mercoledì 27 giugno 2018

Gli Alieni Sono Tra Noi - Un Racconto di Elena Corna



Alieni sulla Terra
Un racconto di Elena Corna



Rapporto al comandante della flotta astrale

Qui esploratore #*§°#, dal pianeta Terra.
Atterraggio: ok.
Procedura di assunzione forma terrestre: ok.
Rilevamento coordinate: ok. Sono in un posto chiamato Chicago.
Non si rileva presenza di terrestri. Dovrò muovermi con molta cautela. Chiudo.



Dal comando della flotta astrale:

Prego fornire chiarimenti sul “non si rileva”, esploratore #*§°#. Strumenti guasti? Terra disabitata?



Al comandante della flotta astrale.

No, questo pianeta è pieno di esseri, però non corrisponde alle informazioni fornitemi. Chiedo controllo correttezza spedizione. Chiudo, devo fare attenzione a non essere identificato.


Dal comando:

Esploratore #*§°#, è confermato che sei su Terra e che lì non hanno i mezzi mentali per identificare uno di noi, se assume forma terrestre. Prego fornire motivazione della paura che vibra nei messaggi.


Al comandante dall’esploratore #*§°#:

Terra è classificata come pianeta indipendente, ma risulta invasa da alieni non identificati. Ho cercato di comunicare con loro ma non hanno accettato la comunicazione. Nessuno mi ha risposto. Mi correggo: in un parco sono stato salutato con calore da alcuni esseri cortesi che hanno agitato la coda e mi hanno anche leccato.


Dal comandante a #*§°#:

Esseri cortesi con coda e lingua: cani, capre, gatti, vacche, volpi...chissà. Ci sono tanti esseri così sulla Terra. Li trovi sulla guida che ti ho dato. Ma tu, quale forma terrestre hai assunto? Non che non mi fidi, tuttavia…E spiegati bene. Dato che sei al tuo primo incarico in un sistema solare lontano, e dato che sei mio nipote, ti esonero dal dovere della diplomazia e della brevità.


Dall’esploratore # etc. al comandante:

Ho preso la forma Homo sapiens, come convenuto. Si era deciso che la cosa più sicura era circolare con le fattezze della specie dominante. Mi dispiace, non ho imparato tutte le specie descritte nella guida, sono troppe. A proposito, ammiraglio, che guida mi hai dato?


Da ammiraglio a #:

Oh #*§°#!?%!? (nota: !?%!? è un suffisso dispregiativo; la % dà l’opportunità al parlante di modulare il grado di riprovazione). Insinui che mi sia sbagliato? Ti ho dato la più recente, pubblicata uno zot fa. In anni terrestri, più o meno 200 anni fa. La tua missione, per l’appunto, è annotare gli aggiornamenti per la nuova guida. Le guide planetarie si rinnovano ogni zot in punto; non avrebbe senso farlo più spesso, nessun pianeta ha mai registrato cambiamenti drastici in un tempo così breve. L’ evoluzione ha dei tempi lunghi, dovunque. Del resto, per le guide di Terra non sono mai stati necessari cospicui aggiornamenti: da millenni l’homo sapiens fa le stesse cose: coltiva, poi mangia le cose coltivate, naviga, fa guerre, inventa robe per vincere le guerre, festeggia la primavera, edifica case e costruzioni e le più belle sono sempre le stesse: la Grande Muraglia, le Piramidi dell’Egitto e del Messico, l’Acropoli...Certo, abbiamo dovuto fare un aggiornamento impegnativo 10 zot fa, perché homo è diventato parecchio ma parecchio più !?%%%%%!? a causa di un’invenzione detta religione.


Da esploratore a comandante:

Opera di alieni, zio? Qualcuno che voleva prendere il potere sui terrestri? … te lo chiedo perché se mi prendono per un manigoldo disceso dal cielo mi fanno a pezzi. C’è dappertutto la figurina di un tizio messo in croce, magari era un alieno come me e sono rimaste queste macabre immagini dovunque perché si volevano ricordare di neutralizzare ogni altro alieno venuto a portare scompiglio!


Da zio a esploratore:

Non penso fosse un alieno, ma questa è un’altra storia. L’importante è che per noi poco è cambiato: anche se si combattono qua e là, gli homo sono tanti comunque e Terra è rimasta più o meno la stessa. E smettila di fare il codardo: se il tizio messo in croce era un alieno, allora il suo teletrasporto era guasto; il nostro però funziona benissimo e io non mi distraggo un attimo, non ti lascerei mai nei guai; me lo impediscono sia l’etica professionale che le minacce della tua mamma. Quindi datti da fare: mi aspetto un rapporto dettagliato subito dopo il tramonto.


Da # a comandante:

Beh, zio, questa faccenda del tramonto è fortissima. Lo credo che ci sono sempre stati tanti visitatori su Terra. Comunque, le osservazioni confermano mia precedente supposizione: Terra è stata invasa. Si rilevano infatti tracce di diversi conflitti rovinosi in ordine sparso. Gli homo sapiens sono scomparsi, anche se devo dire che questi alieni gli somigliano vagamente. L’ipotesi più verosimile è che abbiano assunto forma terrestre (come sto facendo io) in modo definitivo, ma per mantenerla stabilmente hanno bisogno di diversi accorgimenti, non essendo, evidentemente, adatti all’atmosfera di questo pianeta. Ciò si deduce dai seguenti dati: si sono dotati di carapace molto resistente ma non indistruttibile, che serve loro per sentirsi sicuri; a volte ne sgusciano fuori, come i paguri, ma allora sono debolissimi e corrono a rintanarsi in altri gusci collettivi che servono per scappare. Non è chiaro da cosa. A volte lasciano il carapace e si rintanano in edifici enormi, tipo termitai, ma stanno molto attenti a proteggersi dall’atmosfera terrestre; anche se dispongono di un sole efficiente e di aria, usano infatti luce artificiale e aria condizionata. Inoltre, hanno ricoperto la superficie terrestre con materiale artificiale; la terra che dà il nome alla Terra si vede raramente; ne ho vista un po’ nel parco che ti dicevo, ma nessuno ci va sopra. Segno che ne sono allergici. E’ chiaro da tutto ciò che questi esseri non sono adatti a questo pianeta.


Da comandante a esploratore #*§°#:

Buon lavoro. Mi sembra evidente che è in atto un’invasione. Ora le consegne sono:

1- Cerca di scoprire se questi adattamenti sono recenti o se questi alieni si sono stabiliti lì già da generazioni. Per esempio, ci nascono con quell’esoscheletro?

2- Indaga in altra zona. Ti teletrasporterò nel Vecchio Continente. Può darsi che una parte di Terra sia ancora indipendente. Sceglierei l’Italia del Nord, dove, uno zot fa, c’era una cultura forte che amava il suo pianeta. Un poeta di lì lo chiamò “questa bella d’erbe famiglia e d’animali”, e altri pubblicavano riviste piene di idee di giustizia e di efficienza agricola. Ci sentiamo dopo il prossimo tramonto.


Da # ad Ammiraglio:

Mi spiace doverti comunicare che anche qui non c’è più traccia di terrestri. Gli alieni sono più piccoli di quelli di Chicago ma anche questi sono molli e bianchicci e non comunicano. A quanto ho visto, parlano solo se sentono un suono che proviene da qualche parte di loro, ma non so come funziona. Forse qualcuno gli trasmette ordini. Forse gli è proibito parlare fra loro. Devono essere anche sordi. La maggior parte ha qualcosa infilato nelle orecchie che emette rumori fastidiosi; probabilmente gli è proibito toglierselo e serve per stordirli; infatti hanno lo sguardo vacuo e agitano la testa in modo meccanico. E’ evidente che stanno male. Credo siano elementi socialmente pericolosi e che Terra sia usata come colonia penale. La loro aggressività avvalora questa ipotesi: infatti, quando sono ammassati in tanti (senza carapace) in appositi luoghi detti stadi o discoteche (non puoi sapere cosa sono, uno zot fa non c’erano ancora), non possono fare a meno di urlare e pestarsi. Si acquietano solo davanti a uno schermo. Il che li rende molto diversi dai terrestri di specie homo che si sono sempre definiti esseri sociali.

L’occupazione del pianeta dev’essere recente; infatti non nascono con il carapace ma gli spunta dopo, e lo cambiano crescendo, come le aragoste; come vedi, questi esseri per adattarsi all’ambiente ostile copiano gli espedienti previsti dalla natura terrestre. Comunque, quando ne sono sprovvisti si sentono deboli, proprio come le aragoste durante la muta, e in più sono nervosi: segno che sanno di essere vulnerabili. E cercano di accaparrarsi un carapace il più robusto possibile; evidentemente, in caso di duello per l’ottenimento della femmina, procedura comune fra le specie terrestri, vince chi ce l’ha più grosso. I più temibili qui sono gli esseri con un carapace detto SUV.

Alcun insediamenti sono nuovissimi; ne ho visto uno detto Rho Fiera, particolarmente inquietante; molti carapaci abbandonati, nessuna forma di vita vegetale o animale. Della tua “bella d’erbe famiglia e d’animali” non vedo traccia.

I rilevamenti sull’atmosfera e sul suolo indicano una composizione molto diversa da quella registrata uno zot fa. Molta più CO2, molto più benzene, meno O, più CH4, radioattività più elevata e un groviglio di onde elettromagnetiche: atmosfera poco compatibile con la vita terrestre. Il che porta a una nuova ipotesi: che i terrestri si siano estinti a causa delle mutate condizioni ambientali e che gli alieni abbiano colonizzato Terra quand’era già disabitata .

Da Milano è tutto per ora.


Aggiornamento

Ho finalmente comunicato con un giovane alieno! Si era tolto per un attimo il ricevitore dalle orecchie e ne ho approfittato. Ascolta la registrazione:

“Di dove sei?”

”Di Gorgonzola”.

“Ma ti è permesso tornare a casa?”

“Fatti i cazzi tuoi, testa di cazzo!”

L’ultima frase non è decifrabile ma il tono era ostile. Sono sempre più convinto che parlare gli sia proibito. E, soprattutto, ho fatto una scoperta: ci sono ancora tracce di terra su Terra! Ho trovato un grande edificio con varie immagini che corrispondono a quelle della tua guida: boschi, cascate, colline…L’edificio è l’arsenale Decathlon, dove gli alieni si procacciano moltissima attrezzatura senza la quale sarebbe letale per loro avventurarsi nei posti terrestri: scarpe speciali dette “da trekking” (isolanti, evidentemente) e tutta una serie di protezioni. Passo.

P.S. Che pianeta è Gorgonzola?


Dal comando a esploratore :

Nostro elaboratore non ha fornito risposta circa Gorgonzola ma ha emanato gran puzzo di gas. Assai verosimile che questo Gorgonzola, come altri corpi astrali, sia a prevalenza di metano. Il che spiegherebbe i tuoi dati: gli alieni stanno cercando di rendere l’atmosfera di Terra simile a quella del loro pianeta. Passo.


Da # etc. a Comando:

Chiedo un addetto al teletrasporto (un addetto molto bravo) a disposizione costantemente. Passo.


Da Comando a #:

Richiesta accordata. Motivazione? Passo.


Da # a Comando:

Vado a cercare i residui di terra. Questi boschi, cascate... Magari ne trovo ancora. Vado in montagna! Ciao, zio. Passo e chiudo.

Una settimana (terrestre) dopo.

Da Comando a #*§°#:

Caro nipote,

è da un bel pezzo che scorrazzi su quella palla e non ci hai fatto sapere un tubo. Si può sapere, di grazia, che cosa combini? Passo.


Da esploratore a Comando:

Scusa. Volevo completare la mia ricerca. Ora ho finito. Trasmetto i dati definitivi. Terra non è invasa. Non ci sono alieni (a parte me). Quelli che avevo preso per invasori sono terrestri di specie homo sapiens quasi mutanti. La composizione dell’atmosfera è cambiata come risultato delle loro attività.


Ammiraglio:

Ma come, non sono più esseri che hanno bisogno di ossigeno? Come hanno potuto avere una mutazione così in fretta?


Esploratore:

No, no, i loro organismi funzionano sempre ad ossigeno; tuttavia fanno in modo che ce ne sia sempre meno.


Ammiraglio:

E perché mai?



Esploratore:

Boh! Proseguo: la radioattività più elevata è dovuta principalmente all’uso dell’energia nucleare, che ha causato vari problemi durante l’ultimo semi-zot.



Ammiraglio:

E quindi hanno smesso di usarla?



Esploratore:

No, no; dicono che non c’è problema.


Ammiraglio:

Le tue affermazioni sono contraddittorie.


Esploratore:

Lo so, però è così. Proseguo: sono sempre loro ad aver ricoperto i luoghi in cui vivono di materiale artificiale. Intendiamoci: i posti terrestri gli piacciono: se devono immaginare una situazione di benessere, immaginano spiagge, foreste, laghi e fiumi. Ci vanno ogni tanto, tutti bardati, per vacanza. Tuttavia, fanno in modo che ce ne siano sempre meno. Stanno ricoprendo la terra su tutta la Terra.


Ammiraglio:


E perché mai? E cosa dicono le altre specie terrestri?


Esploratore:

Perché? Boh. Per quanto riguarda le altre specie terrestri, sono soggiogate. Intendiamoci: agli homo piacciono le altre specie come i leoni, le tigri, gli elefanti, i delfini, le aquile…Quando vanno in vacanza li fotografano tutti contenti. Tuttavia, fanno in modo che ce ne siano sempre meno. Anzi, a dirla tutta li stanno estinguendo con la determinazione con cui si estingue un incendio nella propria cucina. E stanno estinguendo anche le specie vegetali.


Ammiraglio:

E perché? Oltretutto gli homo non potrebbero vivere senza le altre specie, principalmente quelle vegetali.


Esploratore:

Perché? Boh. E comunque non interrompermi continuamente, zio. Conclusione della mia analisi: anche se dicono che la Terra gli piace (i pezzettini che ne sono rimasti li chiamano paradisi), la escludono dai luoghi in cui vivono; corrono con quei loro carapaci su materiale artificiale, vivono chiusi dentro, non sopportano la luce né la pioggia né gli insetti né il fango. Anche l’erba spesso è artificiale. Cercano in tutti i modi di vivere isolati dalla terra e dalle altre specie terrestri. Anche se i loro organismi sono sostenuti dalla terra (humanus viene da humus; come vedi mi sono documentato), si sono resi estranei alla terra. Pensa che sono sempre più numerosi gli umani allergici ai cereali! Eppure da sempre gli umani sono sopravvissuti grazie ai cereali. In pratica, si sono alienati dalla Terra. Vivono da alieni sul loro stesso pianeta.


Ammiraglio:

Storia interessante ma poco credibile. Nessuna specie può essere così idiota! Non è che sei zavorrato di sakè, aguardiente, brandy o altri affascinanti intrugli terricoli?


Esploratore:

Nient’affatto. Sono lucido e so quel che dico. Mi sono documentato, mi sono.


Ammiraglio:

Sarà. Però era più verosimile l’idea dell’invasione. E poi la tua esposizione era piena di “boh”. Non ravviso alcuna razionalità in questa storia. Sei sicuro di quello che affermi?


Esploratore:

Sono sicuro, tutto sicuro, nient’altro che sicuro. Ora sarà bene che torni, zio. La radura in cui ero accampato diventerà un cantiere, c’è in progetto un centro commerciale, con due parcheggi e tre svincoli.

…Zio?


Silenzio.


Esploratore:

Zio? Ammiraglio, ci sei??


Ammiraglio:

Oh, sì, scusa. Ero sovrappensiero. Dicevi?


Esploratore:

Tiratemi su.






domenica 24 giugno 2018

Le Schegge Madri di Emma Chiaia - Come Cambiare il Mondo



di Ugo Bardi

I fiorentini hanno fama di essere abbastanza antipatici, convinti come sono di sapere tutto loro. Immaginatevi un fiorentino che sia anche un professore universitario e il risultato potrebbe essere preoccupante in termini di spocchia. Avete capito a chi mi riferisco e se volete aver conferma dei miei molteplici difetti - tipici dei fiorentini - potete chiedere a mia moglie Grazia che mi sopporta da più di 40 anni.

Specialmente per quanto riguarda la letteratura, mi ritengo un criticone anche un po' spocchioso - al punto che ho teorizzato la fine della letteratura occidentale sul mio blog delle Chimere. E quando penso che un romanzo fa pietà lo dico - come ho fatto per esempio in un post recente.

Ciò detto, la settimana scorsa ero a Milano per un convegno e mi è capitato di scambiare due parole con Emma Chiaia, giornalista e scrittrice. Mi è bastato per incuriosirmi a sufficienza da comprare il suo romanzo "Per Fortuna ho Scelto Te".  C'è qualcuno che ancora legge romanzi, oggi? Evidentemente, si, perlomeno uno c'è! Così, mi sono detto, "proviamo."

Ora, il primo impatto con questo romanzo è stato pessimo. Mi sono trovato fra le mani un mattone di 440 pagine, con una copertina sfumata in rosa che non sa di nulla, un titolo che, anche quello, bah? Mi sono letto il primo capitolo che descrive i sentimenti di una ragazzina di 16 anni. Mi sono detto, "Ho buttato via 16 euro per comprare un romanzetto rosa da quattro soldi. "

E ho pensato di buttar via anche il libro. Poi mi sono detto, beh, proviamo a leggere il secondo capitolo. E poi anche il terzo. E il quarto. E poi me lo sono divorato tutto. Romanzo assolutamente FAVOLOSO!!!! Ragazzi, fatevelo dire da uno che è parecchio "jaded" come si dice in inglese, ovvero un gran criticone - come si dice in Toscana. Questo è uno dei migliori romanzi che abbia letto da un bel pezzo.

Non che il romanzo non abbia dei difetti. Emma Chiaia è una giornalista con molta esperienza, e quindi scrive in uno stile ben rodato, ma si sente che è uno stile che va bene per articoli brevi - su 440 pagine rischia un po' di "allungare il brodo" (che credo sia anche quello un modo di dire toscano). Ma, a parte questo, è proprio un bel romanzo. Ma veramente bello. Ben congegnato, una storia che ti "prende," un meccanismo narrativo che non perde un colpo. E, in più, una serie di personaggi tutti ben caratterizzati, tutti con una loro storia, tutti interessanti, tutti bene integrati nell'impianto narrativo. Come abbia fatto Emma Chiaia ad azzeccare così bene il suo primo romanzo, beh, sono i misteri della letteratura.

La storia ruota molto - ma non soltanto - intorno alla protagonista, Sara Castelli, ragazzina sedicenne con qualche pulsione ecologista e con tanti problemi esistenziali. Un personaggio non del tutto originale, ma ben congegnato. La storia avanza con l'incontro con Laura su Facebook, una ragazza più o meno della stessa età, che viene fuori che vive in Australia, ma nel futuro. Qui forse si poteva tirare di più sulla suspence della reale provenienza di Laura, la cui natura aliena viene fuori in modo un po' brusco. Ma, rivelato questo punto, il romanzo macina in avanti sulla curiosità di sapere di più di Laura e del suo mondo.

Alla fine, Sara viene trasportata in qualche modo in questo mondo futuro a trovare la sua amica (ormai del cuore) Laura. Nei vecchi romanzi di fantascienza, quelli che viaggiavano nel futuro lo trovavano pieno di gente che girava su macchine volanti e andava sulla Luna per il fine settimana. Nel futuro descritto da Emma Chiaia, sono tutti vegani, ambientalisti, rilassati e simpatici. Vanno a piedi o in bicicletta (anche elettriche) e ci sono anche degli ottimi ristoranti! Però gli abitanti del futuro sono anche molto preoccupati perché rischiano di scomparire - se loro sono il futuro della terra, e se i terrestri del tempo di Sara distruggono l'ambiente della terra - quel mondo futuro non potrà mai esistere.

Non vi voglio raccontare di più nel caso che il romanzo vi incuriosisca al punto da volerlo leggere. Diciamo che Sara si vede affidare una missone dagli abitanti del futuro. Fra molte difficoltà, riesce a portarla a termine - e la storia ha molte conseguenze pratiche: fa venir voglia anche al lettore di fare quello che fa Sara nel romanzo.

Allora, c'è ancora spazio per la letteratura in Occidente? Dopo aver letto questo romanzo, arriverei a dire che forse si - notando anche, però, che il romanzo di Emma Chiaia sembra pesantemente influenzato dai manga/anime giapponesi. In effetti, la storia sembra direttamente ispirata dall'anime di Makoto Shinkai, "Your name."  E forse è qui molta della magia della storia: per andare avanti, bisogna imparare dagli altri. E, in Occidente, ne abbiamo disperatamente bisogno perché altrimenti mi sa che non sappiamo più veramente cosa raccontare.






Nota aggiunta il giorno dopo. Il post l'ho scritto di getto, subito dopo aver finito di leggere il romanzo. Ripensandoci sopra, però, mi sono venute in mente un altro paio di note he vi passo qui di seguito.

- Impianto Narrativo. Come dicevo nel post, l'impianto narrativo di "Per Fortuna ho scelto te" è molto ben congegnato e strutturato. Ci sono però un paio di problemi - marginali, ma ci sono. Uno è il fatto che viene detto più di una volta alla protagonista che ci sono altre persone che il popolo del futuro ha mandato in cerca delle "schegge." Però, non vengono mai fuori esplicitamente nella storia. Qualcosa di simile vale per il personaggio di Tell che - oltre ad essere l'amante della madre di Laura - si suppone sia un extraterrestre che viene dal pianeta C7. Questa cosa del pianeta C7, francamente, rimane un po' appiccicata lì e non ci viene detto molto dei suoi abitanti, chi sono, da dove arrivano, come fa Tell a trovarsi dove si trova e perché. C'è la scena in cui Tell appare a Sara confortandola in un brutto momento per lei. Il che va bene, è una scena non priva di interesse, ma mi viene in mente che sarebbe stata l'occasione invece per fare entrare in scena qualcun altro degli emissari del popolo del futuro che avrebbero potuto svelarsi parzialmente. Tell è un bel personaggio, un po' misterioso, ma non avrebbe avuto veramente bisogno di venire da un altro pianeta.

- Genere narrativo. Non so se ho detto da qualche parte che l'unico tipo di romanzo che io riesco a leggere è il romanzo epico. Non mi fate leggere Sartre o cose del genere - io posso soltanto leggere storie dove il protagonista ha una difficile missione da compiere e la compie, imparando qualcosa e trasformandosi in una persona diversa nel processo. L'eroe del romanzo epico non deve essere un muscoloso sterminatore di mostri (anche se gli/le può capitare di doverlo fare) ma deve avere perlomeno un profondo senso del dovere. Su questo punto, il personaggio di Sara Castelli è perfetto. Una ragazza apparentemente fragile, ma con una volontà di ferro. Non sfigura se messa a confronto con Achille Pié Veloce o Ged l'Arcimago.


- Personaggi principali della storia - non tantissimi, ma comunque una sfida per lo scrittore/la scrittrice. Qui, Chiaia li gestisce tutti in modo magistrale, l'unico che viene fuori un po' legnoso a momenti e l'anziano ecologista Umberto Cella.

  1. Sara Castelli
  2. Veronica Castelli
  3. Laura
  4. Alison
  5. Giampietro
  6. Tell
  7. Valerio Rovati
  8. Fabrizia
  9. Federico   
  10. Concetta De Nittis
  11. Umberto Cella
                                                                                                                                                                                                                                                                     

venerdì 22 giugno 2018

Il Blitz di Trump in Italia: Come Salvini e la Lega hanno Conquistato il Potere




Questo post è tradotto dal blog "Cassandra's Legacy" e, originariamente, era in inglese e diretto a un pubblico internazionale. Per cui ci troverete scritte delle cose che per noi Italiani sono ovvie, ma che vanno spiegate agli Americani. A parte questo, la traduzione è fatta con Google, un tantino legnosa, ma quasi perfetta. Google translate è ormai arrivato a un livello tale da richiedere soltanto qualche piccolo intervento qua e là, più che altro per rimettere a posto i congiuntivi.


Nelle scorse settimane abbiamo assistito a una vera rivoluzione politica in Italia. Matteo Salvini, leader della Lega, ha sfruttato con successo la sua nuova posizione di Ministro degli Interni per ottenere la massima importanza. Il movimento M5s aveva vinto le elezioni, quest'anno, ma è stato emarginato in un ruolo secondario, mentre Salvini agisce come se fosse il vero Primo Ministro. Se ora si tenessero nuove elezioni in Italia, Salvini e la Lega vincerebbero a mani basse.

Dopotutto, la politica consiste principalmente nel trovare il modo di dare la colpa a qualcun altro. Quindi, il successo politico significa semplicemente trovare qualcuno da incolpare. Matteo Salvini ha avuto successo adottando lo stesso stile e contenuto che hanno fatto la fortuna politica di Donald Trump. Sia Trump che Salvini hanno trovato un buon obiettivo negli immigrati e gli stranieri in generale. Entrambi hanno usato un linguaggio duro, insulti, insensibilità e puro razzismo. Entrambi hanno scoperto che più le loro espressioni erano violente, più erano approvate dal pubblico. Ci è voluto poco sforzo per convincere una larga maggioranza di italiani che tutti i loro problemi sono causati dagli immigrati e, in particolare, dai Rom (meno dello 0,2% della popolazione italiana). Salvini ha anche capitalizzato con la demonizzazione dell'euro e dell'Unione europea, anche se non può permettersi (finora) di esagerare con insulti e minacce in questo campo. In ogni caso, al momento, sembra che il 72% degli italiani approvino le azioni di Salvini.
 

Per tutto ciò che accade, c'è una ragione e deve esserci una ragione per l'esplosione dell'odio e del razzismo in Italia. Probabilmente ha a che fare con il ritorno degli stati-nazione come protagonisti nel gioco del potere mondiale e con la continua disgregazione dell'impero americano. 

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'Unione Europea ha assunto il ruolo di agente dell'Impero Americano per tenere sotto controllo gli stati europei. Ma l'UE stessa doveva essere tenuta sotto controllo per evitare che potesse diventare un altro impero che avrebbe potuto sfidare la supremazia americana. Quindi all'UE non è stato permesso di sviluppare un esercito, né tutto l'armamentario che l'avrebbe trasformata in uno stato riconoscibile, da una lingua ufficiale a una bandiera decente. È stato un esercizio di acrobazia politica ed è notevole che abbia funzionato abbastanza bene per più di mezzo secolo. 

Ma oggi l'UE è indebolita dalla crisi economica e probabilmente ferita a morte dalla perdita della Gran Bretagna. Tutti gli Imperi tendono a collassare in tempi di difficoltà economiche, un risultato ancora più probabile per un'entità, l'UE, che era un impero fallito sin dall'inizio. Quindi, i vecchi stati stanno ritornando fuori, una tendenza che vediamo anche al di fuori dell'Europa. Anche negli Stati Uniti, Donald Trump è impegnato a riportare l'impero americano a essere uno stato-nazione. Questo cambia molte cose, non necessariamente per il meglio.

Normalmente, gli imperi non sono razzisti e non si impegnano nella pulizia etnica. Non possono permetterselo, dal momento che sono composti da entità eterogenee che potrebbero dover essere mantenute insieme con la forza. Ciò rende gli imperi costosi: una delle loro caratteristiche è il gigantesco apparato militare che sono costretti a mantenere. Eccessive spese militari sono la causa più comune del crollo degli imperi. È successo agli antichi romani, proprio come è successo all'Unione Sovietica. E sta accadendo proprio ora all'impero americano. Non può sopravvivere a lungo senza l'afflusso di energia e risorse naturali che l'hanno creato. 

Gli stati nazione, invece, sono entità relativamente omogenee in termini linguistici ed etnici, hanno meno probabilità di frammentarsi in parti più piccole. Quello di cui hanno bisogno in termini di forza militare può essere solo una milizia in grado di reprimere o sterminare le minoranze etniche o ideologiche. Ciò li rende meno costosi e più resistenti degli imperi. Possono sopravvivere alle difficoltà economiche che hanno distrutto gli imperi più potenti della storia del mondo. 

Gli stati-nazione generano spesso un grande entusiasmo tra i loro cittadini, ma sono ben lungi dall'essere entità benigne. La loro omogeneità etnica e linguistica potrebbe essere più un sogno che realtà e la loro sopravvivenza potrebbe dover essere sostenuta da un mix velenoso di nazionalismo aggressivo, odio e razzismo diretto contro gli stranieri. Era uno dei metodi usati in Italia dal governo di Mussolini quindi non sorprende che il governo Salvini (conosciuto occasionalmente anche come il governo Conte) stia usando gli stessi metodi oggi. Come sappiamo, l'odio e il razzismo potrebbero non rimanere limitati agli insulti. 

Ed eccoci qui. Il messaggio che l'attuale disagio economico è il risultato dell'esaurimento delle risorse e degli effetti negativi della distruzione dell'ecosistema non è passato, e forse non passerà mai. A questo punto, accusare Salvini o Trump di "populismo" o di "razzismo" non fermerà la tendenza. È chiaro che i loro metodi funzionano meravigliosamente bene. La puzzola è fuori dal sacco e non dobbiamo aspettare molto prima che altri leader seguano il loro esempio. Un nuovo ciclo di pulizia etnica nell'Europa occidentale, se non l'inizio di una nuova guerra europea, potrebbe essere uno scenario plausibile per un futuro non remoto. 

Ma nulla è inevitabile. Con gli enormi cambiamenti in corso in tutto il mondo, con il crollo dell'ecosistema, con la diminuzione delle risorse naturali, con la popolazione umana ancora in espansione, potremmo essere piuttosto di fronte a un crollo di Seneca che farà a pezzi gli stati-nazione europei, proprio come la crisi attuale distrugge l'impero americano. Il futuro non è mai come il passato e l'unica cosa di cui siamo sicuri è che non possiamo essere sicuri di nulla.


mercoledì 20 giugno 2018

I Dirupi Incombenti. "Picco Per Capre" e "Troppi Umani" .



Riflessioni di Eleonora Vecchi su due libri recenti "Picco per Capre" di Jacopo Simonetta e Luca Pardi e "Umani, Troppi Umani" di Natan Feltrin
(Fotografia di Debitum Naturae https://www.facebook.com/debitumnaturaeofficial/)

 
Di Eleonora Vecchi

...una serie di forti carestie nel corso della prima metà di questo secolo è uno scenario possibile, magari probabile, ma non sicuro… alternative diverse richiederebbero di fare cose che non abbiamo mai fatto nella Storia, come ridurre volontariamente il nostro numero ed i nostri consumi.

È emblematico come a distanza di poche settimane siano stati pubblicati due libri sulle questioni più urgenti e scottanti degli ultimi anni. Temi condannati da decenni ad aggirarsi solo tra gli specialisti e che, tacciati di pessimismo dai proseliti della tecnologia quale deus ex machina, raramente trovano riverbero nella discussione pubblica.
Picco per capre – Capire, cercando di cavarsela, la triplice crisi: economica, energetica ed ecologica di Jacopo Simonetta e Luca Pardi è un simpatico ed efficace libro che si pone il difficile compito di raggiungere, al di la di ogni pessimismo antropologico, l’attenzione di ogni lettore e di aiutarlo a comprendere cosa significhi l’essere andati oltre ogni ragionevole limite.

Altro demone economico che, muto, ricorre sempre più nei pensieri di molti, è il topic della sovrappopolazione.

La problematicità e l’importanza del tema demografico è proporzionale allo sforzo ovunque messo in atto per ignorarlo o addirittura, negarlo. La popolazione mondiale si trova ai massimi storici, quasi a quota 8 miliardi. Per chiunque abbia un’infarinatura d’ecologia, questa prosperità è tutt'altro che florida. Un’onesta e “non politically correct” riflessione a riguardo si può trovare nel libro, appena pubblicato, Umani, troppi umani – Sfide etico-ecologiche della crescita demografica di Natan Feltrin, dedicato ai dilemmi etici ed ecologici che un tale surplus demografico ci pone a fronteggiare.

La lettura di Picco per capre è come un veloce ed intenso viaggio su snodate montagne russe alla fine del quale un bel mal di stomaco è fisiologicamente inevitabile. Ogni capitolo sospinge su navette tematiche che, superando la fumiginosa nebbia data da modelli di azione anacronistici, dati fraudolenti e trucchi economici, mostrano il lucido quadro dello stato di criticità in cui l’era del no-limits ci ha condotto.

Gli ottimisti di sorta rimarranno sicuramente delusi dal lucido panorama che ve ne si dispiega e nessuna istanza politico-economica attualmente in auge ne rimarrà salva. Quando si ha a che fare con la crisi economica ed ecologica contemporanea una buona lettura si riconosce dal suo essere estremamente indigesta.

Per chiunque voglia dirsi realista, tali letture sono assolutamente necessarie.



Il messaggio è inequivocabile: la china che stiamo seguendo è quella di una fanta-economia che danza al ritmo della crescita illimitata resa possibile dalle innovazioni energetico e industriali. La musica sulla quale tale economia edifica il suo mondo di passi è però profondamente dissonante rispetto alla realtà fisica e sociale. Difatti, se la prima si rifà ad una prospettiva teleologica di progresso, quest'ultima ci rammenta che il sistema finanziario basato su soldi “virtuali” ha in realtà la sua controparte nell'effettiva possibilità di estrarre dall'ambiente quelle risorse necessarie a coprire la nozione di “crescita economica”. L’impatto antropico è aumentato di 140 volte in 100 anni. In un pianeta di risorse finite, la logica dell'infinito appropriarsi del mondo non è chiaramente più sostenibile e, capitolo per capitolo, se ne dispiega la drammaticità attraverso il concetto di “picco”.
Dopo ogni cima si nasconde inesorabilmente un dirupo.
In questo caso in bilico vi è la nostra civiltà, compresi tutti quei vizi a noi cari, dalle due televisioni per casa, allo shopping, al muoversi in macchina per andare a lavoro, ai voli low cost… 

La vita di tutti noi dipende dal petrolio. Non esiste un’alternativa al petrolio. Volenti o nolenti, ci dovremo arrangiare con molto meno energia di adesso.

Non c’è innovazione tecnologica che regga!

Siamo in pieno picco del petrolio e quello minerali rari è già stato oltrepassato. La situazione dell'acqua potabile è critica, probabilmente peggiore di quanto i dati più diffusi sono soliti rappresentare. A comprovare l’emergenza di questa crisi vi sono le guerre per l’acqua potabile, oramai fiorite come un prato a primavera, silenziose come la stagione priva di insetti della Carson.

Senza spingerci a considerare la possibilità, per nulla fantascientifica, dell'estinzione di Homo sapiens, lo scenario che si prospetta è quello di un mondo pervaso dalla miseria e da guerre sempre più frequenti allo scopo di impossessarsi delle ultime risorse. Chi non si trova ad occupare un ruolo forte nel gioco finanziario, o chi vive in ambienti ecologicamente fragili – come India, Africa o Sud America – sta pagando ormai da anni lo scotto di trovarsi alle basi della financial cascade.
Infatti il panorama globale, la cui linfa risiede nelle pratiche di commercio capital-liberista, non lascia più respiro a possibili economie della sussistenza ma sovente conduce a situazioni di miseria estrema. Aggiungiamo inoltre come le innovazioni tecnologiche adottabili per addolcire la via della transizione in molte nazioni non si scelgono oppure vengono valorizzate in modo simbolico. È comprensibile, giacché le scelte da farsi andranno contro gli interessi delle grandi imprese (quelle petrolifere e del carbone, dei trasporti, delle armi, dell'edilizia, dell'alimentazione, per dirne alcune) ed è “grazie a una quantità anomala di denaro che costoro sono in grado di condizionare sempre di più il potere politico”. Ma la politica non dovrebbe farsi serva dell'attuale gioco economico, bensì proporre modelli di vita altri.

Come sarà quindi la civiltà dopo il baratro? 

Scordatevi di avere a vostra disposizione un esercito di telefonini ed altri apparecchi high tech o, se proprio non poteterinunciarvi, cominciate ad informarvi sui moduli da compilare per la sterilizzazione! 

Siamo infatti in presenza di uno tra i picchi più silenziosi, quello di cui nessuno vuole prendersi l’onere di affrontare seriamente. Stiamo parlando dell'esorbitante numero di esseri umani che popolano il pianeta Terra: “..le cellule cancerose proliferano finché non uccidono l’organismo. La popolazione e la crescita economica si comportano allo stesso modo. Ci sono solo due modi per ridurre la crescita dell'umanità: ridurre il tasso delle nascite o aumentare quello delle morti. Quale preferisci?” 

Vi invito a considerare nuovamente la nozione di “picco”: un momento di massima prosperità, dopo il quale l’andamento esponenzialmente decrescente non trova un gentile ed arbitrario arresto. Applicata alla popolazione, stento a credere che ciò non provochi un brivido di nervosismo in chiunque riesca a figurarsi possibili scenari. 

Per affrontare realisticamente questa crisi è necessario in prima istanza “includere le problematiche umane in un più ampio quadro eco-referente”, cioè reinserire l’umanità tra il collettivo dei viventi. “Con Malthus l’umanità ha realizzato l’esistenza di un limite alla riproduzione per il benessere delle società, con Darwin l’uomo ha compreso pienamente che nella lotta per le risorse non è diverso da nessun’altra creatura vivente”. Alla situazione attuale è necessario avviare un piano di controllo demografico. Tacciare il birth control come mezzo per un’eugenetica sessista e razzista è fazioso poiché a conti fatti, la donna è intesa come strumento procreativo “passivo” della società. Se vi doveste chiedere perché vi sia tale premura nell'assicurarsi una percentuale di natalità positiva, oltre ai motivi fortemente nazionalisti, è utile ricordarsi come le coppie con nascituri sono coloro che più di tutti carburano la macchina dei consumi.

Economia ed ecologia sono saldamente intrecciati.

Accanto al nostro stile di vita consumistico, altrettanto drammatico è il dominio terrestre della biomassa umana che, considerando anche le specie animali da lui domesticate, costituisce il 97-98% del numero dei vertebrati su Gaia. Abbiamo fondato la riuscita della nostra nicchia ecologica sulla desertificazione di ogni diversità biotica, dando inizio alla più grande estinzione di massa dopo quella del Permiano (250 milioni di anni fa)! 

Ogni essere umano non è una monade ontologicamente isolata, ma un essere-nel-mondo e, di conseguenza, un con-essere nell'incredibile varietà correlata della vita.” Il legame che intessiamo però non è esclusivamente intra-umano, ma coinvolge l’interezza della biosfera.

Ogni epoca è chiamata a scegliere chi fare proprie vittime. Questo tipo di umanità vale davvero il prezzo di infinite esistenze? Non credo vi possano essere giustificanti.

Se la crescita demografica è il nodo essenziale da scingere per evitare un’ecatombe immotivata di vite, presenti e future, umane e non, essere childfree è un oggi obbligo morale.

Questa affermazione porta con sé molteplici problematiche etiche, soprattutto se consideriamo l’attuale boom demografico di Africa, America Latina ed Asia, il cui tasso di natalità tocca in alcuni casi il 3-4%. Bisogna evitare qui ogni ricaduta di carattere razzista, infatti “quando si pensa all'eccesso di crescita demografica sono sempre gli altri ad essere in troppi” . Intervenire fornendo la possibilità di piani famigliari significa dare a paesi estremamente fragili la possibilità di scegliere il futuro da percorrere. “Che senso c’è nell'impedire alla gente di morire di malaria, solo per condannarla a morire più lentamente di fame?”  

Cercare di stabilire un optimum demografico è tuttavia nebuloso e non tiene conto degli infinite contingenze dell’esistere. Permette inoltre di aggirare i problemi etici, separando morale e sostenibilità.

Il motto non deve essere “ci è concesso tutto sotto una certa soglia”, come la nozione di planetary boundaries può suggerire a molti. Ciò che deve essere ancora delle nostre azioni è un’ “etica della responsabilità”. Feltrin ben mette in chiaro, il cambiamento deve essere in prima istanza etico: “abitare quel sinechismo tra fatti e valori senza mai avere la pretesa di risolvere i secondi nei primi”.



In questa cornice è necessario interrogarsi su cosa si intenda come stile di vita dignitoso e a quale sfondo di valori faccia riferimento. L’affermazione di Reagan, poi riproposta da Bush: “Il tenore di vita degli americani non è negoziabile”, è eticamente insostenibile. Se la popolazione mondiale vivesse allo stesso ritmo degli U.S.A. si necessiterebbe infatti dell’equivalente di 4.8 pianeti Terra. Le rinunce che sono richieste al nostro stile di vita sono meri “sacrifici” o è un creare un modo sano di co-esistere nel rispetto delle altre alterità viventi? 

Il cambiamento strutturale da compiersi è un imperativo morale e chiunque scelga di procrastinare ora sarà complice della più dura crisi che verrà.

Il comunicato di questi due testi è limpido. Il cambiamento non è evitabile, a noi è concesso solamente di scegliere in quale modo farlo avvenire. Attraverso una transizione faticosa ma controllata, oppure attraverso il tracollo forzato. “Maggiore sarà il ritardo, più violenta sarà la catastrofe che ristabilirà l’equilibrio. Fra le altre cose, nascono così i terremoti e le rivoluzioni, non è una cosa da prendere alla leggera.


RIFERIMENTI:


sabato 16 giugno 2018

La Seconda Legge della Termodinamica – la voragine in mezzo all’economia circolare


Di Paul Mobbs, pubblicato originariamente sul sito Free Range Activisim
 Da “Resilience”. Traduzione di MR


Perché l’ultimo tormentone della sostenibilità consumistica non solo non affronta il cuore del problema, ma è destinato a fallire.


Nota di Ugo Bardi - L'autore di questo testo, Paul Mobbs, fa alcune considerazioni corrette ma, nel complesso, non ha capito gran che proprio dell'argomento principale di cui parla. Purtroppo, vale una legge generale in questo campo "quelli che non capiscono la termodinamica sono condannati a produrre entropia inutilmente." Tuttavia, vale la pena di leggerlo perché è vero che molti di quelli che parlano a sproposito di economia circolare hanno capito ancora meno di lui. 
 

Questa mattina, ascoltando Radio 4, ho ascoltato le due parole chiave giustapposte che ho imparato a temere negli ultimi due anni; “economia circolare”. E’ un’idea fantastica e non posso criticare la vera convinzione di chi la promuove. Il mio problema è che il modo in cui descrivono ha poco a che fare con la realtà fisica del mondo, pertanto si tratta semplicemente di un jolly per “uscire gratuitamente dall’inferno” per consumatori ricchi – che sono, a quanto sembra, coloro che sostengono più a gran voce questa idea.

Come succede spesso nelle eco-storie atte a farti sentire bene, l’intervistatore del programma di oggi [1] era tutto leggero ed arioso; e ovviamente in imbarazzo perché non aveva la sicurezza di sé per porre una qualsiasi domanda fondamentale e scomoda all’intervistato.

Il segmento stava esaminando la nuova ricerca [2] dell’Università di Portsmouth. Hanno scoperto un enzima mutante da batteri che hanno scoperto vivere fra la plastica nei centri di riciclaggio. Come tutti gli enzimi [3] – come le cose che vengono aggiunte al detersivo di modo che possiate pulie i vestiti senza bollirli – queste molecole complesse accelerano le reazioni chimiche agendo sui legami chimici che tengono insieme le cose. In questo caso, l’enzima spezza i legami della molecole di polietilene teraftalato [4] (PET).

Idea splendida. E, se si dimostra essere ecologicamente sicura, eccellente chimica. Non è questo il problema qui.


Entriamo nella “economia circolare”
Lo scienziato quindi descrive il valore di questo enzima come parte dell‘economia circolare’ [5] – un concetto proposto negli anni 80, e reso popolare in anni recenti da organizzazioni come la Ellen MacArthur Foundation [6], per passare da un processo economico lineare ad uno circolare:

  • Economia ‘lineare’‘ – significa che i materiali vengono creati, usati e smaltiti come rifiuti, richiedendo che vengano impiegate nuove risorse per sostituirli, che è il modo in cui funziona il cuore dell’economia oggi; 
  • Economia ‘circolare‘ – significa che tutti i materiali ed i prodotti vengono fatti e venduti di modo che il loro contenuto possa essere completamente riciclato ed usato in nuovi prodotti di nuovo, ovviando alla necessità di produrre nuove risorse per sostituirli.

E’ una buona idea. Un’idea che sosterrei con tutto il cuore, se non fosse per un piccolo intoppo tecnico che percepisco in questo concetto; le Leggi della termodinamica [7] – e in particolare la mia preferita, la Seconda Legge della Termodinamica [8].

Le Leggi della Termodinamica sono nate in parallelo con l’industrializzazione, essendo state inizialmente usate per descrivere il funzionamento dei motori a vapore. Col tempo, la scienza ha perfezionato i principi di queste ‘leggi’ ed ora le ritiene universali.

La Seconda Legge ha a che fare con le reazioni irreversibili – cioè, operazioni che una volta intraprese non possono essere annullate.

Ciò che l’idea di ‘economia circolare’ proporrebbe in relazione alle bottiglia di plastica in PET è: prendi un po’ di gas naturale (sì, al contrario dell’idea che la plastica provenga dal petrolio, gran parte delle plastiche provengono da sottoprodotti leggeri della raffinazione del petrolio, ma più che altro gas naturale e condensato) e trasformalo in plastica PET; poi facci una bottiglia di plastica con una macchina modellatrice; usa la bottiglia; poi ricicla la bottiglia e continua a riciclarla dopo ogni uso – ovviando alla necessità di usare altro gas naturale per creare plastica. Di conseguenza, l’uso della bottiglia diviene ‘circolare’.

Perfetto, non è così?


Le restrizioni termodinamiche alla speranza umana

Naturalmente, c’è sempre un enorme “ma” in situazioni come questa.

In questo caso, l’uso della plastica rappresenta una reazione ‘reversibile’ – puoi fare plastica e poi riciclarla per fare altra plastica. Risolto!

L’energia spesa per farlo, tuttavia, non è un processo irreversibile [9]. Non può essere recuperata. La Seconda Legge impone che l’energia può essere usata, ma nel processo la ‘qualità’ (leggi ‘utilità’, o ‘densità’, o ‘valore’) di quell’energia viene degradata e, una volta degradata, quella ‘qualità’ non può essere recuperata senza usare anche più energia di quella che è stata spesa quando è stata usata l’energia per la prima volta.

Per esempio, l’acqua che scorre a valle può far girare una turbina e produrre elettricità; ma ci vuole più elettricità di quella che è stata generata per riportare di nuovo lo stesso volume di acqua indietro verso la cima della collina.

Ora, a questo punto i fautori dell’economia circolare parleranno di energia rinnovabile, evitando quindi il problema delle risorse finite che vengono usate per alimentare il processo. E’ vero, fino a un certo punto. E quel punto è, i sistemi di energia rinnovabile di cosa sono fatti? Risorse finite.


I limiti dell’energia rinnovabile

Solo perché l’energia rinnovabile è ‘rinnovabile’ non significa che le macchine che ci servono per raccoglierla siano esenti dai limiti finiti delle risorse terrestri [10].

Ci sono grandi progetti per alimentare il mondo usando energia rinnovabile. La difficoltà è che nessuno si è scomodato a verificare per vedere se le risorse per produrre quell’energia siano disponibili. Una ricerca recente suggerisce che le risorse necessarie per produrre quel livello di capacità attualmente non possono essere fornite [11].

Il punto di crisi è che mentre potrebbero esserci indio, gallio, neodimio ed altri metalli rari a sufficienza per costruire turbine eoliche o pannelli FV per il mezzo miliardo (più o meno) di consumatori ricchi ( che sono le persone che con più probabilità staranno leggendo questo articolo), non ce ne sono a sufficienza per dare a tutti lo stesso livello di consumo energetico – le avremmo finite molto prima.

Per esempio, il primo metallo che gli esseri umani hanno fuso [12] circa 9.000 anni fa, è stato il rame. Da allora il rame è stato un eccellente indicatore dello sviluppo umano, col consumo che aumenta in linea con lo sviluppo umano. Un motivo di questo è che man mano che l’uso industriale è crollato (per esempio sostituendo tubi di rame con la plastica) abbiamo usato più rame per nuove tecnologie (per esempio l’elettronica – circa il 14% [13] del peso di un telefono cellulare è rame).

Il rame ha anche uno dei migliori e più collaudati sistemi di riciclaggio, ma nonostante questo è stato stimato che solo metà di tutto il rame viene riusato [14].

Il problema è che, a causa del suo lungo ed intensivo uso globale, ci stiamo avvicinando al ‘picco del rame’ [15] – il punto in cui la quantità di rame rimasta nel sottosuolo e, cosa più importante, il crollo della qualità del suo minerale, riduce la quantità che può essere prodotta annualmente. E, cosa ancora più significativa, l’impatto ecologico [16] del crollo della qualità del minerale di rame è che l’energia consumata e i gas serra emessi dalla sua produzione aumentano esponenzialmente.

Ora naturalmente usiamo il rame in modo più efficiente. E dovessimo esserne a corto, l’aumento dei prezzi aumenteranno i tassi di riciclo – anche se questo aumenterà anche i furti [17] di rame nella società. La difficoltà è che, appena la settimana scorsa [18], l’industria del rame ha annunciato di essere preoccupata per la produzione dopo il 2020.

La strategia è importante, ma il cambiamento ‘reale’ è cruciale


OK, torniamo all’economia ‘circolare’.

Ciò che realmente importa qui non è tanto il materiale usato nella produzione, ma la densità energetica della produzione. La densità energetica non è solo una questione di quanta energia serve per produrre un articolo, ma quanto dura quell’articolo. Questo a sua volta condiziona il ‘ritorno’ dell’energia investita nella sua produzione – o EROEI [19].

Diciamo che una bottiglia di plastica impiega se settimane per essere fatta, riempita, comprata, consumata, raccolta e riprocessata fino ad essere rifatta. E’ buono, perché riciclare la plastica può rappresentare un risparmio di più del 50% [20] sull’energia usata per produrla in confronto ai materiali vergini.

Ciò che determina la sostenibilità a lungo termine di questo però non è solo il risparmio una tantum, ma la percentuale che può essere fattibilmente risanata e riusata.

Ipotizziamo che, nel migliore dei casi, possiamo recuperare il 60% del contenuto della bottiglia sul ciclo di sei settimane. Dopo un ciclo, sei settimane, ci rimane il 60% del materiale. Dopo due cicli, 12 settimane, ci rimane il 60% x 60% = 36%. Dopo tre cicli c’è il 60% x 36% = 22%. Dopo quattro cicli il 13%, eccetera.

Alla fine di un anno (o 8 o 9 cicli), ci rimarrebbe solo l1% della plastica.

La reazione ovvia è, “be’, ricicliamo di più”. Il problema è che raggiungere un tasso di recupero alto richiede in realtà la spesa di più energia, riducendo l’energia risparmiata – e man mano che ci si avvicina al 100%, la quantità richiesta è probabile che superi l’energia necessaria per produrre nuova plastica da materie prime.

Per esempio, riciclare in aree urbane densamente popolate è facile, perché la gestione dei rifiuti è una parte essenziale della capacità di gestire un’area urbana. Ma nelle aree rurali e nei paesi meno densamente popolati? A che punto l’energia spesa per far andare un veicolo di raccolta supera l’energia risparmiata col recupero dei materiali? (risposta – dipende completamente dalle circostanze locali, quindi deve essere valutata come parte del processo di pianificazione, piuttosto che generalizzata in anticipo).

“E’ il consumo, stupido!”

E’ la stessa cosa per il problema del crollo del minerale di rame. Più la tua fonte è diffusa, più energia devi spendere per recuperarla. Ottenere la plastica facile, diciamo la prima metà, sarà facile. Ottenere il successivo 20% potrebbe costare lo stesso sforzo. Il 10% successivo il doppio. A l’ultimo 20%. Potrebbe non produrre alcun risparmio.

Alternativamente, potremmo estendere la vita della bottiglia – riempiendola anziché riciclandola. Ciò avrebbe un effetto significativo, ma anche così, ad ogni ciclo di riempimento, un certo numero di bottiglie verrebbero scartate.

Però non ignorate questa opzione. Si può dire che, al posto di aumentare i tassi di riciclo, estendere la vita di servizio delle risorse probabilmente ha il profilo energetico migliore – visto che riduce non solo la necessità di rifabbricare le risorse, ma anche la necessità di riciclarle/sostituirle. Il problema è che spesso il riuso richiede un cambiamento di gran lunga più grande e la cooperazione dei consumatori – esattamente la cosa che una economia ‘liberale’ odia fare perché comporta l’imposizione di azioni al consumatore.


Dimenticate la linea di Bill Clinton sulla ‘economia’; "E’ il consumo, stupido!"
Cosa ancora più importante, in tutto questo processo, viene spesa energia [21]; e l’energia è la cosa che non possiamo recuperare. Pertanto, dobbiamo evitare di rifabbricare o recuperare, per prima cosa. La difficoltà è che nessuno vuole sostenere questo – combinando riuso multiplo, riciclo intensivo E tempo di servizio più lungo – in quanto questo significa l’eliminazione effettiva di consumismo, moda, ‘innovazione’ e molte delle altre caratteristiche totemiche [22] della moderna economia consumistica materialista.

Quindi, ancora una volta, dato che una grande quantità della ricchezza mondiale deriva dallo sfruttamento delle risorse, qualsiasi cambiamento di questo schema è probabile che abbia implicazioni enormi per l’economia quotidiana [23] sulla quale si basano la maggior parte dei ricchi consumatori per consumare.


La ‘economia circolare’ deve accettare la realtà termodinamica

Arthur Eddington [24] era uno scienziato (e quacchero) che ha fatto progredire la fisica e l’astrofisica nei primi decenni del XX secolo, ed ha reso popolari le teorie di Albert Einstein – contro il pregiudizio anti tedesco ed anti ebraico dell’establishment scientifico.

In relazione alla Seconda Legge della Termodinamica, Eddington ha prodotto una famosa affermazione:

Se qualcuno ti fa notare che la tua teoria preferita dell’universo è in disaccordo con le equazioni di Maxwell – allora tanto peggio per le equazioni di Maxwell. Se si scopre che sono contraddette dalle osservazioni – be’, questi sperimentatori pasticciano un po’ con le cose a volte. Ma se si scopre che la tua teoria è contro la seconda Legge della Termodinamica, non posso darti alcuna speranza; per lei non rimane altro che crollare nella più profonda umiliazione.

La ‘economia circolare’ è, secondo me, uno stratagemma per far percepire ai consumatori ricchi che possono continuare a consumare senza la necessità di cambiare le loro abitudini. Non c’è niente di più lontano [25] dalla realtà e la ragione principale di questo è la necessità di energia per alimentare l’attività economica [26].

Mentre il concetto di ‘economia circolare’ ha certamente le idee giuste, essa si sottrae agli aspetti più importanti della nostra crisi ecologica di oggi [27] – è il consumo il problema, non il semplice uso di risorse. Anche se il principio potrebbe essere fatto funzionare per una percentuale relativamente piccola [28] della popolazione umana, non potrebbe mai essere una soluzione mainstream per tutto il mondo a causa della sua dipendenza da tecnologie di energia rinnovabile per farla funzionare – e delle schiaccianti limitazioni nel raccogliere energia rinnovabile.

Per riconciliare l’economia circolare con la Seconda legge dobbiamo applicare non solo cambiamenti al modo in cui usiamo i materiali, ma al modo in cui li consumiamo. Inoltre, ciò implica una tale riduzione dell’uso di risorse [29] da parte dei consumatori più ricchi e sviluppati, che l’immagine dell’economia circolare proposta dai suoi fautori, non corrisponde alla realtà [30] di farla funzionare per la maggioranza della popolazione mondiale.

In assenza di una proposta che soddisfi le limitazioni globali all’energia ed alle risorse [30] sul sistema umano, compresi i limiti alla produzione di energia rinnovabile, l’attuale rappresentazione della ‘economia circolare’ non è un’opzione praticabile. Praticamente quindi, non è altro che un balsamo per la coscienza dei consumatori ricchi che, nel profondo, sono abbastanza consapevoli da rendersi conto che la loro vita di lussi presto sarà finita, man mano che le crisi collegate ecologica ed economica [31] morderanno sempre più in alto nella scala del reddito.


Riferimenti:
  1. BBC Radio 4: ‘Today’, 17 april 2018 – https://www.bbc.co.uk/programmes/b006qj9z
  2. Guardian Online: ‘Scientists accidentally creat https://www.bbc.co.uk/programmes/b006qj9z e mutant enzyme that eats plastic bottles’, 16th April 2018 – https://www.theguardian.com/environment/2018/apr/16/scientists-accidentally-create-mutant-enzyme-that-eats-plastic-bottles
  3. Wikipedia: ‘Enzima’ - https://it.wikipedia.org/wiki/Enzima
  4. Wikipedia: ‘Polietilene teraftalato – https://it.wikipedia.org/wiki/Polietilene_tereftalato
  5. Wikipedia: ‘Circular economy’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Economia_circolare
  6. Wikipedia: ‘Ellen MacArthur Foundation’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Ellen_MacArthur_Foundation
  7. Wikipedia: ‘Laws of thermodynamics’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Laws_of_thermodynamics
  8. Wikipedia: ‘Second law of thermodynamics’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Secondo_principio_della_termodinamica
  9. Wikipedia: ‘Processo irreversibile’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Irreversible_process
  10. BioScience: ‘Limiti energetici alla crescita economica’, vol.61 no.1, gennaio 2011 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/brown2011.shtml
  11. EU Joint Research Committee: ‘Metalli cruciali nelle tecnologie energetiche strategiche – valutare i metalli rari man mano che la filiera di fornitura si restringe nelle tecnologie energetiche a basso tenore di carbonio’, 2011– http://www.oakdenehollins.com/pdf/CriticalMetalsinSET.pdf
  12. Wikipedia: ‘Età del rame’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Et%C3%A0_del_rame
  13. U.S. Geological Survey: ‘Cellulari riciclati – uno scrigno di metalli preziosi, luglio 2006 – https://pubs.usgs.gov/fs/2006/3097/fs2006-3097.pdf
  14. Environmental Science and Technology: ‘Analisi dinamica dei flussi globali di rame, Glöser et al., vol.47 no.12 pp.6564-6572, maggio 2013 – https://pubs.acs.org/doi/full/10.1021/es400069b
  15. Wikipedia: ‘Picco del rame’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Peak_copper
  16. Resource Policy: ‘La sostenibilità ambientale delle miniere in Australia: macrotendenza chiave e limiti incombenti’, Gavin M. Mudd, vol.35 no.2 pp.98-115, giugno 2010 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/mudd2010.shtml
  17. Wikipedia: ‘Furti di metalli’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Metal_theft
  18. Mining: ‘Crisi della fornitura di rame prima del previsto – esperti’ 10 aprile 2018 – http://www.mining.com/copper-supply-crunch-earlier-predicted-experts/
  19. Wikipedia: ‘Energy returned on energy invested’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull%27investimento_energetico
  20. Ecological Modelling: ‘Analisi delle impronte energetiche associate al riciclo di vetro e plastica – casi studio per l’ecologia industriale’, vol.174 no.1-2 pp.175-189, maggio 2004 – https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0304380004000067
  21. Sustainability: ‘Energia, crescita economica e sostenibilità ambientale: cinque proposte’, vol.2 pp.1784-1809, 18 giugno 2010 – http://www.mdpi.com/2071-1050/2/6/1784/pdf
  22. Nature: ‘Tempo di lasciarsi indietro il PIL’, vol.505 pp.283-285, 16 gennaio 2014 – http://www.nature.com/polopoly_fs/1.14499!/menu/main/topColumns/topLeftColumn/pdf/505283a.pdf
  23. International Journal of Transdisciplinary Research: ‘La necessità di nuovo paradigma basato sulla biofisica in economia per la seconda metà dell’era del petrolio’, vol.1 no.1 pp.4-22, 2006 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/hallklitgaard2006.shtml
  24. Wikipedia: ‘Arthur Eddington’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_Eddington
  25. Journal of Cleaner Production: ‘Perché siamo drogati di crescita? La strada difficle verso la decrescita nel percorso involutivo dello sviluppo occidentale’, vol.18 no.6 pp.590-595, aprile 2010 – https://degrowth.org/wp-content/uploads/2011/05/Van-Griethuysen-why-are-we-growth-addicted.pdf
  26. The Australian National University : ‘Il ruolo dell’energia nella crescita economica’, Centre for Climate Economics & Policy, ottobre 2010 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/stern2010.shtml
  27. PNAS: ‘Tracciare il superamento ecologico dell’economia umana’, vol.99 no.14 pp.9266-9271, 9 luglio 2002 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/wackernagel2002.shtml
  28. The Corner House: ‘Sicurezza energetica: per chi? Per cosa?’, febbraio 2012 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/cornerhouse2012.shtml
  29. Paul Mobbs/MEI: ‘L’energia al di là del petrolio – potreste tagliare il vostro uso di energia del 60%?’, giugno 2005 – http://www.fraw.org.uk/mei/energy_beyond_oil_book.shtml
  30. Ecological Economics: ‘Decrescita e fornitura di denaro in un mondo con scarsità di energia’, vol.84 pp.187-193, 28 marzo 2011 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/douthwaite2011.shtml
  31. Proceedings of the Royal Society B: ‘Un collasso della civiltà globale può essere evitato?’, vol.280 no.1754, 7 marzo 2013 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/ehrlich2013.shtml
  32. Melbourne Sustainable Society Institute: ‘Il collasso globale è imminente?: Un confronto aggiornato dei Limiti della Crescita coi dati storici’, Research Paper No.4, agosto 2014 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/turner2014.shtml