sabato 3 agosto 2019

È MEGLIO ESSERE NATI O SAREBBE STATO MEGLIO NON ESSERE MAI NATI? Un Post di Bruno Sebastiani



La mia seconda nipotina, Beatrice, compie in questi giorni il suo primo mese di vita. L'altra, Aurora, è nata un mese prima. Nonostante tutto il nostro catastrofismo, la vita continua ed è bene che sia così. Ma, certo, viene da pensare a che razza di mondo questi bambini vedranno da adulti. Nel seguito, Bruno Sebastiani ci ragiona sopra in termini molto filosofici. Ma viene anche da pensare in termini molto concreti a quelli che per puro egoismo e imbecillità stanno facendo di tutto per rendere la vita ancora più difficile ai nostri discendenti. E mi vengono in mente cose che è meglio che non dica qui. (UB)




di Bruno Sebastiani

Alcuni autori, non molti, sostengono che nascere sia un triste evento.
Tra i più espliciti Emil Cioran e David Benatar.
Il primo nel 1973 ha scritto “De l’inconveniént d’être né” (“L’inconveniente di essere nati”).
Il secondo nel 2006 ha scritto “Better Never to Have Been: the Harm of Coming into Existence” (“Meglio non essere mai nati – Il dolore di venire al mondo”).
Emil Cioran ha un suo caratteristico stile aforistico. Non elabora complessi ragionamenti, ma punge l’interesse del lettore con aguzze stilettate. “Noi non corriamo verso la morta, fuggiamo la catastrofe della nascita …” “Mi piacerebbe essere libero, perdutamente libero. Libero come un nato morto.” ecc. ecc.
David Benatar è un filosofo e argomenta ampiamente le sue idee che, in estrema sintesi, ruotano intorno al concetto di bene e male: se non fossimo nati non avremmo sperimentato il male, né rimpiangeremmo di non aver sperimentato il bene, in quanto il non essere non esiste e quindi non possiede né pensiero né autocoscienza.
Pochi altri pensatori, fortemente misantropi e pessimisti, hanno sostenuto tesi analoghe.
Perché occuparsi di loro se, come detto in premessa, rappresentano una sparuta minoranza nel panorama storico – letterario – filosofico mondiale?
Per due motivi.
Innanzitutto perché non è detto che la maggioranza abbia ragione e la minoranza torto. La Verità non è democratica, e neppure la Natura: non chiedono ad alcuno cosa desideri e procedono entrambe per vie estranee alla logica umana.
In secondo luogo, e questa è la motivazione più importante, perché Cioran, Benatar e consimili portano alle estreme conseguenze un tipo di ragionamento che, con una necessaria correzione, potrebbe essere condiviso da una grande platea, assai più ampia di quella che attualmente segue questi “antinatalisti estremi”. E la corretta diffusione di questo messaggio “revisionato” potrebbe essere assai utile al pianeta Terra.
In questo mio articolo cercherò di individuare il lato debole delle idee descritte e la correzione che potrebbe renderle ben più condivisibili.
Il punto è l’autocoscienza.
Solo la meditazione del cervello umano su se medesimo, alias l’autoriflessione, consente a Cioran, Benatar ecc. di pensare al male passato, a quello presente e a quello futuro, inducendoli ad argomentare che, se non fossimo mai nati, non lo avremmo sperimentato in passato e non lo potremmo sperimentare in futuro.
Proviamo ora a considerare come vivremmo la medesima realtà che stiamo vivendo in assenza del pensiero “auto – riflettente”, ovvero come la vivono gli animali, anche i più evoluti, che dalla memorizzazione degli eventi passati non estrapolano pensieri astratti, ma solo esperienze concrete.
Gli animali, ma anche le piante, hanno la vita e la sperimentano senza interrogarsi né sulla sua origine, né sul suo significato, né, soprattutto, sul suo futuro (il dolore e la morte). Non lo fanno perché non possono, non ne hanno le capacità cerebrali.
Vivono e basta, così come Madre Natura vuole. Essi si sono evoluti dalle cellule primordiali ed hanno assunto forme diverse. Hanno conseguito la loro individualità di esseri e di specie relazionando la propria vita con quella degli altri viventi circonvicini. E nel caos della foresta, o della prateria o del deserto, hanno stabilito quell’equilibrio che la selezione naturale e la lotta per la vita hanno consentito loro di raggiungere.
Avrebbero preferito non essere mai nati? Tentano di limitare le nascite con adeguati accorgimenti? Procurano l’aborto per evitare che i loro piccoli vengano al mondo?
Non lo pensano e non lo fanno in quanto ogni loro attività fisica e mentale è guidata solo dall’istinto, ovvero da quel codice di comportamento che milioni e milioni di anni di selezione naturale hanno elaborato ed impresso nell'intimo dei loro organi di comando quali il cervello e il sistema nervoso.
E così è stato per tutti gli esseri viventi sino all’avvento di Homo sapiens e del suo encefalo abnormemente evoluto che ha consentito a questa nuova specie dominante di contravvenire a istinti e leggi di natura, permettendole di pensare se stessa, di avere autocoscienza di sé.
Se Benatar e consimili riflettessero su questa realtà (Cioran è morto nel 1995) comprenderebbero come il male per l’essere umano non è l’essere nato (evento che sfugge al volere di ogni nascituro), ma l’averne coscienza, l’avere un organo di comando che si rifiuta di eseguire gli ordini di Madre Natura e che intende trasformare tutta la biosfera in una realtà artificiale a “misura d’uomo”.
E, a seguire, comprenderebbero come l’evoluzione della mente di Homo sapiens sia stata straordinaria rispetto a quella di ogni altro animale, ma sia ben poca cosa in termini assoluti, ovvero relativamente alla possibilità di rendere permanenti le modifiche introdotte nella biosfera.
Un ulteriore passo avanti e comprenderebbero come quel processo evolutivo di tipo straordinario possa assimilarsi alla mutazione che le cellule sane subiscono quando si trasformano in cellule maligne aggressive e distruttrici dell’organismo che le ospita.
Cioran in realtà questo passo lo fece, nel suo famoso aforisma: “Alberi massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. L’uomo si estende. L’uomo è il cancro della terra”. Ma non andò al di là dell’intuizione. Non reinterpretò tutta la realtà alla luce di questa sua folgorante illuminazione (cosa che molto immodestamente sto cercando di fare io con i miei scritti).
Proviamo allora a pensare come le opere di Cioran e di Benatar avrebbero potuto essere assai più incisive se fossero state titolate “L’inconveniente di essere intelligenti” e “Meglio non essere autocoscienti”, e anziché recriminare l’essere vivi avessero recriminato l’essere dotati di autocoscienza.
Anche tutto l’importante dibattito su natalismo e antinatalismo andrebbe reimpostato in questa ottica, perché è ovvio che il problema della sovrappopolazione nasce dal nostro essere “intelligenti”, o, meglio, dall’aver superato quella soglia di capacità cerebrali oltre la quale abbiamo potuto svincolarci dai limiti imposti dall’istinto.
Potranno queste accresciute capacità cerebrali consentirci ora di invertire la rotta? E come? A quale prezzo?
Temi fondamentali, che richiedono adeguati approfondimenti. Ma ogni analisi più dettagliata dovrà prendere avvio dalla consapevolezza che tutti i problemi attuali discendono da quell’abnorme sviluppo subìto dal nostro cervello, evento parafrasato in tanti miti dell’antichità, dal peccato di Eva ed Adamo ai furti di Prometeo, solo per citarne due tra i più famosi.

venerdì 26 luglio 2019

Clima e Attività Solare - un post di wm




Mentre stiamo esaurendo gli aggettivi per descrivere l'ondata di calore che ci è arrivata addosso, c'è ancora qualche frastornato che disperatamente cerca di parare il colpo con le scuse che trova, per esempio dicendo "si, però, mah, forse, eppure, potrebbe essere, chissà mai, che è più colpa del sole che dell'uomo" Eh, si, mi ricorda la barzelletta di quel pugile suonato che chiedeva all'allenatore di tener d'occhio l'arbitro perché sul ring c'era qualcuno che lo stava menando. Per non parlare degli abbindolati che ancora straparlano di un'era glaciale imminente. Insomma, disperazione per disperazione, continuiamo a cercare di convincere questi stralunati. Qui, ci prova WM con questo post (UB)

Clima e Attività Solare

di wm










                                                        http://www.solen.info/solar/



Una delle molte giustificazioni dei negazionisti dei cambiamenti climatici è l'influenza dell'attività solare sul clima della terra, proviamo a fare chiarezza: il sole attuale è diventato progressivamente più luminoso di quanto fosse alcuni miliardi di anni fa ma l'alternarsi di glaciazioni e alte temperature intervallate da condizioni simili alle attuali sul nostro pianeta hanno caratterizzato le ere geologiche. Una cosa assai interessante è che se qualche miliardo di anni fa la radiazione solare era minore le condizioni adatte allo sviluppo delle vita sul pianeta erano comunque presenti, una delle ragioni la quantità di gas serra sicuramente elevatissime prima della comparsa dei cianobatteri con la fotosintesi e seguente consumo CO2 .

Il sole è una stella di classe G, è composta principalmente da H che a causa delle fortissime pressioni interne dovute alla enorme massa consentono la fusione nucleare, H → He + energia in estrema sintesi.

Questa energia viene emessa in un ampio spettro che ricalca abbastanza fedelmente il corpo nero a 5777 K. Prima di entrare in atmosfera è approssimativamente costituita da :

UV 7% (λ < 3800 Angstrom), Visibile 40% (λ da 3800 a 7000 Angstrom), IR 53% (λ > 7000 Angstrom)

L'indicatore principale dell'attività solare è la presenza di macchie sulla superficie, sono zone che appaiono scure a causa della temperatura inferiore con un intenso campo magnetico. La loro presenza non è costante ma segue un ciclo approssimativamente di 11 anni, da un minimo ad un massimo e un nuovo minimo. Ad ogni ciclo la polarizzazione del campo magnetico delle macchie si inverte. Le prime osservazioni risalgono all'anno 301 documentate da cinesi, ma anche in epoche successive da arabi (anno 840) e in Europa a Worcester nel 1128.

Le osservazioni sistematiche avvennero tuttavia dall'inizio del 1600 da Keplero, Galileo ed altri. La registrazione dei dati effettuata dal 1700 circa da vari osservatori, Zurigo e poi in Belgio. Dall'analisi di questi dati Edward Maunder verso la fine del 1800 rilevò che nella seconda metà del XVII secolo le macchie erano scomparse . Questo episodio aveva una corrispondenza con quella che è stata definita piccola era glaciale, ma per avvalorare la tesi si passò all'analisi della correlazione con i raggi cosmici che vengono deviati in base all'intensità del campo magnetico solare (eliosfera). Quando l'attività è minore le radiazioni cosmiche giungono facilmente in ionosfera e agiscono sulle componenti, in particolare si formano isotopi di 14C e 10Be, questi a giunti a terra sono rilevabili negli alberi e nei ghiacci polari.

Da queste analisi si è dedotto che sono esistiti altri periodi di minima attività negli ultimi 2000 anni, cicli che durano intorno a 100 anni.

Ora sembrerebbe facile trovare una correlazione tra attività della nostra stella e clima terrestre. Non voglio fare troppi calcoli (dovremmo scomodare la legge di Stefan-Boltzman) ma semplificando possiamo dire: energia che entra – energia che esce. Considerando l'energia solare in tutte le sue forme una parte giunge sulla Terra, il resto viene riflesso e/o rifratto, inoltre anche la Terra irradia a sua volta nello spazio. Il Sole è stato ben studiato e per molto tempo si è cercato di comprendere quanta energia irradia in tutte le frequenze, la Costante Solare. Nello spazio il valore oscilla intorno a 1367 W/m2 e varia per l'ellitticità dell'orbita terrestre di circa il 7% tra gennaio e luglio

Ebbene, la relazione tra attività solare e energia irradiata (irradianza) esiste ma l'analisi precisa del valore della Costante Solare in funzione dell'attività è dell'ordine dello 0,3%.

Evidente che ci sono altri meccanismi che entrano in gioco, variazioni dello scambio energetico tra troposfera e strati più alti nella stratosfera, dove vengono assorbite le radiazioni più energetiche, UV e X.

Aggiungiamo un altro dato a complicare le cose, negli ultimi 60 anni i cicli solari sono diminuiti costantemente come intensità e numero di macchie. L'ultimo che stiamo attraversando, il 24, è il più moderato del periodo considerato come evidenziato nel grafico.

Un metodo di analisi al quale faccio riferimento è la misura del flusso a 2,8 Ghz ( SF) che viene rilevato con appositi strumenti insieme ad altri dati geomagnetici che valutano la distorsione del campo magnetico terrestre. Il valore del Solar Flux (SF)   varia da 66-67 nei periodi minimi (come l'attuale) a oltre 250 nei periodi di altissima attività solare collegandosi anche a brillamenti (flares).

L'indice geomagnetico A  invece varia in funzione del vento solare costituito principalmente da protoni (ioni H) che vengono espulsi durante le tempeste solari, eruzioni ed esplosioni o buchi coronali che rilasciano materia nello spazio e che, se geoeffettivi, colpiscono la terra a velocità tra 300 e 900 Km/sec distorcendo il campo magnetico e determinando, tra le altre cose, le aurore alle alte latitudini ma anche sconvolgimenti nelle comunicazioni in onde corte e raramente alle alte frequenze.

In definitiva, faccio fatica a credere che l'influenza del Sole sul clima sia determinante, sono ben altre le forzanti climalteranti, al massimo la nostra stella da un piccolo aiuto ma trascurabile.

Se davvero fosse dovremmo assistere ad una riduzione della T in questa fase e non certamente all'aumento drastico cui stiamo assistendo.

wm











mercoledì 24 luglio 2019

Il Mare Svuotato: Il Nuovo Libro di Ilaria Perissi e Ugo Bardi



Nota aggiunta in Gennaio 2020 -- il libro è un po' in ritardo, ma dovrebbe apparire a breve, diciamo entro Marzo.


Il lavoro di Ilaria Perissi sulla modellizzazione della pesca industriale è apparso -- fra le altre cose -- sulla rubrica di "Sapere" intitolata "Cervelli non in Fuga." Adesso, questo lavoro è parte di un nuovo libro che Ilaria sta scrivendo insieme a Ugo Bardi che dovrebbe intitolarsi, "Il Mare Svuotato" e che dovrebbe apparire nelle librerie in Dicembre.




IL MARE SVUOTATO

di Ilaria Perissi e Ugo Bardi



Che cosa potete imparare da questo libro

  1. Perché è diventato così facile essere punti da una medusa mentre si fa il bagno in mare 
  2. Che cos’è la Maledizione del Pescatore e perché i pescatori sono sempre poveri, perfino nei romanzi!
  3. Perché gli antichi Babilonesi credevano che fosse stato un pesce (!?) a insegnare loro l’arte della scrittura.
  4. Il triste destino degli storioni del Po e dell’ultimo ristorante che serviva caviale italiano
  5. Che tipo di olio potevano aver messo nelle loro lampade le vergini sagge e le vergini stolte della parabola nel Vangelo secondo Matteo.
  6. Com’era possibile che quattro rematori su una barchetta di legno riuscissero a rincorrere e a uccidere una balena tanto più grande e potente di loro.
  7. Perché il capodoglio ha quella strana testa bulbosa.
  8. Da dove vengono i bastoncini Findus e perché sono stati una rivoluzione nella pesca.
  9. Come fu che la figlia del professor Volterra, matematico italiano degli anni ‘30, convinse suo padre a inventare l”equazione della pesca” che dette origine a un intero nuovo campo della scienza
  10. Che cos’è il sovrasfruttamento delle risorse e perché noi esseri umani ci caschiamo sempre.
  11. Che pesce mangeremo nel futuro (se ne mangeremo).

E, in più, potrete giocare al “gioco della pesca” -- un gioco di simulazione molto semplice che insegna a tutti come gestire le risorse senza distruggerle.









venerdì 19 luglio 2019

Qualcosa di serio per l'ambiente: il nuovo decreto sulle rinnovabili a firma M5S

Gianni Girotto, senatore M5s. Uno dei pochi politici italiani che hanno capito l'importanza dell'energia rinnovabile.


In più di un'occasione ho dichiarato la mia approvazione per il lavoro dei parlamentari M5S. Questo mi ha tirato dietro le ire di qualche paleo-comunista che mi ha mandato lettere piene di accidenti. E invece, il movimento 5 stelle sta facendo bene nonostante la situazione politica difficilissima (incluso l'errore clamoroso che hanno fatto di allearsi con Salvini, ma quella è un'altra storia).

In pratica, il movimento 5s sta tenendo fede alle promesse fatte in campagna elettorale per quanto riguarda la promozione delle energie rinnovabili. E una posizione che va contro quasi tutti gli altri in politica, dove la faccenda "sostenibilità" si intende come dare una spennellatina di verde a questo o quello per poi dedicarsi alle cose "serie," crescita economica, cemento, grandi opere, ecc. In questo senso, il PD di Renzi si è distinto per la sua continua ed efficace lotta contro le rinnovabili che, fra le altre cose, ha distrutto un'industria nazionale che produceva ricchezza e dava lavoro a molta gente.

Pochi hanno capito che un sistema economico è come un motore che funziona soltanto se ha carburante -- ovvero energia. Non si può pensare di dare agli Italiani lavoro, servizi, giustizia e tutto il resto se il motore si ferma. E rischia di fermarsi se non troviamo una sorgente di energia che lo faccia muovere. In Italia, paese del sole, è ovvio quale deve essere questa energia: l'energia rinnovabile.

Non si sa che cosa ci porterà il futuro in questo momento molto difficile. Ma se riusciamo a far decollare l'idea che l'energia rinnovabile può dare un futuro all'Italia e agli Italiani, saremo già un passo avanti.

Qui di seguito, un commento di Max de Carlo dal suo blog "Mondo Elettrico"




Energia, firmato il decreto FER1 per le rinnovabili

Rinnovabili, Di Maio e Costa firmano il decreto FER1.
Gli obiettivi: incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili e creare migliaia di posti di lavoro
I Ministri Luigi Di Maio e Sergio Costa hanno firmato il decreto FER1, che ha l’obiettivo di sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento dei target europei al 2030 definiti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), attraverso la definizione di incentivi e procedure indirizzati a promuovere l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità, sia in termini ambientali che economici, del settore.
Il provvedimento, in particolare, incentiva la diffusione di impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici e a gas di depurazione. “Un grande lavoro di squadra dei due ministeri, ambiente e sviluppo economico, che darà impulso alla produzione di energia rinnovabile, creando migliaia di nuovi posti di lavoro – ha dichiarato Di Maio – e puntando alla attuazione della transizione energetica, in un’ottica di decarbonizzazione”.
“E’ una vera e propria rivoluzione copernicana, un cambio di paradigma – commenta Costa – si premia l’autoconsumo di energia per gli impianti su edificio fino a 100 kW e l’eliminazione dell’amianto, si incentiva la produzione di energia sostenibile oltre che rinnovabile. Questo decreto è una grande opportunità di sviluppo e di tutela ambientale”.
Dopo aver ottenuto il via libera della Commissione europea, il Decreto FER1 è stato inviato per la registrazione alla Corte dei Conti prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
La sintesi del provvedimento
L’ attuazione del provvedimento consentirà la realizzazione di impianti per una potenza complessiva di circa 8.000 MW, con un aumento della produzione da fonti rinnovabili di circa 12 miliardi di kWh e con investimenti attivati stimati nell’ordine di 10 miliardi di Euro.
Con gli incentivi verrà data priorità a:
  • impianti realizzati su discariche chiuse e sui Siti di Interesse Nazionale ai fini della bonifica;
  • su scuole, ospedali ed altri edifici pubblici per impianti fotovoltaici i cui moduli sono installati in sostituzione di coperture di edifici e fabbricati rurali su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto;
  • impianti idroelettrici che rispettino le caratteristiche costruttive del DM 23 giugno 2016, quelli alimentati a gas residuati dai processi di depurazione o che prevedono la copertura delle vasche del digestato;
  • tutti gli impianti connessi in “parallelo” con la rete elettrica e con le colonnine di ricarica delle auto elettriche (a condizione che la potenza di ricarica non sia inferiore al 15% della potenza dell’impianto e che ciascuna colonnina abbia una potenza di almeno 15 kW).

Cambia, inoltre, la modalità di riconoscimento del premio sull’autoconsumo: per gli impianti di potenza fino a 100 kW su edifici, sulla quota di produzione netta consumata in sito è attribuito un premio pari a 10 euro il MWh cumulabile con quello per i moduli in sostituzione di coperture contenenti amianto. Il premio è riconosciuto a posteriori a patto che l’energia auto consumata sia superiore al 40% della produzione netta.
Saranno ammessi agli incentivi solo gli impianti idroelettrici in possesso di determinati requisiti che consentano la tutela dei corpi idrici, e in base a una valutazione dell’Arpa.
Gli impianti fotovoltaici realizzati al posto delle coperture in amianto o eternit avranno diritto, in aggiunta agli incentivi sull’energia elettrica, a un premio pari a 12 €/MWh su tutta l’energia prodotta.
Impianti ammissibili
Potranno partecipare ai bandi per la selezione dei progetti da iscrivere nei registri gli impianti:
  • di nuova costruzione, integralmente ricostruiti e riattivati, di potenza inferiore a 1MW;
  • oggetto di interventi di potenziamento qualora la differenza tra la potenza dopo l’intervento e la potenza prima dell’intervento sia inferiore a 1 MW;
  • oggetto di rifacimento di potenza inferiore a 1MW.

Sono ammessi impianti fotovoltaici esclusivamente di nuova costruzione e realizzati con componenti di nuova costruzione.
Inoltre, potranno partecipare alle procedure di registri anche aggregati costituiti da più impianti appartenenti al medesimo gruppo, di potenza unitaria superiore a 20 kW, purché la potenza complessiva dell’aggregato sia inferiore a 1 MW
Gli impianti di potenza uguale o maggiore ai valori sopra indicati per accedere agli incentivi dovranno partecipare a procedure di asta al ribasso nei limiti dei contingenti di potenza.
In analogia, potranno partecipare alle procedure di asta anche gli aggregati costituiti da più impianti appartenenti al medesimo gruppo, di potenza unitaria superiore a 20 kW e non superiore a 500 kW, purché la potenza complessiva dell’aggregato sia uguale o superiore a 1 MW.
Lunedì, 08 Luglio 2019
Per maggiori informazioni


MondoElettrico è partner di AAE - Veicoli elettrici  

sabato 13 luglio 2019

LA DISTRUZIONE DELLA NATURA NELL’ANTICHITA’ - Un post di Bruno Sebastiani



di Bruno Sebastiani

Una leggenda assai diffusa anche nel mondo ambientalista è che la devastazione della natura da parte dell’uomo sia di origine piuttosto recente.
Lo sfruttamento intensivo e sconsiderato delle risorse naturali del pianeta sarebbe iniziato un paio di secoli or sono o poco più, allorquando il progresso tecnologico e il sistema produttivo capitalista sfociarono nella rivoluzione industriale.
La rischiosità di una simile impostazione ideologica consiste nel fatto che la colpa di quanto accaduto sembrerebbe imputabile a particolari contingenze storico – filosofico – scientifiche e non ad Homo sapiens in quanto tale.
Per sfatare questa leggenda e ristabilire l’esatta catena delle responsabilità mi sembra pertanto utile riferire, seppur succintamente, dei misfatti compiuti dai nostri lontani antenati già all’alba dei tempi.
Sono solo alcuni esempi che ho rintracciato tra le mie letture. Ognuno di voi potrà effettuare ricerche più approfondite e sono certo che, ahimè, troverà ulteriori prove a sostegno della tesi che il genere umano iniziò a distruggere irrimediabilmente il mondo della natura sin da quando il nostro cervello si evolse in modo abnorme.

IL RACCONTO DI CLIVE PONTING

Un grande storico del comportamento distruttivo del genere umano è stato l’inglese Clive Ponting. Nel suo libro “Storia verde del mondo” (Torino, S.E.I., 1992) ha raccontato dettagliatamente le stragi e devastazioni compiute dall’umanità ai danni della natura.
Uno dei suoi meriti maggiori, a mio avviso, è stato proprio quello di riferire non solo dei disastri recenti, ma anche di quelli più antichi, a riprova che l’atteggiamento di Homo sapiens nei confronti dell’ambiente è stato di cinico e prepotente sfruttamento sin da quando lo sviluppo del suo cervello gli ha consentito di passare da habilis ad erectus e poi per l’appunto a sapiens.
Questo atteggiamento, di cui finalmente iniziamo a renderci conto, consiglierebbe di cambiare l’aggettivo che ci contraddistingue da “sapiens” a “vastator” (devastatore): chi vorrà farsi promotore di tale modifica?
Ma lasciamo direttamente la parole a Clive Ponting:
«La riduzione degli habitat naturali e l’estinzione delle specie su scala locale si può notare dal tempo dei primi insediamenti umani. Nella valle del Nilo l’estensione della zona coltivata, la bonifica delle paludi e la caccia sistematica degli animali portò all’eliminazione di molte specie originariamente native della zona. Al tempo del Regno Antico (2950 – 2350 a.C.) animali come gli elefanti, i rinoceronti e le giraffe erano scomparsi dalla valle. Il diffondersi della colonizzazione nel Mediterraneo produsse gli stessi risultati … Nel 200 a.C. il leone e il leopardo erano estinti in Grecia e nelle zone costiere dell’Asia Minore … La consuetudine romana di uccidere deliberatamente animali selvatici nel corso di giochi e altri spettacoli aumentò il massacro. Si può dedurre l’entità della continua distruzione perpetrata per divertire le folle di tutto l’impero romano, anno dopo anno, per secoli, dal fatto che a Roma furono uccisi 9000 animali nel corso delle celebrazioni durate 100 giorni per l’inaugurazione del Colosseo, e 11.000 per festeggiare la conquista della nuova provincia della Dacia da parte di Traiano.»
«I grandi spettacoli dell’impero romano cessarono in Europa Occidentale dopo il V secolo, ma la distruzione del patrimonio naturale continuò in altri modi.»
«L’ultimo avvistamento di un lupo di cui si ha notizia avvenne nel 1486 in Inghilterra, nel 1576 in Galles, nel 1743 in Scozia e in Irlanda nel primo Ottocento. Anche l’orso bruno era comune in tutta l’Europa Occidentale medievale (pur essendosi estinto in Gran Bretagna entro il X secolo). Tuttavia il numero di esemplari diminuì costantemente in seguito alla caccia e alla distruzione dell’habitat e ora l’animale sopravvive solo in alcune remote zone montuose. La stessa sorte toccò al castoro, anch’esso comune nell’Europa medievale e catturato con le trappole per la sua pelliccia, che si estinse in Gran Bretagna già nel XIII secolo e in seguito in quasi tutto il resto d’Europa.» (pp. 180 – 182)
Queste brevi frasi estrapolate da un discorso più articolato riguardano i danni inferti alla fauna. Ma l’accanimento contro selve e foreste non fu da meno. Nel capitolo “Distruzione e sopravvivenza” del libro citato vi è un dettagliato resoconto dei danni ambientali provocati circa 10.000 anni fa con l’introduzione dell’agricoltura. I cacciatori – raccoglitori si nutrivano di ciò che trovavano o di ciò che riuscivano a catturare. La loro “impronta ecologica” era pertanto minima, insignificante. Ma per far spazio ai campi occorreva disboscare e poi irrigare, operazioni che furono tra le prime a modificare in modo sensibile il panorama e l’habitat dei territori popolati dall’uomo. Ovviamente queste perturbazioni crebbero di intensità e di ampiezza con il trascorrere del tempo, man mano che la comunità umana diveniva più numerosa. Ma la linea di tendenza era tracciata e di lì in avanti non fece che crescere. Per i dettagli rinvio il lettore al capitolo del libro di Ponting.

IL RESOCONTO DI RICHARD LEAKEY

Il famoso paleoantropologo keniano di origine britannica Richard Leakey nel suo libro “La Sesta Estinzione” dedica un apposito capitolo, il decimo, a “L’impatto dell’uomo nel passato”.
Qui esamina i casi di estinzione
  1. della megafauna in America alla fine del Pleistocene (13 / 12.000 anni fa),
  2. dei moa giganteschi della Nuova Zelanda (circa 1.000 anni fa),
  3. dell’avifauna delle isole Hawaii.
1. Il primo caso è ben noto anche e soprattutto per gli studi condotti da un altro famoso paleontologo, Paul Martin, autore di “Preistoric Overkill”. Più recentemente Stefano Mancuso parla di questa strage nel suo libro “L’incredibile viaggio delle piante” citando uno studio del 2009 di tre studiosi americani “Quantifying the Extent of North American Mammal Extinction Relative to the Pre-Anthropogenic Baseline” (reperibile in rete).
In estrema sintesi: i primi rappresentanti di «Homo sapiens, abilissimo cacciatore, le cui capacità predatorie si erano affinate per decine di migliaia di anni in Africa e in Eurasia» giunsero in America dall’Asia (passando dal ponte di terra dello stretto di Bering) in coincidenza con la fine dell’ultima era glaciale. Si trattò di una «espansione esplosiva … facilitata da una illimitata disponibilità di risorse – terre e prede». Risultato di questa «inesorabile avanzata» fu lo sterminio di tutti i mastodonti che popolavano in gran numero il continente americano e, conseguentemente, dei loro predatori («leoni, orsi giganteschi, tigri dai denti a sciabola …») a cui venne meno la principale risorsa alimentare.
Una vera estinzione di massa provocata dall’uomo.
2. Le isole che oggi fanno parte della Nuova Zelanda ebbero il privilegio di non essere intaccate dalla presenza umana sino a circa 1.000 anni fa, quando furono raggiunte e colonizzate da un popolo di origine polinesiana, i ben noti “maori”.
La fauna locale era formata esclusivamente da uccelli «ma dei tipi più straordinari, molti dei quali inetti al volo. Protagonisti di questo palcoscenico furono i moa giganteschi, creature simili a struzzi alte più di tre metri e pesanti oltre 250 chilogrammi».
Inutile dire che anche in questo caso i moa e gli altri uccelli fecero una brutta fine: «I resti dei moa dimostrano che i maori sfruttavano gli uccelli come fonte di cibo – li cuocevano in forni a terra – e per ricavarne materiali come le pelli, con le quali si vestivano, e le ossa, che lavoravano per fabbricare armi e gioielli. Gusci d’uovo svuotati servivano come contenitori per l’acqua. Finora nei siti archeologici sono stati rinvenuti gli scheletri di mezzo milione di moa … i maori devono aver macellato i moa per molte generazioni prima che gli uccelli si estinguessero.»
3. Il caso delle Hawaii è emblematico. Trattandosi di uno degli arcipelaghi più isolati del mondo, ospitava specie animali e vegetali uniche, non presenti altrove. Tutta questa varietà scomparve per colpa dell’uomo, come sempre. Ma «fino a poco tempo fa gli studiosi davano … per scontato che la devastazione ecologica … fosse una conseguenza della colonizzazione europea, avvenuta alla fine del Settecento.» E invece a partire dal 1970 furono compiuti studi approfonditi da parte di più di un naturalista ed emerse che il patrimonio di biodiversità tipico delle Hawaii «si era estinto a distanza di qualche secolo dall’arrivo dei primi coloni polinesiani».

IL MISTERO DELLE NAVI VICHINGHE

Per concludere questa nostra breve carrellata sui delitti ecologici commessi da Homo sapiens ben prima dell’era contemporanea, può essere di un qualche interesse svelare il segreto dei “drakkar”, le famose navi con le quali i Vichinghi navigarono dalla Scandinavia sino al nord America superando le tempeste dell’Atlantico.
Ce lo racconta il professor Andreas Hennius, direttore della sezione Archeologia dell’Università di Uppsala in un suo studio dal titolo “Produzione di catrame in età vichinga e sfruttamento del territorio” citato da un articolo di Repubblica del 19 novembre 2018 dove si dice che:
Il segreto dei vichinghi era il catrame: i drakkar erano resi totalmente impermeabili da molti strati di catrame che proteggevano lo scafo. I vichinghi usavano per ogni nave una quantità di catrame fino a dieci volte superiore a quella impiegata normalmente all'epoca, e a tal fine deforestarono e costruirono presso le loro città e villaggi pozzi per la produzione di catrame con il legname, per poi trasportarlo nelle città costiere e nei loro porti.”
“… senza i passi avanti per l'epoca rivoluzionari compiuti dai vichinghi nella tecnica e tecnologia di produzione del catrame, le loro spedizioni transoceaniche non sarebbero state possibili …”
Prima di allora, la produzione di catrame era svolta, in Nord Europa e altrove, su base artigianale. ... A partire dall'VIII secolo d.C. … aumentò drasticamente in Scandinavia.”
I vichinghi riuscirono a raggiungere una produzione di catrame pari a quella industriale costruendo molti pozzi per bruciare le sostanze vegetali e produrre catrame presso i villaggi vicini alle foreste di pini, ampiamente disboscate.”
Per inciso è appurato che anche i Fenici, i Greci e tutti gli altri grandi popoli navigatori dell’antichità disboscarono a man bassa per realizzare le loro navi e le loro case. I cedri del Libano furono le prime vittime illustri di questo sterminio.
Altro che visione idilliaca dell’antichità contrapposta alla nostra voracità odierna: da quando abbiamo iniziato a ragionare ci siamo rapportati al mondo della natura in modo brutale e sopraffatorio.
E per giustificare questo nostro atteggiamento ci siamo persino attribuiti presunte investiture divine che ci avrebbero autorizzato a disporre del creato a nostro piacimento e volontà.
Oggi i risultati sono sotto gli occhi di tutti, ma l’origine della devastazione viene da molto lontano ed è tragicamente coeva dell’abnorme evoluzione patìta dal nostro cervello.