mercoledì 3 aprile 2013

Colpaccio sull'elettrico!


Pietro Cambi è l'inventore del cinquino elettrico, presidente di Eurozev, giornalista, imprenditore, blogger, geologo, ingegnere, adoratore di divinità misteriose, e molte altre cose. Nella foto, lo vedete alla guida del mitico cinquino alla partenza del "Green Rally" qualche anno fa. Continua a lavorare per un mondo più pulito e più energetico e qui ci propone una sua riflessione.



Guest post di Pietro Cambi

Dopo l'ultimo post su Crisis, vi sareste potuti aspettare un post su TEOTWAWNI* ed invece no.

Invece vi voglio scrivere due righe su un colpaccio che siamo riusciti a mettere a segno, nel caso vi fosse sfuggito.

Mentre gli inciucisti tramano, i politologhi strologano su geometrie governative variabili, i costituzionalisti si interrogano, gli opinionisti sbandano sotto la responsabilità di averne di proprie ( di opinioni), i neoeletti 5s fanno la conoscenza reciproca e del mondo alieno in cui sono stati catapultati ed affrontano le prime battaglie e problemi ( la cronaca di questi ultimi giorni), La cosiddetta Liquid democracy, la democrazia dal basso, con una incursione ferina, ha messo a segno un colpaccio clamoroso al modo tradizionale di fare politica ed alle lobbies costituite.

Nella generale distrazione dei media, intenti a tetratricotomometrie e radiografie non autorizzate del comportamento di ogni singolo parlamentare, M5S, in attesa che finalmente qualche proposta di legge filtrata dalla rete venga portata in parlamento dai cittadini eletti pentastellati. un manipolo di audaci guastatori, o ostinati idealisti (come preferite) è riuscito a far passare in parlamento, far votare e FAR APPROVARE un provvedimento di legge, grazie ad un pugno di parlamentari bipartisan di buona volontà.

Non solo. L’ha fatto OTTO MESI FA.

UH? Ma come? Ma DOVE ma COSA?

Beh, si: è andata proprio cosi ed è nato tutto da NOI.

Da noi fondatori di Eurozev ( e membri di Aspo Italia), che abbiamo lottato1 , scritto2, divulgato3, propugnato4, dimostrato5, per anni i concetti alla base dell’emendamento e da alcune aziende volenterose, alla Riker vanno aggiunte EVE e Pininfarina, che ci hanno dato retta ed hanno provato a seguire il nostro esempio su scala industriale, con buoni successi.

Non voglio ripercorrere qui tutta la sagra del cinquino elettrico e di noi 4 gatti di Eurozev, oltre che di Debora, dei blog Petrolio e Crisis, sostenitrice della primissima ora. per il bi e ba precedente potrete dare una occhiata al sito di Eurozev. www.eurozev.org. oppure potreste provare con una ricerca su Google alla voce "retrofit elettrico".

Riassumo solo la parte di interesse RECENTE.

Dopo diversi tentativi, ormai tre anni fa, scopro che il primo firmatario di una legge sulla modifica dei veicoli esistenti, L’On. Lulli, è di Prato. Dopo un poco di mail bombing da parte di voi lettori di crisis ( link 7) lo contatto via facebook e mi gira SUBITO il cellulare.

Lo incontro, capisco che ha una certa consapevolezza della validità del concetto ed una buona volontà di portare avanti la cosa. In effetti dopo circa un anno compare un disegno di legge link 8 a sua firma che prevede importanti incentivi ai veicoli elettrici, senza costi per i cittadini ma finanziato da una sovratassa sulle bottiglie in pet e sugli shoppers da supermercato.

Studio un emendamento proretrofit che viene in effetti inserito nel disegno di legge.

Tuttavia il disegno segue un percorso tortuoso e difficile in commissione. Ci mette lo zampino Fiat, con tanto di audizione del suo AD Marchionne, che, invitato a parlare in merito agli incentivi per i veicoli elettrici link 9, riesce a nominarli UNA VOLTA in 56 pagine di intervento e ad introdurre le auto a metano e gpl, che non c'entravano NULLA con il disegno di legge link 10 , si spaventa la motorizzazione civile, fremono e sono dubbiosi gli sparuti costruttori di veicoli elettrici.

Si arriva a Giugno 2013. Ricevo una concitata telefonata da una delle responsabili di Energoclub, associazione attiva nel settore delle rinnovabili e ben in contatto con la ns associazione Eurozev e con una similare nel frattempo sorta nel nord italia ed insieme decidiamo di riscrivere una nuova proposta che potrà essere inserita come comma di un articolo che riprenderà l’intero disegno di legge Lulli all’interno del primo decreto “crescitalia"?. Qualche parlamentare di buona volontà sia di dx che di sx dichiara il suo appoggio, scrive qualche emendamento etc etc. insomma: il decreto legge, viene convertito in legge dello Stato nell’Agosto 2012. Il retrofit elettrico dei veicoli esistenti, concetto introdotto in italia dal modesto sottoscritto ex coblogger di Crisis, è LEGGE DELLO STATO.

link:
http://www.altalex.com/index.php?idnot=58505
articolo 17 terdecies

come abbiamo dato la notiza a suo tempo

http://mondoelettrico.blogspot.it/2012/08/il-retrofit-elettrico-e-legge-dopo.html

Ovviamente, con mille caveat, limitato ad alcune categorie di veicoli, rimandando a circolari ministeriali per la sua concreta attuazione etc etc. More italico. Ma il concetto e’ passato.

Ed è stato concepito, scritto e proposto da un piccolo gruppo di persone senza tessere/o agganci.

Non è finita. Essendo evidenti i limiti dell'articolo cosi come passato, prendo carta penna e calamaio e scrivo una lettera ai presidenti delle commissioni interessate, ed ai deputati primi firmatari, che suggerisce le modifiche da fare per rendere pienamente operativa la norma appena approvata. La lettera viene firmata oltre che dalle nostre due associazioni anche dall' AD di Pininfarina e da quello di Riker.

Continuo a lavorare sull'emendamento e, in accordo con Lulli, ne scrivo una bozza definitiva ( debora, ce l'hai e puoi linkarla) che viene presentata in parlamento per essere inserita nella legge di Stabilità ( ex finanziaria). benchè sia stato riproposto da vari deputati di tutti gli schieramenti, nessuno degli emendamenti passa e poi, come sapete, cade il governo.

Comunque vada in parlamento, a me pare importante ricordare QUI ed ORA quale sia stato il primo provvedimento di legge proposto con una inziaitiva dal basso e dalla rete, presentato da un parlamentare del PD ed approvato in parlamento. Ci sembra un giusto riconoscimento non solo per noi di Eurozev e per i tanti che ci hanno incoraggiato ed appoggiato, in rete e nel mondo reale, ma anche per i tanti che ci hanno dato una mano e sostenuto in tanti differenti modi in questi anni , senza dimenticare il coraggiosissimo Deputato Lulli e gli altri di tutti gli schieramenti che hanno accettato di portare in parlamento una proposta di legge partita dai cittadini.

A parte il lato di primo esempio italico di democrazia dal basso o, diciamo cosi, liquida, se pensate che si tratti di qualcosa di marginale, di secondario di trascurabile, di decorativo, beh vi sbagliate di GROSSO.

Due aziende Italiche, ANCHE su nostra diretta indicazione, Pininfarina ed Irisbus, stanno cercando di salvare il trasporto pubblico in italia ( e se stesse nel processo) proprio realizzando un kit di retrofit per gli autobus esistenti. Il prototipo Pininfarina esiste già si chiama Hybus (link 11) ed è in fase di sperimentazione presso l'azienda di trasporto di Torino. La cosa ha anche generato una LUNGHISSIMA interrogazione parlamentare, aimè presentata da un deputato dai precedenti non certo limpidi ( link 12), che però riassume in termini assolutamente corretti la cosa e riprende quasi parola per parola quanto da me tante volte scritto (la lettera cofirmata con pininfarina a titolo di esempio). nel frattempo i comitati di base della Irisbus hanno sposato il progetto in toto e stanno cercando un referente industriale credibile, come del resto la Regione campania link 13.

Vada come vada, la nostra piccola idea, si è fatta grande, è maggiorenne e cammina con le sue gambe.

Da orgogliosi genitori, vi racconteremo gli sviluppi e, manco a dirlo, cercheremo di ripresentare il nostro emendamento. SE ci sarà un parlamento nei prossimi mesi, credo proprio che ne avremo l'opportunità.

AH!! Ovviamente, Lulli, il parlamentare del PD, NON è stato ricandidato a queste elezioni.

Caso o sfortuna ovviamente.


*The End Of The World As We Know It.

1 http://petrolio.blogosfere.it/2007/05/il-cinquino-elettrico-marcia-su-roma.html
2http://petrolio.blogosfere.it/2007/05/esclusivo-ecco-la-fiat-500-col-retrofit-elettrico.html
3 www.eurozev.org
4 http://petrolio.blogosfere.it/2007/05/il-cinquino-elettrico-in-trionfo-a-roma.html
5 http://crisis.blogosfere.it/2010/03/convergenze-parallele.html
6 http://crisis.blogosfere.it/2011/06/retrofit-elettrico-o-macellazione-halal-il-tuv-ha-scelto.html
7 http://crisis.blogosfere.it/2010/01/il-retrofit-elettrico-parte-il-mail-bombing-ci-date-una-mano.html
8 http://www.notiziediprato.it/2009/10/il-parlamentare-pratese-lulli-propone-una-legge-per-aumentare-i-fondi-per-i-veicoli-elettrici/
9 http://documenti.camera.it/leg16/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2011/02/15/0910.pdf
10 http://www.fiatindustrial.com/it-IT/media_center/press_release/FiatDocuments/SM_Audizione_alla_Camera.pdf
11 http://www.pininfarina.it/it/hybus#
12 http://www.ecquologia.com/cms/index.php?option=com_content&view=article&id=1019:in-parlamento-si-discute-della-conversione-elettrica-pura-e-ibrida-&catid=9:veicoli-elettrici-o-ibridi
13 http://www.orticalab.it/Speranza-Irisbus-la-Regione-dice

lunedì 1 aprile 2013

Smentito il picco delle uova



La tradizionale "caccia alle uova" di Pasqua è una sorgente di intuizioni a proposito della situazione petrolifera. A questo proposito, vedi il mio Post di Pasqua dell'anno scorso. Immagine da "bitrebels".



1 Aprile 2013.
da Cassandra's Legacy


Oggi, un comunicato stampa dell'industria delle uova ha commentato sulla tradizionale "caccia alle uova" della Pasqua di quest'anno, negando che il "picco delle uova si sia verificato l'anno scorso.

"Le uova sono ancora abbondanti," dice il comunicato dell'industria, "e la nuova tecnologia di fracking di uova sta creando una "nuova era delle uova" che durerà per decenni." Il comunicato aggiunge che il concetto di "picco delle uova" è solo il risultato di tattiche catastrofiste da parte di un piccolo gruppo di pseudo-esperti che sono stati smentiti molte volte nel passato.

Ambienti vicini al Coniglio Pasquale hanno anche risposto a un certo numero di domande, specificando che, si, è vero che è stato qualche volta più difficile per i bambini raccogliere dal terreno le uova frackate, ma questo non dovrebbe detrarre dai vantaggi che la nuova tecnologia ci sta portando.

Gli stessi ambienti hanno anche sostenuto che le preoccupazioni di alcuni ambientalisti a proposito del consumo di uova frackate sono fuori posto. L'industria non ha intenzione di divulgare la composizione delle sostanze chimiche utilizzate per il fracking delle uova, ma sostiene che i risultati del processo sono completamente sicuri per il consumo umano. Aggiunge che il colore blu (alle volte verde) del tuorlo è completamente naturale. Anche, il fatto che certe volte le uova frackate sono state osservate prendere fuoco spontaneamente dovrebbe essere visto come un vantaggio per la cottura delle frittate.


Secondo ambienti industriali, il fracking mostra grande promessa per la creazione di nuovi prodotti alimentari e il suo uso sarà presto esteso in nuove aree. Polli frackati, per esempio, sono promettenti per l'industria degli hamburger e gli esperimenti sono in corso.   

sabato 30 marzo 2013

Super-tempesta non solo finanziaria

Tempesta gigante nell'Oceano Atlantico - va dal Portogallo al Labrador; sembra che una cosa del genere non si sia mai vista nel passato. Durera ancora alcuni giorni, per poi attenuarsi gradualmente.

http://climatecrocks.com/2013/03/29/big-storm-really-big-storm/

venerdì 29 marzo 2013

Avevamo ragione sul picco!



Questo articolo di Stephen Hren fa il punto sulle previsioni che ASPO aveva fatto qualche anno fa sul futuro del petrolio. Viene fuori che ASPO ha avuto ragione in varia misura su quasi tutta la linea. Ma su un punto ha sbarrocciato completamente: i membri di ASPO ritenevano che, di fronte all'evidenza, tutti si sarebbero accorti del problema del picco del petrolio. E' andata esattamente al contrario.



La ricompensa di aver avuto ragione sul picco: disprezzo oltre alla derisione

Di Stephen Hren

Da “huffingtonpost.com”. Traduzione di MR

Proprio prima della fine del millennio, le prove hanno cominciato ad accumularsi. Il mondo è stato perlustrato molte volte in cerca dell'ultimo pozzo generoso di petrolio greggio. Le scoperte di nuovo petrolio hanno raggiunto il picco negli anni 60 e sono crollate da allora. I giacimenti supergiganti, il termine dei petrolieri per quei pozzi in grado di tirar fuori milioni di barili al giorno o più non sono più stati trovati e quelli in estrazione stavano cominciando ad accelerare il proprio declino, da Prudhoe Bay al campo Ghawar a quello di Cantarell. Sicuro, c'era altro “petrolio” la fuori, ma era intrappolato in acque molto profonde o bloccato in formazioni di roccia dura che doveva essere fratturata a caro prezzo per far uscire il petrolio. Questi giochi potevano funzionare, ma solo se il prezzo del petrolio fosse rimasto molto alto e anche allora il tasso di flusso non avrebbe mai compensato quello dei supergiganti e giganti dai quali il mondo dipende per per le decine di milioni di barili che servono ogni giorno perché l'economia continui a pulsare.

Così, gli ex geologi petroliferi Colin Campbell e Ken Deffeys hanno cominciato a suonare il campanello d'allarme. “Ehi!” hanno gridato a pieni polmoni, “non possiamo mantenere questo flusso di petrolio per sempre! Anche se usiamo tutte le fonti non convenzionali come le sabbie bituminose, il petrolio dell'Artico, ecc. la quantità sarà sempre di menonel corso di questo secolo. E quegli altri tipi di petrolio sono molto più sporchi e a più alta densità di carbonio del petrolio che abbiamo usato finora”!

Che cosa hanno previsto? E quanto sono andati vicino all'avere ragione? Diamo uno sguardo rapido, in modo da non essere sopraffatti dall'iperbole degli abbondantisti che ci bombardano ogni giorno.

Il prezzo del petrolio aumenterà drammaticamente, probabilmente di un ordine di grandezza. 

Verifica. Questo lo capite senza problemi. Il petrolio è passato dai 19 dollari al barile del 1999 ai circa 100 dollari al barile di oggi. Questo ha improvvisamente reso attraente tutto quel petrolio difficile da estrarre che conoscevamo da decenni in posti come l'Alberta (Canada) e il Nord Dakota.

L'estrazione rimarrà in un plateau per più o meno un decennio mentre il petrolio convenzionale comincia a diminuire e noi buttiamo tutte le risorse che abbiamo sulle fonti non convenzionali, il "tight oi"l, il petrolio di acqua ultra profonde, ecc.

Verifica. Nel 2004, la produzione ha raggiunto i 73 milioni di barili a giorno (Mb/g). La media annuale delle spese per la ricerca del petrolio è raddoppiata dal 2004 fino ai 600 miliardi di dollari all'anno nel 2012. Raddoppiando il nostro sforzo complessivo nell'estrazione di petrolio, siamo riusciti ad aumentare la produzione fino a 74 Mb/g, mentre il prezzo del petrolio è triplicato dal 2004. Sembra logico presumere che altri 2 milioni di barili a giorno in più di incremento globale richiederanno un altro raddoppio delle spese ed un altra triplicazione dei prezzi, il che significherebbe 10 dollari al gallone qui negli Stati Uniti. La Cina aumenta il suo consumo di petrolio di due Mb/g circa ogni quattro anni.

L'economia si contrarrà ed entrerà in un periodo di stagnazione. Le economie più vulnerabili collasseranno profondamente.

Verifica. L'impiego negli Stati Uniti deve ancora raggiungere i suoi livelli del 2008. Economie come la Grecia e la Spagna sono collassate del 25%.

Le esportazioni di petrolio cominceranno a crollare, specialmente quando il prezzo aumenta e i paesi estrattori diventano più ricchi, perché questo significa che questi saranno più ricchi e consumano di più del loro petrolio.

Verifica. Le esportazioni mondiali di petrolio hanno raggiunto il picco nel 2006 e sono declinate di oltre 2 Mb/g da allora. L'Arabia Saudita ha il più alto tasso di crescita nell'uso di petrolio. Il consumo è aumentato da 1 a quasi 3 Mb/g durante l'ultimo decennio e le esportazioni sono diminuite di oltre 1 Mb/g. Se le tendenze mondiali attuali continuano, le esportazioni disponibili di petrolio potrebbero raggiungere lo zero attorno al 2032. Attualmente, gli Stati Uniti estraggono circa 7 milioni dei 18 milioni di barili del petrolio che usiamo, quindi presumendo di poter mantenere l'estrazione a quel livello, avremmo bisogno di tagliare l'uso di petrolio di due terzi in 20 anni.

Le nuove risorse saranno più care e a più alta densità di carbonio.

Verifica. Il precedente assunto di mantenere l'estrazione di petrolio stabile negli Stati Uniti è molto improbabile che si verifichi. Il petrolio 'tight' e quello di alto mare (come quello che viene da Bakken e Eagle Ford) hanno dei tassi di esaurimento estremamente alti. I pozzi d'alto mare si esauriscono del 10-20% all'anno. Il petrolio 'tight' si esaurisce di circa il 40% all'anno nei primi anni. Pensate a quel secondo numero, da dove viene gran parte dell'estrazione del nostro nuovo petrolio. Coe se aveste un lavoro part-time ma entro due anni guadagnaste circa un quarto del vostro attuale stipendio. Probabilmente avreste bisogno di un nuovo lavoro part-time, gusto? Ma anche quello da lo stesso risultato. Prima che ve ne rendiate conto, avete bisogno di 40.000 lavori part-time. Ma anche questi non servono, perché continuano anch'essi ad esaurirsi del 40%. Provate a pensare a quanto dovreste lavorare per mantenere il vostro stipendio originario dopo cinque anni, poi dopo dieci, poi dopo venti... Quanti di voi là fuori pensano che finiranno per arricchirsi? Bene, se siete economisti o lavorate per una lobbie del petrolio come CERA o API siete totalmente convinti di avere fatto bingo. Ma non lasciate che le loro cazzate e l'accesso all'informazione primaria vi impest gli occhi e le orecchie talmente tanto da non vedere più la realtà. L'estrazione di petrolio nel mondo sta raggiungendo il picco proprio adesso e le fonti di petrolio alle quali ci stiamo rivolgendo sono a molta più alta densità di carbonio di quelle che stiamo lasciando, il che vuol dire che anche se usiamo la stessa quantità di petrolio e gas, stiamo ugualmente aumentando il tasso delle nostre aggiunte di veleni di gas serra in atmosfera. Conoscete la nostra atmosfera – quella cosa invisibile tutt'intorno a noi che mantiene vivi noi e chiunque altro sul nostro pianeta? Amici, lettori, non credete alle montature. L'era del petrolio sta giungendo al termine, ma questa può essere una cosa molto buona se ce ne rendiamo conto e facciamo scelte che guardino avanti per lasciarci questa nuvola nera di gas di scarico dietro di noi. Prima ci impegniamo nella transizione della nostra economia alle energie rinnovabili, meglio staremo sotto ogni aspetto.

Stephen Hren è l'autore di Storie dal Sottosuolo Sostenibile. Trovate di più su www.earthonaut.net.

mercoledì 27 marzo 2013

Dove non c'è governo

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

Mason London

di Dmitri Orlov

Estratto da “Le Cinque Fasi del Collasso”

Le società moderne si basano sul fatto che il governo difenda di diritti di proprietà, renda efficaci i contratti e regoli il commercio. Quando l'economia si espande, lo fanno anche le funzioni di governo, insieme alle strutture burocratiche, alle leggi, alle procedure e, ciò che si allarga più velocemente di tutto, i suoi costi. Tutti questi accordi ufficiali mostrano una accrescimento della complessità nel tempo. Ogni volta che c'è un nuovo problema da risolvere, qualcosa viene aggiunto alla struttura, ma non viene mai sottratto niente, perché i precedenti accordi sono ereditati  e perché semplificare un accordo complesso è sempre più difficile e costoso che complicarlo ulteriormente. Ma la complessità socioeconomica non è mai senza costo e una volta che l'economia raggiunge il culmine e comincia a contrarsi, questo costo diventa proibitivo. Nel contesto di un'economia in contrazione squassata da onde di crisi crescente, arriva una burocrazia fuori misura ad esibire un'economia di scala ancora maggiore, mentre l'impresa ardua di riformarla così come di ridurla di scala  e semplificarle non può avere la priorità, a causa della mancanza di risorse. Nel migliore dei casi, dopo un periodo di transizione più o meno caotico, nuove strutture semplificate e ridotte di scala alla fine emergono.

Il governo, almeno nella sua forma non funzionale e simbolica, potrebbe non essere abbandonato completamente. Alcune delle sue funzioni chiave potrebbero essere svolte da gruppi non ufficiali. Un ambiente quasi completamente senza legge potrebbe prevalere in certe aree particolarmente in difficoltà per qualche tempo, dopo che il governo perde tutte le capacità di agire a causa della mancanza di risorse e prima che le forme non ufficiali di autogoverno locale emergano spontaneamente. Bisogna ricordare che i governi esistono principalmente attraverso la tassazione. In un'economia in declino, la base delle tasse si contrae mentre le spese sociali e di mitigazione della crisi del governo aumentano soltanto, ma la popolazione non può permettersi di pagare una maggior percentuale di tasse. In questa situazione, tuttavia, gran parte dei governi tentano di aumentare le tasse, con l'effetto di portare l'economia sottoterra. Mentre la popolazione viene spinta a ricorrere a forme illegali di commercio, a contratti informali, al baratto, al regalo e alle economie di sussistenza per sopravvivere in condizioni di crescente povertà e disoccupazione, questo circolo vizioso si alimenta da solo e il governo avvizzisce da solo, si rivolge ad attività criminali per sopravvivere o entrambe le cose.

Mentre il processo di disgregazione del governo fa il suo corso, forme di governo alternative e non ufficiali prendono il loro posto piuttosto rapidamente. Non è né esatto né d'aiuto immaginare una spontanea discesa in un qualche tipo di stato di natura hobbesiano che, dato ciò che sappiamo adesso, è considerata più come una favola ridicola, un lavoro di fantasia e una proiezione di ignoranza per cui dove non c'è legge ci sono costumi e tabù che hanno la forza della legge e vengono confermate attraverso un uso giudizioso della violenza. Dove non ci sono autorità ufficiali, ne sorgono spontaneamente di non ufficiali. Gli affari e il commercio vanno avanti, ma senza governo, coinvolgimento o protezione.

Inoltre, in un ambiente transitivo e devastato dalla crisi, tali forme di governo non ufficiali spesso si rivelano molto più convenienti. Il governo, col suo insieme di comportamenti evoluti prevedibili, impersonali, governati da leggi e guidati da procedure, è in grado di funzionare solo in un ambiente stabile e prevedibile. Un'economia che collassa non è un ambiente del genere. Qui, tutti i giudizi e le azioni devono essere basati sulla situazione locale immediata, tutte le soluzioni devono essere improvvisate e quelle che comportano il passaggio attraverso i canali ufficiali per guadagnarsi l'approvazione ufficiale diventano non competitivi. I modi illegali di fare affari surclassano facilmente quelli legali.

Il focus sull'illegalità è in un certo senso inevitabile, ma non è del tutto utile, perché tende a dipingere tutte le attività come bianche o nere. E' molto più utile vederle come scala di grigi o come distribuite su una mappa bidimensionale. In un angolo ci sono le istituzione che funzionano legalmente – o che non funzionano affatto: la polizia, la giustizia, l'applicazione del codice, i servizi di ispezione e così via. Nell'angolo opposto, ci sono le istituzioni private che funzionano illegalmente: gruppi criminali organizzati. Ma ci sono altri due angoli. Ci sono anche istituzioni pubbliche che funzionano illegalmente – polizia e forze di sicurezza che agiscono privatamente, sia per conto di terzi che per conto proprio. Possono anche esserci anche organizzazioni private che forniscono legalmente dei servizi che il governo non può più fornire: sicurezza privata e compagnie di protezione. Ci sono molte aree grigie, come ufficiali che fanno rispettare le leggi a caso per regolare i conti con certi individui o gruppi o per fornire una base credibile per la una successiva richiesta di tangenti per chiudere un occhio.

Un grande incremento di attività illegale è spesso colpa diretta del governo. Un governo che rende molte attività essenziali illegali ma manca della capacità di far rispettare il divieto riesce a fare solo una cosa: creare un ampio campo d'azione per le imprese illegali. Ciò, a sua volta, crea domanda per la loro protezione privata. E' questa funzione chiave di offrire protezione privata per imprese illegali la base iniziale per un modo del tutto nuovo di governare. In questo contesto, il crimine organizzato dovrebbe essere visto non solo come una forma di organizzazione sociale, ma come una forma di governo alternativa, che riesce o fallisce sulla base della reputazione personale o del gruppo di contrattare onestamente e della capacità di usare la violenza quando è giustificata e di sopprimerla quando non lo è.

In molti modi un governo debole, che può imporre un divieto ma non farlo applicare, è di gran lunga peggiore di un governo in gran parte defunto, i cui funzionari eseguono pochi doveri cerimoniali e raramente mettono piede al di fuori del campo ufficiale fortemente sorvegliato della capitale. Un governo debole con qualche capacità residua di attuazione della legge, produce un ambiente di gran lunga più violento di uno defunto, interferendo col lavoro delle organizzazioni che offrono protezione privata alle imprese illegali. Una volta che il governo ha rinunciato all'attuazione delle leggi e diventa puramente cerimoniale, le organizzazione di protezione private possono cominciare a fornire servizi sia alle imprese legali sia a quelle illegali e di fatto al governo stesso. I legami fra tali organizzazioni possono quindi essere elaborati e i territori e le sfere di influenza suddivisi, minimizzando il livello di violenza. In questo senso, gli sforzi di un governo debole nell'applicazione della legge indebolisce ulteriormente l'economia rendendo difficile, per le organizzazioni che forniscono protezione privata, fare il proprio lavoro, mentre i loro servizi sono richiesti esattamente a cuasa dell'inefficienza del governo nel fornire protezione. Naturalmente, ciò non fa altro che minare ulteriormente il governo... [Questa Transizione] non dovrebbe essere vista come quella che comincia con le regole della legge e finisce con qualcos'altro, ma come una transizione dal crimine mal organizzato al crimine ben organizzato. Esempi di questo tipo di successione possono essere trovati nella storia e in molte parti del mondo. Che sia la mafia siciliana, la Chicago di Al Capone degli anni 20 o la Russia degli anni 90, ci sono numerosi paralleli su come avviene la transizione. Se si permette che faccia il proprio corso, alla fine soppianterà il governo e forma un sistema di autogoverno e protezione privata la cui legalità non è più in discussione.

Questo non è nemmeno un fenomeno recente: durante il Medio evo, ed anche int empi moderni, le rendite della protezione erano la fonte maggiore delle fortune fatte con il commercio, che gioca un ruolo più ampio nel generare profitti che non la tecnologia di produzione o l'organizzazione industriale. Le rendite della protezione offrono un mezzo per stimolare la ripresa economica (soggetta alle limitazioni delle risorse naturali). Questo perché un'organizzazione che offre protezione forma un monopolio naturale all'interno del proprio territorio, permettendole di aumentare il prezzo della protezione oltre i suoi costi e generare un profitto monopolistico, che poi è in grado di investire in risorse produttive. In assenza di un governo, questo è il solo attore che può creare una austerità temporanea ma produrre una grande prosperità lungo il cammino redistribuendo risorse dal consumo a beni di investimento. Se a quadri istituzionali più competitivi viene consentito di evolvere, gli ex gruppi criminali possono diventare azionisti legittimi negli affari dai quali avevano precedentemente estorto pagamenti.

Un tale schema non sorge spontaneamente dappertutto. La domanda di servizi di protezione è questione di scala. Non esiste in società dove la gente ha a che fare solo con chi conosce personalmente, faccia a faccia, e dove le dispute sono mediate da famiglie e clan. E' un sottoprodotto della specializzazione economica, delle relazioni impersonali e del bisogno di commercio a lunga distanza. Nelle società in cui la fiducia interpersonale è alta, nessuno ha bisogno di garanti e, dove c'è sufficiente solidarietà, la gente si può unire e sconfiggere la minaccia comune del gangsterismo. Come le erbacce che opportunisticamente colonizzano aree di suolo disturbato, i gruppi criminali fioriscono nelle società disturbate. La imprese su piccola scala in società di larga scala sono le più suscettibili; i proprietari di chioschi e i venditori per strada sono i bersagli tradizionali del racket. I successivi sono i funzionari corrotti, che danno spontaneamente il via alla protezione privata, perché creano una nicchia di mercato per coloro che mediano le tangenti e garantiscono le transazioni delle stesse, proteggendo entrambe le parti: il corruttore dalla non esecuzione e il corrotto dal non pagamento. …E' quindi necessario, quando cominciamo ad esaminare questo tema, mettere da parte le nostre reazioni negative a termini come ladro, racket, mafia, gangster e così via e concentrarsi sulle circostanze che creano un bisogno dei loro servizi e su come i malviventi e i gangster possono evolvere in una direzione positiva perché, abbastanza stranamente, spesso lo fanno.

martedì 26 marzo 2013

La decadenza delle infrastrutture

A “The Oil Crash”. Traduzione di MR






















Di Antonio Turiel

Cari lettori,

Il 29 di ottobre dello scorso anno, relativamente tardi per la stagione, l'uragano Sandy – gia' trasformatosi in tempesta tropicale – e' giunto sulla terraferma nello stato del New Jersey. Ancora dopo i due giorni che ha impiegato per esaurirsi mentre entrava nel territorio continentale degli Stati Uniti, ha causato danni apprezzabili, anche se non paragonabili al suo tragico bilancio dei giorni precedenti. Si trattava di un uragano minore, di categoria 2, mentre si muoveva su acqua tropicali e di categoria 1 quando si è avvicinato alla costa del New Jersey, mentre cominciava a degenerare. Il caso ha voluto che arrivasse contemporaneamente da un grande sistema frontale di origine polare, il che ha intensificato i suoi effetti, soprattutto sulla zona costiera, generando una mareggiata ciclonica di grandi dimensioni

Fra tutte le devastazioni che ha causato Sandy, con un elenco di decine di morti, i mezzi di comunicazione si sono concentrati sui danni personali e materiali che ha causato nella città di New York, forse perché quella città è la capitale economica del mondo, forse perché non è tanto normale che una tempesta tanto devastante arrivi a queste latitudini (non discuteremo ora se un tale evento sia veramente anomalo o semplicemente l'evento che deve avvenire ogni tot di tempo relativamente lungo). Ciò che è certo è che l'arrivo di Sandy nelle vicinanze di New York ha portato al mondo una sensazione di impotenza e di fragilità non usuali in una urbe tanto potente (forse un po' meno dopo l'11 settembre 2001).

Varie infrastrutture critiche sono mancate in quei giorni, compresa la metropolitana. Il caso della metropolitana di New York è stato paradigmatico. Questo impianto, di grande estensione e complessità, si trova, per la maggior parte del suo percorso, sotto il livello del mare. L'aumento del livello del mare a sommerso le installazioni e il sale marino ha aggiunto la corrosione alla complessità del drenaggio. Secondo le autorità, la metropolitana di New York non aveva mai fatto fronte ad una sfida tanto grande nei suoi 108 anni di storia. Per vari giorni i newyorkesi hanno dovuto subire l'interruzione del servizio di molte linee e ancora oggi alcune linee non funzionano a piena capacità. La situazione sta tornando ad una certa normalità... una normalità nella quale i problemi della metropolitana sono ricorrenti ad un certo livello, con interruzioni abituali del servizio in alcune occasioni per vari mesi.

Il caso della metropolitana di New York esemplifica abbastanza bene come la nostra società occidentale ed industrializzata si è arrischiata a costruire infrastrutture dalle quali ora dipendiamo a livello vitale ma che la cui manutenzione richiede grandi quantità di energia e materie prime. Tali costruzioni diventano sempre più fragili al passare del tempo, in parte per l'invecchiamento (la “curva della vasca da bagno” che è solito menzionare Rafa Íñiguez) e in parte perché sull'infrastruttura iniziale si vanno aggiungendo nuovi impianti per fornire servizi maggiori e migliori. In molti casi, queste aggiunte sovraccaricano la struttura precedente, che non era dimensionata per quelle capacità e questo fa dell'insieme una cosa tanto fragile quanto un castello di carte e con costi operativi e di manutenzione che crescono esponenzialmente col numero di funzionalità che le si vanno ad aggiungere. Il problema è che a un certo momento si arriva ad un punto nel quale, per la decrescita degli ingressi energetici che giungono alla società e per i costi crescenti della manutenzione, le infrastrutture non possono essere mantenute oltre e, senza un piano appropriato per il loro ridimensionamento, queste continueranno in un processo simile a quello della necrosi negli esseri viventi, cosa che può portare alla loro completa distruzione. Disgraziatamente, ideare un programma di ridimensionamento è qualcosa di politicamente molto impopolare e contrario al programma del progresso che sostiene la psicologia collettiva in occidente, così i rappresentanti politici preferiranno sempre mettere in marcia programmi complessi e costosi di riqualificazione ed estensione prima di progettare programmi di ridimensionamento e di di sfruttamento della parti più recuperabili ed essenziali dell'infrastruttura compromessa.

Il problema dell'insostenibilità delle infrastrutture della società moderna è molto più grave ed ha una portata molto più profonda di quanto la maggior parte della gente immagini e probabilmente anche di quanto sappiano molti dei lettori abituali di questo blog, al punto che si può dire, senza esagerare, che il possibile collasso di queste infrastrutture costituisce una delle minacce più grandi alle quali dovremo far fronte nei prossimi anni. Farò alcuni esempi.

Uno dei problemi che dovrà affrontare una società dalle risorse magre è quello della gestione delle installazioni nucleari. Abbiamo già parlato diverse volte dei vari rischi associati all'energia nucleare  e in particolare dei problemi di manutenzione degli impianti nucleari. Per esempio, in questo momento il costo della catastrofe di Fukushima in Giappone è valutata in 100.000 milioni di dollari. Un costo esorbitante che supera ampiamente i benefici netti che potevano dare le 6 centrali per tutta la loro vita utile: con una potenza installata per tutto il gruppo di 4,7 Gw e assumendo un Fattore di Capacità del 80% (quello usuale per una centrale nucleare), queste centrali producevano 33.000 Gw/h di elettricità all'anno. Considerando un prezzo medio approssimativo di 20 centesimi di dollaro per Kw/h come valore commerciale di tutta questa elettricità annua sarebbero 6.600 milioni di dollari. Anche con un margine commerciale del 50%, queste centrali darebbero un beneficio annuo di 3.300 milioni di dollari, per cui rimediare a questo disastro equivale a tutto il beneficio economico atteso dalle centrali in 30 anni (e questo senza tenere conto di altri costi variabili e dando per buona la cifra di 100.000 milioni di dollari di prima, che alcuni portano a 600.000 milioni di dollari). E in queste stime non si fornisce un orizzonte temporale, per quanto tempo dureranno le contenzioni impiegate. Ricordando l'altro grande incidente nucleare, quello di Cernobyl, recentemente si è saputo che una parte del reattore distrutto è cadente e questo mette più pressione perché si proceda alla costruzione del secondo sarcofago, visto che si sono rilevate numerose infiltrazioni nel primo (frutto dell'azione dell'inclemenza del clima e dell'erosione radioattiva), il quale ha un costo stimato di 1.500 milioni di euro e si spera che duri 100 anni. E' facile supporre che entro 100 anni dovrà essere di nuovo sostituito e che pertanto il costo dell'installazione (ora improduttiva in termini energetici) possa essere facilmente di varie migliaia di milioni di euro da oggi per diversi decenni (è difficile credere che durerà un secolo intero quando i process di deterioramento che agiscono su tale installazione sono in parte sconosciuti). Senza arrivare a questi casi estremi, vale la pena di ricordare che non è stata ancora smantellata nessuna centrale nucleare nel mondo alla fine della sua vita utile, processo che è molto lento – dura circa 50 anni. L'Amministrazione per lo Smantellamento Nucleare britannica stimava un costo di 70.000 milioni di sterline (circa 81.000 milioni di euro) per smantellare i 19 gruppi esistenti nel Regno Unito, anche se la valutazione di un processo tanto lento è complicata e probabilmente sarà molto maggiore – soprattutto per il fatto che non ne è avvenuta nessuna ad oggi.

Un altra infrastruttura la cui complessità è andata crescendo senza che ci sia alcun piano di sostenibilità associato è la rete elettrica nel suo insieme, tenendo in considerazione sia la distribuzione sia la produzione. I costi impliciti della folle espansione e dell'incapacità di conservare sia la forza generatrice sia la capacità di trasporto in rete portano a interruzioni ripetute e dalle gravi conseguenze. In Argentina è avvenuto un grande black out alla fine dell'anno scorso, anche se sembra uno scherzo in confronto con quello avvenuto in India la scorsa estate (l'8% dell'umanità è rimasto senza luce). Ad altre latitudini si prendono misure per evitare prevedibili black out: mentre in Giappone il disciplinato popolo nipponico ha tollerato pazientemente le restrizioni al consumo fino al 30%, necessarie dopo l'incidente di Fukushima, in Francia il presidente François Hollande ha proibito di mantenere accese le luci delle vetrine dei negozi e parte dell'illuminazione pubblica durante la notte (ma soprattutto non si dica che la Francia sia in Mali per garantirsi l'accesso all'uranio che le manca). E non è solo la generazione è in discussione, anche la stessa rete presenta problemi di costi di manutenzione crescenti. Spesso si è denunciata la complessità e l'alto costo della manutenzione della rete elettrica degli Stati Uniti, al punto che la Società degli Ingegneri Elettrici ed Elettronici (IEEE) denunciava anni fa la necessità di sostituire più del 40% della rete, antica di circa 100 anni, con un costo elevatissimo, se si voleva evitarne il collasso. In Spagna i problemi con la rete sono ricorrenti, anche se qui il problema viene più dal de-investimento delle compagnie elettriche che controllano il mercato che non dall'obsolescenza delle reti. In ogni caso, il ringiovanimento e la sostituzione della rete elettrica si prospetta problematica se dovesse sopravvenire il picco del rame, come sembra, verso il 2018 e se in realtà le riserve di rame rimanenti dipendono strettamente dalla disponibilità di energia abbondante per il suo sfruttamento. Sicuramente il rame si può riciclare, ma a quale costo energetico? E come si possono soddisfare le necessità delle potenze emergenti?

Se la rete elettrica è in pericolo, in un mondo che non può permettersi di pagare fatture energetiche sempre più care, la situazione non è migliore per il resto delle infrastrutture. Il cemento armato soffre di un problema di obsolescenza gravissimo che limita la vita utile delle infrastrutture fatte con esso ad un secolo come massimo, 50 anni nella maggior parte dei casi e molte infrastrutture cruciali stanno già raggiungendo quell'età. Il costo di rimpiazzare tutti i ponti, le strade, i canali sotterranei, le dighe e gli edifici è stimato in 3 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti. Il problema è conosciuto da molto tempo e la sua soluzione è tecnicamente semplice, ma l'alternativa costruttiva è più lenta, cara e al fine di mantenere un BAU sfrenato e crescente è sempre stata disdegnata. Di nuovo, il sistema che è stato imposto si basa sull'ipotesi di avere accesso a quantità illimitate di energia e la mancanza della stessa genera un problema che si aggrava esponenzialmente nella misura in cui la durata di vita dell'infrastruttura si sta esaurendo. I Romani hanno costruito strade ed acquedotti che sono sopravvissuti 2000 anni; la nostra civiltà lascerà poche tracce che possono sopravvivere ai nostri nipoti.

Non è solo il capitale fisico quello che, per la sua scarsa qualità e per la sua grande dipendenza dall'energia futura, viene distrutto. Sta svanendo anche il capitale umano e la capacità di trasformarsi propria di una società industriale. Un aspetto di ciò è lo sprofondamento sempre più rapido del settore dell'automobile, che porta alla chiusura di fabbriche di moto e auto. La scomparsa delle industrie è grave per la perdita di lavoro e per il dramma della disoccupazione in primo luogo, ma su un secondo piano si produce un altro effetto indesiderabile: la perdita di base industriale. Visto che tutta questa industria, con le sue grandi dimensioni, è quella che ha reso possibile la costruzione su grande scala di componenti molto sofisticati che in altro modo non sarebbero praticabili economicamente. E non solo questo, ma che si possa garantire una manutenzione specializzata a prezzi ragionevoli. La maggioranza della popolazione è così abituata a questi miracoli tecnici quotidiani che non si rendono conto di quale impresa sia fabbricare un pannello fotovoltaico o fare manutenzione ad un aereo. Con lo sprofondamento dell'industria si perdono le fabbriche, gli strumenti specifici e si perde anche il capitale umano che un giorno gli aveva dato un senso. Inoltre, non si danno gli incentivi adeguati perché i più giovani scelgano strade professionalmente più difficili e socialmente meno riconosciute. Continuando con questa, tendenza potremmo incontrarci in poco tempo con una incapacità reale di provvedere a certe forniture chiave e di mantenere certe infrastrutture la cui riparazione aveva una complessità della quale non eravamo coscienti.

Il degrado delle infrastrutture e del capitale fisico e umano che le sostengono hanno una radice profonda, come sappiamo, nel declino energetico, e disgraziatamente lo va a ri-alimentare. Proprio nel momento in cui avremmo bisogno di incrementare più che mai la nostra disponibilità energetica, questa diminuisce. Proprio quando la bolla finanziaria è più grande che mai e che il capitale che abbiamo preso in prestito dal futuro è il più grande della Storia, ci troviamo in una situazione nella quale la crescita economica è impossibile. E' la tempesta perfetta. Questo nome Tempesta Perfetta è, giustamente, il titolo di un rapporto portato alla luce una settimana fa da un'importante firma finanziaria su scala globale, Tullet Prebon. E' un documento contrassegnato da preziose immagini di rovine di civiltà che sono collassate, il che da indicazioni su quali letture debbano aver ispirato il suo autore. In esso si suppongono le quattro cause per le quali l'attuale crisi è tanto grave e non ha precedenti e delle quattro una è posta in rilievo come la principale: il declino dell'energia netta. Risulta scioccante e allo stesso tempo confortante leggere, in un rapporto di una grande firma esclusiva britannica, che l'economia è solo il linguaggio e che la vera sostanza è l'energia, che l'economia deve essere ridotta alla sua dimensione energetica o che il concetto chiave è quello del Ritorno Energetico (in inglese EROEI). Tutta una rivendicazione del lavoro di Charles Hall e dei postulati economici delle teorie post capitaliste. Ma ciò che è veramente allarmante è vedere espresso con nitidezza il concetto di “abisso dell'energia netta” che avviene quando l'EROEI scende sotto una certa soglia, fenomeno del quale abbiamo già parlato qui tempo fa. Soprattutto quando gli analisti di Tullet Prebon considerano che l'EROEI di tutte le nostre fonti di energia potrebbe cadere a 11 in pochi anni. Data la non linearità del rapporto fra l'energia netta e l'EROEI, all'inizio le diminuzioni progressive dell'EROEI si traducono in diminuzioni molto piccole dell'energia netta. Tuttavia, oltre il valore limite di 10, piccole diminuzioni dell'EROEI conducono a grandi diminuzioni dell'energia netta. E' il precipizio o abisso dell'energia netta.

Che l'energia netta del petrolio stia diminuendo rapidamente è una cosa sempre più evidente. Qualche mese fa il costo marginale di un barile di petrolio superava i 92 dollari, un prezzo prossimo alla soglia del dolore per le economie industriali. Il prezzo del petrolio, pertanto, non si mantiene alto per piacere, ma per necessità. Come dimostrano un paio di dati significativi. Il primo, che nonostante i grandissimi investimenti effettuati, la produzione delle 5 grandi compagnie petrolifere occidentali, eredi delle “7 sorelle”, diminuisce a ritmo costante, come mostra il seguente grafico preso dall'articolo di Matthieu Auzanneau dove si spiega:



Il secondo è ancora più allarmante. In questo momento la maggior parte delle riserve di petrolio non sono in mano alle multinazionali che abbiamo analizzato, ma in quelle delle compagnie nazionali del Medio Oriente e delle compagnie più o meno statali che controllano gli scambi in Russia, Cina e Brasile. Data la collusione fra gli interessi degli affari duri e puri e gli Stati che, di fatto o di diritto, ostentano il controllo di queste compagnie, queste compagnie possono imbarcarsi in investimenti che vanno oltre la logica imprenditoriale e a favore di una logica di protezione degli interessi strategici degli stati che le sostengono. Mentre il mondo viveva i giorni dolci dell'espansione del credito e dell'energia sempre più abbondante non c'erano problemi, ma quando le risorse hanno iniziato a scarseggiare queste compagnie si sono lanciati in investimenti in nuove prospezioni oltre il ragionevole dal punto di vista dell'investitore. Non si può essere contemporaneamente compagnia pubblica e privata e gli investitori stanno cominciando a punire duramente queste compagnie che investono più di quello che guadagnano e in alto si spartiscono dividendi per proiettare una falsa immagina di cuccagna e normalità. Le azioni di Petrobras (Brasile) e Gazprom (Russia) crescono, mentre altre compagnie come Sinopec (Cina) sono sotto tiro per la loro pessima politica di investimento. Il grande affare che si supponeva fosse investire nel settore degli idrocarburi in quei paesi è risultato essere un'altra bolla finanziaria, semplicemente perché il petrolio e il gas non sono tanto abbondanti come si diceva. Esattamente la stessa cosa succede col fracking da queste parti. Ma ancora è difficile accettare che in realtà il settore è cambiato, che stiamo vivendo il tramonto del petrolio...

E se questa situazione non è di per sé affatto buona, il problema si vede aggravato di nuovo dalla decadenza delle infrastrutture. Quando calcoliamo l'EROEI del petrolio attualmente in estrazione, il risultato è migliore di quello che darebbe se realmente potessimo calcolarla in relazione a tutto il suo ciclo di vita, perché una parte dell'infrastruttura imprescindibile per il suo sfruttamento sta già lì e bisogna solo conservarla – finché si può. Il problema si pone, per tanto, quando l'infrastruttura è ammortizzata e si deve costruirne una nuova che la sostituisca. E' il caso, per esempio, delle raffinerie nel mondo occidentale. E' da più di 30 anni che non se ne costruiscono e, al contrario, per problemi di rendimento associati alla difficoltà di raffinare il diesel, molte stanno chiudendo. Se tutti questi costi, che un giorno si dovranno pagare, si tenessero in conto, l'EROEI risultante sarebbe minore e vedremmo che la società è condannata ad un collasso improvviso. Ma tale collasso non avviene mentre le infrastrutture siano operative, mentre non è necessario ripetere l'investimento di energia fatto per metterle in funzione. La nostra situazione è simile a quella dei passeggeri che viaggiano in un vecchio aereo che ha già esaurito la sua vita utile e si trova in mezzo all'oceano. Le sue ali sgangherate non permetteranno di attraversare la vasta estensione di acqua ma non sappiamo né quando né come cadrà.

Carlos de Castro è solito segnalare che l'EROEI del petrolio in realtà è minore di quello che si presume sempre e tuttavia ciò non comporta il collasso della società. Questa affermazione è vera a metà: il petrolio in questo momento beneficia del fatto di non dover pagare gli investimenti precedenti necessari per il suo sfruttamento sotto forma di infrastruttura (oleodotti, raffinerie, canali di distribuzione, rete di distributori), il che permette che il suo rendimento energetico sia molto maggiore che se si contasse la spesa energetica di tutto questo sfoggio in esso dovuto alla contabilità energetica. Tuttavia, un giorno o l'altro arriverà il momento in cui dovremo lasciar perdere tutto questo e le eccedenze che lascerà il petrolio allora probabilmente non saranno sufficienti. In quel momento, il dramma dell'EROEI molto basso affiorerà di colpo e la discesa sarà molto più improvvisa di quanto immaginato.

Il concetto di EROEI è molto utile per poter analizzare la sostenibilità della società, ma si deve tener conto che è un concetto termodinamico e pertanto ha un senso pieno solo quando si calcola in situazioni di equilibrio, pertanto statiche, nelle quali le cose non variano nel tempo o lo fanno molto lentamente. Per molto lentamente bisogna intendere che i fattori che cambiano lo fanno in periodi più prolungati della vita utile delle installazioni energetiche, così c'è tempo sufficiente per vedere se l'energia generata da alcune fonti è sufficiente per poter mantenere una società e allo stesso tempo pagare tutti i costi di ripristinare l'infrastruttura che richiedono. Tuttavia, noi stiamo applicando il concetto di EROEI in situazioni non statiche e così l'informazione che otteniamo da esse è molto erronea. E' la stessa cosa che fa sì che, per esempio, non siamo capaci di riconoscere se alcune fonti di energia non siano altro che estensione dei combustibili  fossili. Complica ancora di più le cose il fatto che l'essere umano ha una visione statica delle cose, anche quando sono dinamiche, e questo ci rende difficile riconoscere i cambiamenti se sono sufficientemente lenti rispetto al tempo interno della psiche umana. Abbiamo costruito tutto un complesso modello di società dando per scontato che il petrolio sarà sempre lì ad alimentarlo, senza tenere conto non solo che mancava il petrolio abbondante e a buon mercato, ma che avrebbe dovuto mantenere tutta una infrastruttura che lo puntellava e i cui costi iniziali erano stati pagati quando ci avanzava quello che ora ci andrà a mancare.

Questo declino delle infrastrutture, questa incapacità di sostituire ciò che si è potuto finanziare quando l'energia era a buon mercato, potrebbe essere alla fine la causa ultima e profonda del rapido declino della società teorizzato dal Prof. Ugo Bardi. Bardi osserva che le fasi di declino e collasso delle civiltà sono più rapide di quelle di ascesa, chiamandolo “Effetto Seneca”, in onore dell'insigne filosofo che già rilevava questo effetto nei suoi scritti sulla decadenza dell'Impero Romano  (“Il cammino verso la rovina è rapido”):

Bardi ipotizza che questo declino accelerato sarebbe dovuto ai costi crescenti del far fronte all'inquinamento, inteso in forma ampia, come qualsiasi effetto di degrado dell'ambiente o dell'habitat umano. Dato che l'habitat di un essere umano ha già una componente “artificiale” (antropizzata, sarebbe il termina più appropriato) , la decadenza delle infrastrutture si potrebbe intendere come un effetto di degrado del tipo menzionato. Pertanto, potrebbe ben essere il caso che una delle cause più importanti del declino precipitoso delle civiltà, quando superano l'abisso dell'energia netta, non sia tanto l'inquinamento in senso stretto, ma la capacità di assumersi i costi differiti incorporati nelle infrastrutture e i loro inevitabile collasso trascinerebbe con sè il la società intera.  

La conclusione di questa lunga discussione è che le nostre infrastrutture, che oggi diamo per scontate nella loro grandiosità ed efficienza, sono condannate a decadere a un ritmo simile a quello della nostra disponibilità energetica netta (Dario ha portato nel post precedente un interessante caso pratico con la relazione fra la diminuzione del consumo di benzina e le difficoltà di manutenzione delle strade). Tale prospettiva introduce una nuova variabile di preoccupazione, che si aggrava anche di più se teniamo conto che conservare un buon EROEI per lo sfruttamento delle fonti di energia rimanenti dipende, per l'appunto, dalla conservazione di quelle stesse infrastrutture che sono condannate. E' un nuovo effetto non lineare del declino energetico, uno dei più perniciosi e probabilmente la chiave dell'Effetto Seneca.

In realtà, al posto di cercare di mantenere a tutti i costi queste infrastrutture che inevitabilmente decadranno, ciò che si dovrebbe studiare ed analizzare è ciò che si può ragionevolmente mantenere su base locale. Altrimenti, queste infrastrutture grandiose ci trascineranno nella loro caduta col loro peso gigantesco, facendoci spendere rapidamente le poche risorse che ci restano. 

Saluti.
AMT







domenica 24 marzo 2013

Fracking: rendimento energetico, economico ed ecologico

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Vignetta pubblicata da Ramón su El País.com il 31 gennaio 2012.


di Antonio Turiel

Cari lettori,

mentre si stanno notando di fatto (anche se ancora non vengono riconosciuti) gli effetti del fatto che ci troviamo nel tramonto del petrolio e probabilmente vicini al picco dell'uranio, il mondo occidentale si appresta ad una folle corsa allo sfruttamento di risorse di qualità tanto bassa e di scarso rendimento che decenni fa non si prendevano nemmeno in considerazione. Ma in una situazione di strangolamento continuo dell'economia per mancanza del suo reale motore ultimo, l'energia, sta portando a misure davvero disperate, la cui portata non è stata probabilmente valutata con la dovuta serenità.

Il caso di cui ci occupiamo oggi, perché bussa con forza alla porta dei paesi europei, è quello dello sfruttamento di idrocarburi mediante la tecnica della fratturazione idraulica (hydrofracking in inglese, chiamato anche fracking per abbreviare). In realtà le risorse sfruttabili in questo modo sono diverse, ma dato che il fattore che unisce l'opposizione popolare a queste estrazioni è centrato sulla tecnica di estrazione, qui darò una visione d'insieme degli idrocarburi relativi più importanti, segnalando i fattori comuni e quelli di differenza, sperando di contribuire a fare chiarezza su questo dibattito, a volte interessatamente aggrovigliato.

Dall'altro lato, quando si denuncia questo tipo di estrazione si enfatizzano soltanto i fattori ambientali. Terribili, autentici disastri ambientali, ma simili a quelli delle altre risorse che vengono sfruttate per il vasto mondo. Finora queste atrocità avvenivano lontano dai paesi occidentali, ma l'attuale penuria non ci permette tali finezze. L'amara lotta della classe media di qua per non cadere nella Grande Esclusione la porta a mantenere un certo orgoglio di indipendenza e a resistere al fracking in quella che, in sintesi, può essere la sua ultima battaglia, la difesa dell'ultima risorsa che alla fine ci resterà: la sostenibilità del nostro habitat. E questo fa sì che il dibattito appaia quello di sempre: fra sognatori ecologisti che vogliono preservare l'ambiente e imprenditori pratici che generano ricchezza  e posti di lavoro. Con questo approccio, il dibattito è perso in anticipo, nonostante la brutalità dell'impatto ambientale associato al fracking.

Tuttavia, risulta che se si analizzano altre variabili, come il rendimento energetico o netto di queste fonti o il loro rendimento economico, emerge una prospettiva completamente diversa. Tanto diversa che mi sembra incredibile la campagna di pubbliche relazioni che si sta facendo a favore del fracking, visto che non regge alla minima seria analisi. In questo contesto, ridurre la discussione sul fracking al solo problema ambientale risulta conveniente per l'industria, poiché permette di ridurre il problema ad un campo di battaglia noto, in cui è noto che la normale retorica (essenzialmente, la creazione di posti di lavoro) ha successo. Ragione in più per allargare la prospettiva ed esporre la cruda realtà del problema. Cominciamo quindi, la nostra analisi.

Geologia delle risorse non convenzionali e loro rendimento energetico.

Il seguente diagramma è tratto da un eccellente articolo (ne raccomando vivamente la lettura) di Aitor Urresti e Florent Marcellesi:



I giacimenti di petrolio e gas convenzionale di solito si trovano in formazioni di roccia sedimentaria (solitamente arenaria o calcare). Si tratta di rocce porose (piene di buchi, come una spugna) e permeabili (i buchi formano canali lungo i quali il fluido può circolare, attraversando tutta la pietra) e così, quando si perfora in un punto, si accede a tutto il gas o il petrolio circostante, fino a che la pressione interna si abbassa tanto che, per l'azione del peso della roccia che c'è sopra, i canali, per i quali fluiscono gas e petrolio, cominciano a collassare e arriva un momento in cui si otturano. Per evitare o ritardare questo problema si usano varie tecniche, consistenti per la maggior parte nel fare pozzi ausiliari in cui si inietta liquido o gas in pressione per frenare il collasso della roccia e spingere l'idrocarburo verso il pozzo di estrazione.

Siccome la roccia è permeabile, gas e petrolio finirebbero per arrivare in superficie e così è accaduto in qualche caso (è come hanno avuto origine le sabbie bituminose del Canada). Perché ci sia un giacimento ci dev'essere una roccia sigillo, non permeabile (per esempio salina), che impedisca la migrazione degli idrocarburi verso la superficie. I giacimenti di petrolio sono soliti avere in cima delle sacche di gas naturale, si tratta essenzialmente di metano e il metano si forma dalla decomposizione di altri idrocarburi (il metano è l'idrocarburo più semplice, con un solo atomo di carbonio). Tuttavia, è possibile trovare gas naturale senza petrolio associato (risultato del fatto che tutta la materia organica si è decomposta). In realtà, e come poi discuteremo, c'è molto gas naturale in tutto il mondo, anche se non sempre sfruttabile economicamente. Perché vi facciate un'idea, un scherzo abituale dei geologi petroliferi è: “Abbiamo già terminato di realizzare esplorazioni del blocco X. La cattiva notizia è che non c'è petrolio: La buona notizia è che non c'è gas”.

Nel caso degli idrocarburi non convenzionali, la situazione è molto diversa. Ce ne sono di vario tipo, ma oggi ci concentreremo sul caso delle ardesie o scisti e sulle risorse associate.

Le ardesie sono rocce metamorfiche (modificate dall'azione del calore e della pressione) che formano lamine. Non tutte le ardesie sono associate alla presenza di materia organica e di idrocarburi, ma solo alcune di tipo speciale. La più conosciuta è l'ardesia bituminosa (propriamente, lutite), che contiene i resti di materiale organico che è rimasto intrappolato nelle argille che hanno dato luogo all'ardesia. Il materiale contenuto si chiama Cherogene ed è una specie di petrolio poco cotto (poiché la materia organica non è stata sottoposta alle condizioni di temperature e pressione adeguate). Le lutiti bituminose sono conosciute da millenni (i romani le sfruttavano, per esempio, nella miniera di petrolio di Riutort) e le sue risorse su scala planetaria, valutate decenni fa, sono gigantesche: in termini di barili equivalenti di petrolio (conversione per energia) si stima che in tutto il mondo ci siano fra i 2,8 e i 3,3 miliardi di barili, più della metà dei quali negli Stati Uniti (per che vi facciate un'idea, in tutta la storia dell'Umanità si sono consumati poco più di un miliardo di barili di petrolio convenzionale). Tuttavia, risorse, non riserve: le risorse sono ciò che si trova sul posto, mentre riserve sono quelle che si possono sfruttare, il che dipende da fattori economici e, in realtà, dal fatto di avere un buon ritorno energetico (EROEI), tipicamente superiore a 10 perché la cosa sia redditizia economicamente. E il problema è che lo sfruttamento del cherogene, con tutte le tecniche utilizzate, ha un EROEI molto basso, da 2 (Cleveland & O'Connor) a 4 (Rapier), compreso lo sfruttamento di cherogeni di più alto contenuto energetico (a parte il fatto che hanno altri problemi, ma che non commenteremo ora). Il fatto è che da decenni si cerca di sfruttarli commercialmente senza successo, ma la loro mera esistenza e l'enormità delle risorse di cherogene servono per estrapolare di tanto in tanto notizie brevi di taglio ottimista nei quotidiani, una nuova tecnica di sfruttamento che dovrebbe essere rivoluzionaria, l'opinione di un esperto di petrolio, ecc. Anche il fatto che molti americani abbiano sentito parlare del petrolio da scisto (si chiamano così le ardesie cherogeniche) e della grandiosità delle risorse serve per incoraggiare una confusione interessata che ora spiegheremo.

Da poco meno di un decennio, negli Stati Uniti si sta vivendo un boom dello sfruttamento del gas di scisto, conosciuto anche come shale gas. Si tratta delle bolle di metano che sono incastrate fra le lamine dell'ardesia e generalmente sono associate alla presenza di cherogene. Posto che l'ardesia non è una roccia permeabile, anche porosa, estrarre questo gas da lì costituisce una sfida enorme. Il metodo più economico per il suo sfruttamento, già conosciuto da decenni, è quello della fratturazione idraulica o fracking. Questo metodo si basa sul perforare prima un pozzo verticale e, a partire da esso, estendere una o più diramazioni più o meno orizzontali, che penetrano fra le lamine dell'ardesia grazie all'iniezione di sabbia e acqua in pressione fratturandole e rendendo accessibile il metano. Siccome il metano è ancora agganciato al materiale, per recuperarlo si inietta un cocktail chimico che favorisce il suo distacco. La produttività di questi pozzi è molto bassa, circa di 200 volte inferiore di quella di un pozzo convenzionale. Inoltre, la produzione decade molto in fretta e un tipico pozzo di gas non convenzionale produce l'80% di tutto il gas della sua vita utile in un anno. I ritmi di decadimento sono tanto rapidi che si deve perforare continuamente e a gran velocità nuovi pozzi per mantenere la produzione e questo ritmo cresce quando si cerca di produrre più gas con questo metodo, il che pone un limite assoluto alla produzione totale annua.

Non esiste nessuno studio che valuti seriamente quale sia l'EROEI del gas di scisto, ma deve essere abbastanza basso, dati i costi di produzione alla bocca del pozzo negli Stati Uniti: fra i 2,25 e i 9 dollari ogni 1.000 piedi cubici (tfc) e questo è circa 8 volte più caro dei pozzi convenzionali in Russia. Tenendo conto che l'EROEI del gas russo si trova intorno a 20, possiamo stimare che il gas di scisto si collochi fra 2 e 3, e c'è anche chi sostiene che possa essere inferiore a 1. Un EROEI tanto basso rende incomprensibile la montatura mediatica che si sta facendo, che in Spagna è iniziata da un paio d'anni, quando per forza di cose la sua fattibilità è nulla – altro su questo più avanti.

Le risorse di gas di scisto su scala globale non sono in realtà tanto grandi. Al culmine dell'euforia per lo shale gas, nell'aprile 2011, la Energy Information Administration (EIA) valutava le risorse globali in 6.622 miliardi di piedi cubici di gas di scisto, pertanto il gas di scisto, se si potesse produrre alla velocità che vogliamo, e sappiamo già che non è possibile, durerebbe circa 60 anni. Tuttavia, alcuni mesi più tardi, l'USGS  (United States Geological Service) ha tirato una secchiata d'acqua fredda su queste prospettive meravigliose: una revisione delle riserve della formazione di Marcellus ha rivelato che erano gonfiate di 5 volte (!), proprio per le trappole contabili che denunciavamo su questo blog, cosa che ha dato luogo a commenti molteplici. L'impraticabilità economica del gas polacco – eccesso di azoto, come commentava Dmitri Orlov – ed altri “problemi” che sono emersi, suggeriscono che il potenziale reale delle riserve di shale gas equivalga come massimo a pochi anni di consumo e non ha il potenziale di modificare l'arrivo del picco del gas naturale. In realtà, il gas di scisto è una risorsa molto più scarsa del cherogene, ma il marchio “shale” vende nell'inconscio americano e da lì dire “shale gas” emoziona il cittadino comune, specie quando viene surclassato continuamente dagli assurdi proclami sull'indipendenza energetica degli Stati Uniti, i quali non resistono a nessuna analisi minimamente rigorosa.

L'ultima risorsa di cui parlerò oggi, per il suo collegamento al fracking, è quella del tight oil (petrolio di roccia compatta). Si tratta di formazioni di arenaria convenzionale che contengono petrolio convenzionale, ma che sono intrappolate (in formazioni allungate, come lenti) dentro una roccia non permeabile. Si tratta in realtà di petrolio convenzionale, ma il suo sfruttamento con mezzi convenzionali risulta non redditizio data la piccolezza dei giacimenti, quindi si ricorre alla tecnica del fracking causando una frantumazione massiccia del sottosuolo per aumentare artificialmente la permeabilità della roccia e permettere che il petrolio fluisca. Anche qui si iniettano acqua e sabbia in pressione e anche qui si usa un cocktail chimico per favorire il flusso. E, come nel caso dei pozzi di gas di scisto, si devono perforare pozzi senza tregua per compensare il rapido declino della produzione.

Anche per il petrolio di roccia compatta non ci sono stime dell'EROEI. Secondo l'Oil Depletion Analysis Centre, il costo produttivo del tight oil è fra 83 e 86 dollari, il che permette di ipotizzare che il suo EROEI sia di circa 12. Non eccellente, ma sufficientemente buono perché l'avventura sia redditizia, soprattutto con i prezzi attuali.

E, come no, come in molti casi la roccia sfruttata è l'ardesia. Indovinate come come viene chiamato a volte questo tipo di petrolio? Di fatto shale oil, il che aumenta di vari gradi in più la confusione, perché anche il petrolio sintetizzato dal cherogene che si estrae dalle ardesie bituminose, o oil shales, a volte è stato chiamato anche shale oil. La confusione è servita, a beneficio della creazione di un'immagine completamente falsificata del potenziale della risorsa, visto che le riserve mondiali di tight oil sono 100 volte inferiori a quelle del petrolio da cherogene.


Redditività economica

A questo proposito conviene distinguere l'estrazione dei tre tipi principali di risorsa di cui abbiamo parlato.

Rispetto al cherogene, ci sono poche cose da dire. Non si sta sfruttando e ci sono solo alcuni impianti sperimentali. Al momento non è sostenibile commercialmente, nemmeno con il sussidio di altre fonti di idrocarburi più economici di quelli di cui ancora usufruiamo.

Rispetto al gas naturale, c'è stata una campagna di disinformazione molto intensa sulla sua realtà economica che è opportuno chiarire e affrontare alla radice: cioè, esaminando quello che è successo negli Stati Uniti. La versione ufficiale dice che il prezzo del gas naturale si è mantenuto basso negli Stati Uniti grazie alla grande abbondanza di gas propiziata dall'estrazione di shale gas mediante il fracking. Questo farebbe pensare che il consumo di gas negli Stati Uniti sia aumentato molto rapidamente con il boom del fracking, data l'abbondanza di una risorsa economica e sfruttabile, ma che la disponibilità dello stesso sia andata ancor più rapidamente aumentando e per questo il prezzo si è mantenuto basso. Niente di più lontano dalla realtà.



Come mostra il grafico della EIA del Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, si è mantenuto piuttosto piatto dalle medie degli anni 90 del secolo passato fino al 2009, approssimativamente, con una piccola caduta fra il 2005 e il 2007. Gli ultimi 2 anni della serie mostrano una leggera salita ma cha ancora non è troppo significativa, fra le altre cose perché è simile agli incrementi in capacità di immagazzinamento di quegli stessi anni.

Abbiamo, peraltro, lo storico dei prezzi del gas naturale, espressi in dollari costanti del 2012, grazie a Gail Tverberg:


Se confrontiamo questo grafico col precedente, ciò che si vede è che perché il consumo di gas aumenti il prezzo dello stesso (in dollari per milioni di unità termiche britanniche, MTBU) non può superare il limite dei 4 dollari del 2012. Risulta, tuttavia, che il prezzo minimo per non avere perdite in un pozzo di gas convenzionale sia di 7-8 dollari per MBTU. Ogni volta che il gas non convenzionale ha aumentato il suo peso nel panorama energetico americano, il consumo si è ridotto e solo ora che le compagnie dedite al fracking hanno accettato di abbassare i prezzi al di sotto dei costi, il consumo ha recuperato, ma solo moderatamente. La realtà è che queste compagnie, nella loro fuga in avanti, sono incorse dal 2010 in deficit trimestrali congiunti di 10.000 milioni di dollari, dando priorità all'aumento delle riserve di gas (migliorando così la loro capitalizzazione in borsa) anziché alla redditività dell'estrazione. Finché la situazione è stata sostenibile (nelle parole di Rex W. Tillerson, amministratore delegato della Exxon Mobile: “Qui abbiamo perso anche la camicia”) e il numero di nuovi pozzi in funzione crolla a velocità vertiginosa (il grafico è di questo articolo):

Numero di pozzi operati dalla Cheasepeake



I promotori dell'avventura dello shale gas in Europa sostengono che questo qui non avverrà. A causa degli alti prezzi del gas in questa regione, essendo indicizzato al prezzo del petrolio.

Il grande errore con il gas naturale è la sua sostenibilità. Al margine degli usi che già si fanno del gas (principalmente, forni industriali, raffinerie e calore domestico) il gas naturale ha il potenziale di sostituire il petrolio in alcune applicazioni. Tuttavia, potenzialità non significa che tale sostituzione si stia portando a termine. E non si porta a termine perché l'investimento in infrastrutture che si devono realizzare è smisurato. Trasportare e immagazzinare gas è più costoso e complesso che trasportare e immagazzinare petrolio, per il quale già esiste l'infrastruttura. Si deve capire che in un momento di crisi economica come quello attuale, intraprendere investimenti multimilionari che impiegheranno decenni per essere ammortizzati è qualcosa di troppo rischioso e sul quale ovviamente gli investitori non stanno scommettendo. Questo fa sì che credere che il gas naturale sia una buona opzione per il futuro del Vecchio Continente sia una pericolosa forma, finanziariamente, di auto inganno. Fra le altre cose perché il mercato potenziale da penetrare col nuovo flusso di gas è quello automobilistico, ma in Europa la flotta di utilitarie è principalmente diesel e non possono essere adattate a gas. E in un momento in cui le vendite di auto sono ai minimi (e senza la minima speranza di ripresa) è impensabile che i privati si decidano ad una sostituzione del parco su grande scala, il che pone a maggiore rischio l'investimento nella infrastruttura. E pensare di esportare  è ugualmente una cattiva opzione: senza gasdotto di collegamento fino ai potenziali compratori, i costi degli impianti di liquefazione e rigasificazione sono proibitivi e non si stanno semplicemente facendo.

Non ci serve gas, ci serve petrolio. Il gas segue soltanto il petrolio: in Spagna, dal 2008 al 2011, il consumo di petrolio è crollato a causa dei prezzi più alti del 19%, ma quello del gas naturale è anche crollato e non meno del 10%. Non è solo che la crisi riduce il consumo, è che abbiamo una società petrolio-dipendente e senza petrolio il gas è inutile, per esso non abbiamo l'infrastruttura di sfruttamento adeguata. E' tanto così che un 20% di tutto il gas che si estrae nel mondo si brucia direttamente in situ, visto che disperderlo in aria crea il rischio di esplosioni (come è successo, per esempio, l'anno scorso con la piattaforma marina Elgin, che è bruciata per mesi) e sfruttarlo economicamente ha senso in luoghi vicini ai punti di consumo o ben collegati ai gasdotti. Anche nei siti dove si pratica il fracking per estrarre petrolio (tight oil) il gas viene bruciato senza tante esitazioni:

Immagine dal blog di Kjel Aleklett: aleklett.wordpress.com. La formazione di Bakken, durante la notte,  produce più luce di Minneapolis.


Infine, rispetto al petrolio convenzionale di roccia poco porosa e impermeabile (tight oil), è l'unico che sembra avere una certa redditività economica, perlomeno finché il prezzo del petrolio si mantiene al di sopra degli 80 dollari al barile. Siccome in realtà ci sono molte buone ragioni per pensare che sarà così (oppure soffriremo pene ancora peggiori, alcune delle quali le abbiamo già commentate), questo petrolio, comunque caro, si potrà sfruttare e si sfrutterà. Questo sì, il suo impatto su scala globale sarà ridotto dati i limiti del suo potenziale massimo ed il suo rapido raggiungimento del picco e declino. Come commentava Matthieu Auzzaneau, i giacimenti di tight oil del Nord Dakota tarderanno solo pochi anni ad imitare il corso dei suoi gemelli che lavorano sulla stessa formazione di ardesia dello stato del Montana, dove lo sfruttamento è iniziato prima.


Di fatto, nemmeno la stessa Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) si aspetta, nelle proprie previsioni di futuro, che la produzione di questo tipo di petrolio superi i 2 milioni di barili al giorno (Mb/g; in confronto ai 90 Mb/g che si consumano nel mondo oggi) e questo nonostante l'operazione di maquillage contabile. Di fatto, se si guarda l'evoluzione dei pozzi petroliferi perforati negli Stati Uniti, si vede che hanno iniziato a declinare, il che anticipa un rapido declino dell'estrazione di tight oil:



Redditività ecologica

Propriamente, per parlare di “redditività ecologica” dovremmo essere capaci di quantificare il valore dei servizi ecologici sacrificati (distrutti) o il costo della loro sostituzione. Tale quantificazione è assai complicata, perché in alcuni casi implica un aumento della mortalità e la mortalità di esseri umani (come in realtà fanno molte attività industriali). Non pretendo di entrare in questa parte del dibattito, soggetta alla reazione emozionale. Mi limiterò ad elencare i danni ambientali constatati in determinate situazioni.

- Consumo di acqua: l'uso della fratturazione idraulica implica un consumo di acqua per ogni pozzo molto significativa. Nel caso del gas di scisto, ogni tfc prodotto richiede 0,40 barili di acqua (circa 64 litri). In termini di barili di acqua per ogni barile equivalente di petrolio, la proporzione è 2,33 a 1 e presumibilmente la quantità è simile nel caso del tight oil. E' una quantità di acqua simile a quella dell'estrazione convenzionale del petrolio, soltanto che si fa in zone dove non c'erano mai stati questi usi e in alcuni casi comporta gli stessi problemi di qualsiasi altra industria che fa un uso intenso dell'acqua, come l'aumento dello stress idrico, la salinizzazione e l'inquinamento da metalli pesanti nei pozzi, ecc.

- Inquinamento diretto della falda: per accedere alle formazioni di scisto si deve perforare la roccia sigillo, ma la falda acquifera si trova sopra di essa, quindi inevitabilmente la si deve attraversare. Basandosi sui brevetti (ma i brevetti non funzionano così, curiosamente) le compagnie non rivelano la composizione dei loro cocktail. Analisi in situ fatte da attivisti, rivelano che i cocktail usati frequentemente sono composti da sostanze cancerogene, mutagene e tossiche (compresi benzene, toluene, etil-benzene, xilieni...). E' ben illustrato nella infografica del New York Times sull'inquinamento associato al fracking. In molti casi si sono trovate quantità molto significative di queste sostanze, e dello stesso gas naturale infiltrato, nelle forniture di acqua che provengono dai pozzi delle zone adiacenti (come denunciano documentari come Gasland). Non c'è da stupirsi: in ogni pozzo entrano 4.000 tonnellate di cocktail chimico. Il problema dell'inquinamento normalmente è quello che preoccupa le popolazioni circostanti, soprattutto perché nessuno è stato in grado ancora di stimare quanto tempo ci vuole perché la falda si ristabilisca. In alto, c'è una tendenza all'allentamento delle norme di protezione ambientale per favorire il fracking, pratica comune negli Stati Uniti che si sta copiando anche in Spagna.

Oltre all'inquinamento della falda, si produce l'emissione di diversi gas, come composti organici volatili e, in alcuni casi, di radon. E questo senza contare che è un'industria con un impatto significativo nell'emissione di gas serra, non solo di CO2, ma anche dello stesso metano.

- Terremoti: non è una leggenda urbana ma una cosa certa e preoccupante: la frattura delle lamine di ardesia e la lubrificazione con acqua può favorire lo spostamento di masse di terra e causare terremoti. A Blackpool c'è stato un terremoto di magnitudo 2,5 della scala Richter il primo aprile del 2011 ed un altro di magnitudo 1,7 il 27 di maggio dello stesso anno. La stessa compagnia che realizzava i lavori di prospezione dello shale gas, Cuadrilla, ha riconosciuto che i suoi test erano la causa probabile dei terremoti, anche se ha aggiunto “la configurazione geologica era inusuale” (si noti che stiamo parlando di “prospezioni”, non di “estrazione”, il che rende i fatti ancora più allarmanti). Negli Stati Uniti si sono prodotti una serie di terremoti collegati al fracking in Ohio durante il 2012 (il più grave, è stato uno di magnitudo 4,0 vicino a Youngstown il 31 di dicembre del 2011).

- Uso del suolo: stiamo parlando di un'industria pesante, che richiede un traffico costante di materiali e personale, infrastruttura, logistica, trasporti, alloggi, ecc. L'impatto è tremendo: vedete, per esempio, le file ininterrotte di camion che portano forniture e prodotti chimici,  e riportano via il petrolio prodotto, nella formazione di Bakken nel Nord Dakota:



Siccome stiamo parlando di un'industria che richiede una grande logistica ma che ha una vita molto breve, l'impatto sul territorio è molto grande e la fretta può portare a distruggere in poco tempo ciò che può impiegare decenni per recuperare.

Conclusione

Non è audace dire, dopo tutto ciò che si è detto, che lo sfruttamento di risorse di idrocarburi estremi col fracking è un completo controsenso, da qualsiasi punto di vista, senza nemmeno una praticabilità economica e molto marginale nel caso del Tight oil (risorsa che in Spagna non si conosce né ci si aspetta di conoscerla). Il sacrificio energetico per questo sfruttamento, in un momento che richiederebbe un miglior utilizzo delle risorse in declino, ci pone in una situazione molto peggiore di fronte al futuro. E gli impatti ambientali associati son talmente crudi da fare di questa scommessa semplicemente un suicidio.

Il vero problema di fondo, ora e sempre, è l'incapacità da parte delle istanze politiche di accettare che il modello attuale, basato sulla crescita economica inarrestabile ed esponenziale, sia semplicemente non più praticabile di fatto. Quanto più tempo tarderemo ad accettare, e a far accettare, che c'è bisogno di un cambiamento di sistema economico, più profondamente transitiamo su una strada che ci porta dove in realtà non vogliamo andare.

Saluti.
AMT