mercoledì 20 giugno 2018

I Dirupi Incombenti. "Picco Per Capre" e "Troppi Umani" .



Riflessioni di Eleonora Vecchi su due libri recenti "Picco per Capre" di Jacopo Simonetta e Luca Pardi e "Umani, Troppi Umani" di Natan Feltrin
(Fotografia di Debitum Naturae https://www.facebook.com/debitumnaturaeofficial/)

 
Di Eleonora Vecchi

...una serie di forti carestie nel corso della prima metà di questo secolo è uno scenario possibile, magari probabile, ma non sicuro… alternative diverse richiederebbero di fare cose che non abbiamo mai fatto nella Storia, come ridurre volontariamente il nostro numero ed i nostri consumi.

È emblematico come a distanza di poche settimane siano stati pubblicati due libri sulle questioni più urgenti e scottanti degli ultimi anni. Temi condannati da decenni ad aggirarsi solo tra gli specialisti e che, tacciati di pessimismo dai proseliti della tecnologia quale deus ex machina, raramente trovano riverbero nella discussione pubblica.
Picco per capre – Capire, cercando di cavarsela, la triplice crisi: economica, energetica ed ecologica di Jacopo Simonetta e Luca Pardi è un simpatico ed efficace libro che si pone il difficile compito di raggiungere, al di la di ogni pessimismo antropologico, l’attenzione di ogni lettore e di aiutarlo a comprendere cosa significhi l’essere andati oltre ogni ragionevole limite.

Altro demone economico che, muto, ricorre sempre più nei pensieri di molti, è il topic della sovrappopolazione.

La problematicità e l’importanza del tema demografico è proporzionale allo sforzo ovunque messo in atto per ignorarlo o addirittura, negarlo. La popolazione mondiale si trova ai massimi storici, quasi a quota 8 miliardi. Per chiunque abbia un’infarinatura d’ecologia, questa prosperità è tutt'altro che florida. Un’onesta e “non politically correct” riflessione a riguardo si può trovare nel libro, appena pubblicato, Umani, troppi umani – Sfide etico-ecologiche della crescita demografica di Natan Feltrin, dedicato ai dilemmi etici ed ecologici che un tale surplus demografico ci pone a fronteggiare.

La lettura di Picco per capre è come un veloce ed intenso viaggio su snodate montagne russe alla fine del quale un bel mal di stomaco è fisiologicamente inevitabile. Ogni capitolo sospinge su navette tematiche che, superando la fumiginosa nebbia data da modelli di azione anacronistici, dati fraudolenti e trucchi economici, mostrano il lucido quadro dello stato di criticità in cui l’era del no-limits ci ha condotto.

Gli ottimisti di sorta rimarranno sicuramente delusi dal lucido panorama che ve ne si dispiega e nessuna istanza politico-economica attualmente in auge ne rimarrà salva. Quando si ha a che fare con la crisi economica ed ecologica contemporanea una buona lettura si riconosce dal suo essere estremamente indigesta.

Per chiunque voglia dirsi realista, tali letture sono assolutamente necessarie.



Il messaggio è inequivocabile: la china che stiamo seguendo è quella di una fanta-economia che danza al ritmo della crescita illimitata resa possibile dalle innovazioni energetico e industriali. La musica sulla quale tale economia edifica il suo mondo di passi è però profondamente dissonante rispetto alla realtà fisica e sociale. Difatti, se la prima si rifà ad una prospettiva teleologica di progresso, quest'ultima ci rammenta che il sistema finanziario basato su soldi “virtuali” ha in realtà la sua controparte nell'effettiva possibilità di estrarre dall'ambiente quelle risorse necessarie a coprire la nozione di “crescita economica”. L’impatto antropico è aumentato di 140 volte in 100 anni. In un pianeta di risorse finite, la logica dell'infinito appropriarsi del mondo non è chiaramente più sostenibile e, capitolo per capitolo, se ne dispiega la drammaticità attraverso il concetto di “picco”.
Dopo ogni cima si nasconde inesorabilmente un dirupo.
In questo caso in bilico vi è la nostra civiltà, compresi tutti quei vizi a noi cari, dalle due televisioni per casa, allo shopping, al muoversi in macchina per andare a lavoro, ai voli low cost… 

La vita di tutti noi dipende dal petrolio. Non esiste un’alternativa al petrolio. Volenti o nolenti, ci dovremo arrangiare con molto meno energia di adesso.

Non c’è innovazione tecnologica che regga!

Siamo in pieno picco del petrolio e quello minerali rari è già stato oltrepassato. La situazione dell'acqua potabile è critica, probabilmente peggiore di quanto i dati più diffusi sono soliti rappresentare. A comprovare l’emergenza di questa crisi vi sono le guerre per l’acqua potabile, oramai fiorite come un prato a primavera, silenziose come la stagione priva di insetti della Carson.

Senza spingerci a considerare la possibilità, per nulla fantascientifica, dell'estinzione di Homo sapiens, lo scenario che si prospetta è quello di un mondo pervaso dalla miseria e da guerre sempre più frequenti allo scopo di impossessarsi delle ultime risorse. Chi non si trova ad occupare un ruolo forte nel gioco finanziario, o chi vive in ambienti ecologicamente fragili – come India, Africa o Sud America – sta pagando ormai da anni lo scotto di trovarsi alle basi della financial cascade.
Infatti il panorama globale, la cui linfa risiede nelle pratiche di commercio capital-liberista, non lascia più respiro a possibili economie della sussistenza ma sovente conduce a situazioni di miseria estrema. Aggiungiamo inoltre come le innovazioni tecnologiche adottabili per addolcire la via della transizione in molte nazioni non si scelgono oppure vengono valorizzate in modo simbolico. È comprensibile, giacché le scelte da farsi andranno contro gli interessi delle grandi imprese (quelle petrolifere e del carbone, dei trasporti, delle armi, dell'edilizia, dell'alimentazione, per dirne alcune) ed è “grazie a una quantità anomala di denaro che costoro sono in grado di condizionare sempre di più il potere politico”. Ma la politica non dovrebbe farsi serva dell'attuale gioco economico, bensì proporre modelli di vita altri.

Come sarà quindi la civiltà dopo il baratro? 

Scordatevi di avere a vostra disposizione un esercito di telefonini ed altri apparecchi high tech o, se proprio non poteterinunciarvi, cominciate ad informarvi sui moduli da compilare per la sterilizzazione! 

Siamo infatti in presenza di uno tra i picchi più silenziosi, quello di cui nessuno vuole prendersi l’onere di affrontare seriamente. Stiamo parlando dell'esorbitante numero di esseri umani che popolano il pianeta Terra: “..le cellule cancerose proliferano finché non uccidono l’organismo. La popolazione e la crescita economica si comportano allo stesso modo. Ci sono solo due modi per ridurre la crescita dell'umanità: ridurre il tasso delle nascite o aumentare quello delle morti. Quale preferisci?” 

Vi invito a considerare nuovamente la nozione di “picco”: un momento di massima prosperità, dopo il quale l’andamento esponenzialmente decrescente non trova un gentile ed arbitrario arresto. Applicata alla popolazione, stento a credere che ciò non provochi un brivido di nervosismo in chiunque riesca a figurarsi possibili scenari. 

Per affrontare realisticamente questa crisi è necessario in prima istanza “includere le problematiche umane in un più ampio quadro eco-referente”, cioè reinserire l’umanità tra il collettivo dei viventi. “Con Malthus l’umanità ha realizzato l’esistenza di un limite alla riproduzione per il benessere delle società, con Darwin l’uomo ha compreso pienamente che nella lotta per le risorse non è diverso da nessun’altra creatura vivente”. Alla situazione attuale è necessario avviare un piano di controllo demografico. Tacciare il birth control come mezzo per un’eugenetica sessista e razzista è fazioso poiché a conti fatti, la donna è intesa come strumento procreativo “passivo” della società. Se vi doveste chiedere perché vi sia tale premura nell'assicurarsi una percentuale di natalità positiva, oltre ai motivi fortemente nazionalisti, è utile ricordarsi come le coppie con nascituri sono coloro che più di tutti carburano la macchina dei consumi.

Economia ed ecologia sono saldamente intrecciati.

Accanto al nostro stile di vita consumistico, altrettanto drammatico è il dominio terrestre della biomassa umana che, considerando anche le specie animali da lui domesticate, costituisce il 97-98% del numero dei vertebrati su Gaia. Abbiamo fondato la riuscita della nostra nicchia ecologica sulla desertificazione di ogni diversità biotica, dando inizio alla più grande estinzione di massa dopo quella del Permiano (250 milioni di anni fa)! 

Ogni essere umano non è una monade ontologicamente isolata, ma un essere-nel-mondo e, di conseguenza, un con-essere nell'incredibile varietà correlata della vita.” Il legame che intessiamo però non è esclusivamente intra-umano, ma coinvolge l’interezza della biosfera.

Ogni epoca è chiamata a scegliere chi fare proprie vittime. Questo tipo di umanità vale davvero il prezzo di infinite esistenze? Non credo vi possano essere giustificanti.

Se la crescita demografica è il nodo essenziale da scingere per evitare un’ecatombe immotivata di vite, presenti e future, umane e non, essere childfree è un oggi obbligo morale.

Questa affermazione porta con sé molteplici problematiche etiche, soprattutto se consideriamo l’attuale boom demografico di Africa, America Latina ed Asia, il cui tasso di natalità tocca in alcuni casi il 3-4%. Bisogna evitare qui ogni ricaduta di carattere razzista, infatti “quando si pensa all'eccesso di crescita demografica sono sempre gli altri ad essere in troppi” . Intervenire fornendo la possibilità di piani famigliari significa dare a paesi estremamente fragili la possibilità di scegliere il futuro da percorrere. “Che senso c’è nell'impedire alla gente di morire di malaria, solo per condannarla a morire più lentamente di fame?”  

Cercare di stabilire un optimum demografico è tuttavia nebuloso e non tiene conto degli infinite contingenze dell’esistere. Permette inoltre di aggirare i problemi etici, separando morale e sostenibilità.

Il motto non deve essere “ci è concesso tutto sotto una certa soglia”, come la nozione di planetary boundaries può suggerire a molti. Ciò che deve essere ancora delle nostre azioni è un’ “etica della responsabilità”. Feltrin ben mette in chiaro, il cambiamento deve essere in prima istanza etico: “abitare quel sinechismo tra fatti e valori senza mai avere la pretesa di risolvere i secondi nei primi”.



In questa cornice è necessario interrogarsi su cosa si intenda come stile di vita dignitoso e a quale sfondo di valori faccia riferimento. L’affermazione di Reagan, poi riproposta da Bush: “Il tenore di vita degli americani non è negoziabile”, è eticamente insostenibile. Se la popolazione mondiale vivesse allo stesso ritmo degli U.S.A. si necessiterebbe infatti dell’equivalente di 4.8 pianeti Terra. Le rinunce che sono richieste al nostro stile di vita sono meri “sacrifici” o è un creare un modo sano di co-esistere nel rispetto delle altre alterità viventi? 

Il cambiamento strutturale da compiersi è un imperativo morale e chiunque scelga di procrastinare ora sarà complice della più dura crisi che verrà.

Il comunicato di questi due testi è limpido. Il cambiamento non è evitabile, a noi è concesso solamente di scegliere in quale modo farlo avvenire. Attraverso una transizione faticosa ma controllata, oppure attraverso il tracollo forzato. “Maggiore sarà il ritardo, più violenta sarà la catastrofe che ristabilirà l’equilibrio. Fra le altre cose, nascono così i terremoti e le rivoluzioni, non è una cosa da prendere alla leggera.


RIFERIMENTI:


sabato 16 giugno 2018

La Seconda Legge della Termodinamica – la voragine in mezzo all’economia circolare


Di Paul Mobbs, pubblicato originariamente sul sito Free Range Activisim
 Da “Resilience”. Traduzione di MR


Perché l’ultimo tormentone della sostenibilità consumistica non solo non affronta il cuore del problema, ma è destinato a fallire.


Nota di Ugo Bardi - L'autore di questo testo, Paul Mobbs, fa alcune considerazioni corrette ma, nel complesso, non ha capito gran che proprio dell'argomento principale di cui parla. Purtroppo, vale una legge generale in questo campo "quelli che non capiscono la termodinamica sono condannati a produrre entropia inutilmente." Tuttavia, vale la pena di leggerlo perché è vero che molti di quelli che parlano a sproposito di economia circolare hanno capito ancora meno di lui. 
 

Questa mattina, ascoltando Radio 4, ho ascoltato le due parole chiave giustapposte che ho imparato a temere negli ultimi due anni; “economia circolare”. E’ un’idea fantastica e non posso criticare la vera convinzione di chi la promuove. Il mio problema è che il modo in cui descrivono ha poco a che fare con la realtà fisica del mondo, pertanto si tratta semplicemente di un jolly per “uscire gratuitamente dall’inferno” per consumatori ricchi – che sono, a quanto sembra, coloro che sostengono più a gran voce questa idea.

Come succede spesso nelle eco-storie atte a farti sentire bene, l’intervistatore del programma di oggi [1] era tutto leggero ed arioso; e ovviamente in imbarazzo perché non aveva la sicurezza di sé per porre una qualsiasi domanda fondamentale e scomoda all’intervistato.

Il segmento stava esaminando la nuova ricerca [2] dell’Università di Portsmouth. Hanno scoperto un enzima mutante da batteri che hanno scoperto vivere fra la plastica nei centri di riciclaggio. Come tutti gli enzimi [3] – come le cose che vengono aggiunte al detersivo di modo che possiate pulie i vestiti senza bollirli – queste molecole complesse accelerano le reazioni chimiche agendo sui legami chimici che tengono insieme le cose. In questo caso, l’enzima spezza i legami della molecole di polietilene teraftalato [4] (PET).

Idea splendida. E, se si dimostra essere ecologicamente sicura, eccellente chimica. Non è questo il problema qui.


Entriamo nella “economia circolare”
Lo scienziato quindi descrive il valore di questo enzima come parte dell‘economia circolare’ [5] – un concetto proposto negli anni 80, e reso popolare in anni recenti da organizzazioni come la Ellen MacArthur Foundation [6], per passare da un processo economico lineare ad uno circolare:

  • Economia ‘lineare’‘ – significa che i materiali vengono creati, usati e smaltiti come rifiuti, richiedendo che vengano impiegate nuove risorse per sostituirli, che è il modo in cui funziona il cuore dell’economia oggi; 
  • Economia ‘circolare‘ – significa che tutti i materiali ed i prodotti vengono fatti e venduti di modo che il loro contenuto possa essere completamente riciclato ed usato in nuovi prodotti di nuovo, ovviando alla necessità di produrre nuove risorse per sostituirli.

E’ una buona idea. Un’idea che sosterrei con tutto il cuore, se non fosse per un piccolo intoppo tecnico che percepisco in questo concetto; le Leggi della termodinamica [7] – e in particolare la mia preferita, la Seconda Legge della Termodinamica [8].

Le Leggi della Termodinamica sono nate in parallelo con l’industrializzazione, essendo state inizialmente usate per descrivere il funzionamento dei motori a vapore. Col tempo, la scienza ha perfezionato i principi di queste ‘leggi’ ed ora le ritiene universali.

La Seconda Legge ha a che fare con le reazioni irreversibili – cioè, operazioni che una volta intraprese non possono essere annullate.

Ciò che l’idea di ‘economia circolare’ proporrebbe in relazione alle bottiglia di plastica in PET è: prendi un po’ di gas naturale (sì, al contrario dell’idea che la plastica provenga dal petrolio, gran parte delle plastiche provengono da sottoprodotti leggeri della raffinazione del petrolio, ma più che altro gas naturale e condensato) e trasformalo in plastica PET; poi facci una bottiglia di plastica con una macchina modellatrice; usa la bottiglia; poi ricicla la bottiglia e continua a riciclarla dopo ogni uso – ovviando alla necessità di usare altro gas naturale per creare plastica. Di conseguenza, l’uso della bottiglia diviene ‘circolare’.

Perfetto, non è così?


Le restrizioni termodinamiche alla speranza umana

Naturalmente, c’è sempre un enorme “ma” in situazioni come questa.

In questo caso, l’uso della plastica rappresenta una reazione ‘reversibile’ – puoi fare plastica e poi riciclarla per fare altra plastica. Risolto!

L’energia spesa per farlo, tuttavia, non è un processo irreversibile [9]. Non può essere recuperata. La Seconda Legge impone che l’energia può essere usata, ma nel processo la ‘qualità’ (leggi ‘utilità’, o ‘densità’, o ‘valore’) di quell’energia viene degradata e, una volta degradata, quella ‘qualità’ non può essere recuperata senza usare anche più energia di quella che è stata spesa quando è stata usata l’energia per la prima volta.

Per esempio, l’acqua che scorre a valle può far girare una turbina e produrre elettricità; ma ci vuole più elettricità di quella che è stata generata per riportare di nuovo lo stesso volume di acqua indietro verso la cima della collina.

Ora, a questo punto i fautori dell’economia circolare parleranno di energia rinnovabile, evitando quindi il problema delle risorse finite che vengono usate per alimentare il processo. E’ vero, fino a un certo punto. E quel punto è, i sistemi di energia rinnovabile di cosa sono fatti? Risorse finite.


I limiti dell’energia rinnovabile

Solo perché l’energia rinnovabile è ‘rinnovabile’ non significa che le macchine che ci servono per raccoglierla siano esenti dai limiti finiti delle risorse terrestri [10].

Ci sono grandi progetti per alimentare il mondo usando energia rinnovabile. La difficoltà è che nessuno si è scomodato a verificare per vedere se le risorse per produrre quell’energia siano disponibili. Una ricerca recente suggerisce che le risorse necessarie per produrre quel livello di capacità attualmente non possono essere fornite [11].

Il punto di crisi è che mentre potrebbero esserci indio, gallio, neodimio ed altri metalli rari a sufficienza per costruire turbine eoliche o pannelli FV per il mezzo miliardo (più o meno) di consumatori ricchi ( che sono le persone che con più probabilità staranno leggendo questo articolo), non ce ne sono a sufficienza per dare a tutti lo stesso livello di consumo energetico – le avremmo finite molto prima.

Per esempio, il primo metallo che gli esseri umani hanno fuso [12] circa 9.000 anni fa, è stato il rame. Da allora il rame è stato un eccellente indicatore dello sviluppo umano, col consumo che aumenta in linea con lo sviluppo umano. Un motivo di questo è che man mano che l’uso industriale è crollato (per esempio sostituendo tubi di rame con la plastica) abbiamo usato più rame per nuove tecnologie (per esempio l’elettronica – circa il 14% [13] del peso di un telefono cellulare è rame).

Il rame ha anche uno dei migliori e più collaudati sistemi di riciclaggio, ma nonostante questo è stato stimato che solo metà di tutto il rame viene riusato [14].

Il problema è che, a causa del suo lungo ed intensivo uso globale, ci stiamo avvicinando al ‘picco del rame’ [15] – il punto in cui la quantità di rame rimasta nel sottosuolo e, cosa più importante, il crollo della qualità del suo minerale, riduce la quantità che può essere prodotta annualmente. E, cosa ancora più significativa, l’impatto ecologico [16] del crollo della qualità del minerale di rame è che l’energia consumata e i gas serra emessi dalla sua produzione aumentano esponenzialmente.

Ora naturalmente usiamo il rame in modo più efficiente. E dovessimo esserne a corto, l’aumento dei prezzi aumenteranno i tassi di riciclo – anche se questo aumenterà anche i furti [17] di rame nella società. La difficoltà è che, appena la settimana scorsa [18], l’industria del rame ha annunciato di essere preoccupata per la produzione dopo il 2020.

La strategia è importante, ma il cambiamento ‘reale’ è cruciale


OK, torniamo all’economia ‘circolare’.

Ciò che realmente importa qui non è tanto il materiale usato nella produzione, ma la densità energetica della produzione. La densità energetica non è solo una questione di quanta energia serve per produrre un articolo, ma quanto dura quell’articolo. Questo a sua volta condiziona il ‘ritorno’ dell’energia investita nella sua produzione – o EROEI [19].

Diciamo che una bottiglia di plastica impiega se settimane per essere fatta, riempita, comprata, consumata, raccolta e riprocessata fino ad essere rifatta. E’ buono, perché riciclare la plastica può rappresentare un risparmio di più del 50% [20] sull’energia usata per produrla in confronto ai materiali vergini.

Ciò che determina la sostenibilità a lungo termine di questo però non è solo il risparmio una tantum, ma la percentuale che può essere fattibilmente risanata e riusata.

Ipotizziamo che, nel migliore dei casi, possiamo recuperare il 60% del contenuto della bottiglia sul ciclo di sei settimane. Dopo un ciclo, sei settimane, ci rimane il 60% del materiale. Dopo due cicli, 12 settimane, ci rimane il 60% x 60% = 36%. Dopo tre cicli c’è il 60% x 36% = 22%. Dopo quattro cicli il 13%, eccetera.

Alla fine di un anno (o 8 o 9 cicli), ci rimarrebbe solo l1% della plastica.

La reazione ovvia è, “be’, ricicliamo di più”. Il problema è che raggiungere un tasso di recupero alto richiede in realtà la spesa di più energia, riducendo l’energia risparmiata – e man mano che ci si avvicina al 100%, la quantità richiesta è probabile che superi l’energia necessaria per produrre nuova plastica da materie prime.

Per esempio, riciclare in aree urbane densamente popolate è facile, perché la gestione dei rifiuti è una parte essenziale della capacità di gestire un’area urbana. Ma nelle aree rurali e nei paesi meno densamente popolati? A che punto l’energia spesa per far andare un veicolo di raccolta supera l’energia risparmiata col recupero dei materiali? (risposta – dipende completamente dalle circostanze locali, quindi deve essere valutata come parte del processo di pianificazione, piuttosto che generalizzata in anticipo).

“E’ il consumo, stupido!”

E’ la stessa cosa per il problema del crollo del minerale di rame. Più la tua fonte è diffusa, più energia devi spendere per recuperarla. Ottenere la plastica facile, diciamo la prima metà, sarà facile. Ottenere il successivo 20% potrebbe costare lo stesso sforzo. Il 10% successivo il doppio. A l’ultimo 20%. Potrebbe non produrre alcun risparmio.

Alternativamente, potremmo estendere la vita della bottiglia – riempiendola anziché riciclandola. Ciò avrebbe un effetto significativo, ma anche così, ad ogni ciclo di riempimento, un certo numero di bottiglie verrebbero scartate.

Però non ignorate questa opzione. Si può dire che, al posto di aumentare i tassi di riciclo, estendere la vita di servizio delle risorse probabilmente ha il profilo energetico migliore – visto che riduce non solo la necessità di rifabbricare le risorse, ma anche la necessità di riciclarle/sostituirle. Il problema è che spesso il riuso richiede un cambiamento di gran lunga più grande e la cooperazione dei consumatori – esattamente la cosa che una economia ‘liberale’ odia fare perché comporta l’imposizione di azioni al consumatore.


Dimenticate la linea di Bill Clinton sulla ‘economia’; "E’ il consumo, stupido!"
Cosa ancora più importante, in tutto questo processo, viene spesa energia [21]; e l’energia è la cosa che non possiamo recuperare. Pertanto, dobbiamo evitare di rifabbricare o recuperare, per prima cosa. La difficoltà è che nessuno vuole sostenere questo – combinando riuso multiplo, riciclo intensivo E tempo di servizio più lungo – in quanto questo significa l’eliminazione effettiva di consumismo, moda, ‘innovazione’ e molte delle altre caratteristiche totemiche [22] della moderna economia consumistica materialista.

Quindi, ancora una volta, dato che una grande quantità della ricchezza mondiale deriva dallo sfruttamento delle risorse, qualsiasi cambiamento di questo schema è probabile che abbia implicazioni enormi per l’economia quotidiana [23] sulla quale si basano la maggior parte dei ricchi consumatori per consumare.


La ‘economia circolare’ deve accettare la realtà termodinamica

Arthur Eddington [24] era uno scienziato (e quacchero) che ha fatto progredire la fisica e l’astrofisica nei primi decenni del XX secolo, ed ha reso popolari le teorie di Albert Einstein – contro il pregiudizio anti tedesco ed anti ebraico dell’establishment scientifico.

In relazione alla Seconda Legge della Termodinamica, Eddington ha prodotto una famosa affermazione:

Se qualcuno ti fa notare che la tua teoria preferita dell’universo è in disaccordo con le equazioni di Maxwell – allora tanto peggio per le equazioni di Maxwell. Se si scopre che sono contraddette dalle osservazioni – be’, questi sperimentatori pasticciano un po’ con le cose a volte. Ma se si scopre che la tua teoria è contro la seconda Legge della Termodinamica, non posso darti alcuna speranza; per lei non rimane altro che crollare nella più profonda umiliazione.

La ‘economia circolare’ è, secondo me, uno stratagemma per far percepire ai consumatori ricchi che possono continuare a consumare senza la necessità di cambiare le loro abitudini. Non c’è niente di più lontano [25] dalla realtà e la ragione principale di questo è la necessità di energia per alimentare l’attività economica [26].

Mentre il concetto di ‘economia circolare’ ha certamente le idee giuste, essa si sottrae agli aspetti più importanti della nostra crisi ecologica di oggi [27] – è il consumo il problema, non il semplice uso di risorse. Anche se il principio potrebbe essere fatto funzionare per una percentuale relativamente piccola [28] della popolazione umana, non potrebbe mai essere una soluzione mainstream per tutto il mondo a causa della sua dipendenza da tecnologie di energia rinnovabile per farla funzionare – e delle schiaccianti limitazioni nel raccogliere energia rinnovabile.

Per riconciliare l’economia circolare con la Seconda legge dobbiamo applicare non solo cambiamenti al modo in cui usiamo i materiali, ma al modo in cui li consumiamo. Inoltre, ciò implica una tale riduzione dell’uso di risorse [29] da parte dei consumatori più ricchi e sviluppati, che l’immagine dell’economia circolare proposta dai suoi fautori, non corrisponde alla realtà [30] di farla funzionare per la maggioranza della popolazione mondiale.

In assenza di una proposta che soddisfi le limitazioni globali all’energia ed alle risorse [30] sul sistema umano, compresi i limiti alla produzione di energia rinnovabile, l’attuale rappresentazione della ‘economia circolare’ non è un’opzione praticabile. Praticamente quindi, non è altro che un balsamo per la coscienza dei consumatori ricchi che, nel profondo, sono abbastanza consapevoli da rendersi conto che la loro vita di lussi presto sarà finita, man mano che le crisi collegate ecologica ed economica [31] morderanno sempre più in alto nella scala del reddito.


Riferimenti:
  1. BBC Radio 4: ‘Today’, 17 april 2018 – https://www.bbc.co.uk/programmes/b006qj9z
  2. Guardian Online: ‘Scientists accidentally creat https://www.bbc.co.uk/programmes/b006qj9z e mutant enzyme that eats plastic bottles’, 16th April 2018 – https://www.theguardian.com/environment/2018/apr/16/scientists-accidentally-create-mutant-enzyme-that-eats-plastic-bottles
  3. Wikipedia: ‘Enzima’ - https://it.wikipedia.org/wiki/Enzima
  4. Wikipedia: ‘Polietilene teraftalato – https://it.wikipedia.org/wiki/Polietilene_tereftalato
  5. Wikipedia: ‘Circular economy’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Economia_circolare
  6. Wikipedia: ‘Ellen MacArthur Foundation’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Ellen_MacArthur_Foundation
  7. Wikipedia: ‘Laws of thermodynamics’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Laws_of_thermodynamics
  8. Wikipedia: ‘Second law of thermodynamics’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Secondo_principio_della_termodinamica
  9. Wikipedia: ‘Processo irreversibile’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Irreversible_process
  10. BioScience: ‘Limiti energetici alla crescita economica’, vol.61 no.1, gennaio 2011 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/brown2011.shtml
  11. EU Joint Research Committee: ‘Metalli cruciali nelle tecnologie energetiche strategiche – valutare i metalli rari man mano che la filiera di fornitura si restringe nelle tecnologie energetiche a basso tenore di carbonio’, 2011– http://www.oakdenehollins.com/pdf/CriticalMetalsinSET.pdf
  12. Wikipedia: ‘Età del rame’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Et%C3%A0_del_rame
  13. U.S. Geological Survey: ‘Cellulari riciclati – uno scrigno di metalli preziosi, luglio 2006 – https://pubs.usgs.gov/fs/2006/3097/fs2006-3097.pdf
  14. Environmental Science and Technology: ‘Analisi dinamica dei flussi globali di rame, Glöser et al., vol.47 no.12 pp.6564-6572, maggio 2013 – https://pubs.acs.org/doi/full/10.1021/es400069b
  15. Wikipedia: ‘Picco del rame’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Peak_copper
  16. Resource Policy: ‘La sostenibilità ambientale delle miniere in Australia: macrotendenza chiave e limiti incombenti’, Gavin M. Mudd, vol.35 no.2 pp.98-115, giugno 2010 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/mudd2010.shtml
  17. Wikipedia: ‘Furti di metalli’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Metal_theft
  18. Mining: ‘Crisi della fornitura di rame prima del previsto – esperti’ 10 aprile 2018 – http://www.mining.com/copper-supply-crunch-earlier-predicted-experts/
  19. Wikipedia: ‘Energy returned on energy invested’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull%27investimento_energetico
  20. Ecological Modelling: ‘Analisi delle impronte energetiche associate al riciclo di vetro e plastica – casi studio per l’ecologia industriale’, vol.174 no.1-2 pp.175-189, maggio 2004 – https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0304380004000067
  21. Sustainability: ‘Energia, crescita economica e sostenibilità ambientale: cinque proposte’, vol.2 pp.1784-1809, 18 giugno 2010 – http://www.mdpi.com/2071-1050/2/6/1784/pdf
  22. Nature: ‘Tempo di lasciarsi indietro il PIL’, vol.505 pp.283-285, 16 gennaio 2014 – http://www.nature.com/polopoly_fs/1.14499!/menu/main/topColumns/topLeftColumn/pdf/505283a.pdf
  23. International Journal of Transdisciplinary Research: ‘La necessità di nuovo paradigma basato sulla biofisica in economia per la seconda metà dell’era del petrolio’, vol.1 no.1 pp.4-22, 2006 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/hallklitgaard2006.shtml
  24. Wikipedia: ‘Arthur Eddington’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_Eddington
  25. Journal of Cleaner Production: ‘Perché siamo drogati di crescita? La strada difficle verso la decrescita nel percorso involutivo dello sviluppo occidentale’, vol.18 no.6 pp.590-595, aprile 2010 – https://degrowth.org/wp-content/uploads/2011/05/Van-Griethuysen-why-are-we-growth-addicted.pdf
  26. The Australian National University : ‘Il ruolo dell’energia nella crescita economica’, Centre for Climate Economics & Policy, ottobre 2010 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/stern2010.shtml
  27. PNAS: ‘Tracciare il superamento ecologico dell’economia umana’, vol.99 no.14 pp.9266-9271, 9 luglio 2002 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/wackernagel2002.shtml
  28. The Corner House: ‘Sicurezza energetica: per chi? Per cosa?’, febbraio 2012 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/cornerhouse2012.shtml
  29. Paul Mobbs/MEI: ‘L’energia al di là del petrolio – potreste tagliare il vostro uso di energia del 60%?’, giugno 2005 – http://www.fraw.org.uk/mei/energy_beyond_oil_book.shtml
  30. Ecological Economics: ‘Decrescita e fornitura di denaro in un mondo con scarsità di energia’, vol.84 pp.187-193, 28 marzo 2011 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/douthwaite2011.shtml
  31. Proceedings of the Royal Society B: ‘Un collasso della civiltà globale può essere evitato?’, vol.280 no.1754, 7 marzo 2013 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/ehrlich2013.shtml
  32. Melbourne Sustainable Society Institute: ‘Il collasso globale è imminente?: Un confronto aggiornato dei Limiti della Crescita coi dati storici’, Research Paper No.4, agosto 2014 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/turner2014.shtml

venerdì 15 giugno 2018

La propaganda che uccide: il caso Mata Hari

Traduzione di un mio post su "Cassandra's Legacy" - da "Ossin"


Un secolo dopo la sua morte, Mata Hari resta la figura esemplare di spia femminile, un caso estremo di «femme fatale». La si considera come una persona che, non solo seduceva gli uomini per desiderio di danaro e potere, ma anche perseguendo una sorta di desiderio lussurioso di vederli uccidersi a migliaia sui campi di battaglia. Ma non è mai stata quello che si dice di lei. Piuttosto è stata una delle prime vittime di ciò che noi oggi chiamiamo le «Fake News», conosciuto anche col nome di «propaganda», un insieme di tecniche di manipolazione di massa, che cominciavano allora a svilupparsi e che oggi hanno raggiunto la perfezione

Poco più di cento anni fa, il 24 luglio 1917, Margaretha Gertruida Zelle, conosciuta col nome di  Mata Hari, veniva condannata a morte da un tribunale militare a Parigi con l'accusa di essere una spia dei Tedeschi. Si disse che aveva trasmesso informazioni che avevano provocato la morte di «forse cinquantamila soldati francesi». Venne fucilata qualche mese dopo.

Oggi, rileggendo gli atti processuali, emerge con evidenza l'assurdità e l'incoerenza delle accuse. Se si vuole l'esempio di una corte di giustizia composta da marsupiali ("kangaroo court" in inglese), è proprio questo il caso. E' impossibile che Mata Hari abbia potuto fare quello che era accusata di aver fatto. E' stata piuttosto un capro espiatorio ucciso per distrarre il pubblico in un momento in cui la guerra andava male per la Francia. Detto in una parola: si trattava di una montatura. Uno dei primi esempi degli effetti mortali della propaganda (oggi chiamata anche col nome di «Fake News») che in quei tempi cominciava a diventare una caratteristica comune del nostro mondo.

Il processo ha segnato la fine di una carriera di ballerina e attrice che Margaretha Zelle aveva cominciato al ritorno in Europa dall'Indonesia, che allora si chiamava «Indie Olandesi». Aveva trascorso solo qualche anno laggiù come moglie di un ufficiale olandese, ma le era stato sufficiente per assorbire qualche elemento della cultura locale che le permetteva di dirsi buddista. Apprese dalla lingua locale anche quanto bastava per potere scegliere «Mata Hari» come nome d'arte, espressione che significa (sembra) «La luce dell'Alba». Come ballerina, Mata Hari è stata molto criticata ai suoi tempi ed è probabile che la sua danza non fosse niente di più che uno strip-tease di sapore orientale. Tuttavia diventò molto popolare in Europa, dopo avere dato la sua prima rappresentazione a Parigi nel 1905.

Nel corso degli anni seguenti, Mata Hari abbandonò progressivamente gli spettacoli di spogliarello in pubblico e si dice che sia diventata una cortigiana di alto rango, seducendo i ricchi e i famosi (in parte, anche questo può essere un fatto inventato dalla propaganda). Durante la guerra, ha forse tentato di fare l'agente segreto, ma è più probabile che sia stata semplicemente strumentalizzata. In un certo senso, sia i servizi segreti francesi, che quelli tedeschi, hanno collaborato per mandarla di fronte al plotone di esecuzione. I Tedeschi l'hanno considerata come un oggetto di propaganda utile per dimostrare come i Francesi fossero capaci di ammazzare una donna innocente, mentre i Francesi hanno usato il processo per dimostrare come fossero risoluti contro i traditori (e le traditrici).

Il processo e la detenzione di Mata Hari sono un esempio di crudeltà e di intimidazione. Le ultime immagini che abbiamo di lei non mostrano più la danzatrice che era stata, ma una donna fisicamente distrutta dopo mesi di vita in prigione. Dopo l'esecuzione, Mata Hari ha ricevuto anche l'estremo insulto, le venne rifiutata una sepoltura dignitosa, il suo corpo venne sezionato su un tavolo di ospedale e i suoi resti vennero gettati nella spazzatura. Si racconta che la sua testa mummificata sia stata tenuta per qualche anno nel museo di anatomia a Parigi, prima di essere anch'essa gettata via e persa. Le si è negato lo statuto di essere umano, considerandola piuttosto come una specie di insetto da eliminare. La trasformazione degli esseri umani in insetti, e la loro susseguente eliminazione, è qualcosa che Kafka aveva già profeticamente descritto nel romanzo La Metamorfosi.

Più tardi, l'antropologo Roy Rappaport ha definito «menzogne diaboliche» quelle che  «manipolano la struttura stessa della realtà». Oggi noi chiamiamo queste menzogne con il termine più neutro di «fake news», come fossero solo una moda che va e viene. Ma le «fake news» possono uccidere e una delle loro vittime è stata Mata Hari. La combinazione mortale di nazionalismo e di propaganda che l'ha uccisa sarebbe continuata fino ad esplodere negli anni successivi con la Seconda Guerra Mondiale, portando l'Europa a impegnarsi in uno dei peggiori stermini di innocenti della storia fino ad oggi. Mata Hari è stata tra le prime ad essere travolta da questa ondata di uccisioni senza senso. E' stata uccisa a sangue freddo da persone che, molto probabilmente, sapevano perfettamente che era innocente.
Può darsi che l'influenza orientale su Mata Hari non sia stata solo una indoratura per nobilitare un po' le sue danze, ma è possibile che ella abbia seriamente studiato il buddismo e altre correnti di pensiero orientali mentre si trovava nelle Indie olandesi. Il suo atteggiamento al momento dell'esecuzione, la sua calma, l'evidente convinzione che la morte sia solo un passaggio, sembra suggerirci che il suo buddismo non fosse solo una posa, ma qualcosa che aveva davvero preso a cuore. Cento anni dopo, abbiamo ancora qualcosa da apprendere dalla sua storia.

Queste note si basano principalmente sul libro di Rusell Warren Howe, Mata-Hari. L’histoire vraie (Éditions de l’Archipel, Paris 2007), e sul rapporto contemporaneo di Emile Massard, Espionnes à Paris (Gallimard, 1922), ma sono disponibili molte informazioni sulla sua storia. Mentre in passato qualcuno ancora sosteneva che era stata una spia, oggi l'opinione diffusa è che non lo sia stata.

martedì 12 giugno 2018

Accaparra Terre : Crescono Abitanti e Auto




Un Post di Silvano Molfese

Da quando gli stati ed i gruppi industriali più spregiudicati hanno toccato con mano il picco mondiale del petrolio convenzionale, alcune società di investimento, spalleggiate dai propri governi, hanno alzato la testa dalle miniere e preso di mira lo strato più superficiale della crosta terrestre: il suolo.
La rapida crescita della popolazione mondiale pone diversi problemi prima di tutto la disponibilità di cibo: l’industria agricola ha praticamente esaurito tutte le innovazioni tecniche, introdotte a partire dalla fine del 1800 tese ad aumentare le rese agricole, come: i fertilizzanti di sintesi, l’abbassamento della taglia nel riso e nel grano, l’esaltazione del vigore ibrido per il mais, ecc. (1).
Le ragioni di questo interesse per le terre altrui si spiega con l’aumento delle bocche da sfamare e con un più diffuso benessere economico: centinaia di milioni di persone mangiano maggiori quantità di carne, latte e uova .
A tutto ciò si aggiunge un fenomeno decisamente preoccupante che è la trasformazione di cereali in carburante per le auto. (2)  Pertanto tra il 2005 ed il 2009 è iniziata la corsa all’accaparramento di terre in altri stati.

Rivedendo la tabella sull’accaparramento di terre nel mondo, ho pensato di incrociare i dati sulla popolazione e la superficie territoriale dei principali stati coinvolti nell’accaparramento di terre.

     Tabella n. 1 – Principali Stati accaparratori e Stati bersaglio

Modificata da Gardner, State of the World 2015, pag. 71

In testa alla classifica degli stati che si accaparrano terre troviamo gli USA con ben 6,9 milioni di ettari acquisiti in altri stati del mondo. (tabella n. 1)
Caso anomalo è il Brasile che, pur avendo una bassa densità di abitanti si trova sia nell’elenco dei paesi accaparratori di terre (1,4 milioni di ha) e sia in quello dei paesi bersaglio, che subiscono l’accaparramento (1,8 milioni di ha).

Se dall’elenco dei paesi che si accaparrano terra escludiamo gli stati della penisola arabica, notoriamente desertici, vediamo che gli Stati Uniti, nonostante siano al secondo posto dopo il Brasile quanto a disponibilità procapite di terra, sono stati particolarmente attivi nell’acquisizione di terre all’estero.
Tra i paesi europei Regno Unito e Olanda si sono accaparrati in complesso ben quattro milioni di ettari di terra: all’incirca una superficie estesa quanto Veneto ed Emilia-Romagna; il Regno Unito, che ha una popolazione venti volte inferiore all’India, si è appropriato di una area superiore a quella di cui si è appropriato il popoloso stato  indiano.

In Europa tra gli stati bersaglio compare l’Ucraina che cede diritti sulle proprie terre con 1,6 milioni di ettari: una superficie più estesa di tutta la Calabria. La fertile superficie persa dall’Ucraina rappresenta il 60 % delle terre cedute in Europa. (3)

   Tabella n. 2 –  Popolazione (1960 e 2016) e superficie territoriale degli stati
            accaparratori e degli stati bersaglio.

Ho riportato i dati della superficie da Wikipedia; quelli sulla popolazione dalla Banca Mondiale: https://data.worldbank.org/indicator/SP.POP.TOTL?name_desc=false

La popolazione dei suddetti 19 stati in quasi sessanta anni è aumentata di  oltre 2,2 miliardi di persone.
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sono due stati prevalentemente desertici che nel 1960 contavano meno di 4,2 milioni di abitanti, si ritrovano attualmente con il dover sfamare una popolazione praticamente decuplicata. Negli Emirati Arabi Uniti l’aumento della popolazione è stato a dir poco vertiginoso: le bocche da sfamare sono aumentate di quasi cento volte in poco meno di sessant’anni! (tabella 2)

La popolazione ucraina, nell’ arco di tempo considerato, è quella cresciuta meno di tutte le altre della lista esaminata, sia in percentuale ( 5,5%) e sia in valore assoluto, circa 2,3 milioni di persone.
La superficie territoriale procapite (*) ovviamente diminuisce nettamente in tutti gli stati: tra quelli accaparratori Singapore è cosi piccolo da non essere nemmeno rappresentato a questa scala: se prima erano quattro are per abitante, è passato ad una sola ara nel 2016; per gli Emirati Arabi Uniti e l’ Arabia Saudita ho riportato i valori riferiti al 1960 tra parentesi per evitare che andassero fuori scala (Figura n. 1).

     Figura n. 1 - Stati accaparratori: ettari procapite 1960 e 2016


Tra i paesi bersaglio, che cedono diritti sulle loro terre, possiamo vedere chiaramente che nel 1960 c’erano sei stati con più di dieci ettari di superficie territoriale procapite: dopo quasi sessant’anni il valore più elevato è quello della Repubblica del Congo che raggiunge a mala pena i 6,7 ettari per abitante: prima era quasi cinque volte tanto.(Figura n. 2)


     Figura n. 2 - Stati bersaglio:  ettari procapite 1960 e 2016



Il peso dell'industrializzazione

Tra i paesi presenti in questo elenco gli USA, pur essendo al quarto posto per la crescita della popolazione in valore assoluto, (oltre 140 milioni di abitanti in più rispetto al 1960: è come se si fosse aggiunta la popolazione di Italia e Germania.) risulta la nazione più motorizzata del pianeta: indicativo a questo proposito il numero di autovetture circolanti, oltre 268 milioni, una concentrazione di oltre 80 auto per 100 abitanti.  (https://www.statista.com/statistics/183505/number-of-vehicles-in-the-united-states-since-1990/)

Questo aumento della popolazione negli Stati Uniti ha comportato un’aggiunta di quasi centoventi milioni di autovetture: se oltre al carburante considero strade, ferro, plastica, elettronica e quant’altro, si comprende il giro di interessi industriali coinvolti nella motorizzazione individuale. 
Ovviamente il rovescio della medaglia è dato dagli effetti altamente deleteri dei rifiuti immessi nei cicli vitali della biosfera prodotti dall’industria, primo fra tutti il carbonio. In modo più o meno diretto superfici sempre più estese diventano improduttive anche per l’inquinamento di suolo e acqua legato agli scarichi industriali. A mio avviso tutto ciò rappresenta il fallimento dell’industrializzazione del mondo.

Crescono i conflitti per la terra e le disuguaglianze sociali diventano sempre più evidenti. Analizzando questi dati possiamo dire che il sistema economico in cui siamo immersi, il capitalismo, è fallimentare.

Si può fare diversamente? Faccio qualche esempio.

Bruce Leon, un ricercatore americano ripreso da Vandana Shiva, fece un confronto, riferito al 1972, tra la zootecnia tradizionale, rappresentata dai bovini indiani e quella industriale degli USA: in India per l’alimentazione bovina si utilizzavano in minima parte alimenti commestibili dall’uomo, rispetto all’industria zootecnica statunitense. (Tabella n. 3)

Tabella n. 3 - Confronto al 1972 tra zootecnia industrializzata (USA) e tradizionale  (India)

Modificata da: Vandana Shiva, 1995 . Monocolture della mente. Bollati Boringhieri, 131.

Ridurre il numero di figli per coppia è semplice con i profilattici: tecnica plurisecolare. Per risparmiare materiali ed energia basta tener conto che un’ auto pesa 1,5 tonnellate: si possono costruire circa un centinaio di biciclette.
Le soluzioni alternative ci sono ma vengono scartate dal sistema perché non promuovono il profitto. Il primo passo da fare sarebbe chiedersi come uscire da questo sistema economico.

(*) L’Italia ha un territorio di 301 mila km 2 ; nello stesso arco di tempo gli abitanti sono passati da  50,2 a 60,6 milioni; al 2016  la superficie territoriale procapite è di quasi 0,5 ettari.


Bibliografia

            1)  Brown L. , 1999 – Nutrire nove miliardi di persone. State of the world 1999.
      Edizioni Ambiente , 137 - 157.
2)  Brown L., 2011 – Un mondo al bivio. Edizioni Ambiente,  94
3)  Gardner G., 2015 – Mounting losses of agricultural resources – State of the                                            World 2015, Islandpress, 65-78