venerdì 15 giugno 2018

La propaganda che uccide: il caso Mata Hari

Traduzione di un mio post su "Cassandra's Legacy" - da "Ossin"


Un secolo dopo la sua morte, Mata Hari resta la figura esemplare di spia femminile, un caso estremo di «femme fatale». La si considera come una persona che, non solo seduceva gli uomini per desiderio di danaro e potere, ma anche perseguendo una sorta di desiderio lussurioso di vederli uccidersi a migliaia sui campi di battaglia. Ma non è mai stata quello che si dice di lei. Piuttosto è stata una delle prime vittime di ciò che noi oggi chiamiamo le «Fake News», conosciuto anche col nome di «propaganda», un insieme di tecniche di manipolazione di massa, che cominciavano allora a svilupparsi e che oggi hanno raggiunto la perfezione

Poco più di cento anni fa, il 24 luglio 1917, Margaretha Gertruida Zelle, conosciuta col nome di  Mata Hari, veniva condannata a morte da un tribunale militare a Parigi con l'accusa di essere una spia dei Tedeschi. Si disse che aveva trasmesso informazioni che avevano provocato la morte di «forse cinquantamila soldati francesi». Venne fucilata qualche mese dopo.

Oggi, rileggendo gli atti processuali, emerge con evidenza l'assurdità e l'incoerenza delle accuse. Se si vuole l'esempio di una corte di giustizia composta da marsupiali ("kangaroo court" in inglese), è proprio questo il caso. E' impossibile che Mata Hari abbia potuto fare quello che era accusata di aver fatto. E' stata piuttosto un capro espiatorio ucciso per distrarre il pubblico in un momento in cui la guerra andava male per la Francia. Detto in una parola: si trattava di una montatura. Uno dei primi esempi degli effetti mortali della propaganda (oggi chiamata anche col nome di «Fake News») che in quei tempi cominciava a diventare una caratteristica comune del nostro mondo.

Il processo ha segnato la fine di una carriera di ballerina e attrice che Margaretha Zelle aveva cominciato al ritorno in Europa dall'Indonesia, che allora si chiamava «Indie Olandesi». Aveva trascorso solo qualche anno laggiù come moglie di un ufficiale olandese, ma le era stato sufficiente per assorbire qualche elemento della cultura locale che le permetteva di dirsi buddista. Apprese dalla lingua locale anche quanto bastava per potere scegliere «Mata Hari» come nome d'arte, espressione che significa (sembra) «La luce dell'Alba». Come ballerina, Mata Hari è stata molto criticata ai suoi tempi ed è probabile che la sua danza non fosse niente di più che uno strip-tease di sapore orientale. Tuttavia diventò molto popolare in Europa, dopo avere dato la sua prima rappresentazione a Parigi nel 1905.

Nel corso degli anni seguenti, Mata Hari abbandonò progressivamente gli spettacoli di spogliarello in pubblico e si dice che sia diventata una cortigiana di alto rango, seducendo i ricchi e i famosi (in parte, anche questo può essere un fatto inventato dalla propaganda). Durante la guerra, ha forse tentato di fare l'agente segreto, ma è più probabile che sia stata semplicemente strumentalizzata. In un certo senso, sia i servizi segreti francesi, che quelli tedeschi, hanno collaborato per mandarla di fronte al plotone di esecuzione. I Tedeschi l'hanno considerata come un oggetto di propaganda utile per dimostrare come i Francesi fossero capaci di ammazzare una donna innocente, mentre i Francesi hanno usato il processo per dimostrare come fossero risoluti contro i traditori (e le traditrici).

Il processo e la detenzione di Mata Hari sono un esempio di crudeltà e di intimidazione. Le ultime immagini che abbiamo di lei non mostrano più la danzatrice che era stata, ma una donna fisicamente distrutta dopo mesi di vita in prigione. Dopo l'esecuzione, Mata Hari ha ricevuto anche l'estremo insulto, le venne rifiutata una sepoltura dignitosa, il suo corpo venne sezionato su un tavolo di ospedale e i suoi resti vennero gettati nella spazzatura. Si racconta che la sua testa mummificata sia stata tenuta per qualche anno nel museo di anatomia a Parigi, prima di essere anch'essa gettata via e persa. Le si è negato lo statuto di essere umano, considerandola piuttosto come una specie di insetto da eliminare. La trasformazione degli esseri umani in insetti, e la loro susseguente eliminazione, è qualcosa che Kafka aveva già profeticamente descritto nel romanzo La Metamorfosi.

Più tardi, l'antropologo Roy Rappaport ha definito «menzogne diaboliche» quelle che  «manipolano la struttura stessa della realtà». Oggi noi chiamiamo queste menzogne con il termine più neutro di «fake news», come fossero solo una moda che va e viene. Ma le «fake news» possono uccidere e una delle loro vittime è stata Mata Hari. La combinazione mortale di nazionalismo e di propaganda che l'ha uccisa sarebbe continuata fino ad esplodere negli anni successivi con la Seconda Guerra Mondiale, portando l'Europa a impegnarsi in uno dei peggiori stermini di innocenti della storia fino ad oggi. Mata Hari è stata tra le prime ad essere travolta da questa ondata di uccisioni senza senso. E' stata uccisa a sangue freddo da persone che, molto probabilmente, sapevano perfettamente che era innocente.
Può darsi che l'influenza orientale su Mata Hari non sia stata solo una indoratura per nobilitare un po' le sue danze, ma è possibile che ella abbia seriamente studiato il buddismo e altre correnti di pensiero orientali mentre si trovava nelle Indie olandesi. Il suo atteggiamento al momento dell'esecuzione, la sua calma, l'evidente convinzione che la morte sia solo un passaggio, sembra suggerirci che il suo buddismo non fosse solo una posa, ma qualcosa che aveva davvero preso a cuore. Cento anni dopo, abbiamo ancora qualcosa da apprendere dalla sua storia.

Queste note si basano principalmente sul libro di Rusell Warren Howe, Mata-Hari. L’histoire vraie (Éditions de l’Archipel, Paris 2007), e sul rapporto contemporaneo di Emile Massard, Espionnes à Paris (Gallimard, 1922), ma sono disponibili molte informazioni sulla sua storia. Mentre in passato qualcuno ancora sosteneva che era stata una spia, oggi l'opinione diffusa è che non lo sia stata.

martedì 12 giugno 2018

Accaparra Terre : Crescono Abitanti e Auto




Un Post di Silvano Molfese

Da quando gli stati ed i gruppi industriali più spregiudicati hanno toccato con mano il picco mondiale del petrolio convenzionale, alcune società di investimento, spalleggiate dai propri governi, hanno alzato la testa dalle miniere e preso di mira lo strato più superficiale della crosta terrestre: il suolo.
La rapida crescita della popolazione mondiale pone diversi problemi prima di tutto la disponibilità di cibo: l’industria agricola ha praticamente esaurito tutte le innovazioni tecniche, introdotte a partire dalla fine del 1800 tese ad aumentare le rese agricole, come: i fertilizzanti di sintesi, l’abbassamento della taglia nel riso e nel grano, l’esaltazione del vigore ibrido per il mais, ecc. (1).
Le ragioni di questo interesse per le terre altrui si spiega con l’aumento delle bocche da sfamare e con un più diffuso benessere economico: centinaia di milioni di persone mangiano maggiori quantità di carne, latte e uova .
A tutto ciò si aggiunge un fenomeno decisamente preoccupante che è la trasformazione di cereali in carburante per le auto. (2)  Pertanto tra il 2005 ed il 2009 è iniziata la corsa all’accaparramento di terre in altri stati.

Rivedendo la tabella sull’accaparramento di terre nel mondo, ho pensato di incrociare i dati sulla popolazione e la superficie territoriale dei principali stati coinvolti nell’accaparramento di terre.

     Tabella n. 1 – Principali Stati accaparratori e Stati bersaglio

Modificata da Gardner, State of the World 2015, pag. 71

In testa alla classifica degli stati che si accaparrano terre troviamo gli USA con ben 6,9 milioni di ettari acquisiti in altri stati del mondo. (tabella n. 1)
Caso anomalo è il Brasile che, pur avendo una bassa densità di abitanti si trova sia nell’elenco dei paesi accaparratori di terre (1,4 milioni di ha) e sia in quello dei paesi bersaglio, che subiscono l’accaparramento (1,8 milioni di ha).

Se dall’elenco dei paesi che si accaparrano terra escludiamo gli stati della penisola arabica, notoriamente desertici, vediamo che gli Stati Uniti, nonostante siano al secondo posto dopo il Brasile quanto a disponibilità procapite di terra, sono stati particolarmente attivi nell’acquisizione di terre all’estero.
Tra i paesi europei Regno Unito e Olanda si sono accaparrati in complesso ben quattro milioni di ettari di terra: all’incirca una superficie estesa quanto Veneto ed Emilia-Romagna; il Regno Unito, che ha una popolazione venti volte inferiore all’India, si è appropriato di una area superiore a quella di cui si è appropriato il popoloso stato  indiano.

In Europa tra gli stati bersaglio compare l’Ucraina che cede diritti sulle proprie terre con 1,6 milioni di ettari: una superficie più estesa di tutta la Calabria. La fertile superficie persa dall’Ucraina rappresenta il 60 % delle terre cedute in Europa. (3)

   Tabella n. 2 –  Popolazione (1960 e 2016) e superficie territoriale degli stati
            accaparratori e degli stati bersaglio.

Ho riportato i dati della superficie da Wikipedia; quelli sulla popolazione dalla Banca Mondiale: https://data.worldbank.org/indicator/SP.POP.TOTL?name_desc=false

La popolazione dei suddetti 19 stati in quasi sessanta anni è aumentata di  oltre 2,2 miliardi di persone.
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sono due stati prevalentemente desertici che nel 1960 contavano meno di 4,2 milioni di abitanti, si ritrovano attualmente con il dover sfamare una popolazione praticamente decuplicata. Negli Emirati Arabi Uniti l’aumento della popolazione è stato a dir poco vertiginoso: le bocche da sfamare sono aumentate di quasi cento volte in poco meno di sessant’anni! (tabella 2)

La popolazione ucraina, nell’ arco di tempo considerato, è quella cresciuta meno di tutte le altre della lista esaminata, sia in percentuale ( 5,5%) e sia in valore assoluto, circa 2,3 milioni di persone.
La superficie territoriale procapite (*) ovviamente diminuisce nettamente in tutti gli stati: tra quelli accaparratori Singapore è cosi piccolo da non essere nemmeno rappresentato a questa scala: se prima erano quattro are per abitante, è passato ad una sola ara nel 2016; per gli Emirati Arabi Uniti e l’ Arabia Saudita ho riportato i valori riferiti al 1960 tra parentesi per evitare che andassero fuori scala (Figura n. 1).

     Figura n. 1 - Stati accaparratori: ettari procapite 1960 e 2016


Tra i paesi bersaglio, che cedono diritti sulle loro terre, possiamo vedere chiaramente che nel 1960 c’erano sei stati con più di dieci ettari di superficie territoriale procapite: dopo quasi sessant’anni il valore più elevato è quello della Repubblica del Congo che raggiunge a mala pena i 6,7 ettari per abitante: prima era quasi cinque volte tanto.(Figura n. 2)


     Figura n. 2 - Stati bersaglio:  ettari procapite 1960 e 2016



Il peso dell'industrializzazione

Tra i paesi presenti in questo elenco gli USA, pur essendo al quarto posto per la crescita della popolazione in valore assoluto, (oltre 140 milioni di abitanti in più rispetto al 1960: è come se si fosse aggiunta la popolazione di Italia e Germania.) risulta la nazione più motorizzata del pianeta: indicativo a questo proposito il numero di autovetture circolanti, oltre 268 milioni, una concentrazione di oltre 80 auto per 100 abitanti.  (https://www.statista.com/statistics/183505/number-of-vehicles-in-the-united-states-since-1990/)

Questo aumento della popolazione negli Stati Uniti ha comportato un’aggiunta di quasi centoventi milioni di autovetture: se oltre al carburante considero strade, ferro, plastica, elettronica e quant’altro, si comprende il giro di interessi industriali coinvolti nella motorizzazione individuale. 
Ovviamente il rovescio della medaglia è dato dagli effetti altamente deleteri dei rifiuti immessi nei cicli vitali della biosfera prodotti dall’industria, primo fra tutti il carbonio. In modo più o meno diretto superfici sempre più estese diventano improduttive anche per l’inquinamento di suolo e acqua legato agli scarichi industriali. A mio avviso tutto ciò rappresenta il fallimento dell’industrializzazione del mondo.

Crescono i conflitti per la terra e le disuguaglianze sociali diventano sempre più evidenti. Analizzando questi dati possiamo dire che il sistema economico in cui siamo immersi, il capitalismo, è fallimentare.

Si può fare diversamente? Faccio qualche esempio.

Bruce Leon, un ricercatore americano ripreso da Vandana Shiva, fece un confronto, riferito al 1972, tra la zootecnia tradizionale, rappresentata dai bovini indiani e quella industriale degli USA: in India per l’alimentazione bovina si utilizzavano in minima parte alimenti commestibili dall’uomo, rispetto all’industria zootecnica statunitense. (Tabella n. 3)

Tabella n. 3 - Confronto al 1972 tra zootecnia industrializzata (USA) e tradizionale  (India)

Modificata da: Vandana Shiva, 1995 . Monocolture della mente. Bollati Boringhieri, 131.

Ridurre il numero di figli per coppia è semplice con i profilattici: tecnica plurisecolare. Per risparmiare materiali ed energia basta tener conto che un’ auto pesa 1,5 tonnellate: si possono costruire circa un centinaio di biciclette.
Le soluzioni alternative ci sono ma vengono scartate dal sistema perché non promuovono il profitto. Il primo passo da fare sarebbe chiedersi come uscire da questo sistema economico.

(*) L’Italia ha un territorio di 301 mila km 2 ; nello stesso arco di tempo gli abitanti sono passati da  50,2 a 60,6 milioni; al 2016  la superficie territoriale procapite è di quasi 0,5 ettari.


Bibliografia

            1)  Brown L. , 1999 – Nutrire nove miliardi di persone. State of the world 1999.
      Edizioni Ambiente , 137 - 157.
2)  Brown L., 2011 – Un mondo al bivio. Edizioni Ambiente,  94
3)  Gardner G., 2015 – Mounting losses of agricultural resources – State of the                                            World 2015, Islandpress, 65-78








  



sabato 9 giugno 2018

Viaggiare Elettrico: Nuovo Gruppo di Facebook



Con il nuovo governo, c'è grande movimento e interesse sui veicoli elettrici - sembra che i dinosauri dei fossili siano, per il momento, caduti un po' in disgrazia. Non si sa per quanto, purtroppo.

In ogni caso, ho creato un gruppo Facebook dedicato ai veicoli elettrici per vedere di muovere un po' di più le acque. Se volete aderire, lo trovate a https://www.facebook.com/groups/242023066531046/

Il mio libro sui veicoli elettrici lo trovate qui!

giovedì 7 giugno 2018

Miracolo a Roma: Qualcuno ha capito quali sono le vere priorità!



Qui di seguito, il testo di una parte dell'intervento di Gianni Girotto

Devo mio malgrado lanciare un allarme relativamente ai posti di lavoro, dal momento che già l'Italia, a causa delle scellerate scelte politiche nel settore delle energie rinnovabili, ha perso circa 120mila posti di lavoro negli ultimi anni, ma ora il pericolo è quello relativo alla filiera italiana dell'automotive (che secondo questo studio afferisce complessivamente 800mila impiegati, secondo quest'altro, addirittura 1,2 milioni).

Ora, come ho avuto modo ampiamente di spiegarvi nel corso dell'ultimo anno con tutta una serie di miei video farciti di dati e disposizioni di legge, l'Italia è terribilmente, terribilmente in ritardo nel processo OBBLIGATORIO di passaggio dai veicoli benzina/diesel a quelli a bassissime emissione (insomma elettrici/idrogeno per farla breve). E attenzione che quando dico OBBLIGATORIO lo intendo proprio in senso giuridico/legale, dal momento che già nel lontano 2011 il “Libro bianco sui trasporti” dell'Unione Europea, prescrive che entro il 2030 le città dovranno dimezzare l’uso delle auto con motore a scoppio, ed eliminarle del tutto entro il 2050 (e parallelamente aumentare il trasporto su ferro - guarda un po'esattamente quello che dice il M5S), ma evidentemente la vecchia politica italiana ignora questo semplice dato normativo.

Ed ignora, come detto tante volte, che le auto elettriche, non servono solo ad avere città ad aria più sana e pulita, ma essendo sostanzialmente di "pacchi di batteria su ruote", anche a risolvere il puzzle delle fonti di energia rinnovabile, in quanto fungeranno da "magazzino" per stoccare gli eccessi di produzione (tipicamente diurni del fotovoltaico) ed andare in soccorso della rete aiutandola nei momenti di difficoltà (dispacciamento elettrico), funziona questa remunerata e che diventerà la principale fonte di reddito dei produttori di energia del futuro, quando le centrali fossili chiuderanno. E i risultati di queste ignoranze sono che per appunto manca una politica industriale relativa, e quindi le nostre imprese di settore, mediamente bravissime, con numerose punte di eccellenza, si muovono "alla cieca", nel senso che devono appoggiarsi/riferirsi ai costruttori e ai mercati esteri, visto che quelli interni sono praticamente assenti, e naturalmente questo non giova alla loro salute.

Diversamente, Cina e 10 Stati USA, per dare CERTEZZA agli operatori, che possono così investire in loco, ha stabilito PER LEGGE delle PERCENTUALI VINCOLANTI di vendita di veicoli elettrici, in modo che qualsiasi costruttore di automobili che voglia vendere in tali nazioni debba vendere per l'appunto anche una quota minima di tali veicoli nella versione elettrica (per la Cina parliamo dell'8% minimo entro il 2020). Viceversa in Italia la situazione è tale che per esempio nei (ancora troppo pochi) appalti pubblici per l'acquisto di autubus elettrici, spesso i pochi produttori italiani non partecipano nemmeno, e i veicoli medesimi vengono forniti, indovinate un po', dalla Cina, alla faccia dell'Italia patria dell'automobile.

domenica 3 giugno 2018

Fusione nucleare: vale ancora la pena investirci in un’era di energia rinnovabile a buon mercato?


Da “Cassandra’s Legacy”. Traduzione di MR

Una panoramica di Giuseppe Cima della situazione della fusione nucleare. L’argomento è complesso, ma Cima identifica il punto cruciale: anche ipotizzando che la fusione nucleare dovesse funzionare come ci si aspetta, sarebbe più costosa delle tecnologie rinnovabili attualmente disponibili. Considerate anche che ci vorrà almeno mezzo secolo prima che possiamo avere reattori a fusioni in grado di produrre energia commercialmente disponibile (forse). Quanto saranno migliori e più a buon mercato le rinnovabili per allora? Considerando che la fusione non è una tecnologia “pulita”, come a volte si dice, né ora né in futuro. Quindi, perché spendiamo ancora soldi e risorse per questa tecnologia? Un esempio ulteriore della fede cieca umana nella tecnologia e nei suoi miracoli (U.B.)



ITER TOKAMAK. Guardando attentamente, in fondo a destra, in un cerchietto rosso, c’è un uomo con un giacchetto giallo. La probabile dimensione del confinamento magnetico del reattore a fusione è enorme ed è il cuore della maggior parte dei problemi.  

Il mio punto di vista sulla fusione nucleare, in poche parole
 Di Giuseppe Cima
Oggigiorno, poche imprese investirebbero in centrali nucleari convenzionali. Negli Stati uniti, anche sussidi del 100% non riescono ad attrarre investimenti privati per una centrale nucleare a fissione, la forma classica di energia nucleare. Per cui le prospettive per una ripresa del nucleare non sono rosee.

Ma c’è un’altra forma di energia nucleare, la fusione termonucleare, quella che alimenta le stelle. La fusione, il fenomeno dei nuclei leggeri che si attaccano, è una reazione nucleare distinta dalla fissione, dove gli atomi pesanti, come l’uranio, si spezzano. La ricerca sull’energia di fusione è stata perseguita sin dagli anni della Seconda Guerra Mondiale in laboratori nazionali e in università in tutto il mondo. Nonostante gli sforzi, però, finora questa non ha fornito un’indicazione chiara del fatto che sia fattibile. Quali sono le attuali prospettive di questa forma di energia?


Tecnologie di fusione

Ci sono due modi di bruciare combustibile per la fusione nucleare calda: farlo reagire molto rapidamente prima che il gas che brucia voli via, che è come funziona la bomba H, o usare un campo magnetico per isolare il plasma dalla pareti del reattore. Il metodo della bomba può essere replicato in una serie di micro esplosioni in laboratorio, ma la frequenza deve essere sufficientemente alta da produrre una corrente elettrica rilevante e questo pone enormi problemi ancora irrisolti. Un gigantesco esperimento di fusione negli Stati uniti, il National Ignition Facility, ha dimostrato quanto sia difficile e costoso produrre una micro esplosione una volta al giorno. Immaginate di farlo centinaia di volte al secondo per anni. Anche con un budget fornito dai militari per lo sviluppo di armi, la fusione a laser è lontanissima dal puntare ad un reattore commerciale credibile.

Pertanto, dall’inizio della ricerca sull’energia di fusione, gran parte degli sforzi sono stati dedicati al confinamento magnetico del plasma caldo a stato stazionario. Dopo 70 anni di tentativi, quasi tutti nel campo si sono concentrati su un progetto che viene chiamato TOKAMAK, un’invenzione russa. I test fatti finora indicano che la dimensione minima del nucleo di un potenziale reattore sarà grande, della dimensione di un grande edificio. ITER è un tokamak attualmente in costruzione in Francia per dimostrare la fattibilità della fusione, è di questa dimensione ma, a parte la dimensione, è così costoso che la sua costruzione sta richiedendo il contributo finanziario di tutta le nazioni sviluppate della terra. 

Il nucleo del reattore a forma di ciambella ITER ha 30 metri di diametro e 20 metri di altezza. Si tratta di un dispositivo estremamente complesso, molto più sofisticato di una centrale nucleare a fissione di potenza equivalente e circa 10 volte il suo volume. Il suo nucleo pesa più di 30.000 tonnellate, solo la base di ITEr utilizza 200.000 metri cubi di cemento.

La dimensione è l’inconveniente più ovvio della fusione: la grande dimensione rende impossibile produrre in massa questi reattori. Questo fattore dà un vantaggio considerevole alla competizione a favore di generatori comparativamente piccoli: le turbine a gas da 50-100 MW, pale eoliche efficienti di pochi MW, pannelli solati FV di meno di un kW. Questi generatori possono essere trasportati da camion e la velocità del loro sviluppo industriale è stata inversamente proporzionale alla potenza di un singolo modulo. Il costo dell’elettricità del fotovoltaico e dell’eolico ha origine principalmente dal costo del capitale investito nel generatore e nella sua attrezzatura ausiliaria, proprio come succede per la fusione deuterio-deuterio in cui il combustibile è quasi gratis. Le centrali a gas naturale bruciano combustibile economico ed hanno il costo del generatore più basso di tutti, ma sono degli inquinatori di CO2, oggigiorno un grave inconveniente. 

Dobbiamo specificare che il combustibile per la fusione è quasi gratis solo nel caso della fusione deuterio-deuterio. L’idea attuale, invece, è quella di usare la reazione più semplice del deuterio col trizio, essendo il secondo un altro isotopo dell’idrogeno. Si tratta di un isotopo molto raro che può essere prodotto nello stesso TOKAMAK che lo brucia, ma non in quantità sufficiente da mantenere attive queste reazioni. Questo è un altro problema dei reattori di tipo ITER, per il momento nascosto sotto al tappeto.

A causa della sua grande dimensione e complessità, è molto difficile immaginare che un reattore a fusione TOKAMAK possa essere meno costoso di un reattore a fissione convenzionale e le stime odierne dettagliate pongono il costo del kWh a più di 12 centesimi (di dollaro), solo per il costo del capitale e prima di conoscere tutti i dettagli di un reattore funzionante.

Invece, l’elettricità commercializzata da FV ed eolico non incentivati è attualmente venduta a prezzi fra i 2 e i 7 centesimi, a seconda del posizionamento, e c’è spazio per ulteriori risparmi. Queste fonti sono intermittenti, la fusione non lo è, ma per una produzione elettrica dominata dalle rinnovabili, il costo aggiuntivo dello stoccaggio dell’energia comporterebbe una frazione del costo della produzione di energia. Si tratta di una considerazione puramente economica: le rinnovabili sono già meno costose della fusione. 

C’è un secondo inconveniente molo rilevante collegato alle grandi dimensione del reattore a fusione: il suo tempo di sviluppo. ITER sperimenterà con vero combustibile di fusione non prima del 2035 e porterà avanti realisticamente gli esperimenti per i 10 anni seguenti. Ciò comporta che questa fase sperimentale, non un prototipo dato che ITER sarà incapace di produrre energia, sarà durata circa 50 anni. 

Per incidere nella produzione mondiale di elettricità si dovrebbero implementare migliaia di reattori della dimensione di 1 GW. Quanto tempo di fase di sperimentazione si dovrebbe considerare per raggiungere l’obbiettivo da quando ITER avrà risposto all’inziale giro di domande? Forse 100 anni, cioè un paio di fasi sperimentali.

Per riassumere, Oltre alla pletora di problemi di progettazione irrisolti, persino sconosciuti, di natura tecnica, la fusione magnetica pone problemi collegati alle enormi dimensioni del nucleo del reattore TOKAMAK: un grande costo del kWh e un tempo di sviluppo molto lungo. Per coloro che sono sensibili alla “pulizia” della fusione devo anche accennare che ITER alla fine del suo ciclo di vita presenterà un conto di circa 30.000 tonnellate di rifiuti fortemente radioattivi senza aver prodotto un singolo kWh. La fusione magnetica non è pulita: i prodotti delle reazioni potrebbero essere poco radioattivi, ma il macchinario no.

Perché il reattore dev’essere grande

Perché un reattore magnetico a fusione dev’essere grande, fisicamente molto ampio? E’ stato dimostrato che il combustibile termonucleare brucia nella bomba H, ma può anche bruciare in modo non esplosivo; pensate al sole. Perché qualsiasi combustibile bruci in stato stazionario, l’energia rilasciata nel volume della materia che brucia è uguale all’energia che ne esce, il calore prodotto equivale al calore perso, l’equazione del bilancio energetico. Il tasso al quale l’energia viene prodotta cresce in proporzione alla densità del combustibile, il numero dei nuclei atomici per unità di volume. La densità di potenza del reattore aumenta con la densità della particelle che reagiscono.

Il plasma in un reattore è un gas di costituenti atomici quasi in equilibrio termico, il suo contenuto di energia cinetica è caratterizzata da una pressione. Se il plasma del TOKAMAK deve essere contenuto in un campo magnetico, la pressione del campo prodotto dai magneti superconduttori esterni sulla posizione del plasma al momento è limitata a meno di 200 atmosfere dalla forza meccanica dei magneti. Sono prevedibili miglioramenti del fronte dei magneti, e sarebbero d’aiuto, ma i materiali magnetici sono essi stessi soggetti alle leggi della natura dei solidi: questi miglioramenti saranno marginali.

Come in un normale gas, la pressione del plasma è proporzionale alla temperatura e alla densità delle particelle. La temperatura di fusione dev’essere nella gamma delle centinaia di milioni di gradi Celsius, quindi, a causa del limite della pressione magnetica, la densità delle particelle risulta essere molto bassa, un milione di volte meno della densità molecolare dell’aria che respiriamo. Il risultato è una densità a bassa potenza. 

Dall’altra parte dell’equazione dell’equilibrio di potenza del reattore, l’energia persa dal plasma è dettata dai movimenti turbolenti del plasma stesso e della dimensione del dispositivo. E stato sperimentalmente dimostrato che la turbolenza è presente ad un livello significativo in tutti i plasma di interesse termonucleare confinati magneticamente, proprio come l’acqua in un canale.

L’analogia è vicina a quella del flusso d’acqua in un canale. Questo flusso è limitato da una irriducibile coda di turbolenza, con una dipendenza trascurabile dai dettagli costruttivi del canale. E’ la stessa cosa per il confinamento dell’energia nel plasma termonucleare, è dominato da inevitabili movimenti turbolenti del fluido. Ma esiste sempre un nucleo in reazione abbastanza grande da raggiungere la parità di energia perché il suo volume (produzione di energia) rispetto alla superficie (perdite) aumenta con la sua dimensione, una considerazione meramente geometrica. Il sole, anche senza un campo magnetico, è certamente grande abbastanza per il pareggio.

Sono queste le ragioni per cui il reattore TOKAMAK dev’essere molto grande. La dimensione necessaria per mantenere l’alta temperatura del nucleo perché il plasma fonda. E’ questo il fattore principale che rende la fusione nucleare costosa e molto difficile.


Il concetto di fondo
 

Per come stanno le cose, le tecnologie rinnovabili di oggi sono considerevolmente meno costose di un potenziale reattore a fusione – anche ipotizzando che funzionasse come ci si aspetta. Il mio lavoro nella fusione ha coinciso con la deregolamentazione di Reagan del settore elettrico quando qualcosa di simile è accaduto fra centrali a gas e a carbone. Lo sviluppo di grandi motori a reazione per l’aviazione ha reso possibile generatori elettrici efficienti, poco costosi e prodotti in serie che si sono dimostrati impossibili da battere e gli investitori in centrali a carbone hanno fallito per permettere all’industria americana di approfittare della tecnologia più nuova e meno costosa. Allora era troppo presto per la rivoluzione dell’eolico e del FV, ma ora sono qui per rendere la fusione nucleare obsoleta prima che si dimostri che funziona.


L’autore

Giuseppe Cimaè stato impiegato in diversi impianti da parte di laboratori di fusione e università in Europa e negli Stati Uniti per gran parte della sua carriera: Euratom Culham nel Regno Unito, ENEA di Frascati e CNR di Milano, the Fusion Research Center dell’Università del Texas ad Austin. Ha pubblicato circa 50 articoli peer-review in questo campo, in gran parte sulle onde EM per la diagnostica del plasma e il riscaldamento, le configurazioni magnetiche, la misurazione delle turbolenze. Dopo aver perso fiducia in un approccio decostruzionista alla fusione, ha dato vita ad un’industria di automazione industriale in Texas. Attualmente è in pensione a Venezia, dove lotta per la proteggere l’ambiente, conservare l’energia ed insegnare tecnologia e scienza.

sabato 2 giugno 2018

A che Serve l'Università? Per esempio, a farci sapere cose utili. La conferenza di Firenze sulla nutrizione




Sandra Ristori e Francesco Sofi alla conferenza sulla nutrizione tenuta il 1 Giugno 2018 a Firenze nel quadro del Festival della Sostenibilità


Certe volte ci si domanda a cosa serve veramente l'Università, ovvero se non sia semplicemente una fabbrica di disoccupati, una macchina per far soffrire un gran numero di poveri ragazzi, oppure un sistema costoso di sussidi economici per una banda di gente che non sa fare altro che aver la pretesa di insegnare cose che loro stessi non sanno.

Forse. Ma è anche vero che l'Università ha un grandissimo potenziale di essere vò eramente utile a tutti noi. Bene o male che sia, l'università rimane un ente "super partes" che, per il momento, non è (ancora) pagato per venderci cose. E se gli universitari non sono pagati per vendere prodotti (non ancora), ne consegue che possono anche raccontare le cose come stanno. Super partes, appunto.

Ne abbiamo visto un bell'esempio con la conferenza di Francesco Sofi, docente di UNIFI, tenuta il 1 Giugno 18 nell'ambito delle iniziative del festival nazionale della sostenibilità. Sofi ha dato una bellissima dimostrazione di quello che l'università può (e anche dovrebbe) fare, parlando a di nutrizione un livello comprensibile a tutti, ma anche mantenendo un bel livello di rigore scientifico.

Sofi ha fatto una comparazione di varie diete, alcune alla moda, altre un po' meno, non sulla base delle varie infatuazioni momentanee ma sulla base dei dati disponibili. Ha detto cose anche ben note, ma che si perdono nel gran rumore della pubblicità di questo o quel prodotto. Ci ha ricordato che la dieta Mediterranea è fra le diete migliori e le più salutari, però è valida nella zona dove è nata e non avrebbe senso esportarla - per esempio - in Scandinavia. E tante altre cose interessanti su altri tipi di diete. Insomma, un bel mix di scienza, sapienza, e senso pratico. Informazioni utili per tutti. Quello che l'Università può è deve fare.


Questa conferenza ha chiuso in bellezza la serie delle conferenze del Festival della Sostenibilità a Firenze, è stata organizzata da Sandra Ristori, docente presso il Dipartimento di Chimica di UNIFI, in collaborazione con il Green Office e il Gruppo "Ateneo Sostenibile" di UNIFI. Qui di seguito, una foto del rinfresco a base di cibi naturali offerto da UNIFI - realizzato da Andrea Battiata.