venerdì 17 luglio 2015

I tre gentiluomini dell’apocalisse.

di Jacopo Simonetta

Ogni volta che le cose volgono al peggio, i 4 cavalieri di cui parla S. Giovanni tornano a galoppare nei cieli.  O perlomeno nella fantasia delle persone.

Altri si dedicano invece ad investigare l’intrico di retroazioni e forzanti che stanno guidando l’umanità, facendo ricorso ai più moderni ritrovati della scienza e della tecnica.   Ma già un paio di secoli addietro tre distinti gentiluomini, fra una pinta di birra ed una passeggiata a cavallo, avevano capito alcune cose fondamentali.   O, perlomeno, avevano visto bene tre grossi scogli contro cui rischiava di andarsi a fracassare la barca del progresso umano, a tutti loro molto caro.

Il primo è quello più noto: Il reverendo Thomas Robert Malthus (1766-1834).   Oggi va molto di moda usare il termine “malthusiano” come insulto, sulla base della leggenda secondo cui il reverendo avrebbe sostenuto l’inutilità di aiutare i poveri.   Avrebbe quindi fornito un pretesto ai più ricchi per coltivare l’avidità e l’egoismo come fossero delle “virtù”.   Lungi da ciò, Malthus aveva fatto due osservazioni semplici e fondamentali:

- La popolazione umana cresce più rapidamente della disponibilità di risorse, quindi la disponibilità pro-capite delle medesime è destinata a diminuire.
- Generalmente, i poveri fanno più figli dei ricchi.

Con semplice logica, ne aveva dedotto che il modo principale per aiutare i poveri era quindi far loro capire che avere pochi figli era un prerequisito per migliorare le condizioni della famiglia.    L’aiuto agli indigenti era importante e doveroso, ma se non fosse stato saldamente correlato ad una diminuzione della natalità avrebbe semplicemente peggiorato la situazione, permettendo un sempre maggiore incremento della popolazione e, dunque, della povertà.   Si spinse anche a pronosticare che, se la crescita demografica dell’Inghilterra e degli altri paesi europei non fosse stata fermata, i “selvaggi delle Americhe” sarebbero stati sterminati dalla marea montante.   Una prospettiva di cui si doleva e che invitava i governi ad evitare.

Ovviamente, le cose non sono andate esattamente come aveva previsto.   Tanto per cominciare, le risorse non crescono in modo lineare (come da lui sostenuto) bensì diminuiscono in ragione del loro tasso di sfruttamento e solo in alcuni casi è possibile un parziale recupero.   Casomai, quella che aumenta è la disponibilità delle medesime e non necessariamente in modo lineare, ma l’aumento del flusso comporta quasi sempre un’erosione delle scorte.   Viceversa, aveva visto giusto sullo straripare della massa dei poveri d’Europa , con le conseguenze che sappiamo.   Per quasi un secolo le frontiere est ed ovest della civiltà industriale sono avanzate inesorabilmente, fino ad incontrarsi in Alaska.   Lo sterminio dei “selvaggi” è stato quindi anche maggiore di quello temuto da Malthus, eppure fra la fine del XIX e gli anni ’70 del XX secolo parve che la tetra previsione di un tasso di miseria irreversibilmente crescente fosse stata scongiurata.   Anzi, per quasi 100 anni l’aumento di produttività reso possibile dal petrolio fece sì che la disponibilità di risorse aumentasse molto più rapidamente della popolazione.   Di qui un aumento del benessere e non della miseria!   Che poi questo non sia stato equamente ripartito è un dato di fatto connesso sia con scelte politiche arbitrarie che con leggi termodinamiche ineluttabili, ma non inficia il fatto che l’umanità ha potuto deridere e disprezzare questo prete di campagna.

Ma negli anni ’60, dunque nel pieno della fase di crescita più spettacolare delle economie occidentali, in Asia scoppiarono una serie di carestie che sostanzialmente riproponevano gli stessi “meccanismi” descritti da Malthus per l’Europa, quasi un secolo prima.   Stavolta non c’erano più continenti “vergini” in cui far straripare la massa umana, ma la crisi fu ugualmente superata grazie alla cosiddetta “rivoluzione verde”.   Ad onta del suo nome, si trattò di industrializzare l’agricoltura su scala globale.   Meccanizzazione, concimi di sintesi, irrigazione, nuove varietà e mercato internazionale spazzarono via ecosistemi, colture e società tradizionali, ma eliminarono le carestie.   Dal punto di vista energetico, significò che il petrolio e, secondariamente, il gas maturale divennero gli alimenti principali dell’uomo, ma comunque Malthus era stato nuovamente e platealmente smentito dai fatti.

Eppure, proprio in questi anni, sta maturando un’altra crisi tipicamente maltusiana di scala globale.   I tassi di sovrappopolazione sono ovunque molto più alti di 50 anni fa e le rese agricole tendono al ribasso per una combinazione di fattori fra cui primeggiano l’erosione dei suoli, il cambiamento del clima, la diffusione di infestanti resistenti ai pesticidi, i costi di produzione, il declino quali/quantitativo delle risorse energetiche.   Abbiamo imparato a mangiare petrolio, ma il picco del greggio di buona qualità ed a buon mercato è alle nostre spalle; quello del gas probabilmente non molto lontano.   Esistono ancora immense riserve di energia fossile, ma sono di scarsa qualità e costose, mentre il loro uso provoca “effetti collaterali” sempre più gravi.

Riusciremo a superare anche questa crisi?    Forse.   A parte un numero ancora consistente di soggetti che fantasticano di un mondo di risorse infinite, o perlomeno infinitamente sostituibili, la grande maggioranza degli economisti, dei politici e dei tecnici sostiene che usciremo dalla trappola grazie ad una risorsa autenticamente rinnovabile: l’ingegno umano.   Il progresso tecnologico consentirà, infatti, di fare sempre di più con sempre di meno.    Esistono, certo, dei limiti teorici a ciò che può essere fatto, ma i margini per un aumento dell’efficienza complessiva dei processi di produzione, trasporto e riciclaggio sono ancora immensi.   Ed aumentare l’efficienza significa ridurre i consumi e l’inquinamento, pur continuando sull'aurea strada che ci ha condotti dalle caverne alle stelle.

E’ a questo punto che entra in scena il secondo dei nostri “gentlemen”: sir William Stanley Jevons (1835 – 1882).   Uno dei “padri” della scuola economica “neoclassica”.   Dunque non un nemico del progresso e nemmeno un ambientalista fanatico, bensì un naturalista prestato all’economia.   Del suo lavoro, quello che qui ci interessa soprattutto sono due punti fondamentali.   La teoria dell’utilità marginale e lo studio sugli effetti della tecnologia sulla dissipazione di energia.

Lo studio dei vantaggi marginali elabora un'intuizione di David Ricardo (grande amico personale di Malthus) ed è stato la pietra fondante della micro-economia moderna.   In buona parte, gli si deve il molto maggior successo delle economie capitaliste rispetto a quelle socialiste (finora).    Ma è anche alla base di quella legge dei “ritorni decrescenti”   che sta smantellando pezzo per pezzo la macroeconomia del capitalismo globale.

Lo studio dei consumi energetici, portò invece lo studioso britannico ad osservare che, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, l’aumento dell’efficienza energetica aumenta i consumi di energia anziché ridurli: il cosiddetto “paradosso di Jevons”.   Un argomento su cui da allora si confrontano e si scontrano gli economisti, ma pare proprio che il sogno di un progresso alimentato da un aumento indefinito dell’efficienza sia destinato a fallire.   A meno che la politica non abbia la capacità e la volontà di imporre dei limiti al prelievo di risorse.

Ed è su questo punto che entra in scena il terzo gentiluomo: Alexis-Henri-Charles Clérel, vicomte de Tocqueville (1805-1859).   Politico e politologo di fama, era un liberale convinto e compì un lungo viaggio negli Stati Uniti per studiare quello che allora era il principale stato repubblicano del mondo.   Ne tornò affascinato, ma anche preoccupato per i pericoli che insidiavano lo sviluppo della democrazia.   In particolare, approfondì il delicato equilibrio che è necessario mantenere fra libertà individuale, uguaglianza e potere pubblico, individuando due possibili sviluppi perversi della democrazia.

Il primo è quello che definì la “dittatura della maggioranza”.   In pratica, se una netta maggioranza di cittadini propende per un’idea, può essere in grado di imporla a tutti, poco importa se ciò sia giusto o meno.   In altre parole, la maggioranza può annichilire la libertà individuale, fondamento della democrazia stessa.   La comunità può quindi trovarsi schiacciata verso una sorta di “minimo comune multiplo” da cui sarebbe quasi impossibile riscattarsi.

Il secondo è un tipo di dispotismo che, utilizzando l’arma potentissima del benessere, può mantenere i cittadini in uno stato di perenne infantilismo, così da mantenere il proprio potere, senza che neppure maturi un sentimento di rivolta.

Chi studia le società occidentali odierne trova in Tocqueville ampio materiale di riflessione, ma quello che qui ci preme è il rapporto che tutto ciò ha con la crescita economica e demografica di cui parlavano i primi due studiosi.   Se è vero che l’unico modo per evitare la catastrofe è che siano posti dei limiti consistenti alla natalità ed alla disponibilità di energia, non saranno né una maggioranza massificata, né un regime dispotico – populista ad imporli.

E dunque?   L’evoluzione politica dei prossimi decenni sarà convulsa in tutti i paesi ed una tendenza a governi più autoritari sembra diffondersi, ma non credo che ciò sia prodromo di buone notizie da alcun punto di vista, men che meno da quello ambientale.

A suo tempo, come antidoto sia alla dittatura della maggioranza, sia al dispotismo, Tocqueville raccomandava ogni forma possibile di democrazia diretta, tradizionale e non, come assemblee cittadine, associazioni di ogni sorta, eccetera.    Non possiamo sapere se avrebbe funzionato, perché abbiamo fatto piuttosto il contrario, ma siamo ancora in tempo per provare?    In giro per il mondo qualcuno ci sta lavorando con risultati altalenanti.   Vedremo.




giovedì 16 luglio 2015

E qualche idiota parlava di "pausa"....




Al momento, il 2015 è l'anno più caldo mai misurato nella storia 

(grafico cortesia John Abraham. Post aggiornato rispetto alla versione iniziale. Vedi anche: un articolo di John Abraham da "The Guardian")

mercoledì 15 luglio 2015

Viva l'Italia! Il “paese del sole” può raggiungere il milione di impianti fotovoltaici?

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


Nonostante l'inarrestabile disastro economico, nonostante la disoccupazione, la burocrazia, la tassazione eccessiva, il malgoverno, la corruzione, la mafia e tutto il resto, gli italiani stanno reagendo almeno in un settore: nelle energie rinnovabili, specialmente nel fotovoltaico.

Potete vedere le tendenze in Italia nell'immagine qui sotto (da assoelettrica). Notate come il numero di impianti stia crescendo più rapidamente della potenza installata, indice della tendenza verso i piccoli impianti.

lunedì 13 luglio 2015

I limiti della crescita e la Grecia: collasso sistemico o finanziario?

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


I risultati dello “scenario standard” (o “caso base”) dello studio “I Limiti della Crescita”. Potrebbe essere che il collasso in corso della Grecia sia un sintomo di un collasso più generale che quel modello genera per i primi due decenni del XXI secolo?


Dunque, siamo giunti ad un punto interessante, inteso nel senso cinese di maledizione. E' il punto in cui al popolo greco viene chiesto di scegliere fra la fame e la schiavitù, e questo dovrebbe essere un trionfo della democrazia.

Mentre la tragedia si dipana, le persone prendono posizione, indirizzando la loro rabbia impotente verso questo o quell'obbiettivo: l'Euro, i burocrati di Brussels, il governo greco, Tsipras, una qualche cospirazione internazionale e persino Putin, il solito spauracchio di qualsiasi cosa.

Ma potrebbe essere che tutto il circo finanziario che stiamo vedendo danzare dentro e intorno alla Grecia sia solo l'effetto di cause molto più profonde? L'effetto di qualcosa che rosicchia i fondamenti stessi non solo della Grecia, ma di tutto il mondo occidentale?

Facciamo un passo indietro e diamo un'occhiata allo studio del 1972 intitolato “I Limiti della Crescita” (LTG). Guardate lo scenario “caso base”, quello che ha usato in ingresso i dati che sembravano i più affidabili in quel periodo. Eccolo, nella versione del 2004 dello studio, con dati in ingresso aggiornati.


Nonostante tutte le critiche ricevute da LTG negli anni, la sua solidità è stata ripetutamente dimostrata, per esempio in “The Limits to Growth Revisited”. I calcoli di LTG erano basati su diverse ipotesi, quella principale era che i costi in aumento risultanti dal graduale esaurimento delle risorse naturali del mondo avrebbero portato un peso crescente sul sistema industriale, forzandolo a rallentare la propria crescita e, alla fine, ad iniziare un declino irreversibile.

In generale, i modelli sono più affidabili quando sono molto generici (o “aggregati”). Quindi, per esempio, è una sfida accettata quella di prevedere il clima della Terra fra cento anni, ma solo perché i modelli non fanno alcun tentativo di prevedere il tempo atmosferico di giorni e luoghi specifici. Se vieni colpito da un uragano, puoi dire che questo è il risultato del clima che cambia, ma sai anche che è impossibile prevedere quando e dove colpirà il prossimo uragano.

La stessa cosa vale per il collasso generato dal modello di LTG. E' molto aggregato: può prevedere un collasso generico, ma non può prevedere dove e quando avverranno esattamente dei collassi locali. Ma è probabile che i collassi locali comincino fra le economie più deboli del mondo; regioni con capacità produzione industriale basse e con poche o nessuna risorsa minerale interna. La Grecia, appunto.

Ciò non significa che i fattori finanziari non possano aver accelerato il collasso Greco o avrelo reso peggiore. Ma se la ragione del disastro greco è sistemica, allora nessun trucco finanziario curerà la malattia che non è finanziaria nella sua essenza.

Se lo studio LTG ha ragione e la crisi è generata dai costi di produzione di risorse naturali gradualmente in aumento (e ci sono le prove che questi costi stanno aumentando in tutto il mondo, vedete anche qui), allora il collasso non può essere evitato, al massimo può essere mitigato agendo a livello sistemico. Tramite misure come l'energia rinnovabile, l'efficienza e il riciclo, il sistema può essere aiutato ad affrontare la ridotta disponibilità di risorse. Ma la contrazione economica del sistema è inevitabile. E' un contrazione che chiamiamo collasso finanziario, ma è semplicemente il risultato del sistema che si adatta a risorse di qualità inferiore (leggi più costose).

E se le ragioni del collasso sono sistemiche e non finanziarie, si deve quindi trattare di un fenomeno in progressione che colpirà tutti i paesi vulnerabili, a partire dai paesi mediterranei europei: Spagna, Italia e Portogallo, che potrebbero essere i prossimi.

Si fermerà mai il collasso? Sì, si fermerà quando la dimensione dell'economia mondiale sarà diventata compatibile con la qualità dell'energia che la sostiene (che possiamo misurare in termini di energia di ritorno dall'energia investita – EROEI). Per cui potremmo affrontare una discesa molto lunga e profonda, di fatto, a meno che non riusciamo a re-alimentare l'economia con nuove fonti di energia rinnovabile di qualità energetica comparabile.

Non è impossibile, ma nemmeno economico, e gran parte delle persone dicono che è troppo costoso. Così, il nostro futuro sarà quello che la nostra avidità determinerà. Se non altro, avremo ciò che ci meritiamo.






domenica 12 luglio 2015

Alti livelli di carbonio possono rendere più difficile la crescita delle piante

Da “Climate Progress”. Traduzione di MR (via Luca Pardi)

Di Natasha Geiling



Contrariamente alla popolare tesi conservatrice, un nuovo studio ha scoperto che l'aumento del biossido di carbonio atmosferico non necessariamente è un vantaggio per la crescita delle piante – piuttosto, causa maggiori difficoltà alla piante nell'assorbimento di azoto nel tempo, un nutriente cruciale per la crescita e la salute della pianta. Pubblicato sulla rivista Global Change Biology, lo studio ha scoperto che man mano che i livelli di biossido di carbonio nell'aria aumentano, la concentrazione di azoto nelle piante diminuisce, diminuendo così i livelli di proteine nelle piante e la capacità di crescita. La squadra di ricercatori internazionali ha studiato l'impatto dell'aumento di carbonio atmosferico su tipi di ecosistemi molteplici – dalle praterie alle foreste – osservando esperimenti sul campo di vasta scala condotti in otto paesi in quattro diversi continenti.

“In tutti i tipi di ecosistema i risultati mostrano che alti livelli di biossido di carbonio possono inibire la capacità delle piante di assorbire azoto e che questo effetto negativo è dovuto in parte al fatto che l'aumento di biossido di carbonio ha un effetto marginale o inesistente sulla crescita di molti ecosistemi”, ha detto in una dichiarazione alla stampa Johan Uddling, docente di lungo corso al Dipartimento di Scienze Biologiche ed Ambientali dell'Università di Gothenburg e principale ricercatore del progetto. Fra i conservatori – e fra alcuni scienziati – per lungo tempo c'è stata la speranza che il cambiamento climatico potesse realmente stimolare la crescita delle piante sul breve termine, man mano che l'atmosfera diventa più ricca di biossido di carbonio. Il Senatore James Inhofe (Ok, repubblicano) ha detto che il cambiamento climatico ha “contribuito ad aumentare la produttività agricola”, sostenendo che “il CO2 è un fertilizzante”E mentre alcuni studi hanno sostenuto la dichiarazione di Inhofe, altri – come quello più recente – hanno scoperto che è vero l'opposto. “Le scoperte dello studio sono inequivocabili. Il contenuto di azoto nelle colture è ridotto nelle atmosfere con livelli maggiori di biossido di carbonio in tutti e tre i tipi di ecosistema. Inoltre, possiamo vedere che questo effetto negativo c'è a prescindere dal fatto che la crescita della pianta aumenti ed anche se viene aggiunto del fertilizzante. Ciò è nuovo ed inaspettato”, ha detto Uddling. Lo studio ha scoperto che sia per il grano che per il riso, l'aumento del biossido di carbonio in atmosfera ha portato a colture meno nutrienti. Il grano ed il riso sono due dei cereali globalmente più importanti – insieme al mais, il grano e il riso forniscono oltre il 50% dell'energia mondiale derivata da piante, secondo il Centro Internazionale di Ricerca sullo Sviluppo.

Gli studi precedenti hanno a loro volta visto le riduzioni del contenuto di azoto nelle piante cresciute in ambienti ad alto contenuto di carbonio, ma lo hanno tradizionalmente attribuito a una specie di diluizione – sulla base dell'idea che man mano che il carbonio stimola la crescita della pianta e il tasso di fotosintesi aumenta, l'assorbimento dell'azoto semplicemente non era in grado di tenere il passo. Quella teoria, ha detto Uddling, ora è stata messa in dubbio. “Le scoperte di questo studio mostrano che questa interpretazione è semplificata e parzialmente sbagliata. Stiamo osservando un ridotto contenuto di azoto anche quando la crescita non viene condizionata. Inoltre, l'effetto c'è anche in prove con potenti fertilizzanti, il che indica che la cosa non si riduce ad un limitato accesso all'azoto nel suolo”, ha detto Uddling. “Gli studi futuri dovranno cercare cosa causa l'effetto, ma sembra essere collegato alla capacità delle piante di assorbire azoto piuttosto che alla variazione dei suoi livelli nel suolo”.

venerdì 10 luglio 2015

La Terra si trova sull'orlo della sua sesta estinzione di massa ed è colpa nostra

Da “The Guardian”. Traduzione di MR

Il tasso al quale le specie vertebrate stanno morendo ora supera di molto quello normale




Il Tilosauro marino e il Pteranodonte volante si sono estinti nell'estinzione del Cretaceo-Terziario. Foto: Arthur Dorety/Corbis

Di Jan Zalasiewizc

La vita sulla Terra è in pericolo. Lo sappiamo bene. Ma quanto siano diventate gravi le cose e quanto velocemente si stanno sviluppando gli eventi? Quanto, di fatto, prima che i tesori biologici della Terra vengano devastati, in quella che sarà il sesto grande evento di estinzione di massa? E' questo che Gerardo Caballos ed i suoi colleghi dell'Università Autonoma del Messico hanno valutato in un saggio uscito venerdì.

Queste sono domande straordinariamente difficili. Ci sono diversi milioni di specie, molte elusive e rare, che abitano luoghi remoti e pericolosi. Ci sono troppo pochi biologi esperti nel campo per tracciarle tutte. Dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che ogni singola specie sia estinta è un lavoro arduo e certosino (pensate a quanto c'è voluto per mostrare – alla maggior parte della gente, perlomeno – che Loch Ness probabilmente non ospita un grande mostro). E non si tratta soltanto di fare l'appello delle estinzioni moderne. Ciò deve essere confrontato con un “riferimento” a lungo termine del tasso di estinzioni durante la lunga storia geologica nel nostro pianeta. Ciò può soltanto essere estratto dal lavoro ugualmente certosino e difficile di scavare ed identificare milioni di fossili dagli strati di roccia quasi infiniti. Senza sorpresa, diversi studi fatti finora sui diversi fossili hanno ottenuto tassi di riferimento diversi.

Caballos e i suoi colleghi hanno ponderato queste difficoltà ed hanno elaborato probabilmente la stima finora più robusta di quanto sia grave la crisi moderna. Sono stati deliberatamente prudenti – sono ben consapevoli dei pericoli di gridare al lupo al lupo su un argomento di tale importanza e sul quale la passione si infiamma. Per cominciare, si sono limitati ai gruppi di organismi meglio studiati: i vertebrati. Poi hanno fatto una stima per eccesso delle estinzioni di fondo con cui confrontarsi, per rendere le cifre moderne meno drammatiche possibili. Poi, hanno aggiunto quelle estinzioni naturali che è probabile che siano avvenute, ma che non sono state ancora verificate. Anche con questo cautela, le cifre sono comunque scioccanti. Piuttosto che le nove estinzioni fra i vertebrati che ci si aspettava che fossero avvenute in circostanze geologiche normali dal 1900, la loro stima prudente aggiunge altre 468 estinzioni, distribuite fra mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci.

Esempi di specie perdute includevano il delfino dello Yangtze e il Rospo dorato del Costa Rica. A seconda del gruppo, i tassi di estinzione sono da 10 a 100 volte più alti del normale. Una sesta estinzione di massa sta quindi cominciando. Caballos e i suoi colleghi stimano che crescerà fino a rivaleggiare con l'ultima grande catastrofe del passato, quando i dinosauri e gran parte del resto sono scomparsi 65 milioni di anni fa, in un tempo corrispondente a tre tempi di vita umani. Ancora una volta, si tratta di una stima prudente . Considera semplicemente i meccanismi di uccisione, di perdita di habitat, di predazione, di inquinamento e così via in funzione oggi. La proiezione di Caballos non tenta nemmeno di considerare, per esempio, gli effetti del riscaldamento globale o dell'acidificazione dell'oceano. Una volta che questi entrano in gioco sul serio, faranno sparire molte specie dalle loro zone di abitabilità e farà aumentare il tasso di estinzioni ancora di più.

In termini di scala, ora stiamo vivendo all'interno di uno di quei brevi e rari episodi nella storia della Terra in cui il contesto biologico della vita viene smantellato. Si tratta di una tragedia in tutti i sensi – ma, in sé, potrebbe essere vista come un ulteriore episodio di distruzione biologica nella storia del nostro pianeta. La Terra c'è già passata in precedenza – e ci passerà ancora, prima che la sua vita venga completamente estinta fra più o meno un miliardo di anni in futuro. Questa particolare perturbazione della biosfera, però, ha alcune caratteristiche molto speciali. Di fatto, non c'è stato niente di lontanamente simile nella storia del nostro pianeta. Per coincidenza, uno degli autori dello studio di Caballos, Anthony Barnosky dell'Università della California a Berkeley, è stato impegnato in un altro studio pubblicato la stessa settimana, uno studio che ha cercato di mettere il dito esattamente su cosa c'è di così diverso – e così strano, in termini planetari, da non indugiarci sopra – su cosa sta succedendo alla biosfera proprio in questo momento.

Questo secondo studio, condotto da Mark Williams, un paleontologo dell'Università di leicester, ha identificato alcune novità piuttosto straordinarie al centro degli eventi attuali. Primo, le estinzioni passate sono state alimentate da quelli ora che stanno diventando i molto famigliari cavalieri dell'apocalisse planetaria: enormi eruzioni vulcaniche che soffocano l'atmosfera ed avvelenano i mari; il caos causato dall'impatto di un grande asteroide e gli effetti strazianti di un rapido cambiamento climatico. Nessuno di questi figura realmente nell'attuale crisi biologica – nemmeno il cambiamento climatico, che è ancora soltanto nelle sua fasi iniziali.

Piuttosto, le estinzioni sono state alimentate dagli effetti di una sola specie, l'Homo Sapiens. Una tale estinzione di massa non è mai avvenuta prima (con la probabile eccezione di 2,5 miliardi di anni fa, quando un tipo di microbo ha sviluppato la fotosintesi per diffondere l'ossigeno, un gas che sarebbe stato altamente tossico per gli altri microbi che vivevano allora e che sarebbero stati spinti ai margini della vita sulla Terra – dove sono ancora). Ancora più straordinario, quest'unica specie vive sulla terraferma, ma è riuscita a diventare il predatore apicale anche degli oceani, causando il collasso delle popolazioni di balene e pesci.

In tutto, la nostra sola specie ora si è impadronita di qualcosa fra il 25 e il 40% della produttività primaria della Terra. E' una produttività che su grandi aree di terra è “iper fertilizzata” dall'estrazione di milioni di tonnellate di azoto dall'aria, col processo Haber-Bosch, e scavando quantità analoghe di fosfati dalla terra. Le colture super nutrite vengono nutrite, in modo altamente efficiente, per allevare animali che a nostra volta mangiamo. La scala di questa operazione è un grande motivo della scala dell'estinzione di massa in corso di altri organismi. Lo scienziato Vaclav Smil, dell'Università di Manitoba, ha calcolato che misurati semplicemente in massa, gli esseri umani ora costituiscono un terzo dei vertebrati terrestri e gli animali che alleviamo per mangiare – mucche, maiali, pecore e così via – costituiscono gran parte degli altri due terzi. Tutti gli animali selvatici – elefanti, giraffe, tigri e così via – ora sono meno del 5% in massa. E' un indicatore di quanto siano stati spinti ai margini dagli esseri umani.

Gli esseri umani cambiano le cose in altri modi – ora dirigono l'evoluzione degli animali che sono utili a loro attraverso la riproduzione e l'ingegneria genetica: ancora una volta, si tratta di una novità planetaria. L'energia che la nostra specie ottiene dalla fotosintesi non è sufficiente e quindi estraiamo energia fotosintetica immagazzinata dal sottosuolo, come gli idrocarburi, in enormi quantità e la usiamo per alimentare le nostre macchine. Queste macchine – auto, aerei, computer e molto altro – sono state definite, insieme ai loro software umani, la tecnosfera dal geologo Peter Haff dell'Università di Duke. Haff lo vede come un sistema emergente con le sue proprie dinamiche interne (e che gli esseri umani attualmente alimentano, ma che non controllano realmente) – di fatto un'emanazione della biosfera. Qualsiasi cosa sia, si evolve alla velocità della luce in confronto all'evoluzione biologica.

I cambiamenti della biologia della terra comprendono, pertanto, un evento di estinzione di massa che si sviluppa rapidamente, come reso su grafico da Gerardo Caballos e dai suoi colleghi. Ma ciò potrebbe essere visto come parte di una trasformazione molto più radicale. Stanno emergendo nuovi schemi fondamentali che potrebbero essere paragonati, diciamo, col cambiamento di mezzo miliardo di anni fa, quando una biosfera che consisteva di soli microbi ha lasciato spazio ad una dominata da animali multicellulari. Questo nuovo schema planetario potrebbe svilupparsi forse abbastanza bene da aiutare ad evitare un'estinzione di massa? Attualmente, la tecnosfera è più un parassita che un partner della biosfera . Per esempio, è terribile nel riciclare.

Ma alcuni aspetti potrebbero aiutare ad alleviare gli effetti peggiori del riscaldamento globale. Per esempio, gli esseri umani hanno causato la più grande trasmigrazione della storia. Alcune di queste specie invasive potrebbero adattarsi bene alle nuove temperature più alte. E un miglior uso dell'energia e dei materiali può ridurre la pressione sul restante ecosistema naturale. Scongiurare un'estinzione di massa è ancora possibile, ma non abbiamo molto tempo.

L'autore è professore di paleobiologia all'Università di Leicester

Non è la prima volta - Estinzioni di massa precedenti

La storia geologica comprende molti periodo in cui le specie sono scomparse in gran numero. In ognuna di quelle seguenti, più di metà delle specie della Terra è scomparsa:

1 Fine dell'Ordoviciano, 443 milioni di anni fa.
Questa coincide con una glaciazione molto rapida; il livello del mare è crollato di più di 100 metri, devastando gli ecosistemi marini di bassa profondità; meno di un milioni di anni dopo, c'è stata una seconda ondata di estinzioni quando si è fuso il ghiaccio, il livello del mare è aumentato rapidamente e gli oceani sono diventati privi di ossigeno.

2 Tardo Devoniano, circa 360 milioni di anni fa.
Un evento prolungato e caotico, che ha colpito ancora una volta molto duramente la vita nei bassi fondali ed un'estinzione che è stata probabilmente dovuta al cambiamento climatico.

3 Estinzione di massa del Permiano-Triassico, circa 250 milioni di anni fa.
La più grande di tutte, “La grande Moria” di più del 95% delle specie, è fortemente collegata a enormi eruzioni vulcaniche in Siberia che hanno causato, fra gli altri effetti, un episodio breve e cruento di riscaldamento globale.

4 Estinzione di massa del Triassico-Giurassico, circa 200 milioni di anni fa.
Questa è stata collegata ad un'altra enorme esplosione di attività vulcanica.

5 Estinzione di massa del Cretaceo-Terziario, 65 milioni di anni fa.
Questa ha sterminato i dinosauri e molto altro; è stato probabilmente un impatto di un asteroide in Messico a fare il danno, ma l'ecosistema mondiale potrebbe essere stato indebolito da eruzioni vulcaniche in quella che ora è l'India.

Il collasso del negazionismo climatico italiano?

Immagine da Teads Labs: classifica del blog "New Ice Age"



Il blog "New Ice Age" (NIA) non è mai stato fra i più frequentati in Italia, ma, qualche anno fa, era estremamente attivo. Ci faceva capo un gruppo di ragazzi convintissimi non solo dell'imminente arrivo di una nuova era glaciale, ma anche che gli scienziati complottavano contro l'umanità intera per nascondere questo fatto. Ho avuto più di uno scontro con loro, per esempio come potete leggere qui.

Da allora, non ho prestato molta attenzione a NIA, se non occasionalmente. Negli ultimi tempi, però, mi è venuto in mente di dare un'occhiata a quello che stavano facendo e il sito mi è parso molto, molto decaduto. Continuano a pubblicare le loro elucubrazioni sulle conseguenze climatiche dell'attività solare, ma manca completamente il gran numero di commentatori assatanati che ne era una caratteristica qualche anno fa.


Sono andato a guardarmi la classifica dei blog e, in effetti, NIA ha subito una notevole pausa accompagnata da un declino. Viene fuori che sono stati completamente inattivi per quasi un anno. Poi si sono ripresi e, proprio quest'ultimo mese, hanno anche avuto un notevole rimbalzo verso l'alto, ma non è più lo stesso blog di prima.

In effetti, tutti i blog sono soggetti a delle crisi di stanchezza, peraltro credo che questo dipenda anche dall'argomento trattato. Per quanto riguarda "New Ice Age", immagino che anche loro comincino a rendersi conto che con l'ondata di calore in corso e con il 2015 che si avvia ad essere l'anno più caldo della storia, beh, continuare a proclamare l'imminente era glaciale è un po' come aspettare il Grande Cocomero. Dopo un po', la tua fede - per quanto inossidabile - deve anche cominciare a vacillare.

Può darsi che l'andamento di NIA indichi una difficoltà generalizzata dei blog climato-negazionisti italiani? Potrebbe effettivamente essere il caso, anche se è difficile quantificare questa affermazione. Ci sono ancora molti blog di pazzoidi anti-scienza che navigano nelle parti basse della classifica; per esempio, un blog già assurdo come "L'Ex Pianeta di Dio" è diventato ancora più assurdo (nota: adesso è proprio scomparso dal web). Poi c'è tutta la galassia dei blog complottisti che hanno come usanza regolare quella di pubblicare ogni tanto qualcosa sulla "bufala del cambiamento climatico"; ma per loro è più che altro uno sparare ai cespugli

Insomma, non ci sono novità sul fronte del negazionismo climatico e credo che si possa parlare di declino generalizzato.  Persino il mitico Claudio Costa, grandissimo esponente del trolling climatico, noto anche come "Il Gatto Silvestro del clima", è diventato silenzioso da un paio d'anni, al punto da farmi preoccupare per la sua salute. Mi ha fatto molto piacere vedere che di recente è rispuntato fuori e dice che sta bene. Meno male!

Infine, c'è l'unico blog negazionista italiano con qualche vaga pretesa di essere "serio", ovvero climatemonitor di Guido Guidi. Il sito è tuttora piuttosto attivo in termini di numero di post pubblicati, ma non sono riuscito a trovarne traccia sulle classifiche di "Teads", per cui non so dire se sia in declino oppure no. Quello che è certo è che i contenuti sembrano sempre di più scarsi: l'ultimo post, per esempio, ha a che vedere con Frank Sinatra e "O Sole Mio". Francamente, sembra un blog di quattro pensionati al bar che si lamentano di donne, tempo, e del governo.

Insomma, non è impossibile che il negazionismo italiano sia perlomeno in difficoltà, se non in rotta totale. Potremmo essere di fronte a un cambiamento di paradigma sulla questione climatica? Forse si; anche se ci sarà sempre una retroguardia di arrabbiati che si rifiuta di vedere cosa gli succede intorno, dovremmo arrivare a un accordo generalizzato che bisogna cercare di fermare il cambiamento climatico prima che sia troppo tardi. Quanto poi a riuscirci, è un'altra storia, ma almeno dobbiamo provarci


Nota aggiunta dopo la pubblicazione. Nei commenti, sono venuti fuori altri siti climato-negazionisti che mi erano sfuggiti. Uno è "Attività Solare" (www.attivitasolare.com) che sembra raccogliere alcuni fuoriusciti da NIA, incluso quel Bernardo Mattiucci che mi aveva personalmente minacciato di morte qualche anno fa. "Attività Solare" sembra essere molto attivo e ha anche una pagina di facebook, anche se non ho trovato statistiche in proposito. L'apparizione di questo nuovo blog potrebbe in parte spiegare la "pausa" di NIA. Quindi, forse, sono stato troppo ottimista a vedere in termini di un declino quello che potrebbe essere soltanto un trasferimento di interesse da un blog a un altro. Insomma, non te ne liberi......