sabato 7 luglio 2018

Una Nuova Rivoluzione Culturale?



Un contributo di Bruno Sebastiani

PER UNA NUOVA RIVOLUZIONE CULTURALE

Osservazioni a margine della teoria “uomo=cancro del pianeta”




La visione del mondo secondo cui l’essere umano è superiore ad ogni altro essere vivente nasce decine di migliaia di anni or sono, nel momento in cui nella mente dell’uomo si sviluppa la coscienza. La motivazione di questa superiorità risiede nella maggiore capacità “elaborativa” del cervello umano rispetto a quello di ogni altro animale, ma questa spiegazione si affermò solo poche migliaia di anni fa, con i primi filosofi.

Sino ad allora prevalse il convincimento che fosse stato il creatore dell’Universo in persona ad investire l’uomo della funzione di re del mondo, e questa idea continuò ad esercitare il suo fascino anche in seguito, fino ai giorni nostri. La superiorità di cui ci vantiamo è multiforme, non riguarda solo le capacità intellettive. Spazia dalle emozioni ai sentimenti, dall’etica all’estetica, dalla politica all’arte e così via.

Una delle sue più efficaci sintesi è stata messa in rima da Dante nel XXVI canto dell’Inferno: “… fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, versi che rinviano anch’essi all’investitura divina. Ma questa superiorità è talmente ampia, indiscussa ed indiscutibile che nel tempo si è estesa anche al regno di cui saremmo stati nominati signori, oltreché alla già citata nostra origine ai vertici della creazione. Il regno (la Terra) fu dunque immaginato al centro dell’Universo e noi ci fantasticammo forgiati direttamente dalle mani di Dio.

Oggi sappiamo che le cose non sono andate così. Ma per abbattere questi falsi convincimenti sono state necessarie due gigantesche rivoluzioni culturali, che hanno letteralmente scosso dalle radici la visione del mondo secondo cui l’essere umano è superiore ad ogni altro essere vivente.

La prima di queste rivoluzioni prese avvio nel 1543 con la pubblicazione del trattato astronomico di Niccolò Copernico “Sulle rivoluzioni dei corpi celesti”. Fino ad allora resisteva saldo nella coscienza dell’umanità il convincimento espresso nel 350 a.C. da Aristotele nell’opera “De caelo”: “… il centro della terra e quello del Tutto si trovano a coincidere … È chiaro dunque che la terra si trova necessariamente posta al centro, ed è immobile …”.

Questa teoria, il geocentrismo, era poi stata avvalorata ne “L’Almagesto” di Claudio Tolomeo intorno al 150 d.C., da cui il nome di Sistema Tolemaico dato alla dottrina secondo la quale la Terra è ferma e il Sole, la Luna e gli altri pianeti le girano attorno. È evidente la funzionalità di una simile teoria all’antropocentrismo, che vede l’uomo signore e padrone dell’Universo.

Ma la ragione evolve, e, a dispetto anche della considerazione che essa ha di se stessa, a un certo punto della storia la verità emerge. Faticosamente. Le intuizioni di Copernico non furono infatti sufficienti a ribaltare d’emblée la visione del mondo tradizionale.

Il rogo di Campo de’ Fiori in cui perì nel 1600 Giordano Bruno e il processo a Galileo Galilei con la sua conseguente abiura forzata del 1633 ci fanno capire quanto sia stato irto di difficoltà il cammino che consentì il diffondersi della semplice constatazione che la Terra è un pianeta come gli altri e che, come gli altri, gira intorno al Sole.

Nella Sentenza pronunciata dal Tribunale del Sant’Uffizio contro Galileo l’accusa di eresia si basa esplicitamente sul fatto “d’haver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e Divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la Terra si muova e non sia centro del mondo”.

Ma infine, nonostante tutto, la dottrina copernicana si dimostrò veritiera ed iniziò ad aprire gli occhi dell’uomo sulle sue reali dimensioni: non siamo al centro dell’Universo, abitiamo solo uno dei tanti pianeti che girano intorno al Sole. E più avanti abbiamo capito che di astri come il Sole ne esistono a milioni! Resisteva però il convincimento che Dio avesse generato direttamente tutta la realtà per asservirla all’essere umano. Egli, l’Onnipotente, aveva creato la luce, il cielo, la terra, l’acqua, le piante e gli animali e poi, separatamente, l’uomo, a “sua immagine”.

Per intaccare la saldezza di tale convincimento occorse una seconda grande rivoluzione culturale, e questa avvenne a metà Ottocento.Fu Charles Darwin a darle avvio pubblicando nel 1859 “L’Origine delle Specie”, in cui delineò la teoria evoluzionistica, destinata ad affermarsi in tutto il mondo scientifico nel giro di qualche decennio.

In base a questa teoria l’uomo non sarebbe stato creato direttamente da Dio, a “sua immagine e somiglianza”, ma discenderebbe nientemeno che dalle scimmie. E così pure tutti gli altri esseri viventi si sarebbero evoluti con estrema lentezza e gradualità da qualche forma di vita primigenia, superando ogni nuova condizione esistenziale grazie a multiformi processi di selezione naturale.

Fortunatamente per il grande biologo e naturalista britannico il tribunale dell’inquisizione ai suoi tempi non aveva più il potere di due secoli prima e il clima storico culturale era completamente cambiato. Ciononostante non mancarono (e non mancano tuttora) i fieri avversari delle teorie darwiniste, nostalgici di un creazionismo che ai loro occhi sancisce in modo più convincente la superiorità dell’essere umano su ogni altra creatura.

Eppure l’evoluzionismo, pur avendo smantellato il creazionismo biblico, quello, tanto per intenderci, di Dio che plasma l’uomo con la polvere del suolo e la donna con una costola di Adamo, non esclude un “creazionismo remoto”, che, con le conoscenze da noi oggi acquisite, potrebbe situarsi prima del Big Bang.

Inoltre non contesta la superiorità dell’essere umano nei confronti di ogni altro essere vivente. Anzi, il termine stesso di evoluzione sottintende quello di sviluppo, di crescita, di incremento, tutti concetti che indirizzano il pensiero verso l’idea della preminenza di chi sta in cima alla scala, e non vi è alcun dubbio che quella posizione anche per Darwin spetti all’essere umano.

E allora come si spiega l’interminabile serie di disastri ambientali che dalla Rivoluzione Industriale in avanti hanno costellato il percorso della storia e che, soprattutto, fanno temere il peggio per gli anni a venire?

Certo, noi occidentali del XXI secolo viviamo all’apice della prosperità, e le porte del benessere sembrano schiudersi anche per molti figli del Celeste Impero. Ma il conto di questo banchetto deve ancora essere pagato, e non sappiamo fino a quando riusciremo a rinviare il redde rationem, avuto soprattutto presente che il numero degli abitanti del pianeta continua ad aumentare nelle aree più povere e depresse.

Da queste considerazioni nasce l’esigenza di una nuova grande rivoluzione culturale che abbatta definitivamente il mito della superiorità della razza umana su ogni altra specie vivente, al fine di demolire l’illusione di una impossibile crescita senza limiti.

E poiché la ragione evolutasi nel cervello dell’uomo si è dimostrata senza dubbio l’arma più potente nella battaglia per la vita di darwiniana memoria, ad essa è necessario far ricorso anche per questa terza grande rivoluzione culturale. A tal fine molto umilmente ho tentato di imbastire una teoria che a mio avviso contiene alcuni spunti degni di riflessione.

In un saggio di recente pubblicazione (“Il Cancro del Pianeta”, Armando Editore) ho immaginato che la nostra intelligenza anziché essere una scintilla divina o una mirabile opera della natura sia un tragico errore del processo evolutivo della vita, una via “svantaggiosa” imboccata casualmente dalla natura, che ben presto la abbandonerà per far ritorno a forme di vita meno distruttive per l’ambiente.

In pratica l’intelligenza umana sarebbe il frutto di un’abnorme evoluzione patìta dal nostro cervello, evoluzione che ci ha consentito di piegare a nostro vantaggio le leggi della natura, di squilibrare, sempre a nostro vantaggio, il delicato ed ultra complesso sistema di congegni e meccanismi biologici formatisi spontaneamente in milioni e milioni di anni, e ci ha consentito di farlo in un battibaleno, in poche migliaia di anni, un’inezia di tempo cosmico; ma che non ci ha consentito, né mai ci consentirà, di creare un nuovo equilibrio altrettanto solido come quello che abbiamo distrutto.

E per far meglio comprendere questa amara realtà a Homo sapiens, tanto orgoglioso della sua presunta superiorità, cosa di meglio che paragonare la sua azione distruttrice a quella delle cellule che danno origine alla malattia oggi più temuta, il cancro?

Le analogie sono molte, ad iniziare dalla indiscriminata proliferazione delle cellule tumorali, alla distruzione che esse operano ai danni dei tessuti sani dell’organismo e così via, fino a quando, nel tragico epilogo, le cellule malate e quelle sane periscono insieme.

Non ha grande importanza che la correlazione abbia basi scientifiche o meno. Ciò che conta è che faccia intendere all’essere umano come il progresso di cui va tanto orgoglioso altro non sia per la biosfera se non una malattia che tutto distrugge. Questo morbo minaccia di far sparire la vita in una nuova estinzione di massa, indotta questa volta non da eventi esogeni, ma dall’errore commesso dalla stessa natura, da quella via svantaggiosa imboccata casualmente e che presto sarà abbandonata, come ogni errore che si produce nel corso del processo evolutivo.

Ecco delineata per sommi capi la teoria che a mio modesto avviso potrebbe scuotere le coscienze degli intellettuali più avveduti, contribuendo forse a rallentare, se non a interrompere, la marcia che ci vede procedere diritti verso il precipizio, come i bambini che seguirono il pifferaio magico, l’incantatore che nel nostro caso indossa i panni del progresso infinito ed illimitato.


mercoledì 4 luglio 2018

La credenza pericolosa per cui una tecnologia estrema potrà risolvere il cambiamento climatico


Da “The Huffington Post”. Traduzione di MR

La faccenda si riduce alla negazione o alla messa in discussione di capitalismo, di civiltà e della nozione di progresso.

Di Aleszu Bajak 
MAYA MALACHOWSKI BAJAK
La geoingegneria – tentativi su larga scala di manipolare è contrastare il riscaldamento globale – deva ancora essere intrapresa, ma gli esperti dicono che è solo questione di tempo.
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Wake Smith immagina una flotta di aerei sperimentali, non molto più grandi di Boeing 757, che potrebbero salire a 18.000 metri, abbastanza in alto perché la gente a bordo possa vedere la curvatura della terra, e rilasciare gas nella bassa stratosfera.

Per assicurare una copertura globale del loro carico, gli aerei, che sembrano più degli aerei cisterna che dei normali aerei commerciali, decollerebbero da quattro diverse latitudini – diciamo da piste a Houston, Manila, Brasilia e Johannesburg. In missioni di 5 ore, disseminerebbero i cieli con una coperta di gas di biossido di zolfo, chiaro, puzzolente, e reso sotto forma di aerosol. Disperdendo 100.000 tonnellate di SO2 all’anno per diversi anni comincerebbe ad approssimarsi ai livelli di gas che seguono una grande eruzione vulcanica, bloccando il sole ed abbassando le temperature della terra.
Gli scienziati hanno proposto la gestione della radiazione solare, come viene chiamata, per decenni, come forma di geoingegneria su scala globale che possa combattere il riscaldamento globale. Ma pochi hanno fatto ciò che ha fatto Smith, un partner di una società di capitali privata ed ex dirigente di compagnia aerea – ha trasformato calcoli campati in aria o fatti su un foglio della spesa in uno studio di fattibilità a tutti gli effetti, completo di sviluppo e bilancio operativo per la sua flotta di aerei.
Incoraggiato dall’attenzione ricevuta da ricercatori ed istituzioni come Harvard, dove è stato invitato di recente a presentare il suo lavoro, Smith ha elaborato un piano operativo di 10 anni per aerei che comincerebbero a spruzzare SO2 nel 2023.
L’intera impresa, ha detto Smith, è di gran lunga più economica di quanto pensasse inizialmente. Non ci sono barriere reali, ha detto. Il costo totale del progetto? 3,5 miserabili miliardi di dollari, ha stimato.
HANDOUT . / REUTERS
Alcuni scienziati hanno proposto di buttare gas nei cieli terrestri per abbassarne la temperatura. “Penso sia una cattiva notizia quanto questo sia a buon mercato”, ha detto Smith ad un piccolo gruppo lo scorso mese in una conferenza al centro per l’Ambiente di Harvard. Per quella quantità di soldi, ha sostenuto Smith, è possibile che qualsiasi stato, oragnizzazione o individuo canaglia potrebbe cominciare a sperimentare col clima.

Gli impatti della geoingegneria su scala globale sono sconosciuti, in parte perché non è mai stato intrapreso alcun progetto massivo di geoingegneria – a parte il cambiamento climatico indotto dagli esseri umani. Ma i modelli sono potenzialmente preoccupanti. Alcuni suggeriscono che la geoingegneria sconvolgerà le precipitazioni in tutto il mondo e danneggerà lo strato protettivo di ozono della terra. Uno studio dell’Università di Rutgers pubblicato a gennaio suggeriva che fermare improvvisamente un grande progetto di geoingegneria, una volta che è stato fatto partire, potrebbe portare ad un riscaldamento rapido, spingendo le specie all’estinzione ed accelerando il cambiamento climatico. 
Man mano che le temperature globali aumentano, tuttavia, alcuni ricercatori dicono che la geoingegneria non dovrebbe essere scartata. Helene Muri, una ricercatrice al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Oslo, ha detto che questa si presenta come un’idea promettente come modo di ridurre il pericolo dovuto al cambiamento climatico, ma che non è pronto. “Dobbiamo sapere di più sui rischi coinvolti, prima di ritenerlo sicuro da usare, se mai potremo”, ha detto. “La geoingegneria solare non è in ogni caso un sostituto del taglio delle emissioni di CO2”.
Eppure, con ogni anno e conferenza sul clima che passano, un progetto di geoingegneria su scala globale diventa sempre più fattibile. Non ci sono praticamente regole che fermino un paese o un individuo dal tentare di farlo, mi ha detto Michael Gerrard, direttore del Centro Sabin per la Legislazione sul Cambiamento Climatico all’Università della Columbia. Di fatto, da un punto di vista legale, è più facile seminare la stratosfera che ottenere un permesso per ristrutturare casa, ha aggiunto”.
“Penso che ci sia una tale opportunità talmente grande che qualcuno provi la geoingegneria che c’è davvero la necessità che sia governata”, ha detto Gerrard. Ecco perché, insieme a Tracy Hester alla Facoltà di legge dell’Università di Houston, ha appena pubblicato un libro. Ingegneria climatica nella legge, Intendeva aiutare i politici, i tecnologi e gli avvocati a capire meglio le attuali regole e la scienza che sta alla base dei grandi progetti di geoingegneria. Inizio modulo
La domanda è quando si potrebbe provare un progetto del genere, e da chi? Gerrard immagina uno scenario in cui alcuni paesi, sulla scia del disastro climatico, non vedano altra scelta.

“Si potrebbe immaginare che se qualche evento [climatico] catastrofico dovesse verificarsi in India e che loro si preoccupassero realmente del fatto che un altro potrebbe verificarsi, potrebbero voler lanciare, da soli, un tentativo di geoingegneria per proteggere sé stessi dall’evento successivo. Si tratta di uno scenario del tutto plausibile”, ha detto Gerrard. E’ per questo che un accordo globale sulla governance è necessario, ha detto, un accordo seguito da leggi paese per paese sulla geoingegneria. Non legiferare, ha avvertito, potrebbe portare ad una guerra a causa delle conseguenze climatiche dannose dei progetti frettolosi di un solo paese.
Per quanto potrebbe essere imminente un progetto su larga scala di geoingegneria, ciò che complica un dibattito serio sulla materia è la narrativa perpetuata, sui media e online, secondo la quale la geoingegneria sarebbe un modo per “risolvere”, “sistemare” o “fermare” il cambiamento climatico.
E’ probabile che i lettori trovino titoli come “Gli scienziati suggeriscono che un gigantesco scudo solare in cielo possa risolvere il riscaldamento globale” e “Soluzioni forzate per il cambiamento climatico, dagli scudi solari alla ripulitura dell’aria” su siti mainstream come CNN e The Guardian allo stesso modo in cui li possono trovare nei soliti blog di consapevolezza ambientale come Inhabitat (“5 modi folli di fermare il cambiamento climatico con la geoingeneria”). Anche comunicati stampa come “Il ‘cocktail di geoingegneria’ potrebbe salvare il clima?” sono amanti di questi termini salvifici.
Questa tendenza ha persistito per oltre un decennio. Secondo un articolo pubblicato nel 2014 su Environmental Humanities, ricercatori svedesi hanno analizzato centinaia di nuovi articoli e trovato che una delle trame più prevalenti riguardo la geoingegneria era “l’idea che la pura tecnologia sia la sola possibile soluzione e che si tratti di un sostituto adeguato alla politica”.
Questo potrebbe essere in parte a causa del modo in cui gli scienziati impostano la loro ricerca. “In questi tempi di click-bait e like sui social media, forse è una tentazione lanciare gli scenari di casi estremi”, ha detto la Muri. “penso che sia una nostra responsabilità come scienziati presentare le nostre scoperte in modo accurato e con sfumature”.
Washington ora ha colto l’errore della geoingegneria. Ironicamente, sono i politici che hanno messo a lungo in discussione – ed attaccato – la scienza che ora la stanno proclamando la soluzione facile al nostro enigma climatico.
TOM WILLIAMS VIA GETTY IMAGES
Lamar Smith (repubblicano del Texas), uno scettico del riscaldamento globale, è un sostenitore della tecnologia estrema.

In una recente op-ed per la pubblicazione conservatrice The Daily Center, il Presidente del Comitato Scientifico Lamar Smith (Repubblicano del Texas), uno scettico del clima dichiarato, ha definito la geoingegneria come “un’area di ricerca che è stata trascurata per troppo tempo”. Al posto di “regole generali, gravose ed inefficai” o promettere di soddisfare “obbiettivi climatici arbitrari”, ha scritto Smith, dovremmo usare la tecnologia per trovare le soluzioni. “Come in passato, lasciando che la tecnologia faccia strada, gli americani raccoglieranno i benefici e godranno di una migliore qualità della vita”, ha scritto.

Non sorprende che la geoingegneria sia così facile da vendere. Affidarsi a una soluzione tecnologica che sta appena oltre l’orizzonte evita lo spostamento della montagna necessario disabituarci dai combustibili fossili, portare centinaia di paesi ad accordarsi su come limitare e ripulire le emissioni e cambiare le abitudini di consumo di un’intera civiltà. Si tratta di complessità sistemiche radicate nelle nostre economie e culture. Puntellare i ghiacciai per limitare l’aumento del livello del mare, aspergere polvere di ferro negli oceani per stimolare la crescita del plancton per assorbire il carbonio, o spruzzare i cieli per riflettere il calore del sole sembra semplicemente più facile. E, come mostra Wake Smith, sempre più fattibile.
STRINGER ARGENTINA / REUTERS
Frammenti di ghiaccio che si staccano dal ghiacciaio Perito Moreno, nel sud dell’Argentina. I sostenitori della tecnologia estrema hanno suggerito di gettare polvere di ferro nei mari, di mettere fumo e specchi in cielo per attenuare il sole come risposte al cambiamento climatico. Ma il problema del modo in cui si parla di geoingegneria oggi, si è lamentato John Ehrenfeld, ex direttore del Programma Tecnologico, Economico ed Ambientale del MIT, è che non affronta prima i problemi sociali che ci hanno portati a questo casino.

“E’ la mancata accettazione la complessità del sistema; e il sistema comprende le persone”, mi ha detto recentemente Ehrenfeld mentre prendevamo un caffè. Per decenni, Ehrenfeld, che ora è in pensione, ha ricercato e promosso il concetto di sostenibilità. Ma per Ehrenfeld, dopo tutte le conferenze sul clima, tutte le tavole rotonde con le parti interessate, tutti i dibattiti sulle soluzioni alimentate dal mercato, le domande e le risposte di cui si è dibattuto non hanno mai messo in discussione il capitalismo, la civiltà e l’idea di progresso.
Affrontare un problema così profondamente radicato come il riscaldamento globale, ha detto Ehrenfeld, richiederà che l’umanità affronti una domanda esistenziale che la geoingegneria da sola non può affrontare: siamo disposti a sacrificare la crescita per garantire la sopravvivenza della nostra specie?
 “In mancanza di disaccoppiamento della crescita dal progresso”, ha detto Ehrenfeld, “non affronteremo il cuore del problema”.

sabato 30 giugno 2018

Ogni resistenza è futile: siamo invasi e stanno vincendo loro!



Siamo invasi dalla plastica. E gli invasori stanno vincendo!

Vediamo qualche dato. In tutto il mondo abbiamo prodotto fino ad oggi circa 9 miliardi di tonnellate di plastica. Forse il 10% è stato incenerito legalmente o bruciato illegalmente. Rimane circa una tonnellata di plastica a persona, in tutto il mondo, sparpagliata in giro. Ogni anno se ne producono oltre 300 milioni di tonnellate di nuova.

E ora qualche dato per l'Italia. Consumiamo oggi circa 6 milioni di tonnellate di plastica all anno (fonte: polimerica). Il conto è presto fatto: sono 100 kg a testa da smaltire ogni anno. Di questi qualcosa viene incenerito, qualcosa riciclato, e qualcosa va in discarica. Ma sono comunque svariate decine di kg di plastica per persona che finiscono sparpagliati in giro ogni anno.

Come si risolve il problema? Beh, il ministro Costa propone un bell'esercizio di resistenza futile, invitando gli Italiani a raccogliere qualche pezzo di plastica ciascuno quest'anno. Si, mettiamo che ognuno di noi, vecchi, bambini, disabili, arbitri di calcio e politicanti inclusi, raccolga 100 grammi di plastica ciascuno (2-3 bottiglie di plastica) e la metta nel contenitore giusto. Bene, e gli altri 99,9 kg che verranno prodotti e venduti quest'anno? E la tonnellata prodotta in precedenza?

Forse un po' meglio - ma altrettanto futile - l'iniziativa di Greenpace che invita a segnalare con una telefonata la presenza di plastica. E mandare anche la foto!  

 

Si tratterebbe, secondo Greenpeace, di fare un "brand audit" che dovrebbe permettere di localizzare i peggiori inquinatori e cominciare a convincerli a fare di meglio. Si, ma è una logica discutibile, come minimo. Come potrebbe essere che un certo produttore di oggetti in plastiche faccia di peggio o di meglio di altri? Siamo strapieni di plastica: guardate gli scaffali di qualsiasi supermercato dalle vostre parti: vi sembra che ci sia qualcuno che fa più danni di altri? 

Non so voi, ma a me queste cose fanno venire in mente la frase dei Borg di Star Trek: "Ogni resistenza è futile." La plastica sta vincendo: ci ha invasi, circondati, ce la stiamo mangiando, la stiamo respirando, non sappiamo più dove scappare. E non sappiamo nemmeno cosa fare, eccetto sentirsi virtuosi invitando il nostro prossimo a raccogliere qualche pezzetto di plastica qua e la (è quello che ho chiamato "la maledizione del colibrì"). Vi vengono in mente cose come mangiare la zuppa con la forchetta? Ecco, tipo quelle.

Però, se per caso qualcuno al governo o fra i cosiddetti "opinion leader" avesse in mente di fare qualcosa di serio per fermare l'invasione, bisognerebbe:

a) Sbrigarsi a tirar fuori dei provvedimenti legislativi per ridurre drasticamente la produzione di plastica di origine fossile. E, quanto prima, eliminarla del tutto.

b) Smetterla di prendere in giro la gente dicendogli di mettersi a fare gli spazzini o i vigili della plastica.




mercoledì 27 giugno 2018

Gli Alieni Sono Tra Noi - Un Racconto di Elena Corna



Alieni sulla Terra
Un racconto di Elena Corna



Rapporto al comandante della flotta astrale

Qui esploratore #*§°#, dal pianeta Terra.
Atterraggio: ok.
Procedura di assunzione forma terrestre: ok.
Rilevamento coordinate: ok. Sono in un posto chiamato Chicago.
Non si rileva presenza di terrestri. Dovrò muovermi con molta cautela. Chiudo.



Dal comando della flotta astrale:

Prego fornire chiarimenti sul “non si rileva”, esploratore #*§°#. Strumenti guasti? Terra disabitata?



Al comandante della flotta astrale.

No, questo pianeta è pieno di esseri, però non corrisponde alle informazioni fornitemi. Chiedo controllo correttezza spedizione. Chiudo, devo fare attenzione a non essere identificato.


Dal comando:

Esploratore #*§°#, è confermato che sei su Terra e che lì non hanno i mezzi mentali per identificare uno di noi, se assume forma terrestre. Prego fornire motivazione della paura che vibra nei messaggi.


Al comandante dall’esploratore #*§°#:

Terra è classificata come pianeta indipendente, ma risulta invasa da alieni non identificati. Ho cercato di comunicare con loro ma non hanno accettato la comunicazione. Nessuno mi ha risposto. Mi correggo: in un parco sono stato salutato con calore da alcuni esseri cortesi che hanno agitato la coda e mi hanno anche leccato.


Dal comandante a #*§°#:

Esseri cortesi con coda e lingua: cani, capre, gatti, vacche, volpi...chissà. Ci sono tanti esseri così sulla Terra. Li trovi sulla guida che ti ho dato. Ma tu, quale forma terrestre hai assunto? Non che non mi fidi, tuttavia…E spiegati bene. Dato che sei al tuo primo incarico in un sistema solare lontano, e dato che sei mio nipote, ti esonero dal dovere della diplomazia e della brevità.


Dall’esploratore # etc. al comandante:

Ho preso la forma Homo sapiens, come convenuto. Si era deciso che la cosa più sicura era circolare con le fattezze della specie dominante. Mi dispiace, non ho imparato tutte le specie descritte nella guida, sono troppe. A proposito, ammiraglio, che guida mi hai dato?


Da ammiraglio a #:

Oh #*§°#!?%!? (nota: !?%!? è un suffisso dispregiativo; la % dà l’opportunità al parlante di modulare il grado di riprovazione). Insinui che mi sia sbagliato? Ti ho dato la più recente, pubblicata uno zot fa. In anni terrestri, più o meno 200 anni fa. La tua missione, per l’appunto, è annotare gli aggiornamenti per la nuova guida. Le guide planetarie si rinnovano ogni zot in punto; non avrebbe senso farlo più spesso, nessun pianeta ha mai registrato cambiamenti drastici in un tempo così breve. L’ evoluzione ha dei tempi lunghi, dovunque. Del resto, per le guide di Terra non sono mai stati necessari cospicui aggiornamenti: da millenni l’homo sapiens fa le stesse cose: coltiva, poi mangia le cose coltivate, naviga, fa guerre, inventa robe per vincere le guerre, festeggia la primavera, edifica case e costruzioni e le più belle sono sempre le stesse: la Grande Muraglia, le Piramidi dell’Egitto e del Messico, l’Acropoli...Certo, abbiamo dovuto fare un aggiornamento impegnativo 10 zot fa, perché homo è diventato parecchio ma parecchio più !?%%%%%!? a causa di un’invenzione detta religione.


Da esploratore a comandante:

Opera di alieni, zio? Qualcuno che voleva prendere il potere sui terrestri? … te lo chiedo perché se mi prendono per un manigoldo disceso dal cielo mi fanno a pezzi. C’è dappertutto la figurina di un tizio messo in croce, magari era un alieno come me e sono rimaste queste macabre immagini dovunque perché si volevano ricordare di neutralizzare ogni altro alieno venuto a portare scompiglio!


Da zio a esploratore:

Non penso fosse un alieno, ma questa è un’altra storia. L’importante è che per noi poco è cambiato: anche se si combattono qua e là, gli homo sono tanti comunque e Terra è rimasta più o meno la stessa. E smettila di fare il codardo: se il tizio messo in croce era un alieno, allora il suo teletrasporto era guasto; il nostro però funziona benissimo e io non mi distraggo un attimo, non ti lascerei mai nei guai; me lo impediscono sia l’etica professionale che le minacce della tua mamma. Quindi datti da fare: mi aspetto un rapporto dettagliato subito dopo il tramonto.


Da # a comandante:

Beh, zio, questa faccenda del tramonto è fortissima. Lo credo che ci sono sempre stati tanti visitatori su Terra. Comunque, le osservazioni confermano mia precedente supposizione: Terra è stata invasa. Si rilevano infatti tracce di diversi conflitti rovinosi in ordine sparso. Gli homo sapiens sono scomparsi, anche se devo dire che questi alieni gli somigliano vagamente. L’ipotesi più verosimile è che abbiano assunto forma terrestre (come sto facendo io) in modo definitivo, ma per mantenerla stabilmente hanno bisogno di diversi accorgimenti, non essendo, evidentemente, adatti all’atmosfera di questo pianeta. Ciò si deduce dai seguenti dati: si sono dotati di carapace molto resistente ma non indistruttibile, che serve loro per sentirsi sicuri; a volte ne sgusciano fuori, come i paguri, ma allora sono debolissimi e corrono a rintanarsi in altri gusci collettivi che servono per scappare. Non è chiaro da cosa. A volte lasciano il carapace e si rintanano in edifici enormi, tipo termitai, ma stanno molto attenti a proteggersi dall’atmosfera terrestre; anche se dispongono di un sole efficiente e di aria, usano infatti luce artificiale e aria condizionata. Inoltre, hanno ricoperto la superficie terrestre con materiale artificiale; la terra che dà il nome alla Terra si vede raramente; ne ho vista un po’ nel parco che ti dicevo, ma nessuno ci va sopra. Segno che ne sono allergici. E’ chiaro da tutto ciò che questi esseri non sono adatti a questo pianeta.


Da comandante a esploratore #*§°#:

Buon lavoro. Mi sembra evidente che è in atto un’invasione. Ora le consegne sono:

1- Cerca di scoprire se questi adattamenti sono recenti o se questi alieni si sono stabiliti lì già da generazioni. Per esempio, ci nascono con quell’esoscheletro?

2- Indaga in altra zona. Ti teletrasporterò nel Vecchio Continente. Può darsi che una parte di Terra sia ancora indipendente. Sceglierei l’Italia del Nord, dove, uno zot fa, c’era una cultura forte che amava il suo pianeta. Un poeta di lì lo chiamò “questa bella d’erbe famiglia e d’animali”, e altri pubblicavano riviste piene di idee di giustizia e di efficienza agricola. Ci sentiamo dopo il prossimo tramonto.


Da # ad Ammiraglio:

Mi spiace doverti comunicare che anche qui non c’è più traccia di terrestri. Gli alieni sono più piccoli di quelli di Chicago ma anche questi sono molli e bianchicci e non comunicano. A quanto ho visto, parlano solo se sentono un suono che proviene da qualche parte di loro, ma non so come funziona. Forse qualcuno gli trasmette ordini. Forse gli è proibito parlare fra loro. Devono essere anche sordi. La maggior parte ha qualcosa infilato nelle orecchie che emette rumori fastidiosi; probabilmente gli è proibito toglierselo e serve per stordirli; infatti hanno lo sguardo vacuo e agitano la testa in modo meccanico. E’ evidente che stanno male. Credo siano elementi socialmente pericolosi e che Terra sia usata come colonia penale. La loro aggressività avvalora questa ipotesi: infatti, quando sono ammassati in tanti (senza carapace) in appositi luoghi detti stadi o discoteche (non puoi sapere cosa sono, uno zot fa non c’erano ancora), non possono fare a meno di urlare e pestarsi. Si acquietano solo davanti a uno schermo. Il che li rende molto diversi dai terrestri di specie homo che si sono sempre definiti esseri sociali.

L’occupazione del pianeta dev’essere recente; infatti non nascono con il carapace ma gli spunta dopo, e lo cambiano crescendo, come le aragoste; come vedi, questi esseri per adattarsi all’ambiente ostile copiano gli espedienti previsti dalla natura terrestre. Comunque, quando ne sono sprovvisti si sentono deboli, proprio come le aragoste durante la muta, e in più sono nervosi: segno che sanno di essere vulnerabili. E cercano di accaparrarsi un carapace il più robusto possibile; evidentemente, in caso di duello per l’ottenimento della femmina, procedura comune fra le specie terrestri, vince chi ce l’ha più grosso. I più temibili qui sono gli esseri con un carapace detto SUV.

Alcun insediamenti sono nuovissimi; ne ho visto uno detto Rho Fiera, particolarmente inquietante; molti carapaci abbandonati, nessuna forma di vita vegetale o animale. Della tua “bella d’erbe famiglia e d’animali” non vedo traccia.

I rilevamenti sull’atmosfera e sul suolo indicano una composizione molto diversa da quella registrata uno zot fa. Molta più CO2, molto più benzene, meno O, più CH4, radioattività più elevata e un groviglio di onde elettromagnetiche: atmosfera poco compatibile con la vita terrestre. Il che porta a una nuova ipotesi: che i terrestri si siano estinti a causa delle mutate condizioni ambientali e che gli alieni abbiano colonizzato Terra quand’era già disabitata .

Da Milano è tutto per ora.


Aggiornamento

Ho finalmente comunicato con un giovane alieno! Si era tolto per un attimo il ricevitore dalle orecchie e ne ho approfittato. Ascolta la registrazione:

“Di dove sei?”

”Di Gorgonzola”.

“Ma ti è permesso tornare a casa?”

“Fatti i cazzi tuoi, testa di cazzo!”

L’ultima frase non è decifrabile ma il tono era ostile. Sono sempre più convinto che parlare gli sia proibito. E, soprattutto, ho fatto una scoperta: ci sono ancora tracce di terra su Terra! Ho trovato un grande edificio con varie immagini che corrispondono a quelle della tua guida: boschi, cascate, colline…L’edificio è l’arsenale Decathlon, dove gli alieni si procacciano moltissima attrezzatura senza la quale sarebbe letale per loro avventurarsi nei posti terrestri: scarpe speciali dette “da trekking” (isolanti, evidentemente) e tutta una serie di protezioni. Passo.

P.S. Che pianeta è Gorgonzola?


Dal comando a esploratore :

Nostro elaboratore non ha fornito risposta circa Gorgonzola ma ha emanato gran puzzo di gas. Assai verosimile che questo Gorgonzola, come altri corpi astrali, sia a prevalenza di metano. Il che spiegherebbe i tuoi dati: gli alieni stanno cercando di rendere l’atmosfera di Terra simile a quella del loro pianeta. Passo.


Da # etc. a Comando:

Chiedo un addetto al teletrasporto (un addetto molto bravo) a disposizione costantemente. Passo.


Da Comando a #:

Richiesta accordata. Motivazione? Passo.


Da # a Comando:

Vado a cercare i residui di terra. Questi boschi, cascate... Magari ne trovo ancora. Vado in montagna! Ciao, zio. Passo e chiudo.

Una settimana (terrestre) dopo.

Da Comando a #*§°#:

Caro nipote,

è da un bel pezzo che scorrazzi su quella palla e non ci hai fatto sapere un tubo. Si può sapere, di grazia, che cosa combini? Passo.


Da esploratore a Comando:

Scusa. Volevo completare la mia ricerca. Ora ho finito. Trasmetto i dati definitivi. Terra non è invasa. Non ci sono alieni (a parte me). Quelli che avevo preso per invasori sono terrestri di specie homo sapiens quasi mutanti. La composizione dell’atmosfera è cambiata come risultato delle loro attività.


Ammiraglio:

Ma come, non sono più esseri che hanno bisogno di ossigeno? Come hanno potuto avere una mutazione così in fretta?


Esploratore:

No, no, i loro organismi funzionano sempre ad ossigeno; tuttavia fanno in modo che ce ne sia sempre meno.


Ammiraglio:

E perché mai?



Esploratore:

Boh! Proseguo: la radioattività più elevata è dovuta principalmente all’uso dell’energia nucleare, che ha causato vari problemi durante l’ultimo semi-zot.



Ammiraglio:

E quindi hanno smesso di usarla?



Esploratore:

No, no; dicono che non c’è problema.


Ammiraglio:

Le tue affermazioni sono contraddittorie.


Esploratore:

Lo so, però è così. Proseguo: sono sempre loro ad aver ricoperto i luoghi in cui vivono di materiale artificiale. Intendiamoci: i posti terrestri gli piacciono: se devono immaginare una situazione di benessere, immaginano spiagge, foreste, laghi e fiumi. Ci vanno ogni tanto, tutti bardati, per vacanza. Tuttavia, fanno in modo che ce ne siano sempre meno. Stanno ricoprendo la terra su tutta la Terra.


Ammiraglio:


E perché mai? E cosa dicono le altre specie terrestri?


Esploratore:

Perché? Boh. Per quanto riguarda le altre specie terrestri, sono soggiogate. Intendiamoci: agli homo piacciono le altre specie come i leoni, le tigri, gli elefanti, i delfini, le aquile…Quando vanno in vacanza li fotografano tutti contenti. Tuttavia, fanno in modo che ce ne siano sempre meno. Anzi, a dirla tutta li stanno estinguendo con la determinazione con cui si estingue un incendio nella propria cucina. E stanno estinguendo anche le specie vegetali.


Ammiraglio:

E perché? Oltretutto gli homo non potrebbero vivere senza le altre specie, principalmente quelle vegetali.


Esploratore:

Perché? Boh. E comunque non interrompermi continuamente, zio. Conclusione della mia analisi: anche se dicono che la Terra gli piace (i pezzettini che ne sono rimasti li chiamano paradisi), la escludono dai luoghi in cui vivono; corrono con quei loro carapaci su materiale artificiale, vivono chiusi dentro, non sopportano la luce né la pioggia né gli insetti né il fango. Anche l’erba spesso è artificiale. Cercano in tutti i modi di vivere isolati dalla terra e dalle altre specie terrestri. Anche se i loro organismi sono sostenuti dalla terra (humanus viene da humus; come vedi mi sono documentato), si sono resi estranei alla terra. Pensa che sono sempre più numerosi gli umani allergici ai cereali! Eppure da sempre gli umani sono sopravvissuti grazie ai cereali. In pratica, si sono alienati dalla Terra. Vivono da alieni sul loro stesso pianeta.


Ammiraglio:

Storia interessante ma poco credibile. Nessuna specie può essere così idiota! Non è che sei zavorrato di sakè, aguardiente, brandy o altri affascinanti intrugli terricoli?


Esploratore:

Nient’affatto. Sono lucido e so quel che dico. Mi sono documentato, mi sono.


Ammiraglio:

Sarà. Però era più verosimile l’idea dell’invasione. E poi la tua esposizione era piena di “boh”. Non ravviso alcuna razionalità in questa storia. Sei sicuro di quello che affermi?


Esploratore:

Sono sicuro, tutto sicuro, nient’altro che sicuro. Ora sarà bene che torni, zio. La radura in cui ero accampato diventerà un cantiere, c’è in progetto un centro commerciale, con due parcheggi e tre svincoli.

…Zio?


Silenzio.


Esploratore:

Zio? Ammiraglio, ci sei??


Ammiraglio:

Oh, sì, scusa. Ero sovrappensiero. Dicevi?


Esploratore:

Tiratemi su.






domenica 24 giugno 2018

Le Schegge Madri di Emma Chiaia - Come Cambiare il Mondo



di Ugo Bardi

I fiorentini hanno fama di essere abbastanza antipatici, convinti come sono di sapere tutto loro. Immaginatevi un fiorentino che sia anche un professore universitario e il risultato potrebbe essere preoccupante in termini di spocchia. Avete capito a chi mi riferisco e se volete aver conferma dei miei molteplici difetti - tipici dei fiorentini - potete chiedere a mia moglie Grazia che mi sopporta da più di 40 anni.

Specialmente per quanto riguarda la letteratura, mi ritengo un criticone anche un po' spocchioso - al punto che ho teorizzato la fine della letteratura occidentale sul mio blog delle Chimere. E quando penso che un romanzo fa pietà lo dico - come ho fatto per esempio in un post recente.

Ciò detto, la settimana scorsa ero a Milano per un convegno e mi è capitato di scambiare due parole con Emma Chiaia, giornalista e scrittrice. Mi è bastato per incuriosirmi a sufficienza da comprare il suo romanzo "Per Fortuna ho Scelto Te".  C'è qualcuno che ancora legge romanzi, oggi? Evidentemente, si, perlomeno uno c'è! Così, mi sono detto, "proviamo."

Ora, il primo impatto con questo romanzo è stato pessimo. Mi sono trovato fra le mani un mattone di 440 pagine, con una copertina sfumata in rosa che non sa di nulla, un titolo che, anche quello, bah? Mi sono letto il primo capitolo che descrive i sentimenti di una ragazzina di 16 anni. Mi sono detto, "Ho buttato via 16 euro per comprare un romanzetto rosa da quattro soldi. "

E ho pensato di buttar via anche il libro. Poi mi sono detto, beh, proviamo a leggere il secondo capitolo. E poi anche il terzo. E il quarto. E poi me lo sono divorato tutto. Romanzo assolutamente FAVOLOSO!!!! Ragazzi, fatevelo dire da uno che è parecchio "jaded" come si dice in inglese, ovvero un gran criticone - come si dice in Toscana. Questo è uno dei migliori romanzi che abbia letto da un bel pezzo.

Non che il romanzo non abbia dei difetti. Emma Chiaia è una giornalista con molta esperienza, e quindi scrive in uno stile ben rodato, ma si sente che è uno stile che va bene per articoli brevi - su 440 pagine rischia un po' di "allungare il brodo" (che credo sia anche quello un modo di dire toscano). Ma, a parte questo, è proprio un bel romanzo. Ma veramente bello. Ben congegnato, una storia che ti "prende," un meccanismo narrativo che non perde un colpo. E, in più, una serie di personaggi tutti ben caratterizzati, tutti con una loro storia, tutti interessanti, tutti bene integrati nell'impianto narrativo. Come abbia fatto Emma Chiaia ad azzeccare così bene il suo primo romanzo, beh, sono i misteri della letteratura.

La storia ruota molto - ma non soltanto - intorno alla protagonista, Sara Castelli, ragazzina sedicenne con qualche pulsione ecologista e con tanti problemi esistenziali. Un personaggio non del tutto originale, ma ben congegnato. La storia avanza con l'incontro con Laura su Facebook, una ragazza più o meno della stessa età, che viene fuori che vive in Australia, ma nel futuro. Qui forse si poteva tirare di più sulla suspence della reale provenienza di Laura, la cui natura aliena viene fuori in modo un po' brusco. Ma, rivelato questo punto, il romanzo macina in avanti sulla curiosità di sapere di più di Laura e del suo mondo.

Alla fine, Sara viene trasportata in qualche modo in questo mondo futuro a trovare la sua amica (ormai del cuore) Laura. Nei vecchi romanzi di fantascienza, quelli che viaggiavano nel futuro lo trovavano pieno di gente che girava su macchine volanti e andava sulla Luna per il fine settimana. Nel futuro descritto da Emma Chiaia, sono tutti vegani, ambientalisti, rilassati e simpatici. Vanno a piedi o in bicicletta (anche elettriche) e ci sono anche degli ottimi ristoranti! Però gli abitanti del futuro sono anche molto preoccupati perché rischiano di scomparire - se loro sono il futuro della terra, e se i terrestri del tempo di Sara distruggono l'ambiente della terra - quel mondo futuro non potrà mai esistere.

Non vi voglio raccontare di più nel caso che il romanzo vi incuriosisca al punto da volerlo leggere. Diciamo che Sara si vede affidare una missone dagli abitanti del futuro. Fra molte difficoltà, riesce a portarla a termine - e la storia ha molte conseguenze pratiche: fa venir voglia anche al lettore di fare quello che fa Sara nel romanzo.

Allora, c'è ancora spazio per la letteratura in Occidente? Dopo aver letto questo romanzo, arriverei a dire che forse si - notando anche, però, che il romanzo di Emma Chiaia sembra pesantemente influenzato dai manga/anime giapponesi. In effetti, la storia sembra direttamente ispirata dall'anime di Makoto Shinkai, "Your name."  E forse è qui molta della magia della storia: per andare avanti, bisogna imparare dagli altri. E, in Occidente, ne abbiamo disperatamente bisogno perché altrimenti mi sa che non sappiamo più veramente cosa raccontare.






Nota aggiunta il giorno dopo. Il post l'ho scritto di getto, subito dopo aver finito di leggere il romanzo. Ripensandoci sopra, però, mi sono venute in mente un altro paio di note he vi passo qui di seguito.

- Impianto Narrativo. Come dicevo nel post, l'impianto narrativo di "Per Fortuna ho scelto te" è molto ben congegnato e strutturato. Ci sono però un paio di problemi - marginali, ma ci sono. Uno è il fatto che viene detto più di una volta alla protagonista che ci sono altre persone che il popolo del futuro ha mandato in cerca delle "schegge." Però, non vengono mai fuori esplicitamente nella storia. Qualcosa di simile vale per il personaggio di Tell che - oltre ad essere l'amante della madre di Laura - si suppone sia un extraterrestre che viene dal pianeta C7. Questa cosa del pianeta C7, francamente, rimane un po' appiccicata lì e non ci viene detto molto dei suoi abitanti, chi sono, da dove arrivano, come fa Tell a trovarsi dove si trova e perché. C'è la scena in cui Tell appare a Sara confortandola in un brutto momento per lei. Il che va bene, è una scena non priva di interesse, ma mi viene in mente che sarebbe stata l'occasione invece per fare entrare in scena qualcun altro degli emissari del popolo del futuro che avrebbero potuto svelarsi parzialmente. Tell è un bel personaggio, un po' misterioso, ma non avrebbe avuto veramente bisogno di venire da un altro pianeta.

- Genere narrativo. Non so se ho detto da qualche parte che l'unico tipo di romanzo che io riesco a leggere è il romanzo epico. Non mi fate leggere Sartre o cose del genere - io posso soltanto leggere storie dove il protagonista ha una difficile missione da compiere e la compie, imparando qualcosa e trasformandosi in una persona diversa nel processo. L'eroe del romanzo epico non deve essere un muscoloso sterminatore di mostri (anche se gli/le può capitare di doverlo fare) ma deve avere perlomeno un profondo senso del dovere. Su questo punto, il personaggio di Sara Castelli è perfetto. Una ragazza apparentemente fragile, ma con una volontà di ferro. Non sfigura se messa a confronto con Achille Pié Veloce o Ged l'Arcimago.


- Personaggi principali della storia - non tantissimi, ma comunque una sfida per lo scrittore/la scrittrice. Qui, Chiaia li gestisce tutti in modo magistrale, l'unico che viene fuori un po' legnoso a momenti e l'anziano ecologista Umberto Cella.

  1. Sara Castelli
  2. Veronica Castelli
  3. Laura
  4. Alison
  5. Giampietro
  6. Tell
  7. Valerio Rovati
  8. Fabrizia
  9. Federico   
  10. Concetta De Nittis
  11. Umberto Cella
                                                                                                                                                                                                                                                                     

venerdì 22 giugno 2018

Il Blitz di Trump in Italia: Come Salvini e la Lega hanno Conquistato il Potere




Questo post è tradotto dal blog "Cassandra's Legacy" e, originariamente, era in inglese e diretto a un pubblico internazionale. Per cui ci troverete scritte delle cose che per noi Italiani sono ovvie, ma che vanno spiegate agli Americani. A parte questo, la traduzione è fatta con Google, un tantino legnosa, ma quasi perfetta. Google translate è ormai arrivato a un livello tale da richiedere soltanto qualche piccolo intervento qua e là, più che altro per rimettere a posto i congiuntivi.


Nelle scorse settimane abbiamo assistito a una vera rivoluzione politica in Italia. Matteo Salvini, leader della Lega, ha sfruttato con successo la sua nuova posizione di Ministro degli Interni per ottenere la massima importanza. Il movimento M5s aveva vinto le elezioni, quest'anno, ma è stato emarginato in un ruolo secondario, mentre Salvini agisce come se fosse il vero Primo Ministro. Se ora si tenessero nuove elezioni in Italia, Salvini e la Lega vincerebbero a mani basse.

Dopotutto, la politica consiste principalmente nel trovare il modo di dare la colpa a qualcun altro. Quindi, il successo politico significa semplicemente trovare qualcuno da incolpare. Matteo Salvini ha avuto successo adottando lo stesso stile e contenuto che hanno fatto la fortuna politica di Donald Trump. Sia Trump che Salvini hanno trovato un buon obiettivo negli immigrati e gli stranieri in generale. Entrambi hanno usato un linguaggio duro, insulti, insensibilità e puro razzismo. Entrambi hanno scoperto che più le loro espressioni erano violente, più erano approvate dal pubblico. Ci è voluto poco sforzo per convincere una larga maggioranza di italiani che tutti i loro problemi sono causati dagli immigrati e, in particolare, dai Rom (meno dello 0,2% della popolazione italiana). Salvini ha anche capitalizzato con la demonizzazione dell'euro e dell'Unione europea, anche se non può permettersi (finora) di esagerare con insulti e minacce in questo campo. In ogni caso, al momento, sembra che il 72% degli italiani approvino le azioni di Salvini.
 

Per tutto ciò che accade, c'è una ragione e deve esserci una ragione per l'esplosione dell'odio e del razzismo in Italia. Probabilmente ha a che fare con il ritorno degli stati-nazione come protagonisti nel gioco del potere mondiale e con la continua disgregazione dell'impero americano. 

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'Unione Europea ha assunto il ruolo di agente dell'Impero Americano per tenere sotto controllo gli stati europei. Ma l'UE stessa doveva essere tenuta sotto controllo per evitare che potesse diventare un altro impero che avrebbe potuto sfidare la supremazia americana. Quindi all'UE non è stato permesso di sviluppare un esercito, né tutto l'armamentario che l'avrebbe trasformata in uno stato riconoscibile, da una lingua ufficiale a una bandiera decente. È stato un esercizio di acrobazia politica ed è notevole che abbia funzionato abbastanza bene per più di mezzo secolo. 

Ma oggi l'UE è indebolita dalla crisi economica e probabilmente ferita a morte dalla perdita della Gran Bretagna. Tutti gli Imperi tendono a collassare in tempi di difficoltà economiche, un risultato ancora più probabile per un'entità, l'UE, che era un impero fallito sin dall'inizio. Quindi, i vecchi stati stanno ritornando fuori, una tendenza che vediamo anche al di fuori dell'Europa. Anche negli Stati Uniti, Donald Trump è impegnato a riportare l'impero americano a essere uno stato-nazione. Questo cambia molte cose, non necessariamente per il meglio.

Normalmente, gli imperi non sono razzisti e non si impegnano nella pulizia etnica. Non possono permetterselo, dal momento che sono composti da entità eterogenee che potrebbero dover essere mantenute insieme con la forza. Ciò rende gli imperi costosi: una delle loro caratteristiche è il gigantesco apparato militare che sono costretti a mantenere. Eccessive spese militari sono la causa più comune del crollo degli imperi. È successo agli antichi romani, proprio come è successo all'Unione Sovietica. E sta accadendo proprio ora all'impero americano. Non può sopravvivere a lungo senza l'afflusso di energia e risorse naturali che l'hanno creato. 

Gli stati nazione, invece, sono entità relativamente omogenee in termini linguistici ed etnici, hanno meno probabilità di frammentarsi in parti più piccole. Quello di cui hanno bisogno in termini di forza militare può essere solo una milizia in grado di reprimere o sterminare le minoranze etniche o ideologiche. Ciò li rende meno costosi e più resistenti degli imperi. Possono sopravvivere alle difficoltà economiche che hanno distrutto gli imperi più potenti della storia del mondo. 

Gli stati-nazione generano spesso un grande entusiasmo tra i loro cittadini, ma sono ben lungi dall'essere entità benigne. La loro omogeneità etnica e linguistica potrebbe essere più un sogno che realtà e la loro sopravvivenza potrebbe dover essere sostenuta da un mix velenoso di nazionalismo aggressivo, odio e razzismo diretto contro gli stranieri. Era uno dei metodi usati in Italia dal governo di Mussolini quindi non sorprende che il governo Salvini (conosciuto occasionalmente anche come il governo Conte) stia usando gli stessi metodi oggi. Come sappiamo, l'odio e il razzismo potrebbero non rimanere limitati agli insulti. 

Ed eccoci qui. Il messaggio che l'attuale disagio economico è il risultato dell'esaurimento delle risorse e degli effetti negativi della distruzione dell'ecosistema non è passato, e forse non passerà mai. A questo punto, accusare Salvini o Trump di "populismo" o di "razzismo" non fermerà la tendenza. È chiaro che i loro metodi funzionano meravigliosamente bene. La puzzola è fuori dal sacco e non dobbiamo aspettare molto prima che altri leader seguano il loro esempio. Un nuovo ciclo di pulizia etnica nell'Europa occidentale, se non l'inizio di una nuova guerra europea, potrebbe essere uno scenario plausibile per un futuro non remoto. 

Ma nulla è inevitabile. Con gli enormi cambiamenti in corso in tutto il mondo, con il crollo dell'ecosistema, con la diminuzione delle risorse naturali, con la popolazione umana ancora in espansione, potremmo essere piuttosto di fronte a un crollo di Seneca che farà a pezzi gli stati-nazione europei, proprio come la crisi attuale distrugge l'impero americano. Il futuro non è mai come il passato e l'unica cosa di cui siamo sicuri è che non possiamo essere sicuri di nulla.


mercoledì 20 giugno 2018

I Dirupi Incombenti. "Picco Per Capre" e "Troppi Umani" .



Riflessioni di Eleonora Vecchi su due libri recenti "Picco per Capre" di Jacopo Simonetta e Luca Pardi e "Umani, Troppi Umani" di Natan Feltrin
(Fotografia di Debitum Naturae https://www.facebook.com/debitumnaturaeofficial/)

 
Di Eleonora Vecchi

...una serie di forti carestie nel corso della prima metà di questo secolo è uno scenario possibile, magari probabile, ma non sicuro… alternative diverse richiederebbero di fare cose che non abbiamo mai fatto nella Storia, come ridurre volontariamente il nostro numero ed i nostri consumi.

È emblematico come a distanza di poche settimane siano stati pubblicati due libri sulle questioni più urgenti e scottanti degli ultimi anni. Temi condannati da decenni ad aggirarsi solo tra gli specialisti e che, tacciati di pessimismo dai proseliti della tecnologia quale deus ex machina, raramente trovano riverbero nella discussione pubblica.
Picco per capre – Capire, cercando di cavarsela, la triplice crisi: economica, energetica ed ecologica di Jacopo Simonetta e Luca Pardi è un simpatico ed efficace libro che si pone il difficile compito di raggiungere, al di la di ogni pessimismo antropologico, l’attenzione di ogni lettore e di aiutarlo a comprendere cosa significhi l’essere andati oltre ogni ragionevole limite.

Altro demone economico che, muto, ricorre sempre più nei pensieri di molti, è il topic della sovrappopolazione.

La problematicità e l’importanza del tema demografico è proporzionale allo sforzo ovunque messo in atto per ignorarlo o addirittura, negarlo. La popolazione mondiale si trova ai massimi storici, quasi a quota 8 miliardi. Per chiunque abbia un’infarinatura d’ecologia, questa prosperità è tutt'altro che florida. Un’onesta e “non politically correct” riflessione a riguardo si può trovare nel libro, appena pubblicato, Umani, troppi umani – Sfide etico-ecologiche della crescita demografica di Natan Feltrin, dedicato ai dilemmi etici ed ecologici che un tale surplus demografico ci pone a fronteggiare.

La lettura di Picco per capre è come un veloce ed intenso viaggio su snodate montagne russe alla fine del quale un bel mal di stomaco è fisiologicamente inevitabile. Ogni capitolo sospinge su navette tematiche che, superando la fumiginosa nebbia data da modelli di azione anacronistici, dati fraudolenti e trucchi economici, mostrano il lucido quadro dello stato di criticità in cui l’era del no-limits ci ha condotto.

Gli ottimisti di sorta rimarranno sicuramente delusi dal lucido panorama che ve ne si dispiega e nessuna istanza politico-economica attualmente in auge ne rimarrà salva. Quando si ha a che fare con la crisi economica ed ecologica contemporanea una buona lettura si riconosce dal suo essere estremamente indigesta.

Per chiunque voglia dirsi realista, tali letture sono assolutamente necessarie.



Il messaggio è inequivocabile: la china che stiamo seguendo è quella di una fanta-economia che danza al ritmo della crescita illimitata resa possibile dalle innovazioni energetico e industriali. La musica sulla quale tale economia edifica il suo mondo di passi è però profondamente dissonante rispetto alla realtà fisica e sociale. Difatti, se la prima si rifà ad una prospettiva teleologica di progresso, quest'ultima ci rammenta che il sistema finanziario basato su soldi “virtuali” ha in realtà la sua controparte nell'effettiva possibilità di estrarre dall'ambiente quelle risorse necessarie a coprire la nozione di “crescita economica”. L’impatto antropico è aumentato di 140 volte in 100 anni. In un pianeta di risorse finite, la logica dell'infinito appropriarsi del mondo non è chiaramente più sostenibile e, capitolo per capitolo, se ne dispiega la drammaticità attraverso il concetto di “picco”.
Dopo ogni cima si nasconde inesorabilmente un dirupo.
In questo caso in bilico vi è la nostra civiltà, compresi tutti quei vizi a noi cari, dalle due televisioni per casa, allo shopping, al muoversi in macchina per andare a lavoro, ai voli low cost… 

La vita di tutti noi dipende dal petrolio. Non esiste un’alternativa al petrolio. Volenti o nolenti, ci dovremo arrangiare con molto meno energia di adesso.

Non c’è innovazione tecnologica che regga!

Siamo in pieno picco del petrolio e quello minerali rari è già stato oltrepassato. La situazione dell'acqua potabile è critica, probabilmente peggiore di quanto i dati più diffusi sono soliti rappresentare. A comprovare l’emergenza di questa crisi vi sono le guerre per l’acqua potabile, oramai fiorite come un prato a primavera, silenziose come la stagione priva di insetti della Carson.

Senza spingerci a considerare la possibilità, per nulla fantascientifica, dell'estinzione di Homo sapiens, lo scenario che si prospetta è quello di un mondo pervaso dalla miseria e da guerre sempre più frequenti allo scopo di impossessarsi delle ultime risorse. Chi non si trova ad occupare un ruolo forte nel gioco finanziario, o chi vive in ambienti ecologicamente fragili – come India, Africa o Sud America – sta pagando ormai da anni lo scotto di trovarsi alle basi della financial cascade.
Infatti il panorama globale, la cui linfa risiede nelle pratiche di commercio capital-liberista, non lascia più respiro a possibili economie della sussistenza ma sovente conduce a situazioni di miseria estrema. Aggiungiamo inoltre come le innovazioni tecnologiche adottabili per addolcire la via della transizione in molte nazioni non si scelgono oppure vengono valorizzate in modo simbolico. È comprensibile, giacché le scelte da farsi andranno contro gli interessi delle grandi imprese (quelle petrolifere e del carbone, dei trasporti, delle armi, dell'edilizia, dell'alimentazione, per dirne alcune) ed è “grazie a una quantità anomala di denaro che costoro sono in grado di condizionare sempre di più il potere politico”. Ma la politica non dovrebbe farsi serva dell'attuale gioco economico, bensì proporre modelli di vita altri.

Come sarà quindi la civiltà dopo il baratro? 

Scordatevi di avere a vostra disposizione un esercito di telefonini ed altri apparecchi high tech o, se proprio non poteterinunciarvi, cominciate ad informarvi sui moduli da compilare per la sterilizzazione! 

Siamo infatti in presenza di uno tra i picchi più silenziosi, quello di cui nessuno vuole prendersi l’onere di affrontare seriamente. Stiamo parlando dell'esorbitante numero di esseri umani che popolano il pianeta Terra: “..le cellule cancerose proliferano finché non uccidono l’organismo. La popolazione e la crescita economica si comportano allo stesso modo. Ci sono solo due modi per ridurre la crescita dell'umanità: ridurre il tasso delle nascite o aumentare quello delle morti. Quale preferisci?” 

Vi invito a considerare nuovamente la nozione di “picco”: un momento di massima prosperità, dopo il quale l’andamento esponenzialmente decrescente non trova un gentile ed arbitrario arresto. Applicata alla popolazione, stento a credere che ciò non provochi un brivido di nervosismo in chiunque riesca a figurarsi possibili scenari. 

Per affrontare realisticamente questa crisi è necessario in prima istanza “includere le problematiche umane in un più ampio quadro eco-referente”, cioè reinserire l’umanità tra il collettivo dei viventi. “Con Malthus l’umanità ha realizzato l’esistenza di un limite alla riproduzione per il benessere delle società, con Darwin l’uomo ha compreso pienamente che nella lotta per le risorse non è diverso da nessun’altra creatura vivente”. Alla situazione attuale è necessario avviare un piano di controllo demografico. Tacciare il birth control come mezzo per un’eugenetica sessista e razzista è fazioso poiché a conti fatti, la donna è intesa come strumento procreativo “passivo” della società. Se vi doveste chiedere perché vi sia tale premura nell'assicurarsi una percentuale di natalità positiva, oltre ai motivi fortemente nazionalisti, è utile ricordarsi come le coppie con nascituri sono coloro che più di tutti carburano la macchina dei consumi.

Economia ed ecologia sono saldamente intrecciati.

Accanto al nostro stile di vita consumistico, altrettanto drammatico è il dominio terrestre della biomassa umana che, considerando anche le specie animali da lui domesticate, costituisce il 97-98% del numero dei vertebrati su Gaia. Abbiamo fondato la riuscita della nostra nicchia ecologica sulla desertificazione di ogni diversità biotica, dando inizio alla più grande estinzione di massa dopo quella del Permiano (250 milioni di anni fa)! 

Ogni essere umano non è una monade ontologicamente isolata, ma un essere-nel-mondo e, di conseguenza, un con-essere nell'incredibile varietà correlata della vita.” Il legame che intessiamo però non è esclusivamente intra-umano, ma coinvolge l’interezza della biosfera.

Ogni epoca è chiamata a scegliere chi fare proprie vittime. Questo tipo di umanità vale davvero il prezzo di infinite esistenze? Non credo vi possano essere giustificanti.

Se la crescita demografica è il nodo essenziale da scingere per evitare un’ecatombe immotivata di vite, presenti e future, umane e non, essere childfree è un oggi obbligo morale.

Questa affermazione porta con sé molteplici problematiche etiche, soprattutto se consideriamo l’attuale boom demografico di Africa, America Latina ed Asia, il cui tasso di natalità tocca in alcuni casi il 3-4%. Bisogna evitare qui ogni ricaduta di carattere razzista, infatti “quando si pensa all'eccesso di crescita demografica sono sempre gli altri ad essere in troppi” . Intervenire fornendo la possibilità di piani famigliari significa dare a paesi estremamente fragili la possibilità di scegliere il futuro da percorrere. “Che senso c’è nell'impedire alla gente di morire di malaria, solo per condannarla a morire più lentamente di fame?”  

Cercare di stabilire un optimum demografico è tuttavia nebuloso e non tiene conto degli infinite contingenze dell’esistere. Permette inoltre di aggirare i problemi etici, separando morale e sostenibilità.

Il motto non deve essere “ci è concesso tutto sotto una certa soglia”, come la nozione di planetary boundaries può suggerire a molti. Ciò che deve essere ancora delle nostre azioni è un’ “etica della responsabilità”. Feltrin ben mette in chiaro, il cambiamento deve essere in prima istanza etico: “abitare quel sinechismo tra fatti e valori senza mai avere la pretesa di risolvere i secondi nei primi”.



In questa cornice è necessario interrogarsi su cosa si intenda come stile di vita dignitoso e a quale sfondo di valori faccia riferimento. L’affermazione di Reagan, poi riproposta da Bush: “Il tenore di vita degli americani non è negoziabile”, è eticamente insostenibile. Se la popolazione mondiale vivesse allo stesso ritmo degli U.S.A. si necessiterebbe infatti dell’equivalente di 4.8 pianeti Terra. Le rinunce che sono richieste al nostro stile di vita sono meri “sacrifici” o è un creare un modo sano di co-esistere nel rispetto delle altre alterità viventi? 

Il cambiamento strutturale da compiersi è un imperativo morale e chiunque scelga di procrastinare ora sarà complice della più dura crisi che verrà.

Il comunicato di questi due testi è limpido. Il cambiamento non è evitabile, a noi è concesso solamente di scegliere in quale modo farlo avvenire. Attraverso una transizione faticosa ma controllata, oppure attraverso il tracollo forzato. “Maggiore sarà il ritardo, più violenta sarà la catastrofe che ristabilirà l’equilibrio. Fra le altre cose, nascono così i terremoti e le rivoluzioni, non è una cosa da prendere alla leggera.


RIFERIMENTI: