra che l' esaurimento fosse già un problema durante i primi secoli dell'Impero. È tipico delle risorse minerari: non si esaurisce nulla all'improvviso, ma il costo dell'estrazione continua ad aumentare.

Sicuramente i romani fecero enormi sforzi per cercare di evitare il declino delle miniere. Ma il dirupo di Seneca è inevitabile quando si ha a che fare con risorse non rinnovabili. La discesa è iniziata circa all'inizio del 2 ° secolo dC. Un secolo dopo, le miniere imperiali avevano cessato di produrre qualsiasi cosa. Non si sarebbero mai riprese. (immagine da McDonnell et al .)

Niente oro, niente impero. Il crollo minerario portò quasi alla fine dell'impero durante il terzo secolo. Era una serie di effetti che si rinforzavano a vicenda. L'oro inviato in Cina non poteva essere sostituito dall'estrazione mineraria. Quindi, meno oro significava meno truppe, il che significava meno schiavi, e questo, a sua volta, significava ancora meno oro. Il risultato fu una serie di guerre civili, invasioni straniere, disordini e declino economico generale.

L'Impero Romano avrebbe potuto scomparire entro la fine del III secolo. In pratica, è riuscito a sopravvivere per un paio di secoli in più, ma in una versione molto più povera. Per prima cosa, i romani non potevano più permettersi i lussi che una volta avrebbero pagato con l'oro che estraevano. Come ci si aspetterebbe, i poveri furono i primi ad essere colpiti, mentre i ricchi tendevano a mantenere il loro stile di vita stravagante il più a lungo possibile. Ma l'intera società era stata colpita.

Per il tardo impero romano, il problema non era solo che il sistema aveva esaurito l'oro. Ad un certo punto, i romani devono aver fermato, o almeno notevolmente ridotto, il flusso di beni di lusso dalla Cina e quindi il relativo esborso di oro. A quel punto, i ricchi romani avevano ancora dell'oro. Basta guardare questo solidus d'oro coniato ai tempi dell'imperatore Costantino il Grande, a metà del IV secolo d.C.

Ma cosa potrevi comprare con queste bellissime monete? A quel tempo, tutto ciò che l'Impero Romano d'Occidente poteva produrre erano legioni ed esattori delle tasse e, senza importazioni dall'estero, Roma era diventata un cupo avamposto militare, non più il più grande emporio del mondo. 

Coloro che avevano ancora l'oro si ritrovarono nella posizione di un marinaio naufragato su un'isola deserta. Noci di cocco in abbondanza, forse, ma non c'è modo di giocare al gioco del consumo cospicuo. Già con Augusto, il primo imperatore, vediamo una tendenza giuridica che mirava a limitare gli eccessi di ricchezza che i romani potevano manifestare. È stato un processo graduale che si è concluso solo con la diffusione del cristianesimo in Europa e dell'Islam in Nord Africa e Medio Oriente. Era inevitabile, ed è successo.

Quindi, in questi tempi tardo romani, l'oro aveva perso gran parte del suo splendore. Chi lo aveva ancora iniziò a seppellirlo sottoterra, con l'idea di conservarlo per tempi migliori. Gli archeologi moderni stanno ancora trovando l'oro sepolto a quell'epoca. Quella è la probabile origine delle nostre leggende sui draghi che vivevano nelle caverne e sedevano su mucchi d'oro. La gente sapeva che era stato sepolto molto oro ma, sfortunatamente per loro, mancavano i metal detector che abbiamo oggi! In ogni caso, quella fu la fine dell'Impero Romano. Come dicevo, niente oro, niente soldi, niente impero. 


Denaro creativo: le reliquie del Medioevo

Quando l'Impero Romano svanì, fu sostituito in Europa dall'era che chiamiamo Medioevo. Quindi, le persone si sono trovate con un grosso problema: come tenere unita la società senza i metalli preziosi necessari per coniare denaro? E, peggio ancora, senza un mercato dove quei soldi che avrebbero potuto essere spesi? Il Medioevo era un periodo di piccoli regni frammentati e villaggi sparsi, ma c'era ancora bisogno di un sistema commerciale che spostasse le merci. Ma come crearlo senza soldi in metallo?

I nostri antenati medievali hanno risolto il problema in modo creativo con un tipo di denaro completamente nuovo. Era basato su reliquie. Sì, le ossa di santi uomini, raccolte meticolosamente, autenticate e rilasciate dall'autorità del tempo, la Chiesa cristiana. Non solo le reliquie erano rare e ricercate, ma potevano anche fornire un servizio che nemmeno l'oro romano poteva fornire quando era abbondante: la salute sotto forma di interventi divini. (Nella figura, reliquie del XVIII secolo di proprietà dell'autore. Sembrano monete, sembrano monete, hanno la forma di monete - sono monete!)


Queste reliquie erano una forma di denaro virtuale ma, in fondo, tutto il denaro è virtuale. Anche una moneta d'oro promette qualcosa (ricchezza) che di per sé non può garantire a meno che non esista un mercato dove poterla spendere. E il fatto che il denaro possa essere speso dipende dal fatto che le persone credano che sia denaro "vero", un atto di fede. Allo stesso modo, una reliquia è un oggetto virtuale che non ha valore in sé. Promette qualcosa (salute) che può arrivare se ci credi. Era, ancora una volta, un atto di fede basato sulla convinzione che i piccoli pezzi di osso che le reliquie contenevano provenissero effettivamente dal corpo di un sant'uomo del passato. 
 
La bellezza del sistema monetario basato sulle reliquie era che le reliquie non venivano "spese" nei mercati. Potevi possedere reliquie, ma potevi concedere i loro benefici per la salute ad altri e conservarle comunque. In altre parole, potevi spendere i tuoi soldi (mangiare la tua torta) e averla ancora! Il mercato delle reliquie era gestito principalmente da istituzioni pubbliche come monasteri e chiese. Possedevano le reliquie più preziose ed erano i luoghi in cui i pellegrini accorrevano per essere guariti dalla potente aura sacra che queste reliquie emanavano.
 
Il sistema commerciale del Medioevo si è evoluto in gran parte attorno alle reliquie. Il viaggio è stato incoraggiato sotto forma di pellegrinaggi ai luoghi santi, e questo creava un'economia di scambio basata sulla carità. Un consumo cospicuo semplicemente non era possibile nell'economia relativamente povera del Medioevo. Di conseguenza, la filosofia cristiana ha de-enfatizzato il consumo e ha condannato la disuguaglianza sociale. La virtù più alta per una persona medievale era quella di sbarazzarsi di tutti i suoi beni materiali e vivere un'austera vita di privazione. Certo, era più teorico che pratico, ma alcune persone lo mettevano in pratica per davvero: basti pensare a San Francesco.
 
Il sistema funzionò perfettamente fino a quando nuove miniere di metalli preziosi nell'Europa orientale iniziarono a funzionare nel tardo Medioevo e ciò riportò la valuta metallica in Europa. Seguì un nuovo periodo di espansione che alla fine portò ai nostri tempi di rinnovati consumi vistosi. Ed è lì che siamo.

 

I romani e noi: gli stessi problemi. 

Sappiamo che la storia non si ripete mai, ma fa rima. Allora, a che punto siamo adesso? Il denaro che tiene unito l'Impero Globale, oggi, non è basato sui metalli preziosi e non rischiamo di crollare perché le nostre miniere cessano di produrre oro. In effetti, ci sono prove evidenti che la produzione di oro e la crescita economica si sono dissociate in tutto il mondo negli anni '50 . Quindi usare l'oro come base per un sistema monetario è passato di moda negli anni '70. 

I nostri soldi non sono legati a niente, al giorno d'oggi. Sono qualcosa che fluttua libero nello spazio, un fantasma di quelle che una volta erano pesanti monete d'oro. Ma ce l'abbiamo ancora e i nostri ricchi sono così schifosamente ricchi da far vergognare quelli romani (anche se i nostri multimiliardari non hanno il diritto di gettare i loro servi nella vasca delle murene, non ancora, almeno) . 

A quanto pare, siamo più intelligenti degli antichi. Non avevano carta, non avevano la stampa, non potevano stampare banconote. E non potevano nemmeno immaginare cosa fosse una criptovaluta. Possiamo fare molto meglio di qualsiasi cosa loro potevano inventare. Quindi non dovremo mai affrontare gli stessi problemi, giusto?

Non è così semplice. Sì, abbiamo carta moneta, criptovalute e simili. Ma non pensate che i romani non abbiano cercato di sostituire l'oro con qualcos'altro. Anche senza carta, avrebbero potuto usare terracotta, papiro, pergamena o qualsiasi altra cosa. Ma se ci hanno provato, non ha funzionato. Il problema è sempre quello del marinaio naufragato. Puoi avere soldi in una forma o nell'altra, ma se non ci puoi comprare nulla, è inutile. Anche se hai oro, non c'è molto che puoi comprare in un'economia al collasso. 

Ed eccoci qui: siamo tutti marinai naufraghi e questo è stato dimostrato più chiaramente dalla pandemia di Covid. Eravamo chiusi a casa, non potevamo andare al ristorante, fare un viaggio, bere qualcosa, andare in spiaggia, andare a ballare, niente del genere. Non che il commercio fosse scomparso: potevamo ancora comprare tutto quello che volevamo da Amazon e farselo consegnare a casa. Ma, come ho già notato, il denaro non è solo uno strumento per comprare cose. È uno strumento per stabilire la gerarchia sociale attraverso il gioco del consumo cospicuo. È un gioco che non puoi fare da solo, a casa, davanti a uno specchio. Non più di un marinaio naufragato, solo sulla sua isola, può ottenere uno status sociale più elevato mangiando più noci di cocco.

Alla fine, la pandemia ha semplicemente portato alla luce qualcosa che avremmo dovuto già sapere: che non possiamo dedicarci in un consumo cospicuo ancora per molto tempo. L'esaurimento dell'oro non è un problema per noi. Il problema è che stiamo gradualmente esaurendo i combustibili fossili, e sono stati quei combustibili che ci hanno permesso di consumare così tanto e sprecare così tanto. La pandemia ci ha dato un assaggio delle cose a venire. Poiché è così funzionale nello spingere l'economia nella direzione in cui deve andare in ogni caso, potrebbe non finire mai.

Quindi, possiamo pensare a una soluzione creativa per il futuro che attende la nostra civiltà man mano che esaurisce le fonti di energia che la alimentano? Forse possiamo trovare ispirazione dal Medioevo. Come ho detto, la storia non si ripete mai, ma forse ci stiamo muovendo verso una fase storica che fa rima con il modo in cui funzionava l'economia del Medioevo. Quindi, la Chiesa Cristiana può essere sostituita dall'entità che chiamiamo "Scienza" (con la "S" maiuscola), che dovrebbe essere in grado di dispensare salute fisica e spirituale ai suoi seguaci. E questo può generare commercio e movimento di persone e merci, oltre a stabilire un nuovo ordine gerarchico.

Potremmo aver già visto indizi di questa evoluzione. In primo luogo, il Covid ha danneggiato pesantemente il sistema sanitario di tutti i paesi. Con la paura di essere contagiati e con gli ospedali che si convertono in centri di assistenza Covid, ora una buona salute non è garantita per tutti: è una nuova forma di consumo vistoso per chi se lo può permettere. Gli antichi pellegrinaggi ai luoghi sacri potrebbero essere sostituiti da viaggi nei migliori ospedali e centri sanitari. 

Allora, ci sarà un equivalente delle sacre reliquie in futuro? Finora, niente del genere è emerso, ma possiamo vedere i certificati di vaccinazione in arrivo come "segni di virtù" che separano gli "abbienti" (coloro che sono vaccinati) dai "non abbienti". (quelli che non vogliono, o che non possono permettersi, di essere vaccinati). Ma questa non è certo una gerarchia funzionale. Alla fine, potrebbe essere sostituito da un "sistema a punti" non dissimile dallo shèhuì xìnyòng tǐxì,  il sistema di credito sociale in via di sviluppo in Cina. Secondo tutte le definizioni, questo è un tipo di sistema monetario che stabilisce un sistema gerarchico non basato su un consumo cospicuo. Potrebbe essere il futuro.

E, come sempre, la storia continua a fare rima. 

 

domenica 14 marzo 2021

Seneca e il virus: perché la pandemia cresce e poi cala?

 

Tradotto da "The Seneca Effect"

di Ugo Bardi

Seneca, il filosofo romano, conosceva il termine "virus", che per lui aveva il significato del nostro termine "veleno". Ma ovviamente non aveva idea che un virus, inteso in senso moderno, fosse una creatura microscopica che si riproduceva all'interno della cellula ospite. Visse anche in un'epoca, il I secolo d.C., in cui le grandi epidemie erano praticamente sconosciute. Fu solo più di un secolo dopo la sua morte che una grave pandemia, la peste antonina, colpì l'Impero Romano. 

Ma Seneca era un ottimo osservatore della natura e quando diceva che "la rovina è rapida" aveva sicuramente in mente, tra molte altre cose, quanto rapidamente una persona sana poteva essere colpita da una malattia e morire. Naturalmente Seneca non aveva strumenti matematici che gli permettessero di proporre una teoria epidemiologica quantitativa, ma la sua osservazione, che ho chiamato " Effetto Seneca ", rimane valida. Non solo le persone possono essere rapidamente uccise dalle malattie, ma anche le epidemie spesso seguono la curva di Seneca, crescendo, raggiungendo un picco e diminuendo. 

Naturalmente, i concetti di crescita e collasso dipendono dal punto di vista. In molti casi la fortuna di un uomo è la rovina di qualcun altro. Ciò che vediamo come una buona cosa, la fine di un'epidemia, è un collasso visto dal lato del virus (o dei batteri, o qualsiasi altra cosa). Ma allora, perché le epidemie divampano e poi si placano? È una storia affascinante che ha a che fare con il comportamento dei sistemi complessi. Per raccontarlo dobbiamo partire dall'inizio. 

Una cosa da notare dell'attuale pandemia di Covid-19 è la notevole ignoranza non solo del pubblico in generale sull'epidemiologia, ma anche di molti degli esperti altamente propagandati. Basta notare quante persone hanno detto che l'epidemia cresce "in modo esponenziale". Dopo di che, si sono dati da fare per estrapolare la curva all'infinito, prevedendo centinaia di migliaia, o addirittura milioni, di morti. Ma, parafrasando Kenneth Boulding, "qualcuno che afferma che i sistemi naturali crescono in modo esponenziale deve essere un pazzo o un economista". Semplicemente non funziona in questo modo!

Ma come cresce esattamente un'epidemia? La forma di base di una curva epidemiologica è "a campana" (sì, proprio come la curva di Hubbert per l'estrazione del petrolio). 

Il motivo di questa forma è facile da capire in termini qualitativi. Inizialmente, il virus (o l'agente patogeno) ha un'intera popolazione da infettare, quindi cresce rapidamente (quasi, ma non esattamente, in modo esponenziale). Quindi, man mano che cresce, il suo numero di obiettivi diminuisce. Alla fine il virus non può più crescere per mancanza di bersagli. Raggiunge un picco e inizia a diminuire. 

Queste considerazioni possono essere poste in forma matematica: si tratta del modello denominato "SIR" (suscettibile, infetto, rimosso), sviluppato già nel 1927. Potreste essere sorpresi di scoprire che le equazioni SIR sono esattamente le stesse che descrivono la crescita dell'industria petrolifera e il fenomeno del "picco del petrolio". Sono anche le stesse equazioni che descrivono il comportamento di una catena trofica in un sistema biologico. Non entrerò nei dettagli, qui. Con i miei colleghi Perissi e Lavacchi, stiamo preparando un documento che descrive come questi e altri sistemi fisici sono collegati tra loro. 

Ovviamente, i moderni modelli epidemiologici sono molto più complicati del semplice modello SIR, ma è un approccio che ci dice cosa aspettarci. Nessuna epidemia cresce per sempre e anche se non fai nulla per fermarla, alla fine svanirà da sola. Dopotutto, gli agenti patogeni hanno lo stesso problema che abbiamo con il petrolio greggio: stanno sfruttando una risorsa limitata (noi).

Ora, tornando all'effetto Seneca, abbiamo detto che implica che la rovina deve essere più veloce della crescita. In altre parole, la forma della "curva Seneca" dovrebbe essere qualcosa del genere:
 
 
Ci sono casi di questo tipo nella storia delle epidemie. Per esempio, l'epidemia di colera che colpì Londra a metà del XIX secolo ( dati da Wikipedia Commons )
 

E qui si vede chiaramente la forma "tipo Seneca". Il declino del ciclo del colera è stato significativamente più veloce della sua crescita. I dati per le epidemie di colera più recenti mostrano la stessa forma. 

Tuttavia, quella "tipo Seneca" non è comune nelle epidemie. Spesso vediamo il tipo opposto di asimmetria. Ecco un esempio: Epatite A, con dati tratti da Wikipedia . Vedete come la curva declina più lentamente di quanto non cresca. 

Ecco un altro esempio pre-Covid: la sindrome respiratoria acuta del 2003 a Hong Kong. 


Non esiste una regola fissa in questi casi storici, diciamo solo che questa forma asimmetrica è piuttosto comune. Quindi, passiamo all'attuale pandemia, ed ecco alcuni dati per il primo ciclo del 2020. (Immagine da "The Economist"). Anche qui la tendenza è chiara: il declino è più lento della crescita.

 

 
 
È una tendenza comune in tutto il mondo e potremmo chiamarlo effetto "Anti-Seneca". Ma, oltre a dargli un nome, perché questa forma?

La risposta non è univoca: sono diversi i fattori che possono influenzare la forma della curva. In questo caso, la spiegazione più semplice ha a che fare con il parametro che descrive la velocità con cui le persone infette smettono di essere infettate, o perché sono guarite o perché muoiono. Se guariscono / muoiono velocemente, la curva scende velocemente, altrimenti è il contrario. E' un'interptretazione sensata: il colera può uccidere le persone colpite in poche ore, se non è curato. Invece, le persone infettate dal Sars-Cov-2 possono sopravvivere una o due settimane. Questo spiegherebbe la diversa forma delle curve.
 
Ma attenzione! Come ho detto, ci sono altre possibili spiegazioni. Ad esempio, se confrontiamo la Svezia con l'Italia, vediamo che la curva di mortalità è più asimmetrica per la prima. Perché? Probabilmente è una questione di geografia. La popolazione svedese è concentrata nelle regioni meridionali, dove la pandemia ha colpito per prima. Ci è voluto del tempo prima che il virus si diffondesse verso nord e questo spiega la "coda" nella curva di mortalità. In Italia, invece, la prima ondata pandemica si è limitata alle regioni del Nord, relativamente omogenee per popolazione. Probabilmente, gli effetti geografici spiegano le forme curve asimmetriche comunemente osservate dell'epidemia di COVID-19 in altre regioni del mondo. 
 
Con le vaccinazioni, il modello SIR mostra che dovremmo vedere le curve epidemiche cadere rapidamente, almeno se le vaccinazioni vengono avviate prima del picco. Finora, questo effetto non si è visto da nessuna parte, potrebbe essere troppo presto. Con il progredire delle vaccinazioni, dovremmo essere in grado di dire di più su questo argomento.

Come per tutto ciò che riguarda la scienza, l'epidemiologia richiede un po 'di lavoro per essere appresa, una virtù difficile da trovare nella discussione sui social media. Anche gli esperti di virologia e malattie non studiano realmente l'epidemiologia, il loro lavoro è curare le persone, non creare modelli matematici. Questo è il motivo per cui il comportamento del virus è così ampiamente frainteso. Ma, come diceva Einstein, "Il Signore Dio è sottile, ma non malvagio". L'epidemiologia può essere sottile, ma non è impossibile capire come crescono e si diffondono le epidemie.
 



giovedì 11 marzo 2021

Sapere come le cose andranno, come se andassero per conto loro

 


 Un post di Fabio Vomiero

Un'osservazione curiosa, ma neanche poi tanto, è che la maggior parte delle persone è convinta di intingersi di intellettualità e di sapienza citando a sproposito e facendo propri i pensieri e gli aforismi dei più disparati filosofi e letterati, quando invece pochi sanno che esistono altrettante riflessioni fatte da scienziati, spesso sconosciuti o misconosciuti, che possiedono una densità di significato, una forza logico-esplicativa e una bellezza espositiva tali, di fronte alle quali anche i migliori Dostoevskij, Proust e Nietzsche appaiono poco più che banali.

Ma se dell'importante problema della strana, complicata e per certi versi ambigua collocazione del pensiero scientifico nel panorama socioculturale contemporaneo occorrerà discutere in altra occasione, limitiamoci per il momento a riflettere su questa bella e densa frase riportata nel titolo che corrisponde a una citazione di un grande matematico e statistico vissuto nel secolo scorso e che forse in pochi conoscono, che si chiama Bruno de Finetti.

Siamo grossomodo alla metà del Novecento e le epoche del meccanicismo settecentesco prima, e del Positivismo del secolo successivo poi, sono state oramai parzialmente superate; inoltre, gli scossoni concettuali conseguenti alle teorie della relatività e della meccanica quantistica di inizio secolo, cominciano ad essere in qualche modo e gradualmente metabolizzati. Siamo quindi giunti ad un periodo storico in cui le riflessioni filosofiche e scientifiche possono finalmente arricchirsi di una serie di consapevolezze epistemologiche che fino a quel momento erano state decisamente ancora poco esplorate.

Una su tutte riguarda il tema della complessità. Lo spostamento progressivo da parte dell'indagine scientifica dalla fisica classica verso lo studio e l'analisi di tutti quei sistemi interessanti che più hanno a che fare concretamente con la vita di tutti i giorni, biologia, malattie, cure, ambiente, economia, ha ben presto evidenziato, infatti, come il classico approccio riduzionista utilizzato dalla fisica e che ha governato il fare scientifico per secoli con il raggiungimento peraltro di ottimi risultati, non sarebbe più stato sufficiente.

Tutti questi sistemi, infatti, non vanno affatto semplicemente per conto loro come nel caso di alcuni sistemi fisici molto semplici o naturali, in quanto, essendo estremamente complessi e comprendendo anche noi esseri umani come importanti elementi costituenti, agenti ed interpreti, possiedono anche una certa consapevolezza di sè in grado di legare la loro evoluzione alla dinamica di fattori estremamente variabili.

Il clima cambia per conto suo, ma lo fa anche in risposta alle forzanti antropiche di vario tipo, una certa malattia ha molte più probabilità di manifestarsi come conseguenza di un errato stile di vita, una cura può essere più o meno efficace a seconda di come viene applicata, l'evoluzione di un sistema economico, politico o di un ecosistema, potrà essere predetta o meno grazie a quanto saremo bravi a prevedere, in un certo senso, anche l'evoluzione socio-culturale di noi stessi e della nostra società e la dinamica di una pandemia potrà manifestarsi con scenari diversi a seconda di quanto saremo capaci di trovare, e soprattutto di riuscire ad implementare, delle soluzioni adeguate di contenimento.

In sostanza, il messaggio forte e paradigmatico che ci giunge dallo studio della complessità ci proietta nella dimensione di una nuova scienza che, in qualche modo, è costretta a rompere parzialmente con gli schemi fissi e immutabili di una epistemologia prescrittiva costruita prevalentemente sul "mito" del metodo galileiano. Perchè, in realtà, la scienza non dovrebbe essere vista semplicemente come l'applicazione di un metodo unico, rigoroso e assoluto in grado di catturare ogni fenomeno e di fotografare il mondo esattamente com'è, ma piuttosto come un'attività di tipo artigianale in cui si inventano e si utilizzano strumenti (concettuali, teorici, metodologici, sperimentali), di volta in volta diversi, ma adatti per un determinato tipo di problema. In un altro contesto scientifico o per cercare di approcciare un problema diverso, si utilizzeranno degli altri strumenti. E se qualcuno conosce da vicino la reale pratica scientifica, e non quella adulterata raccontata dai media o da certa divulgazione inappropriata, non dovrebbe avere grosse difficoltà a comprendere questo tipo di ragionamento, benchè necessariamente sommario.

Questo tipo di impostazione definitoria del concetto di scienza, inoltre, a differenza di quella rigida e asettica di stampo fisicalista, sembra essere anche molto promettente in quanto, proprio come avrebbe inteso anche de Finetti, si concentra principalmente sulla natura prevalentemente plurale e probabilistica della scienza sgombrando peraltro definitivamente il campo dagli equivoci più diffusi: niente verità assolute, niente "leggi del tutto" definitive e onnipotenti, niente certezza matematica per quanto riguarda la definizione e l'evoluzione dei sistemi complessi.

Anche perchè, in fondo, il mondo non è mai stato scritto da nessuno in caratteri matematici, ma è stata soltanto la nostra intuizione e la nostra predisposizione umana a creare un linguaggio (quello matematico appunto) così particolarmente adatto nel cogliere e descrivere in modo semplificato, ma efficace, alcuni aspetti del mondo stesso.

Tornando quindi all'andamento delle cose, certo, noi costruiamo costantemente modelli (e teorie) sempre più completi e raffinati, ma non dobbiamo mai perdere di vista, come peraltro l'esperienza insegna, quello scarto ineliminabile che sempre rimane tra il modello e l'osservazione, giustificato dal fatto che ogni modello sarà sempre e soltanto una rappresentazione semplificata di un qualche processo fisico reale e pertanto la nostra conoscenza del sistema e della sua possibile evoluzione non sarà mai del tutto completa e definitiva.

Quando ci troviamo di fronte a questo tipo di sistemi complessi, quindi, che sono tutta un'altra cosa rispetto ai sistemi semplici e isolati generalmente studiati dalla fisica classica, ogni approccio squisitamente matematico-riduzionista sarà semplicemente destinato a fallire nella previsione dettagliata, perchè la capacità predittiva di ogni modello che andremo a realizzare potrebbe essere ottima relativamente ad alcune osservabili, ma invece molto più problematica nei confronti di altre osservabili.

Le cose quindi (specialmente quelle complesse) non vanno quasi mai soltanto per conto loro seguendo logiche e dinamiche strettamente lineari e matematicamente calcolabili, ma anzi, la loro evoluzione viene molto più spesso influenzata o perturbata da processi imprevisti e imprevedibili di fluttuazione, di biforcazione, di rottura di simmetria (dovuti alla stretta relazione con l'ambiente circostante e con il fattore umano), che possono anche andare a modificare la configurazione e il comportamento dei sistemi stessi, conducendoli poi verso forme di evoluzione diverse e inattese, ma sempre ugualmente possibili.