domenica 14 marzo 2021

Seneca e il virus: perché la pandemia cresce e poi cala?

 

Tradotto da "The Seneca Effect"

di Ugo Bardi

Seneca, il filosofo romano, conosceva il termine "virus", che per lui aveva il significato del nostro termine "veleno". Ma ovviamente non aveva idea che un virus, inteso in senso moderno, fosse una creatura microscopica che si riproduceva all'interno della cellula ospite. Visse anche in un'epoca, il I secolo d.C., in cui le grandi epidemie erano praticamente sconosciute. Fu solo più di un secolo dopo la sua morte che una grave pandemia, la peste antonina, colpì l'Impero Romano. 

Ma Seneca era un ottimo osservatore della natura e quando diceva che "la rovina è rapida" aveva sicuramente in mente, tra molte altre cose, quanto rapidamente una persona sana poteva essere colpita da una malattia e morire. Naturalmente Seneca non aveva strumenti matematici che gli permettessero di proporre una teoria epidemiologica quantitativa, ma la sua osservazione, che ho chiamato " Effetto Seneca ", rimane valida. Non solo le persone possono essere rapidamente uccise dalle malattie, ma anche le epidemie spesso seguono la curva di Seneca, crescendo, raggiungendo un picco e diminuendo. 

Naturalmente, i concetti di crescita e collasso dipendono dal punto di vista. In molti casi la fortuna di un uomo è la rovina di qualcun altro. Ciò che vediamo come una buona cosa, la fine di un'epidemia, è un collasso visto dal lato del virus (o dei batteri, o qualsiasi altra cosa). Ma allora, perché le epidemie divampano e poi si placano? È una storia affascinante che ha a che fare con il comportamento dei sistemi complessi. Per raccontarlo dobbiamo partire dall'inizio. 

Una cosa da notare dell'attuale pandemia di Covid-19 è la notevole ignoranza non solo del pubblico in generale sull'epidemiologia, ma anche di molti degli esperti altamente propagandati. Basta notare quante persone hanno detto che l'epidemia cresce "in modo esponenziale". Dopo di che, si sono dati da fare per estrapolare la curva all'infinito, prevedendo centinaia di migliaia, o addirittura milioni, di morti. Ma, parafrasando Kenneth Boulding, "qualcuno che afferma che i sistemi naturali crescono in modo esponenziale deve essere un pazzo o un economista". Semplicemente non funziona in questo modo!

Ma come cresce esattamente un'epidemia? La forma di base di una curva epidemiologica è "a campana" (sì, proprio come la curva di Hubbert per l'estrazione del petrolio). 

Il motivo di questa forma è facile da capire in termini qualitativi. Inizialmente, il virus (o l'agente patogeno) ha un'intera popolazione da infettare, quindi cresce rapidamente (quasi, ma non esattamente, in modo esponenziale). Quindi, man mano che cresce, il suo numero di obiettivi diminuisce. Alla fine il virus non può più crescere per mancanza di bersagli. Raggiunge un picco e inizia a diminuire. 

Queste considerazioni possono essere poste in forma matematica: si tratta del modello denominato "SIR" (suscettibile, infetto, rimosso), sviluppato già nel 1927. Potreste essere sorpresi di scoprire che le equazioni SIR sono esattamente le stesse che descrivono la crescita dell'industria petrolifera e il fenomeno del "picco del petrolio". Sono anche le stesse equazioni che descrivono il comportamento di una catena trofica in un sistema biologico. Non entrerò nei dettagli, qui. Con i miei colleghi Perissi e Lavacchi, stiamo preparando un documento che descrive come questi e altri sistemi fisici sono collegati tra loro. 

Ovviamente, i moderni modelli epidemiologici sono molto più complicati del semplice modello SIR, ma è un approccio che ci dice cosa aspettarci. Nessuna epidemia cresce per sempre e anche se non fai nulla per fermarla, alla fine svanirà da sola. Dopotutto, gli agenti patogeni hanno lo stesso problema che abbiamo con il petrolio greggio: stanno sfruttando una risorsa limitata (noi).

Ora, tornando all'effetto Seneca, abbiamo detto che implica che la rovina deve essere più veloce della crescita. In altre parole, la forma della "curva Seneca" dovrebbe essere qualcosa del genere:
 
 
Ci sono casi di questo tipo nella storia delle epidemie. Per esempio, l'epidemia di colera che colpì Londra a metà del XIX secolo ( dati da Wikipedia Commons )
 

E qui si vede chiaramente la forma "tipo Seneca". Il declino del ciclo del colera è stato significativamente più veloce della sua crescita. I dati per le epidemie di colera più recenti mostrano la stessa forma. 

Tuttavia, quella "tipo Seneca" non è comune nelle epidemie. Spesso vediamo il tipo opposto di asimmetria. Ecco un esempio: Epatite A, con dati tratti da Wikipedia . Vedete come la curva declina più lentamente di quanto non cresca. 

Ecco un altro esempio pre-Covid: la sindrome respiratoria acuta del 2003 a Hong Kong. 


Non esiste una regola fissa in questi casi storici, diciamo solo che questa forma asimmetrica è piuttosto comune. Quindi, passiamo all'attuale pandemia, ed ecco alcuni dati per il primo ciclo del 2020. (Immagine da "The Economist"). Anche qui la tendenza è chiara: il declino è più lento della crescita.

 

 
 
È una tendenza comune in tutto il mondo e potremmo chiamarlo effetto "Anti-Seneca". Ma, oltre a dargli un nome, perché questa forma?

La risposta non è univoca: sono diversi i fattori che possono influenzare la forma della curva. In questo caso, la spiegazione più semplice ha a che fare con il parametro che descrive la velocità con cui le persone infette smettono di essere infettate, o perché sono guarite o perché muoiono. Se guariscono / muoiono velocemente, la curva scende velocemente, altrimenti è il contrario. E' un'interptretazione sensata: il colera può uccidere le persone colpite in poche ore, se non è curato. Invece, le persone infettate dal Sars-Cov-2 possono sopravvivere una o due settimane. Questo spiegherebbe la diversa forma delle curve.
 
Ma attenzione! Come ho detto, ci sono altre possibili spiegazioni. Ad esempio, se confrontiamo la Svezia con l'Italia, vediamo che la curva di mortalità è più asimmetrica per la prima. Perché? Probabilmente è una questione di geografia. La popolazione svedese è concentrata nelle regioni meridionali, dove la pandemia ha colpito per prima. Ci è voluto del tempo prima che il virus si diffondesse verso nord e questo spiega la "coda" nella curva di mortalità. In Italia, invece, la prima ondata pandemica si è limitata alle regioni del Nord, relativamente omogenee per popolazione. Probabilmente, gli effetti geografici spiegano le forme curve asimmetriche comunemente osservate dell'epidemia di COVID-19 in altre regioni del mondo. 
 
Con le vaccinazioni, il modello SIR mostra che dovremmo vedere le curve epidemiche cadere rapidamente, almeno se le vaccinazioni vengono avviate prima del picco. Finora, questo effetto non si è visto da nessuna parte, potrebbe essere troppo presto. Con il progredire delle vaccinazioni, dovremmo essere in grado di dire di più su questo argomento.

Come per tutto ciò che riguarda la scienza, l'epidemiologia richiede un po 'di lavoro per essere appresa, una virtù difficile da trovare nella discussione sui social media. Anche gli esperti di virologia e malattie non studiano realmente l'epidemiologia, il loro lavoro è curare le persone, non creare modelli matematici. Questo è il motivo per cui il comportamento del virus è così ampiamente frainteso. Ma, come diceva Einstein, "Il Signore Dio è sottile, ma non malvagio". L'epidemiologia può essere sottile, ma non è impossibile capire come crescono e si diffondono le epidemie.
 



giovedì 11 marzo 2021

Sapere come le cose andranno, come se andassero per conto loro

 


 Un post di Fabio Vomiero

Un'osservazione curiosa, ma neanche poi tanto, è che la maggior parte delle persone è convinta di intingersi di intellettualità e di sapienza citando a sproposito e facendo propri i pensieri e gli aforismi dei più disparati filosofi e letterati, quando invece pochi sanno che esistono altrettante riflessioni fatte da scienziati, spesso sconosciuti o misconosciuti, che possiedono una densità di significato, una forza logico-esplicativa e una bellezza espositiva tali, di fronte alle quali anche i migliori Dostoevskij, Proust e Nietzsche appaiono poco più che banali.

Ma se dell'importante problema della strana, complicata e per certi versi ambigua collocazione del pensiero scientifico nel panorama socioculturale contemporaneo occorrerà discutere in altra occasione, limitiamoci per il momento a riflettere su questa bella e densa frase riportata nel titolo che corrisponde a una citazione di un grande matematico e statistico vissuto nel secolo scorso e che forse in pochi conoscono, che si chiama Bruno de Finetti.

Siamo grossomodo alla metà del Novecento e le epoche del meccanicismo settecentesco prima, e del Positivismo del secolo successivo poi, sono state oramai parzialmente superate; inoltre, gli scossoni concettuali conseguenti alle teorie della relatività e della meccanica quantistica di inizio secolo, cominciano ad essere in qualche modo e gradualmente metabolizzati. Siamo quindi giunti ad un periodo storico in cui le riflessioni filosofiche e scientifiche possono finalmente arricchirsi di una serie di consapevolezze epistemologiche che fino a quel momento erano state decisamente ancora poco esplorate.

Una su tutte riguarda il tema della complessità. Lo spostamento progressivo da parte dell'indagine scientifica dalla fisica classica verso lo studio e l'analisi di tutti quei sistemi interessanti che più hanno a che fare concretamente con la vita di tutti i giorni, biologia, malattie, cure, ambiente, economia, ha ben presto evidenziato, infatti, come il classico approccio riduzionista utilizzato dalla fisica e che ha governato il fare scientifico per secoli con il raggiungimento peraltro di ottimi risultati, non sarebbe più stato sufficiente.

Tutti questi sistemi, infatti, non vanno affatto semplicemente per conto loro come nel caso di alcuni sistemi fisici molto semplici o naturali, in quanto, essendo estremamente complessi e comprendendo anche noi esseri umani come importanti elementi costituenti, agenti ed interpreti, possiedono anche una certa consapevolezza di sè in grado di legare la loro evoluzione alla dinamica di fattori estremamente variabili.

Il clima cambia per conto suo, ma lo fa anche in risposta alle forzanti antropiche di vario tipo, una certa malattia ha molte più probabilità di manifestarsi come conseguenza di un errato stile di vita, una cura può essere più o meno efficace a seconda di come viene applicata, l'evoluzione di un sistema economico, politico o di un ecosistema, potrà essere predetta o meno grazie a quanto saremo bravi a prevedere, in un certo senso, anche l'evoluzione socio-culturale di noi stessi e della nostra società e la dinamica di una pandemia potrà manifestarsi con scenari diversi a seconda di quanto saremo capaci di trovare, e soprattutto di riuscire ad implementare, delle soluzioni adeguate di contenimento.

In sostanza, il messaggio forte e paradigmatico che ci giunge dallo studio della complessità ci proietta nella dimensione di una nuova scienza che, in qualche modo, è costretta a rompere parzialmente con gli schemi fissi e immutabili di una epistemologia prescrittiva costruita prevalentemente sul "mito" del metodo galileiano. Perchè, in realtà, la scienza non dovrebbe essere vista semplicemente come l'applicazione di un metodo unico, rigoroso e assoluto in grado di catturare ogni fenomeno e di fotografare il mondo esattamente com'è, ma piuttosto come un'attività di tipo artigianale in cui si inventano e si utilizzano strumenti (concettuali, teorici, metodologici, sperimentali), di volta in volta diversi, ma adatti per un determinato tipo di problema. In un altro contesto scientifico o per cercare di approcciare un problema diverso, si utilizzeranno degli altri strumenti. E se qualcuno conosce da vicino la reale pratica scientifica, e non quella adulterata raccontata dai media o da certa divulgazione inappropriata, non dovrebbe avere grosse difficoltà a comprendere questo tipo di ragionamento, benchè necessariamente sommario.

Questo tipo di impostazione definitoria del concetto di scienza, inoltre, a differenza di quella rigida e asettica di stampo fisicalista, sembra essere anche molto promettente in quanto, proprio come avrebbe inteso anche de Finetti, si concentra principalmente sulla natura prevalentemente plurale e probabilistica della scienza sgombrando peraltro definitivamente il campo dagli equivoci più diffusi: niente verità assolute, niente "leggi del tutto" definitive e onnipotenti, niente certezza matematica per quanto riguarda la definizione e l'evoluzione dei sistemi complessi.

Anche perchè, in fondo, il mondo non è mai stato scritto da nessuno in caratteri matematici, ma è stata soltanto la nostra intuizione e la nostra predisposizione umana a creare un linguaggio (quello matematico appunto) così particolarmente adatto nel cogliere e descrivere in modo semplificato, ma efficace, alcuni aspetti del mondo stesso.

Tornando quindi all'andamento delle cose, certo, noi costruiamo costantemente modelli (e teorie) sempre più completi e raffinati, ma non dobbiamo mai perdere di vista, come peraltro l'esperienza insegna, quello scarto ineliminabile che sempre rimane tra il modello e l'osservazione, giustificato dal fatto che ogni modello sarà sempre e soltanto una rappresentazione semplificata di un qualche processo fisico reale e pertanto la nostra conoscenza del sistema e della sua possibile evoluzione non sarà mai del tutto completa e definitiva.

Quando ci troviamo di fronte a questo tipo di sistemi complessi, quindi, che sono tutta un'altra cosa rispetto ai sistemi semplici e isolati generalmente studiati dalla fisica classica, ogni approccio squisitamente matematico-riduzionista sarà semplicemente destinato a fallire nella previsione dettagliata, perchè la capacità predittiva di ogni modello che andremo a realizzare potrebbe essere ottima relativamente ad alcune osservabili, ma invece molto più problematica nei confronti di altre osservabili.

Le cose quindi (specialmente quelle complesse) non vanno quasi mai soltanto per conto loro seguendo logiche e dinamiche strettamente lineari e matematicamente calcolabili, ma anzi, la loro evoluzione viene molto più spesso influenzata o perturbata da processi imprevisti e imprevedibili di fluttuazione, di biforcazione, di rottura di simmetria (dovuti alla stretta relazione con l'ambiente circostante e con il fattore umano), che possono anche andare a modificare la configurazione e il comportamento dei sistemi stessi, conducendoli poi verso forme di evoluzione diverse e inattese, ma sempre ugualmente possibili.



 

sabato 6 marzo 2021

"Medioevo Elettrico," Origini dell'Idea e una Poesia

 


L'idea del ritorno al Medio Evo è stata popolare per molto tempo con i vari catastrofisti che infestano il Web. Forse il primo a creare la moda era stato Roberto Vacca nel 1971, con il suo libro molto approfondito "Il Medioevo prossimo venturo." 

Poi, qualche anno fa avevamo creato un blog intitolato "Rimedio Evo" che esiste tuttora ed è tenuto da Marco Sclarandis. Marco tende a esprimersi in rima piuttosto che in prosa, quindi ecco qui una sua composizione inaugurale per il blog "Medio Evo Elettrico"

Ora che il Medio Evo sta arrivando per davvero, forse dovremmo cominciare tutti a esprimerci in rima, come facevano gli antichi bardi (non per nulla, sono un loro discendente!) -- UB

 

Per Inaugurare "Medioevo Elettrico"

Un poema di Marco Sclarandis

 

Mi sembra d'aver colto un dialogo

più antico dei magmi dei deserti

nella lingua arcaica indistinguibile

dai suoni dell'infrangersi di onde 

precedenti a quelle dei flutti attuali

devo dirne per non credermi impazzito

proveniva da due di quei fratelli

della famiglia primordiale sorta

dall'addensarsi di vuoti e pieni eterei

potrebbe esserci stata corte d'uditori

animati da oscure emozioni elementari

ma i due discutevano di numeri

uno di quanto dal tre ereditasse gloria

l'altro dal sette avrebbe ottenuto regno

solo su 'l due si misero d' accordo

perché entrambi ne erano impregnati

ma io disse sono sesto e tu nemmeno

sei settimo ma solo quattordicesimo

vedrai quante meraviglie saprò fare

con quanti saprò legarmi e contrattare

in modo da conciliare aspri opposti

tu invece mi pare sei poco malleabile

ti ritroverai a startene di sasso e mai

sarai parte di soave fiore e viva mente

incassava nel silenzio l'umile elemento

l'arroganza dell'interlocutore tronfio

ricordati in un futuro secolo vedrai

troppo su di te esseri a te affini

avranno fatto incauto affidamento

tu diverrai respiro torrido per essi

malediranno la tua truccata cornucopia

il Sole farà di me sire d'un reame

dove il lampo delle nubi sarà domato

ed io con la mia friabile durezza di Silicio

simulerò il pensiero che tu Carbonio

credevi sarebbe stato inimitabile.

 


lunedì 1 marzo 2021

La Morte di Zaki Yamani, lo "Sceicco del Petrolio"

 


Zaki Yamani, ministro del petrolio dell'Arabia Saudita fino al 1986, è morto a Londra la settimana scorsa. In ricordo dello "sceicco del petrolio," riproduco qui un commento che era apparso sul blog di ASPO-Italia nel 2006. L'intervista che gli fece Oriana Fallaci in 1976 è un buon esempio delle tante bugie dette su di lui ma, nonostante tutte le accuse che gli arrivavano addosso, Yamani fu sempre un moderato che cercava il compromesso. Riuscì a evitare al suo paese, l'Arabia Saudita, i disastri che si abbatterono su tutti i paesi produttori di petrolio nel Medio Oriente.  Purtroppo, la sua eredità si è un po' persa negli anni, come tutti sappiamo. Adesso, l'Arabia Saudita fronteggia un periodo terribilmente difficile e si può solo sperare che riesca a trovare le risorse per superarlo.

 

http://aspoitalia.blogspot.com/2006/11/fallaci-intervista-yamani.html

Fallaci intervista Yamani: trenta anni dopo
Di Ugo Bardi - Settembre 2006

Circa trenta anni fa, Oriana Fallaci intervistava l'allora Ministro del Petrolio dell'Arabia Saudita, lo sceicco Ahmed Zaki Yamani. Il testo dell'intervista apparve sui giornali e lo si può trovare oggi nel libro "intervista con la storia" (BUR 2001). E' un testo interessante perché ripropone gli elementi che hanno caratterizzato il dibattito da allora fino ad oggi. Da una parte, l'interpretazione "politica" della crisi, come dovuta a un complotto, in questo caso interpretata dalla Fallaci. Dall'altra parte l'interpretazione pragmatica della crisi, come dovuta all'impossibilità della produzione di soddisfare la domanda, in questo caso interpretata da Yamani. Purtroppo, il testo dell'intervista non si trova su internet, ma provo a riassumervelo con qualche commento da parte mia.

Questa con Yamani è soltanto una delle molte interviste che Oriana Fallaci aveva ottenuto dai vari potenti della terra (fra di loro Henri Kissinger) degli anni 1970. In qualche modo, essere intervistati da lei era qualcosa che i potenti dell'epoca apprezzavano, o forse non riuscivano a evitare. Secondo quanto la Fallaci stessa ci racconta, Ahmed Yamani ci ha pensato sopra parecchio prima di accettare di essere intervistato. Alla fine, però, ha invitato la Fallaci a casa sua a Gedda, l'ha ricevuta con grande cortesia, ospitata, e le ha fatto conoscere sua moglie Taman e le sue figlie.

Da quello che scrive, non sembra che la Fallaci sia stata particolarmente grata a Yamani per queste cose. Anzi, il testo della sua intervista è tutta una serie di offese contro di lui. Lo definisce, per esempio, "L'uomo che può riportarci ai tempi in cui si viaggiava a cavallo, che può far chiudere le le nostre fabbriche, far fallire le nostre banche..." . L'antipatia della Fallaci verso Yamani è evidentissima e si manifesta in domande e commenti tipo "volevate il denaro e l'avete avuto, rovinandoci"; lo accusa di ricatto, di volersi comprare una bomba atomica, di essere "diabolico" e cose del genere. Più tardi, la Fallaci avrebbe accusato Yamani anche di aver tentato di sedurla, un' accusa che però non appare nell'intervista.

Ma non è tanto questione di offese o accuse. Quello che colpisce di questa intervista è il fatto che la Fallaci non si è minimamente preparata sull'argomento "petrolio" e non è in grado di fare domande che non siano semplicemente basate sulle varie leggende del tempo (le stesse di oggi). Per dare un'idea del tono della faccenda, stile tipo cronaca rosa da rotocalco, ecco alcune delle domande che la Fallaci ha posto a Yamani

Volevate il denaro e l'avete avuto: rovinandoci. Ma dove finiscono quelle migliaia di miliardi? Dove? Io vedo molti orologi d'oro nelle vostre vetrine e accendini d'oro, anelli d'oro, vedo grosse automobili per le vostre strade, ma non vedo case, non vedo vere città.

Più avanti, sostterrà a proposito dei petrodollari.

"sappiamo bene che gli emiri se ne servono per comprare water-closet d'oro"

A un certo punto, ritira fuori addirittura la famosa leggenda che

"in Arabia Saudita si scava per cercare acqua e si trovava petrolio."

Per tutta l'intervista, la Fallaci gira intorno al concetto che gli Arabi complottavano contro l'Occidente usando il petrolio come arma. Più volte cerca di fare ammettere a Yamani che, si, esiste un complotto contro l'occidente per rovinarci e per instaurare la dittatura islamica mondiale. Se possibile, vorrebbe fargli ammettere che è proprio lui, Ahmed Zaki Yamani, il capo del complotto. A parziale discolpa della Fallaci, va detto che in Occidente in quegli anni quasi tutti credevano che la crisi degli anni '70 avesse origini politiche. Oggi, vediamo chiaramente dai dati che la crisi fu causata invece dal picco di produzione degli Stati Uniti che ebbe luogo nel 1970. Ma la veemenza con cui la Fallaci attacca Yamani nell'intervista non sembra basarsi su nessun dato o nessun riferimento preciso. La Fallaci, semplicemente, riversa su Yamani tutte le leggende che si leggevano sulla stampa a quell'epoca.

Yamani, da parte sua, ribatte sempre senza perdere le staffe. E' chiaro da quello che la Fallaci ci racconta che la considerava come una specie di bomba a orologeria, da trattare con cautela e con i guanti. Ci deve essere voluta veramente molta pazienza per Yamani per rispondere alla serie di domande che gli sono arrivate: molte erano semplicemente sciocche, alcune offensive e altre indiscrete come quella sulle sensazioni che aveva provato assistendo all'esecuzione dell'assassino del re Feisal. Ma Yamani è sempre cortese e risponde senza mai schivare la domanda anche se in cuor suo deve essersi domandato più di una volta chi glie lo aveva fatto fare. La Fallaci, invece di apprezzare, lo accusa in risposta dicendo che "si era proibita la spontaneità".

Ma, alla fine dei conti, quello che rende interessante l'intervista è che non è veramente la Fallaci a condurla, ma piuttosto Yamani. Nonostante l'impreparazione di chi gli sta facendo le domande, Yamani riesce a dare un quadro completo e organico della situazione petrolifera dell'epoca, che già prefigurava esattamente il mondo di oggi. A quei tempi, l'Arabia Saudita produceva tre milioni e mezzo di barili al giorno, ma Yamani dice che ne avrebbe potuto produrre 11. In effetti l'Arabia Saudita è riuscita a produrne quasi 11, in certi periodi. Yamani aveva perfettamente chiara la strategia che sarebbe stata dell'Arabia Saudita negli anni a venire; quella di "swing producer" ovvero ago della bilancia che avrebbe stabilizzato la produzione e evitato ulteriori crisi nel futuro. Yamani aveva perfettamente inquadrato la situazione petrolifera mondiale come sarebbe stata per almeno tre decenni a venire. La Fallaci non era in grado di apprezzare il valore di quello che le veniva detto, ma leggendo l'intervista, si rimane impressionati dalla chiarezza con la quale Yamani aveva previsto gli eventi dei successivi trent'anni.

Valgono ancora oggi le considerazioni di Yamani? Complessivamente, si, ma non continueranno a essere valide molto a lungo. Oggi, l'Arabia Saudita come ago della bilancia ha di fronte un futuro molto difficile. Si dice che potrà ancora aumentare la produzione, ma si dice anche che i giacimenti attuali hanno raggiunto i loro limiti e che il declino sta per iniziare. Prima o poi, l'Arabia Saudita non potrà più essere l'ago della bilancia che è stata a partire dai tempi di Yamani. L'esaurimento delle risorse è il vero problema e non quello degli "emiri che si comprano i water closet d'oro" come diceva la Fallaci, forse credendoci veramente.

Oriana Fallaci oggi non c'è più. Yamani non è più ministro del petrolio dal 1986, oggi è un anziano signore che vive a Londra e si occupa di studi islamici. Il mondo va avanti, gli eventi di una volta si ripropongono sempre uguali ma in forme sempre diverse. Una cosa cambia, però: di petrolio ce n'è sempre meno.

venerdì 26 febbraio 2021

I Blog nel Medio Evo Elettrico. Sopravviveranno i nostri post?

 
 
Tavoletta di argilla sumera, attualmente ospitata presso l'Istituto Orientale dell'Università di Chicago, con inciso il testo del poema Inanna ed Ebih della sacerdotessa Enheduanna, Scrivere in caratteri cuneiformi su tavole di argilla è poco vulnerabile alla cancellazione accidentale. Queste tavolette sono sopravvissute per più di 5000 anni. È difficile pensare che i nostri blog sopravviveranno così a lungo nel Medio Evo prossimo venturo ma, chissà, forse, qualcuno copierà i nostri post su qualche tavoletta di argilla o su pergamena. 


 
Non so se vi è mai capitato, ma qualche giorno fa ho perso due bozze di post di fila. Poi ho scoperto che la piattaforma Blogger di Google ti dà zero possibilità di recuperare il tuo testo. In nessun modo, impossibile, avrei potuto lanciare i miei post in un buco nero. Non una gran tragedia, ma qualche ora di lavoro sprecata, si. E questo ha messo in moto la mia mente: cosa sta succedendo con i blog? 
 
Tengo blog ormai da diversi anni. Ho provato diverse piattaforme: WordPress, Joomla, Medium e altre. Alla fine, ho scoperto che la piattaforma con cui ho iniziato, "Blogger" di Google, è la più semplice ed efficace. Non ha gli stessi aggeggi e campanellini di WordPress, ma ti dà una buona flessibilità e controllo, molto meglio di Medium. Se non vendi nulla online, Blogger è sufficiente e funziona molto bene. È anche gratuito. 
 
Ma c'è un intoppo, tipico dei servizi "gratuiti". Lo sapete come stanno le cose con Facebook, che puoi vedere come una forma di "microblogging". Dato che il loro servizio è gratuito, non puoi lamentarti se decidono di cancellare uno dei tuoi post solo perché non gli piace. E lo fanno spesso
 
Ovviamente non è politicamente corretto usare il termine "censura". Lo fanno in nome della lotta contro le "fake news" ma a volte la definizione di "fake news" sembra essere un po 'ampia. I blog non sono attivamente soggetti alla censura online, almeno non fino ad ora e ufficialmente. Ma se ti fermi un momento a pensare alla situazione, noti quanto siano fragili i blog.
 
Supponiamo che Google decida di interrompere il proprio servizio di blog. Possono farlo, lo hanno fatto con altri servizi che avevano offerto. Ricordate Google+ e Google Reader? Sono spariti per sempre perché Google ha deciso di staccarli, nonostante le proteste dei loro utenti. Certo, Google ti darebbe un po 'di tempo per migrare su un'altra piattaforma (davvero?), Ma immaginatevi che, all'improvviso, scopri che il tuo blog è scomparso. Cosa fai? Con chi ti lamenti? Non hai pagato nulla per il servizio, quindi non puoi lamentarti se quel servizio improvvisamente non esiste più. 
 
Probabilmente non lo faranno, sarebbe un male in termini di immagine. Ma chiamatemi paranoico, ma penso che avessero qualcosa in mente quando hanno strutturato Blogger in questo modo. Cioè, incline alla perdita di dati. Basti pensare ad alcune caratteristiche della nuova brillante versione di Blogger: non c'è modo di fare un backup automatico. Non esiste un cestino da cui è possibile recuperare i dati cancellati. Non c'è modo di disabilitare la funzione di salvataggio automatico che opera ogni due secondi circa e che garantisce virtualmente che qualsiasi errore commesso non possa essere annullato. 
 
Non posso credere che questi siano dei bachi: devono essere caratteristiche. Oltre ad essere fragile, il tuo testo sul web è vulnerabile agli attacchi. Certo, hai una password, Google ti avvisa quando qualcuno che potrebbe non essere te si iscrive al tuo account. Ma lo sappiamo benissimo che se qualcuno solo un po 'determinato vuole distruggere i tuoi dati, può farlo e c'è poco o niente che tu possa fare al riguardo. 
 
Ho quasi 1000 post su "Cassandra's Legacy", che è probabilmente più di un anno di lavoro a tempo pieno. Tutto potrebbe scomparire in un attimo. È un pensiero agghiacciante. Una possibile soluzione sarebbe quella di copiare il mio post utilizzando caratteri cuneiformi su tavolette di argilla che potrebbero sopravvivere al peggio: abbiamo ancora il lavoro della sacerdotessa sumera Enheduanna che è sopravvissuto per circa 5mila anni! Ma capisco che questo metodo è un po 'laborioso. 
 
Quindi, ora vi racconto cosa ho fatto per garantire una certa resilienza ai testi che ho scritto.
 
1. Passaggio a un'altra piattaforma. Ho provato a passare da Blogger a, ad esempio, Wordpress. Il costo è molto ragionevole e Wordpress dispone di servizi di backup. Il problema è che non esiste un modo automatico per trasferire il layout di Blogger su Wordpress. Si può fare, ma è laborioso. Inoltre, anche su WordPress, i tuoi post sono vulnerabili ed è difficile pensare di poter rafforzare la tua posizione abbastanza da resistere a un attacco professionale. 
 
2. Fare un backup. Una volta che ti rendi conto di quanto sei debole ed esposto, la soluzione più ovvia è fare un backup. Nota che Blogger offre possibilità di backup limitate, una volta trovato il pulsante di backup quasi nascosto, produrrà un file "eml" che non puoi leggere off-line (almeno non ho trovato il modo per farlo). Tutto quello che puoi fare con il file è ripristinare l'intero blog da zero, ma il layout non ritornerà quello di prima. Devi fare un backup separato. Laborioso, invero. Inoltre, con questo modo non è possibile recuperare solo uno dei tuoi post o una delle tue bozze. Infine, non è possibile impostare una pianificazione di backup automatica. Devi ricordarti di farlo manualmente. Questo garantisce di perdere una buona parte del tuo lavoro recente se qualcosa va storto. Tuttavia, è una buona idea ricordarsi di eseguire il backup del blog ogni mese circa. Se sei veramente paranoico, puoi copiare i tuoi file eml su una memoria USB esterna che tieni in un cassetto (l'ho fatto). Se riescono a distruggere quella, mi arrendo: non posso vincere. 
 
3. Fare il backup dei file in html. Ho trovato un'app per "Firefox" chiamata "WebScrapBook" che scarica l'intero blog in una forma leggibile da qualsiasi browser offline. Ci sono altre app che affermano di essere in grado di farlo, ma ho scoperto che semplicemente non funzionano con blogger (di nuovo, un baco o una funzionalità? Chi lo sa?). Con WebScrapBook puoi recuperare un singolo post, completo di immagini, tagliandolo e incollandolo in Blogger o in un'altra piattaforma. Il problema è che non puoi automatizzare il processo di salvataggio e nemmeno personalizzare dove WebScrapBook salva i tuoi file. Devi trasferirli manualmente dove vuoi memorizzarli, inclusa quella memoria USB di cui parlavo prima. Tuttavia, è una buona cosa avere. 
 
4. Utilizzare un recorder automatico dei testi. Sarebbe bello avere qualcosa che salvi e memorizzi automaticamente ciò che digiti online e non solo per i post del tuo blog. C'era una volta un'utility chiamata "Lazarus" che funzionava molto bene ma ora è scomparsa dal Web (so di essere paranoico, ma non posso evitare di chiedermi "perché?"). Dopo diversi test ho trovato un programma equivalente chiamato "Form History Control" che funziona come estensione per Firefox e, a quanto pare, per altri browser. Ti protegge dalla perdita di ore di lavoro solo perché hai premuto il pulsante sbagliato. Certo, è una di quelle app fugaci che appaiono e scompaiono dal web per motivi poco chiari. Ma, finché esiste, sembra funzionare. 
 
Ed è così che stanno le cose. L'insostenibile leggerezza dei blog resta un problema. Forse dovremmo davvero pensare di tornare alla scrittura cuneiforme su tavolette di argilla.